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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 19-02-2015, 11.06.11   #21
CVC
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

In pratica Parmenide nega sia la molteplicità delle cose sia il divenire, Severino solo il divenire. Ma allora quella realtà che percepisco come divenire che fine fa? Quel momento in cui mi accorgo che qualcosa è cambiato fuori o dentro di me, quella ruga che prima non avevo, il giorno che diventa notte, il legno che diventa cenere, quel bruco che ora è farfalla, lo sperma che diventa uomo, l'uomo che diventa scheletro, che collocazione ha tutto questo?
Io credo che la risposta si possa trovare nella riflessione di Pierre Hadot sugli esercizi spirituali stoici: si tratta di cambiare visione, passare dalla visione umana alla visione naturale. Esistono entrambe le realtà, il divenire e l'eternità dell'essere, ma sono due dimensioni, la prima umana e la seconda spirituale. Il passaggio dal divenire all'eterno avviene si tramite la conoscenza, ma non per la conoscenza in sé, avviene per l'effetto che la conoscenza produce in noi. La conoscenza della natura ci libera dall'ignoranza umana, dalla passionalità, dalla corruzione del divenire.
A chi fosse interessato raccomanderei la lettura di Pierre Hadot, Esercizi Spirituali e Filosofia Antica, in particolare il capitolo dedicato a Marco Aurelio.
CVC is offline  
Vecchio 19-02-2015, 13.10.36   #22
paul11
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Forse per abolire l' essere in favore del divenire bisognerebbe avere ben chiaro cosa sia l' essere .....

Questa è la vera domanda a cui nessuno ha mai dato una seria risposta: qual è la definizione di ESSERE?

Quali sono e quante sono le interpretazioni che tutti i filosofi ognuno a suo modo ,hanno relazionato fra essere, essenza, enti, eterno e divenire? Ma se non è chiaro l'essere il sistemi di relazione con gl ienti nel mondo non reggono come aveva capito Heidegger perchè quell'ESSERE diventa privo di senso e significato.

Praticamente nessuno lo ha definito, relegandolo implicitamente nel sistema di relazione e quindi lasciando all'interpretazione il tentativo di definirlo ,tanto da "sparire" negli enti , perchè un conto è parlare dell'ente uomo e un conto dell'ente sasso, un conto è parlare dell' essere nell'uomo, un conto è parlare di essere in un sasso.
Se non si capisce questo significa non aver interpretato decentemente Nietzsche ed Heidegger. Il sasso ha una volontà? Al sasso gli si apre un orizzonte di senso? L'uomo ha una volontà? Ha un orizzonte di senso?

Interpretare Parmenide secondo il senno di poi significa chiedersi come mai i primitivi spingevano il pietrone invece di utilizzare l'ultimo modello di automobile.
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Vecchio 19-02-2015, 15.42.09   #23
jeangene
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Ho letto con attenzione ed interesse tutti i vostri interventi e mi pare di capire che sia impossibile giungere ad una definizione condivisa e definitiva del concetto di Essere.

Come afferma Maral "la domanda ha significato comprendendo da cosa è nata quasi 3000 anni fa in Grecia. Essa è nata dalla capacità del tutto astratta e terribilmente angosciante di aver potuto concepire il nulla assoluto, il nulla di tutti gli enti. Non è una questione semplicemente logica, ma fondamentalmente ontologica ed esistenziale.
La domanda in merito a cui si specula è se vi sia qualcosa di assolutamente certo che sottende a ogni esistenza, a ogni fenomeno e cosa sia questo qualcosa, come definirlo, come arrivarci, perché altrimenti resta solo il nulla e la sua estrema contraddizione, resta solo l'angoscia di un esistere privo di qualsiasi senso, resta solo la più radicale follia."


