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28-02-2015, 13.01.09 | #72 | |
Ospite
Data registrazione: 27-08-2008
Messaggi: 135
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
ciao Garbino.. purtroppo anche sforzandomi non riesco ad uscir dalla mia opinione.. il perchè è connesso al concetto di TUTTO = PANTA.. anche se considerassi la "proposizione Panta Rei" ED "il Concetto a cui essa Allude" una MERA ASTRAZIONE NOMINALISTA.. andrei a cozzare contro questa obiezione: se il TUTTO LASCIA FUORI QUESTA ASTRAZIONE.. allora QUEL TUTTO NON è il "VERO" TUTTO = è un "QUASI" TUTTO !! è per questo motivo che le PROPOSIZIONI che dicono dei "PANTA" se sono ANCHE "RIFLESSIVE e NEGATIVE" (Tutto Scorre, Tutto è Dubbio, Tutto è Interpretazione) le ritengo AUTO-Neganti. Qui si potrebbe poi innescare la SOTTILISSIMA Differenza tra le AUTO-NEGANTI "SEMPLICI" (Io Non Esisto) e le AUTO-NEGANTI "DOPPIE" (Io Mento = Indeterminazione di Godel a meno di non accettare una Incoerenza Semplice).. Ovviamente "Esse Esistono" = ma "Esistono in quanto Impossibili" cioè "Esiste la Proposizione ma Non Esiste il Collegamento al Concetto a cui Esse Pre-Tendono di Alludere = ne Esiste un Simulacro" !! xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxx per Sgiombo: ciao.. non riesco neppure a trasmetterti che non mi sei antipatico.. anzi quando ti arrabbi o rispondi seriamente a delle battute, che x te non son battute, mi diventi ancora più simpatico.. . |
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28-02-2015, 16.26.48 | #73 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
quindi nulla è posizione. Se nulla è posizione, allora lo è anche questa proposizione, quindi tutto è negazione. Tutto è posizione e nulla è negazione sono tautologie. Rimani astratto, Sinc, astrai continuamente, circolarmente. La Ragione media. Tutto è nulla, e nulla è tutto, sono palesi tautologie, se considerate astratte, quindi, qualcosa è nulla e nulla è qualcosa, pur se considerate astratte sono invece contraddizioni. La contraddizione è autoincludente. Infatti trova la propria inclusione (io la chiamo, romanticamente, intimità) nella realtà. |
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28-02-2015, 17.33.32 | #74 |
Ospite abituale
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Messaggi: 747
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
@sgiombo
Io non credo che esista l'immediatamente esperito. L'immediato esperito sarebbe la pura sensazione, che ci dice ben poco se non viene elaborata dal nostro pensiero. Inoltre la sensazione è effimera, vale a dire che spesso sparisce ancor prima che ci rendiamo conto di lei. Persistendo nel tempo si presta alle successive elaborazioni cognitive che ci dicono cosa è o cosa può essere quel qualcosa che ci è apparso come sensazione. In sostanza, non so se mi sono spiegato bene, ma credo che noi non abbiamo mai esperienza della sensazione in sé nel suo manifestarsi, ma solo a posteriori. Almeno a livello conscio. Faccio un esempio. Se mentre passeggi ti arriva una pallonata in faccia, la tua mente conscia non se ne accorge finchè non sente il dolore. Ma il tuo inconscio avverte la sensazione di minaccia prima della tua coscienza, e ti fa chiudere l'occhio proteggendolo ed evitando il peggio. Ma quella sensazione è avvertita a livello inconscio e non a livello cosciente. La sensazione di minaccia prima che il pallone ti colpisca, a livello cosciente, è solo una elaborazione di ciò che a livello cosciente non hai percepito. Ora, io non vedo come la conoscenza cosciente possa derivare in modo diretto dalla sensazione. Ultima modifica di CVC : 28-02-2015 alle ore 18.34.47. |
01-03-2015, 10.58.47 | #75 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
