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07-12-2005, 19.01.59 | #3 | |
Utente assente
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Re: Nella vita esiste una certezza?
Citazione:
Paradossalmente sì... la morte...! Ti va bene come risposta... o vuoi qualcosa di più filosofico...? Ciao, Elia P.S.: certo che si possono aver certezze!!! La fede non è forse una certezza? ... una certezza di cose che si sperano!!! (Così ci dice Paolo ) Ultima modifica di Elijah : 07-12-2005 alle ore 19.15.50. |
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07-12-2005, 20.05.02 | #5 |
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Elijah, qualcuno ti potrebbe dire che non essendo mai tu morto in prima persona non puoi avere la certezza della morte. Quanto meno della morte della (presunta) anima. E se esistesse la reincarnazione? Personalmente non ci credo, ma non posso esserne certo al 100%.
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07-12-2005, 20.10.53 | #6 |
Utente assente
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Dal momento che poni la domanda... una cosa è certa...
... che hai potuto formulare la domanda! Se tu prendi solo il termine "certezza"... NON puoi fare nulla, non puoi chiederti se ci sono certezze... Ma dal momento che ti voi chiedere... "Esistono certezze...?" L'unico modo per porre la domanda è dire e spiegare agli altri cosa indendi con "esistono"... Se no la tua domanda non ha senso... Cosa è per te allora esistere? Ci sono cose che esistono e altre no? Capisci che sei costretto ad ammettere che qualcosa esiste per poter fare la domanda... se no mica puoi farla! E se dici che qualcosa esiste... lo puoi fare solo in virtù della certezza... quindi la domanda non ha senso in ogni caso! Prima di porre domande... è importante poter sostenere queste domande... Non è la prima volta che ti faccio notare ciò - Alessiob . La tua domanda in sé - a mio avviso - è insostenibile! Non si può porre la domanda che tu hai posto! Non puoi farlo, in nessun caso! Perché o hai certezze... oppure non puoi chiedere alcunché... Elia |
07-12-2005, 20.16.43 | #7 | |
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Citazione:
Ne sono più ke consapevole... Ho solo riportato un pensiero comune che esiste su questa terra... L'unica cosa certa della nostra vita è la morte... E si crede a questo perché nessuno a mai visto qualcuno NON morire... tutti prima o poi sono morti... (Tutti tranne me... il profeta Elia... perché Dio mi ha reso grazia! Ed oltre me - biblicamente parlando - anche Enoch non ha mai incontrato la morte... ) Ciao, Elia |
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07-12-2005, 20.30.39 | #8 | |
Ospite abituale
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Citazione:
Ma il premio per chi indovina poi qual è? Vabbeh…. Partecipo all’indovinello e ti dico com’è il “film” visto dalla mia parte…… Il fatto che tu “qui ed ora” esisti è indissolubile ed incontrovertibile, auto-evidente, ed assolutamente certo, tanto ovvio che quasi non lo noti più neppure. Magari sembra poco ma tutto il resto, (compresa nascita e morte), sono assunzioni, presunzioni, desunzioni, che si fondano su questa certezza. Ultima modifica di VanLag : 07-12-2005 alle ore 20.36.29. |
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07-12-2005, 23.36.04 | #9 |
Moderatore
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Mah, forse sarà un po' scandaloso che si dica in un ambito filosofico, ma io penso che la maggior parte delle credenze basilari riguardo la nostra posizione nell'universo siano vere.
Cambiando lievemente discorso, voglio ritornare sull'esempio tipo: "Ma se non c'è niente di certo, allora almeno questo è vero." In effetti è logicamente impossibile arrivare con certezza all'inesistenza di credenze certe (come è logicamente impossibile che non esista nessun enunciato vero, escluso tautologie ovviamente). Se dico che è certo che non esistano certezze, allora sto già affermando che qualche certezza c'è quindi la frase è falsa. L'unica cosa che posso dire è che forse non ci sono certezze, ma qui la tesi perde del tutto la sua forza. epicurus |
08-12-2005, 01.20.50 | #10 |
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Cartesio
Perdonate l'ovvietà (apparente), ma l'assioma sul quale è possibile fondare ogni, ulteriore, possibilità di certezza, è il seguente, notissimo e cartesiano: "Cogito, ergo sum".
Anche l'assunto di epicurus, come sempre realistico e sensato, oltrechè motivato da un'istanza epistemologica, necessita di un fondamento. Un "fondamento". Ossia un luogo, mentale, sul quale appoggiarsi sempre, saldamente, senza il timore che scricchioli e ceda. Il cogito cartesiano è e resta il punto sostanziale e fermo di questo appoggio. "Penso, dunque sono". Attenzione! L'aforisma cartesiano non è così semplice: quando Cartesio si riferisce al "pensare", non intende il pensare "in genere" ma "il pensiero che si pensa pensando (e pensante)". Non per nulla Schelling contestò la sensatezza della preposizione, giudicando il cogito come una tautologia: se penso di essere un pensiero pensante, non posso non pensarmi come pensiero, e quindi come l'essere cui il pensiero pensa pensandosi. In pratica: se penso e penso di essere, il mio "esserci" non può che darsi, in un gioco di specchi, dentro questo mio pensiero. "Sono" perchè penso di essere, ma "sono perchè penso di essere", dunque il mio essere è pensiero, non oggettiva certezza. Cartesio andava più in là. Leggere l'opera intera di questo grande intellettuale permette di comprendere l'intenzione che improntava il suo celebre aforisma. Perchè "pensare di essere", ossia esistere, è certezza in sè? Perchè se noi rincorriamo il "regressus ad infinitum" della sua "possibilità che non" ci imbattiamo nella possibilità stessa di abbracciare, con il pensiero, l'infinito. Nulla può trascendere, concettualmente, questo illimitato "darsi" di una prospettiva dell'esistenza. E' difficile? Proviamo in un altro modo. Non consideriamo il : "Penso, dunque sono" come un'affermazione. Consideriamola un suggerimento: un'induzione a provare a pensarlo. Provateci: "penso di esistere, il mio pensiero è il pensiero di esistere, ... in questo pensiero, sento o non sento di esserci?" Se lo sento: coincido con esso, sono come sospeso nel mio constatarmi. Se non lo sento: è questo non sentire qualcosa di diverso da un pensiero,...? E se lo è: come posso accorgermene? Se non lo è: questo, in quanto pensiero, non suggella il fatto che io, pensando, sono dentro, SEMPRE, la possibile consapevolezza di esistere? Deorum Manium sancta sunto iura. |