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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-10-2015, 18.14.17   #31
Garbino
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

Perché l' essere dovrebbe divenire?

La discussione purtroppo ha un limite: l' opinione personale. Come già qualcuno ha detto, mi sembra. In Metafisica esistono e possono esistere soltanto opinioni, mai certezze. Ed è ovvio che ciascuno difenderà le proprie ad ogni costo. I ripensamenti sono rari e quasi mai immediati.

Comunque mi sembra che Pepe98 abbia escogitato una teoria che collegherebbe Severino e Nietzsche. Anche se Nietzsche non sarebbe assolutamente d' accordo. L' attimo come confluenza di tutto l' esistere.
E' ovvio che questa opinione genera delle contraddizioni, come le genera qualsiasi altra.

La mia opinione, che ho già espresso altre volte, è che il tempo non esiste e tutto diviene in un infinito presente. Il tempo è fermo, l' unica cosa che accade è il continuo mutamento di tutto ciò che è materia e che per la vita è divenire.

Questa appunto è la dimostrazione di come si possa interpretare diversamente lo stesso fenomeno, e cioè l' inesistenza del tempo.

Ho già espresso altre volte anche i miei dubbi sull' esistenza stessa dell' essere, e non trovo ancora un qualcosa che riesca a chiarirmeli per accettare l' esistenza di un qualcosa che è soltanto teorizzabile.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 09-10-2015, 21.24.04   #32
sgiombo
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

Pepe98:
Perché ho confinato il presente(relativo) ad un istante temporale. Tu che osservi solo quell'istante(e quella posizione), intenderai il presente sempre lo stesso. Dal momento che ricordi(conosci) anche altri presenti che tuttavia percepisci di meno, li chiami passato, e hai l'illusione che non esistano piú, questo perché il tuo cervello ha come meccanismo naturale il farti concentrare sull'istante di realtà piú vicino al tuo organismo(istantaneo).
Dal momento che credo, per logica, che la coscienza non sia qualcosa di stimolato dalle sensazioni, ma le sensazioni stesse, l'essere cosciente(Io) è solo uno, l'insieme di percezioni totali istantanee, che sono infinite e non divengono mai. Quindi Io percepisco tutti i presenti, non solo uno(che diverrebbe), ed essendo io il tutto cosciente, non divengo, perché non esiste il tempo all'infuori di me. Posso quindi introdurre un "ora universale".

Sgiombo:
Non posso “intendere il presente sempre lo stesso” perché il presente muta (trapassa nel passato, mentre il futuro trapassa nel presente): il presente delle ore 12, 00 è diverso dal presente delle ore 12, 05.
Mentre ricordo un passato (ex presente di cui avverto il ricordo: penso che nient’ altro che questo si possa intendere con le tue parole “altri presenti che tuttavia percepisci di meno, li chiami passato”) non penso più al presente: dunque presente (sentito, reale come fatto -insieme di sensazioni- accadente) e passato (ricordato, immaginato, reale solo in quanto oggetto di pensiero e non -non più- come fatto -insieme di sensazioni- accadente) non possono essere contemporaneamente presenti alla coscienza.
Quando penso al presente che realmente percepisco non posso contemporaneamente anche pensare all’ ex presente ricordato (ovvero al passato) perché non è possibile rivolgere l’ attenzione contemporaneamente a due simili oggetti reciprocamente diversi ed escludentisi, reciprocamente negantisi.

Le sensazioni che istantaneamente avvengono (in ciascuna esperienza cosciente) non sono affatto infinite (tranne nel caso dell’ esperienza cosciente di Dio, se esistesse), e mutano continuamente.
Le sensazioni non sono conoscenza; conoscenza è invece (le sensazioni de-) il pensiero che accadono le sensazioni che accadono: se vedo lo schermo del computer non conosco nulla, se vedo lo schermo del computer e penso (sento il pensiero) “vedo lo schermo del computer”, allora conosco il fatto di vedere lo schermo del computer.

Non riesco proprio a immaginare come potresti percepire tutti i (gli infiniti) presenti che si sono succeduti nel tempo (divenendo "passati"): dovresti essere Dio!