...ma come osserva Paul11 l' Essere rimane sempre nascosto tra le righe perchè "praticamente nessuno lo ha definito, relegandolo implicitamente nel sistema di relazione e quindi lasciando all'interpretazione il tentativo di definirlo ,tanto da "sparire" negli enti"

...quindi sembrerebbe che il destino di questa domanda sia quello di non trovare risposta definitiva perchè come nota CVC "A quali conclusioni giungono invece gli indagatori dell'essere? Che non sanno cos'è, a me pare."

...a questo punto mi chiedo se e come si possa parlare dell' Essere e soprattutto se ha un valore (perchè a me pare talmente indefinibile ed astratto da perdere di significato). Forse come scrive Maral "se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere)."


Ultima modifica di jeangene : 19-02-2015 alle ore 18.37.14.
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Vecchio 19-02-2015, 18.12.12   #24
Davide M.
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Ho letto con attenzione ed interesse tutti i vostri interventi e mi pare di capire che sia impossibile giungere ad una definizione condivisa e definitiva del concetto di Essere.

Come afferma Maral "la domanda ha significato comprendendo da cosa è nata quasi 3000 anni fa in Grecia. Essa è nata dalla capacità del tutto astratta e terribilmente angosciante di aver potuto concepire il nulla assoluto, il nulla di tutti gli enti. Non è una questione semplicemente logica, ma fondamentalmente ontologica ed esistenziale.
La domanda in merito a cui si specula è se vi sia qualcosa di assolutamente certo che sottende a ogni esistenza, a ogni fenomeno e cosa sia questo qualcosa, come definirlo, come arrivarci, perché altrimenti resta solo il nulla e la sua estrema contraddizione, resta solo l'angoscia di un esistere privo di qualsiasi senso, resta solo la più radicale follia."


...ma come osserva Paul11 l' Essere rimane sempre nascosto tra le righe perchè "praticamente nessuno lo ha definito, relegandolo implicitamente nel sistema di relazione e quindi lasciando all'interpretazione il tentativo di definirlo ,tanto da "sparire" negli enti"

...quindi sembrerebbe che il destino di questa domanda sia quello di non trovare risposta definitiva perchè come nota CVC "A quali conclusioni giungono invece gli indagatori dell'essere? Che non sanno cos'è, a me pare."

...a questo punto mi chiedo se e come si possa parlare dell' Essere e soprattutto se ha un valore (perchè a me pare talmente astratto da perdere di significato). Forse come scrive Maral "se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere)."

e chi ti ha detto che nessuno ha definito l'essere? Un certo Hegel lo definito in maniera assoluta, lo ha definito come pensiero, l'essere è pensiero. Se proprio t'interessa approfondisci Hegel, io ho trovato delle risposte certe, le risposte che stavo cercando. E non è qualcosa di astratto, ma di estremamente concreto, logico e razionale.
Davide M. is offline  
Vecchio 19-02-2015, 18.23.13   #25
SinceroPan
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

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Originalmente inviato da jeangene

L' Essere di Parmenide.
Nonostante Parmenide non specifichi cosa sia questo Essere, leggendo queste parole viene naturale (almeno per me) identificarlo o con l' esistenza (intesa come ciò che permea di sè l' essente (ciò che è) fancendolo così esistere) oppure con la totalità dell' essente (tutto ciò che è).

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L' Essere di Heidegger.
Per Heidegger l' Essere è illuminazione, cioè luce che illumina l' essente rendendolo così presente nel progetto gettato che è l' uomo.

Mentre Parmenide descrive l' Essere come ciò che rende esistente l' essente (oppure come la totalità dell' essente) e quindi se quest' ultimo non fosse permeato dall' Essere semplicemente non sarebbe, Heidegger lo descrive come ciò che fa apparire l' essente nel progetto gettato (uomo) ma se l' essente non fosse illuminato dall' Essere esso continuerebbe ad esistere anche se non collocato in un progetto, anche se senza dimora.

L' Essere di Nietzsche.
L' Essere di Nietzsche è volontà di potenza.
La volontà di potenza è essenzialmente interpretativa in quanto agisce plasmando l' errore necessario alla vita fondamento di qualsiasi rappresentazione (dove l' essente appare).