L’ immediatamente esperito o “pura sensazione” in sé è un fatto, un evento (fenomenico). Conoscenza può essere invece (la sensazione mentale de-) il predicare (o il pensiero de-) l’ immediatamente esperito o pura sensazione. Delle sensazioni che spariscono ancor prima che ci pensiamo (=senza che ci pensiamo) non si ha conoscenza poiché conoscenza è per definizione pensiero veritiero delle cose o degli eventi (in generale; fra le altre cose delle sensazioni). Però c’ è una differenza fra “rendersi conto delle” sensazioni e (avere anche la -o rendersi conto anche della- sensazione mentale di) pensarle. Una sensazione è per definizione qualcosa di cui “ci si rende conto”, che si sente appunto, anche se si può o meno inoltre (avere la sensazione mentale di) pensarla, e dunque esserne anche a conoscenza, conoscerla (o meno). Quindi noi possiamo avere o meno conoscenza delle sensazioni, ma non possiamo per definizione non averne esperienza cosciente (altrimenti non si tratterebbe di sensazioni = percetti, dati sensoriali, qualia, “cose” che si avvertono coscientemente, ovvero "di cui si ha esperienza"; che lo si predichi veracemente = se ve abbia conoscenza, o meno). Per questo “sensazione inconscia” è uno pseudoconcetto autocontraddittorio, senza senso, un mero flatus vocis o sequenza di scarabocchi (come “forma senza colore”," solido geometrico senza superficie e/o senza volume" o “cerchio quadrato”). Infatti l’ esempio che adduci è quello di un riflesso pavloviano semplice: non si ha sensazione dell’ avvicinarsi della palla all’ occhio (altrimenti lo si chiuderebbe consapevolmente e deliberatamente, e magari la si scanserebbe o la si parerebbe con le mani), non è un dato immediato di esperienza o una sensazione più o meno pura). Non accade alcuna sensazione cosciente di minaccia prima che il pallone ci colpisca, ma una successiva considerazione (conoscenza), ovviamente a livello cosciente, di ciò che a livello cosciente non si é affatto mai percepito. Avvengono solo alcuni processi neurofisiologici non accompagnati da coscienza (riflessi semplici). E successivamente accade il conoscere -indirettamente, non per sensazione diretta- dell' esserci stata tale minaccia, di cui non c’ è mai stata alcuna esperienza cosciente; e questo attraverso una serie di deduzioni. Allo stesso modo in cui si conosce per calcolo o deduzione che il fatto di vedere (percepire direttamente) oggi una cometa in un punto del cielo è stato preceduto da un lungo percorso della cometa stessa non direttamente percepito (ma per l’ appunto indirettamente conosciuto, dedotto dalle osservazioni dirette odierne). Dunque la conoscenza non può derivare in alcun modo (e men che meno direttamente) dalla non-sensazione inconscia, ma può solo derivare dalla (anzi: essere la conoscenza della) sensazione conscia (questo aggettivo è pleonastico) direttamente per constatazione immediata, oppure derivarne indirettamente per calcolo o inferenza, essendo allora conoscenza di altri eventi (pur sempre fenomenici) non direttamente esperiti (percepiti, sentiti). E mi sembra di avere illustrato chiaramente come non solo il secondo tipo di conoscenza (indiretto) ma anche il primo (diretto dell’ immediatamente esperito) non superi il vaglio del dubbio scettico. |
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01-03-2015, 17.33.26 | #76 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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Secondo Hume la conoscenza, quindi i concetti, deriverebbero, sempre se non erro, dall'impressione che le cose lasciano nel nostro animo attraverso i sensi. I concetti sarebbero dunque delle cristallizzazioni di tali impressioni. Ma, mi domando, come possono i concetti cristallizzarsi nella nostra coscienza e successivamente nella memoria a lungo termine (inconscio), se non c'è anteriormente un'intelligenza che organizza tale processo? Voglio dire, l'impressione lasciata dalle cose nel nostro animo, attraverso i sensi, come può prendere forma di concetto e, soprattutto, come possono i concetti combinarsi e confrontarsi fra loro solo sulla base dell'impressione che le cose esercitano su di noi? Inoltre io credo, dogmaticamente (perchè è indimostrabile o, almeno, io non la so dimostrare), alla teoria stoica dell'assenso. Vale a dire che la nostra coscienza ha la facoltà di dire di no alle impressioni che cercano di entrare nell'animo, questo appunto perchè c'è, ci sarebbe, una facoltà che sovraintende al permearsi nell'animo delle impressioni prodotte dalle cose su di noi attraverso i sensi. |
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01-03-2015, 22.33.47 | #77 |
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
E' evidente a mio avviso che volendo parlare della totalità per dirla in modo univoco e assoluto si rischia di cadere nella contraddizione autoreferenziale, dunque nel nulla (con conseguente affermazione dell'assoluto che diventa nichilismo, come ho cercato di evidenziare nella ultima riflessione che ho aperto).