Pepe98:
Chiediti perché ti ricordi proprio eventi passati dal tuo organismo. Risposta: perchè la memoria si puó depositare solo lí per questioni fisiche. Non necessariamente perchè sei la stessa persona a cui appartiene parte di quella memoria.

Sgiombo:
Gli eventi passati dal mio organismo non sono che una piccolissima parte dei miei ricordi: ricordo anche moltissimi altri fatti relativi ad altri organismi (per esempio di parenti e amici) e pure ad altri eventi non organici o minerali a cui ho assistìto (per esempio arcobaleni, eclissi di sole e di luna).

La memoria non si deposita affatto nel mio organismo, che è un pezzo di materia comprendente (contenente) vari organi fra cui il cervello, che non contengono affatto la mia memoria la quale fa parte della mia esperienza cosciente, ma solo molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forze, che sono tutt’ altra cosa della mia memoria.

Ultima modifica di sgiombo : 10-10-2015 alle ore 19.19.54.
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Vecchio 10-10-2015, 00.57.44   #33
Sariputra
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

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Originalmente inviato da pepe98
Quando ho detto "sopravvivenza" mi riferivo all'organismo, non alla coscienza.

Parliamo dell'uno: è la coscienza a essere una, ma non le sue parti. Queste parti infinitesime sono insiemi di sensazioni (funziona come l'essere e gli enti). La molteplicità è all'interno di questo uno. Stavolta il suo interno non è diveniente, in quanto comprende tutti gli istanti di tempo.

Formulo una teoria di sola percezione proprio per affermare che tutto è percezione.

Per me la sensazione è autonoma, cioè non c'è bisogno di una persona a cui sia collegata per essere percepita: tu credi, come è lecito, che ci sia una persona, un essere, che percepisce sensazioni. Io credo che questo essere che percepisce sia di troppo, in quanto coincide con un insieme di sensazioni. La persona è un insieme di sensazioni, che io chiamo percezione totale istantanea.


A me non sembra che la persona sia solo un insieme di sensazioni. Posso scegliere che sensazione provare, posso scartare sensazioni spiacevoli e cercare quelle piacevoli. Posso Voler porre fine alle sensazioni o accrescere artificialmente le sensazioni. Posso manipolare le sensazioni, posso sognarle C'è insomma, a mio parere, un'agente ( volontà) dietro le sensazioni che le subisce ma anche le crea. Ma siccome , ripeto, c'è incomunicabilità tra le mie e le altrui sensazioni non è possibile stabilire , se non arbitrariamente, un legame tra esse come "parti di un'unica coscienza". E poi unica coscienza DI CHI ? Quella del mio insieme-di-sensazioni o quella del tuo ? La tua è una chiara teoria solipsistica.
Non sono un filosofo ma mi sembra che il solipsismo abbia percorso velatamente tutta la storia della filosofia. Ma nessuno filosofo lo ammette apertamente. Il solipsismo appare talmente assurdo al senso comune che c'è forse una specie di pudore nel farlo.
Anche perché poi, lo stesso filosofo solipsista, esce, va la lavoro, inveisce contro gli altri , baruffa con la moglie, controlla il conto corrente e magari fa sesso con l'amante...
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Vecchio 10-10-2015, 13.43.15   #34
pepe98
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

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Originalmente inviato da sgiombo
Pepe98:
Perché ho confinato il presente(relativo) ad un istante temporale. Tu che osservi solo quell'istante(e quella posizione), intenderai il presente sempre lo stesso. Dal momento che ricordi(conosci) anche altri presenti che tuttavia percepisci di meno, li chiami passato, e hai l'illusione che non esistano piú, questo perché il tuo cervello ha come meccanismo naturale il farti concentrare sull'istante di realtà piú vicino al tuo organismo(istantaneo).
Dal momento che credo, per logica, che la coscienza non sia qualcosa di stimolato dalle sensazioni, ma le sensazioni stesse, l'essere cosciente(Io) è solo uno, l'insieme di percezioni totali istantanee, che sono infinite e non divengono mai. Quindi Io percepisco tutti i presenti, non solo uno(che diverrebbe), ed essendo io il tutto cosciente, non divengo, perché non esiste il tempo all'infuori di me. Posso quindi introdurre un "ora universale".