Pensato in questo modo l' Essere-volontà di potenza di Nietzsche si allontana dall' Essere di Parmenide accostandosi all' Essere-luce di Heidegger in quanto entrambi agiscono su una apertura (l' errore necessario alla vita e l' apertura storica) in cui uomo ed enti (essente) entrano in relazione.


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Cosa pensate di questa mia interpretazione (sicuramente incompleta e straripante di errori dovuti ad un mio probabile fraintendimento del pensiero dei filosofi sopra citati ) ?

Grazie per l' attenzione!



Parmenide: il suo Essere con la "E" Maiuscola credo che sia il Tutto dell'Essente, e NON SOLO la Qualità che DA' Esistenza a Ciascun Ente..

questa seconda Concezione sia invece attribuibile ad Heidegger (e forse al nostro Rosmini), Essere come Luce che Illumina i Colori, ma ne è OO Distante e OO Differente.. tanto che lui vorrebbe far riemergere la Differenza Ontologica tra Ente ed Essere che pure San Tommaso avrebbe dimenticato dicendo che Dio è l'Ente Sommo (cioè pur sempre un Ente).. cmq secondo me H. non è riuscito a Pensare la Differenza perchè come lui stesso dice Nessuno ha ancora Pensato l'Impensabile.. e gli risponderebbe Lapalisse: ovvio Se Qualcuno Lo Pensasse Non Sarebbe l'Impensabile.. stessa obiezione del Sofista Platonico al Nulla che Pensandolo Diventa Qualcosa=Non Nulla..
ovvero: per me l'Essere di H. = Dio di S. Tommaso (purtroppo x H.).. con la postilla dell'Ebraista De Benedetti che mi disse: il Dio è Vivo, l'Essere di H. è Qualcosa Privo di Anima...

il motto che tu citi in firma di H. : "l'uomo è il pastore dell'essere" cioè è il suo "custode" cioè "non è il suo padrone" mi sembra la trasposizione filosofica del concetto di Dio che non ci ha dato il mondo x distruggerlo.. ed infatti H. aveva paura della Tecnica cioè della Volontà di Potenza..


x quel che riguarda Nietzsche (di cui son molto ignorante) mi sembra di ricordare che H. lo commentasse dicendo che è l'Eterno Ritorno dell'Eguale l'aspetto Ontologico (cioè parallelo all'Essere), mentre la Volontà di Potenza sarebbe l'aspetto Ontico = Entico.. ad occhio direi che concordo con H... tanto più che quella postilla sull' Eguale mi sembra possa Alludere all'Eternità di Parmenide.. eliminando però quella contraddizione di Parmenide che Non Riesce (x me) a Spiegare come Possa cmq Apparire l'Illusione del Tempo se Tutto è Immobile (stesso difetto che per me ha pure il grande nostro Severino: e qui credo che Maral si arrabbierà)..

ciao e scusate x errori scritti di getto in grandissima fretta..
.

SinceroPan is offline  
Vecchio 19-02-2015, 19.12.18   #26
paul11
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

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Originalmente inviato da jeangene

...a questo punto mi chiedo se e come si possa parlare dell' Essere e soprattutto se ha un valore (perchè a me pare talmente astratto da perdere di significato). Forse come scrive Maral "se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere)."


Non sono d'accordo con Maral e quindi con Wittgenstein e quant'altri giungono a questa conclusione.
Se è vano, è vano anche ragionare, anzi la ragione diventa il luogo dove emerge la sofferenza non trovando un orizzonte di senso e allora viva la follia! Il fuoriuscire mentalmente da se stessi e vivere la malattia dell'essere che tormenta.

Questa è la strada spianata dell'essere che demanda alla tecnica la salvezza rinunciando a se stessa. Se non conosco la definizione di ESSERE devo entrare nelle caratteristiche intrinseche che lo compongono o nella manifestazione della malattia dell'ESSERE che quindi inducono ad una presenza.