Per risolvere la contraddizione a cui si espone la totalità deve accettarla in sé come suo indispensabile elemento eterogeneo e antitetico, senza il quale non è totalità, ma pretesa da parte di qualcosa che totalità non è e per questo vuole esserlo. Si tratta in sintesi di riconoscere alla totalità la disomogeneità della estensione degli elementi che ne fanno parte rispetto alla intensione (regola di ammissione) su cui è basata, altrimenti si cade sempre nel paradosso. |
02-03-2015, 08.15.57 | #78 | |
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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Concordo con il fatto che per avere ricordi, idee di sensazioni e oggetti concreti e a maggior ragione idee astratte si deve possedere una facoltà raziocinativa; ma si tratta di una potenzialità comportamentale e non di un insieme di nozioni innate (già presenti alla nascita): la metafora empiristica della "tabula rasa" mi sembra perfettamente calzante: su questa tavola inizialmente vuota di segni "si scrivono" non solo le sensazioni esterne, ma anche quelle interne: ricordi, astrazioni, associazioni di idee, ragionamenti, inferenze, deduzioni, induzioni, ecc. Anche con la teoria stoica dell' assenso non posso che concordare, in quanto distingue le sensazioni (comunque coscienti e non inconscie), che non possono essere false (né vere) e le affermazioni o giudizi circa la realtà delle sensazioni (che possono essere falsi; o veri). |
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02-03-2015, 14.48.24 | #79 | |
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02-03-2015, 19.13.51 | #80 | |
Ospite
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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ciao Davide: ammetto che ho capito poco la tua analisi e magari viceversa.. provo cmq a darti un'opinione, forse a casaccio.. 1) "IL Tutto" cioè "LA Totalità" che E' Ogni Cosa del Passato E del Futuro" (cioè intesa NON SOLO come Questa Ora Pres-Ente che Viola il PDNAC perchè Appare e Scompare = SI Nega) è per me PURA AFFERMAZIONE cioè NON è NEGAZIONE.. SINTESI => se tu intendevi dire che "IL Tutto è Negazione" allora la mia Opinione è Diversa dalla tua.. e FORSE è Diversa anche da quella di Severino che Deve Ri-Comprendere "NEL" Tutto ANCHE "IL" Tutto Stesso perchè definisce IL Tutto come Ciò che COMPRENDE Ogni Cosa mentre io lo penso come E' Ogni Cosa (la "Struttura Originaria" di Sev. ?).. 2) Apparentemente Simile MA Profondamente Diverso è dire : "TUTTO (SENZA "IL") è Negazione " inteso come "TUTTO=OGNI SINGOLA COSA/PARTE/ENTE è Contraddizione/Negazione con l'Altro DA Sè Hegelianamente (attenzione: NON stò dicendo AUTO-Contraddizione" = NON Violo PDNAC)... SINTESI => se tu intendevi dire che "Tutto (SENZA "IL") è Negazione" allora la mia Opinione è Simile dalla tua.. ciao . |
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