Sgiombo:
Non posso “intendere il presente sempre lo stesso” perché il presente muta (trapassa nel passato, mentre il futuro trapassa nel presente): il presente delle ore 12, 00 è diverso dal presente delle ore 12, 05.
Mentre ricordo un passato (ex presente di cui avverto il ricordo: penso che nient’ altro che questo si possa intendere con le tue parole “altri presenti che tuttavia percepisci di meno, li chiami passato”) non penso più al presente: dunque presente (sentito, reale come fatto -insieme di sensazioni- accadente) e passato (ricordato, immaginato, reale solo in quanto oggetto di pensiero e non -non più- come fatto -insieme di sensazioni- accadente) non possono essere contemporaneamente presenti alla coscienza.
Quando penso al presente che realmente percepisco non posso contemporaneamente anche pensare all’ ex presente ricordato (ovvero al passato) perché non è possibile rivolgere l’ attenzione contemporaneamente a due simili oggetti reciprocamente diversi ed escludentisi, reciprocamente negantisi.

Le sensazioni che istantaneamente avvengono (in ciascuna esperienza cosciente) non sono affatto infinite (tranne nel caso dell’ esperienza cosciente di Dio, se esistesse), e mutano continuamente.
Le sensazioni non sono conoscenza; conoscenza è invece il pensiero che accadono le sensazioni che accadono: se vedo lo schermo del computer non conosco nulla, se vedo lo schermo del computer e penso “vedo lo schermo del computer”, allora conosco il fatto di vedere lo schermo del computer.

Non riesco proprio a immaginare come potresti percepire tutti i (gli infiniti) presenti: dovresti essere Dio!



Pepe98:
Chiediti perché ti ricordi proprio eventi passati dal tuo organismo. Risposta: perchè la memoria si puó depositare solo lí per questioni fisiche. Non necessariamente perchè sei la stessa persona a cui appartiene parte di quella memoria.

Sgiombo:
Gli eventi passati dal mio organismo non sono che una piccolissima parte dei miei ricordi: ricordo anche moltissimi altri fatti relativi ad altri organismi (per esempio di parenti e amici) e pure ad altri eventi non organici o minerali a cui ho assistìto (per esempio arcobaleni, eclissi di sole e di luna).

La memoria non si deposita affatto nel mio organismo, che è un pezzo di materia comprendente (contenente) vari organi fra cui il cervello, che non contengono affatto la mia memoria la quale fa parte della mia esperienza cosciente, ma solo molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forze, che sono tutt’ altra cosa della mia memoria.

Quando dico "tu", intendo sgiombo in quell'istante di tempo. Perchè tu non sei piú tu in un altro istante: sono due sgiombo diversi, magari uno piú vecchio e l'altro piú giovane, ma sono persone diverse, ma coesistenti, che hanno in comune delle somiglianze nella memoria.
Tu hai esperienza di altre cose, ma sempre dal tuo punto di vista. Non da quello degli altri. L'informazione si deposita nell'organismo(fatto scientifico), e rimane simile a come è stata interpretata dal tuo organismo, quindi dal tuo punto di vista. La memoria è materiale(materiale, non materia), il ricordo è invece coscienza, che è correlata ad una sola parte di memoria.
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Vecchio 10-10-2015, 14.11.37   #35
pepe98
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