Non ho risposte, ma indizi.
La separazione fra fisica e metafisica è stato un grande errore della cultura e non sono sicuro che Parmenide quando dichiara l'ESSERE separi, perchè il poemetto è sulla Natura.
L'ESSERE è stato relegato nella trascendenza lasciando che la vita fosse gestita dalla tecnica.
Quando la ragione umana viene organizzata nella logica e nella matematica si chiede allo stesso linguaggio di separare trascendenza (metafisica)e fisica.
Il risultato è che la metafisica è rimasta alla logica antica, bollata di irrazionalità dalla stessa tecnica, mentre la logica e matematica serviva alla tecnica per creare fiisicamente tecnologia, beni materiali, ma anche nuove realtà.

Quell'essere e quì dò ragione a Nietzsche ed Heudegger, va recuperato nel tempo prima della logica, prima che il nuovo linguaggio nato nella Grecia antica definisse categorie.
L'errore culturale lo pronuncia Heidegger, l'ESSERE non può stare come ente fra gli enti, così l'uomo è come un sasso, così il bene economico sostituisce il bene umano spodestandolo.

E mi domando allora : Nietzsche fa corrispondere l'ESSERE con la volontà? Heidegger con il senso dell'esistenza?

Trovo fondamentale recuperare questa strada impervia di ritrovare l'ESSERE, che è il fondamento a mio avviso solo umano,quindi di un essere consapevole,cognitivo che ha la caratteristica del pensiero e della ragione e quale sia la strada che ci riporti all'ESSERE, forse le altre culture non Occidentali possono aiutare negli indizi?


Ultima modifica di paul11 : 20-02-2015 alle ore 09.40.20.
paul11 is offline  
Vecchio 20-02-2015, 07.44.23   #27
CVC
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

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Originalmente inviato da jeangene
Ho letto con attenzione ed interesse tutti i vostri interventi e mi pare di capire che sia impossibile giungere ad una definizione condivisa e definitiva del concetto di Essere.

Come afferma Maral "la domanda ha significato comprendendo da cosa è nata quasi 3000 anni fa in Grecia. Essa è nata dalla capacità del tutto astratta e terribilmente angosciante di aver potuto concepire il nulla assoluto, il nulla di tutti gli enti. Non è una questione semplicemente logica, ma fondamentalmente ontologica ed esistenziale.
La domanda in merito a cui si specula è se vi sia qualcosa di assolutamente certo che sottende a ogni esistenza, a ogni fenomeno e cosa sia questo qualcosa, come definirlo, come arrivarci, perché altrimenti resta solo il nulla e la sua estrema contraddizione, resta solo l'angoscia di un esistere privo di qualsiasi senso, resta solo la più radicale follia."


...ma come osserva Paul11 l' Essere rimane sempre nascosto tra le righe perchè "praticamente nessuno lo ha definito, relegandolo implicitamente nel sistema di relazione e quindi lasciando all'interpretazione il tentativo di definirlo ,tanto da "sparire" negli enti"

...quindi sembrerebbe che il destino di questa domanda sia quello di non trovare risposta definitiva perchè come nota CVC "A quali conclusioni giungono invece gli indagatori dell'essere? Che non sanno cos'è, a me pare."

...a questo punto mi chiedo se e come si possa parlare dell' Essere e soprattutto se ha un valore (perchè a me pare talmente indefinibile ed astratto da perdere di significato). Forse come scrive Maral "se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere)."

Il fatto è che l'essere, se per essere si intende ciò che è o ciò che c'è, è troppo grande per essere contenuto nel pensiero di una persona. Perciò nessuno può parlare di essere in senso compiuto.
Una volta il filosofo era l'uomo sapiente, che sapeva tutto. Ora la suddivisione del lavoro ha contaminato pure la filosofia, tanto che oramai ha poco senso parlare di filosofia in generale. Il singolo termine è troppo generico. Filosofia sì ma quale? Antica, medievale, moderna, contemporanea, teoretica, filosofia della scienza, storia della filosofia, filosofia naturale? Nessuno può dirsi sapiente in ogni campo, la conoscenza ha progredito per differenziazione, chi dunque può mettere insieme tutte le parti dell'essere per darne una definizione univoca e unitaria?
Ma forse l'essere, un pò come il tempo e lo spazio kantiani, è una categoria di pensiero che abbiamo già dentro di noi, è un qualcosa che noi conosciamo già intuitivamente, innatamente.
Io credo che la soluzione all'arcano dell'essere stia nelle famose locuzioni greche "conosci te stesso" e "diventa ciò che sei". Non troviamo soluzione al mistero dell'essere semplicemente perchè lo cerchiamo al di fuori di noi. Soltanto guardando dentro di noi possiamo capire il senso dell'essere. Un senso che non può essere comunicato ma solo trovato dentro di sè.
CVC is offline  
Vecchio 20-02-2015, 12.28.04   #28
sgiombo
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

La mia impressione di "antiidealista, antiparmenideo, antiplatonico, antiseveriniano e chi più ne ha più ne metta" (di "naturalista"?) é che sull' essere sono stati fatti molti frainendimenti e confusioni (e molti discorsi a vanvera o per lo meno alquanto vaghi e confusi. Perdonatemi, sono in "provocatore istintivo", uno a cui piace tremendamente scandalizzare; oltre che "uno che fa abuso di virgolette" -per l' appunto!- come se fossero una sostanza stupefacente).

A me sembra che ciò che é immediatamente constatabile, sia in ambito materiale-naturale, sia in ambito mentale-psichico, (se la memoria non ci inganna, cosa indimostrabile ma credibile solo per fede) sia il mutamento (e che esso, piuttosto che mutamento assoluto integrale, senza alcunché di fisso e immutabile -caos- sia un divenire ordinato o relativo, seguendo regole generali universali e costanti astraibili dalle contingenze particolari concrete, per lo meno in ambito fisico-materiale, non é dimostrabile -Hume!- ma anche questo credibile solo arbitrariamente, per fede; ed é, relativamente al mondo fisico-materiale, una imprescindibile conditio sine qua non della sua conoscibilità scientifica).

L' essere mi sembra una mera astrazione dal mutamento: in realtà tutto muta e ciò che appare fisso (una montagna, il sistema solare, un quark e chi più ne ha più ne metta; anche uno stato d' animo, un sentimento, una nozione, compressa quella di "essere"), lo é soltanto relativamente, limitatamente (non in assoluto, non nella totalità dei suoi aspetti), e inoltre per un periodo di tempo più o meno lungo ma non infinito.

Una montagna é qualcosa che per milioni di anni é quasi completamente identica, anche se varie molecole ne vengono continuamente erose dagli eventi meteorologici e dalla vegetazione e altre vi vengono a sedimentare, cambiando temperatura cambia continuamente l' energia cinetica delle particelle che la costituiscono, peraltro in perenne movimento; un quark é qualcosa che potrebbe anche avere avuto un' origine da qualcosa di più fondamentale o comunque l' ha avuta dalla trasformazione di energia, come nello scontro fra due fotoni, che si trova continuamente ad interagire con altre particelle-onde e campi di forza e dunque continuamente muta (per lo meno nelle sue relazioni col resto della realtà fisica-materiale), che prima o poi si annichilerà insieme a un esemplare della sua antiparticella trasformandosi in energia elettromagnetica (fotoni) secondo proporzioni universali e costanti.

Il loro "essere" (immutabilmente, "fissamente") una montagna o un quark non si da mai nella realtà: lo si può soltanto immaginare (non veracemente), pensare come concetto astratto (dal loro concreto, effettivo, reale divenire).

Un po' dversa sembrerebbe la questione dei concetti e nozioni, che una volta definiti o comunque stabiliti (magari solo ipoteticamente) sono "per sempre" quel che sono (un po' come le idee platoniche e l' essere parmenideo).