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Originalmente inviato da Sariputra
A me non sembra che la persona sia solo un insieme di sensazioni. Posso scegliere che sensazione provare, posso scartare sensazioni spiacevoli e cercare quelle piacevoli. Posso Voler porre fine alle sensazioni o accrescere artificialmente le sensazioni. Posso manipolare le sensazioni, posso sognarle C'è insomma, a mio parere, un'agente ( volontà) dietro le sensazioni che le subisce ma anche le crea. Ma siccome , ripeto, c'è incomunicabilità tra le mie e le altrui sensazioni non è possibile stabilire , se non arbitrariamente, un legame tra esse come "parti di un'unica coscienza". E poi unica coscienza DI CHI ? Quella del mio insieme-di-sensazioni o quella del tuo ? La tua è una chiara teoria solipsistica.
Non sono un filosofo ma mi sembra che il solipsismo abbia percorso velatamente tutta la storia della filosofia. Ma nessuno filosofo lo ammette apertamente. Il solipsismo appare talmente assurdo al senso comune che c'è forse una specie di pudore nel farlo.
Anche perché poi, lo stesso filosofo solipsista, esce, va la lavoro, inveisce contro gli altri , baruffa con la moglie, controlla il conto corrente e magari fa sesso con l'amante...
"Tu che scegli qualcosa", è un'altra sensazione. La scelta è una sensazione, non qualcosa fatto da un essere che puó decidere(e in che modo deciderebbe, se non da cosciente di farlo, cioè avendo sensazione di farlo?). Anche il ragionamento è sensazione. Si ricade sempre nello stesso punto: si puó verificare solo l'esistenza di sensazioni.

Il fatto che mi chiedi di chi sia quell'unica coscienza, o esperienza cosciente, mi fa capire che non hai capito cosa intendo per coscienza universale: si chiama universale perché è di tutti, noi siamo un tutt'uno. Non ha senso affermare che sia mia aut(o disgiuntivo) tua. È universale proprio perché è di tutti.
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Vecchio 10-10-2015, 16.18.47   #36
sgiombo
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

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Parliamo dell'uno: è la coscienza a essere una, ma non le sue parti. Queste parti infinitesime sono insiemi di sensazioni (funziona come l'essere e gli enti). La molteplicità è all'interno di questo uno. Stavolta il suo interno non è diveniente, in quanto comprende tutti gli istanti di tempo.

E perché mai non sarebbe diveniente?
La totalità dell' esperienza cosciente comprende ovviamente tutti gli istanti di tempo nei quali si dispiega (tautologia!), sì, ma uno di seguito all' altro nel tempo e non contemporaneamente: ora vivo un istante cosciente ben diverso da tutti gli altri già vissuti precedentemente in passato (e che non vivo ora) e da tutti quelli che (spero ancora relativamente numerosi, malgrado l’ età, ma soprattutto buoni) vivrò in futuro (e che pure non vivo ora).

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Originalmente inviato da pepe98
Per me la sensazione è autonoma, cioè non c'è bisogno di una persona a cui sia collegata per essere percepita
D' accordo.
Ma nemmeno é dimostrabile che non ci sia un tale soggetto nè degli oggetti delle sensazioni (entrambi "cose in sé" o noumeno):
potrebbero tanto esserci realmente, quanto non esserci e si può fideisticamente credere l' una o l' altra cosa, oppure sospendere il giudizio.
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Vecchio 10-10-2015, 19.18.31   #37
sgiombo
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Riferimento: Perché l'essere dovrebbe divenire?

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Quando dico "tu", intendo sgiombo in quell'istante di tempo. Perchè tu non sei piú tu in un altro istante: sono due sgiombo diversi, magari uno piú vecchio e l'altro piú giovane, ma sono persone diverse, ma coesistenti, che hanno in comune delle somiglianze nella memoria.

Si tratta solo di diversi modi di dire le stesse cose: che mi si chiami sempre Sgiombo, oppure Sgiombo1, Sgiombo2, Sgiombo3, ecc., le cose -la realtà- non cambiano: (ciò che si intende per) l’ esperienza cosciente dello stesso Sgiombo al tempo 1, al tempo 2, al tempo 3, ecc. è la stessa cosa del- (di ciò che si intende per) -l’ esperienza cosciente di Sgiombo1, di Sgiombo2, di Sgiombo3, ecc., solo detta in un altro modo (un po’ come si può dire la stessa cosa in italiano e in francese).

Comunque questi diversi istanti della medesima esperienza cosciente (= queste tre diverse esperienze coscienti) accadono successivamente, in tempi diversi; per esempio l’ attuale vedere il computer e il vedere domattina il G.P. del Giappone, salvo spiacevoli imprevisti (per la cronaca, sperando in una vittoria del grande Jorge, malgardo l’ immenso culo -oltre alla notevole classe, naturalmente- del suo principale avversario; sempre per la cronaca, su "Cielo", e non su "Sky" a pagamento: piuttosto non lo guarderei!) da parte dell’ unico Sgiombo (=l’ attuale vedere il computer da parte di Sgiombo 1 e il vedere domattina il G.P. del Giappone da parte di Sgiombo2) accadono successivamente, in tempi diversi, e non nello stesso (lasso di) tempo: ora che sto vedendo lo schermo del computer non sto affatto vedendo anche contemporaneamente il G.P., e quando domattina starò -ovvero Sgiombo2 starà- davanti alla TV non vedrò -non vedrà- il computer, che fra l' altro si trova in un’ altra stanza.

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Tu hai esperienza di altre cose, ma sempre dal tuo punto di vista. Non da quello degli altri. L'informazione si deposita nell'organismo(fatto scientifico), e rimane simile a come è stata interpretata dal tuo organismo, quindi dal tuo punto di vista. La memoria è materiale(materiale, non materia), il ricordo è invece coscienza, che è correlata ad una sola parte di memoria.

Appunto: non v’ è alcuna esperienza universale, ma molte diverse esperienze, ciascuna col suo proprio “punto di vista” e con “contenuti” diversi (anche se in parte possono essere ritenuti reciprocamente corrispondenti; ovvero intersoggettive).
Questo non si può dimostrare, lo credo fideisticamente; ma comunque le alternative logicamente corrette possibili sono solo:
a) il solipsismo (esiste solo la "propria" coscienza direttamente esperita e nient' altro), o appunto
b) il credere che esistano altre, distinte esperienze coscienti; e non
c) il credere che un' unica esperienza cosciente sia costituita da ciò che direttamente si esperisce + altre cose non direttamente esperite ma pretese esperite nell' ambito della stessa esperienza cosciente di quelle direttamente esperite, ove però non sono esperite (contraddizione!).

L’ “informazione” nel senso tecnico dell’ informatica o delle scienze cognitive (quella di Shannon) e i “contenuti” della mia esperienza cosciente (sensazioni esterne-materiali, di pensieri, di ricordi, ecc.) sono cose completamente diverse (c’ è solo una fastidiosa ambiguità linguistica che può farle erroneamente confondere).
I secondi non sono affatto interpretati dal mio organismo, che essendo fatto di materia può si elaborare informazioni (nel senso di Shannon) ma non interpretare un bel nulla (nel senso di fare considerazioni teoriche).

La “memoria1” materiale (non cosciente) dei computer o dei cervelli “biologici” è infatti (mi sembra di capire) anche per te tutt’ altra cosa della “memoria2” (cosciente) in quanto insieme di dati di esperienza ricordati o ricordabili.

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Originalmente inviato da pepe98
Il fatto che mi chiedi di chi sia quell'unica coscienza, o esperienza cosciente, mi fa capire che non hai capito cosa intendo per coscienza universale: si chiama universale perché è di tutti, noi siamo un tutt'uno. Non ha senso affermare che sia mia aut(o disgiuntivo) tua. È universale proprio perché è di tutti
Non basta dare un nome (“coscienza universale”) alle cose per modificarle ad libitum: ciò che passa ora nella tua mente (non so cosa) è certamente tutt’ altra cosa (tutt’ altre sensazioni fenomeniche coscienti) di ciò cui sto pensando e/o sentendo io: se me lo dirai constaterò certamente che si tratta di diverse cose (a meno di miracolosissime coincidenze fortuite).
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Vecchio 10-10-2015, 21.52.28   #38
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Originalmente inviato da pepe98
"Tu che scegli qualcosa", è un'altra sensazione. La scelta è una sensazione, non qualcosa fatto da un essere che puó decidere(e in che modo deciderebbe, se non da cosciente di farlo, cioè avendo sensazione di farlo?). Anche il ragionamento è sensazione. Si ricade sempre nello stesso punto: si puó verificare solo l'esistenza di sensazioni.

Il fatto che mi chiedi di chi sia quell'unica coscienza, o esperienza cosciente, mi fa capire che non hai capito cosa intendo per coscienza universale: si chiama universale perché è di tutti, noi siamo un tutt'uno. Non ha senso affermare che sia mia aut(o disgiuntivo) tua. È universale proprio perché è di tutti.

Affermare che qualunque cosa è solo sensazione è solo opinione indimostrabile.
Non basta affermarlo dogmaticamente bisogna argomentarlo e le argomentazioni di questa teoria per me non sono sufficienti per preferirla a qualunque altra.
L'istinto e il senso comune non conferiscono poi credibilità maggiore di altre ad una simile congettura.
E' assolutamente indimostrabile che il soggetto non esiste e nemmeno è dimostrabile che non esista l'oggetto della sensazione. E' simile al paragone dell'occhio. C'è l'occhio e il campo visivo. Ma l'occhio può vedere solo ciò che entra nel campo visivo. Non può vedere se stesso. Ora dire che esiste solamente ciò che entra nel campo visivo e non esiste l'occhio per me non è ragionevole. Pure affermare che l'occhio è essenzialmente della stessa natura di quel che entra nel campo visivo non è dimostrabile. Così affermare che la volontà è sensazione mi sembra una semplificazione. La sensazione è percezione, ma si può percepire la volontà ? Se affermiamo che la volontà è solo pensiero andremmo ad escludere tutte le volontà inconsce che agiscono prepotentemente in noi e che non percepiamo/siamo coscienti di avere ( per es. la volontà/sete di esistere, la volontà di far del male che non è palese alla coscienza e che esplode inaspettatamente in atti di odio o di rabbia, ecc.)...
Comunque alla fine anche la mia è solo una teoria e non posso giustamente pretendere che valga più di un'altra.
Sono convinto intimamente che il pensiero discorsivo, per sua stessa natura, non abbia alcuna possibilità di comprendere una cosa che lui chiama "Verità". Impossibile per lui uscire dal dualismo soggetto-oggetto. Trovo molto interessanti le riflessioni di Wittgenstein sulla natura del pensiero come linguaggio.
Non è che la parola Verità abbia un senso solo per il linguaggio ma che non ne abbia alcuno in senso ultimo?
Ossia..il vero si può pensare/dire o si può solo esperire, in ultima analisi? Ma farne esperienza come ?
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Vecchio 11-10-2015, 11.05.49   #39
pepe98
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Citazione sgiombo:
"E perché mai non sarebbe diveniente?
La totalità dell' esperienza cosciente comprende ovviamente tutti gli istanti di tempo nei quali si dispiega (tautologia!), sì, ma uno di seguito all' altro nel tempo e non contemporaneamente: ora vivo un istante cosciente ben diverso da tutti gli altri già vissuti precedentemente in passato (e che non vivo ora) e da tutti quelli che (spero ancora relativamente numerosi, malgrado l’ età, ma soprattutto buoni) vivrò in futuro (e che pure non vivo ora)."

Pepe98:
È l'idea del tempo che abbiamo noi a non essere corretta(dal punto di vista del mio ragionamento): Noi pensiamo al tempo come qualcosa che fa divenire le cose, le fa mutare, le fa morire. E crediamo quindi nell'esistenza di un'identità diveniente: La mela matura è sempre quella mela che prima era acerba, io da vecchio sono sempre io di quando ero giovane, solo che sono "mutato".
Io prima di tutto credo che l'identità non si possa dare alle cose, se non per indicare cose somiglianti(in questo caso è comunque solo una approssimazione). Se esistesse l'identità immutabile associata a corpi divenienti, tutto sarebbe tutto! Noi siamo della stessa materia di cui erano fatte le stelle, il plasma primordiale,... E noi saremmo queste cose? È qui che io non sono d'accordo con Aristotele, che ragiona su atto e potenza. Tutto in è tutto in potenza! Io invece considero il tempo non come è solito intendere, ma come misura di una "somiglianza" fra le cose, somiglianza legata da leggi fisiche, che possiamo conoscere osservando il presente, ma necessariamente anche il passato che abbiamo immagazzinato nella memoria. Come puoi notare non ho detto che il passato non è piú presente: l'ho solo usato come misura, come dimensione dall'essere. La concezione di "prima" e "dopo", non è corretta per intendere passato e futuro: tutti gli istanti sono "ora" presenti, non c'è un prima o un dopo.
So di non avere prove di tutto ciò, ma funziona brillantemente.
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Vecchio 11-10-2015, 14.41.08   #40
paul11
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"E perché mai non sarebbe diveniente?
La totalità dell' esperienza cosciente comprende ovviamente tutti gli istanti di tempo nei quali si dispiega (tautologia!), sì, ma uno di seguito all' altro nel tempo e non contemporaneamente: ora vivo un istante cosciente ben diverso da tutti gli altri già vissuti precedentemente in passato (e che non vivo ora) e da tutti quelli che (spero ancora relativamente numerosi, malgrado l’ età, ma soprattutto buoni) vivrò in futuro (e che pure non vivo ora)."

Pepe98:
È l'idea del tempo che abbiamo noi a non essere corretta(dal punto di vista del mio ragionamento): Noi pensiamo al tempo come qualcosa che fa divenire le cose, le fa mutare, le fa morire. E crediamo quindi nell'esistenza di un'identità diveniente: La mela matura è sempre quella mela che prima era acerba, io da vecchio sono sempre io di quando ero giovane, solo che sono "mutato".
Io prima di tutto credo che l'identità non si possa dare alle cose, se non per indicare cose somiglianti(in questo caso è comunque solo una approssimazione). Se esistesse l'identità immutabile associata a corpi divenienti, tutto sarebbe tutto! Noi siamo della stessa materia di cui erano fatte le stelle, il plasma primordiale,... E noi saremmo queste cose? È qui che io non sono d'accordo con Aristotele, che ragiona su atto e potenza. Tutto in è tutto in potenza! Io invece considero il tempo non come è solito intendere, ma come misura di una "somiglianza" fra le cose, somiglianza legata da leggi fisiche, che possiamo conoscere osservando il presente, ma necessariamente anche il passato che abbiamo immagazzinato nella memoria. Come puoi notare non ho detto che il passato non è piú presente: l'ho solo usato come misura, come dimensione dall'essere. La concezione di "prima" e "dopo", non è corretta per intendere passato e futuro: tutti gli istanti sono "ora" presenti, non c'è un prima o un dopo.
So di non avere prove di tutto ciò, ma funziona brillantemente.

Il problema fisico è l'impossibilità di coniugare coesistenza e successione, ovvero identità e divenire. Quell'adesso fra poco sarà un'altro adesso e le tue convinzioni potranno essere uguali, o più o meno convinte. Non ci muoviamo ,non diveniamo dal vecchio al neonato, ma tutto tende da un origine ad una fine, magari per replicarsi in un altro essere che compie di nuovo lo stesso verso.

Inoltre è dimostrato scientificamente che il nostro cervello non
agisce per sole sensazioni,ma anche per emozioni:noi vediamo soprattutto quello che vogliamo vedere.
Nei sistemi dopominergici tramite imaging e tracciati dei neurotrasemettitori a livello locale dei neuroni verificando i salti di frequenze rilevano l'esistenza del reinforcemnt learning,di rinforzi dell'apprendimento le cui basi sono motivazioni ed aspettative.
L'uomo tende già nel suo cervello (ma anche i mammiferi ad es. con il "premio" nell'addestramento del cane) a costruirsi una predittività premiante temporale, cioè il cervello tende ad anticipare gli eventi futuri.Significa che il nostro cervello è analogico temporalmente, semmai è la nostra mente che gli piacerebbe negarlo.
E' altrettanto vero che le memorie del cervello sono fondamentali a tenere legati"mentalmente" le infinite identità che mutano per successione temporale; ma dire che paul11 ora è uguale al paul11 da bambino fisicamente e mentalmente, o sarà uguale a quello fra dieci anni, non sta in piedi nè fisicamente nè logicamente.

Noi incarniamo la contraddizione e ci muoviamo per antinomie, aporie , paradossi.

paul11 is offline  

 



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