Si noti tuttavia che:

a) per convenzione si può sempre decidere di mutare definizioni e postulazioni;

b) la verità delle nozioni é sempre esposta al dubbio scettico (anche quella delle nozioni circa l' "immediatamente constatato", che ha comunque durata effimera e immediatamente diviene oggetto di memoria*;

c) in quanto di durata infinita o immutabili si tratta di mere potenzialità: qualsiasi concetto é sempre quello che si é definito per convenzione, ma si tratta di una mera potenzialità (qualcosa di potenzialmente pensabile, predicabile, conoscibile, ecc., ma non attualmemte, effettivamente reale, se non per quei lassi di tempo finiti nei quali lo si pensa, predica, conosce, ecc.); in quanto immutabile o fisso non é nulla di attuale, di effettivamente reale, di realmente accadente.

* Vi é infatti da rilevare che le conoscenze di constatazioni immediate o sono mere indicazioni assolutamente vaghe (come "vedo questo"), che come tali non dicono in realtà nulla (sono conscenze vuote, un po' come le tautologie: "vedo quel che vedo, qualunque cosa sia", ovvero "accade ciò che accade, é ciò che é, qualsaisi cosa sia": questa non é vera conosenza); oppure se sono descritte da concetti cadono sotto i colpi del dubbio scettico anche nel loro immediato, istantaneo, transeunte accadere (perché "vedo questa mela" sia un' affermazione vera non basta che ci sia una mela immediatamente constatabile nel mio campo visivo, ma implica che conosca anche altre verità non immediatamente consatabili e dunque degne di dubbio, come "che cosa è una mela","che cosa é un frutto", "che cosa é un vegetale"; e anche tantissime altre per una sorta di "olismo linguistico o semantico": per avere nozioni vere su frutti, vegetali, ecc. devo veracemente sapere il significato di tutti i termini con i quali tali concetti si definiscono; e anche il significato dei termini con cui si definiscono tutti i termini con i quali si definiscono tali concetti, e così via all' infinito.

Ultima modifica di sgiombo : 20-02-2015 alle ore 15.45.54.
sgiombo is offline  
Vecchio 20-02-2015, 18.16.04   #29
SinceroPan
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

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Originalmente inviato da sgiombo

Il loro "essere" (immutabilmente, "fissamente") una montagna o un quark non si da mai nella realtà: lo si può soltanto immaginare (non veracemente), pensare come concetto astratto (dal loro concreto, effettivo, reale divenire).

Un po' dversa sembrerebbe la questione dei concetti e nozioni, che una volta definiti o comunque stabiliti (magari solo ipoteticamente) sono "per sempre" quel che sono (un po' come le idee platoniche e l' essere parmenideo).

Si noti tuttavia che:

a) per convenzione si può sempre decidere di mutare definizioni e postulazioni;

b) la verità delle nozioni é sempre esposta al dubbio scettico

ti saluto talebano : ecco alcune suggestioni.. verità poche..

sì: ovvio tutti i fenomeni quark/galassie mutando negano Empiricamente l'essere con la "e" minuscola, quello dei Singoli enti.. e quindi negano il PDNAC di "QUELL'ente"..

e però: se TUTTI gli enti, quelli che Appari-vano e quelli che Appari-ranno, sono TUTTI fondati sull' Apparire, cioè sull' Essere con la "E" Maiuscola.. allora è Quest'Ultimo ad Essere ETERNO.. non il primo di cui parli tu..

oppure, ri-espongo da altra angolazione: il [Panta Rei Eracliteo.. ovvero la Potenza Nullificante che Sovrasta Ogni Fenomeno.. ovvero il Ciò che è Comune ad Ogni Fenomeno (è comune alla mela che ho mangiato ieri ed al tram che prenderò domani).. ebbene: QUESTO Panta Rei NON SCORRE.. è SEMPRE Vero.. è ETERNO..
ovvero Almeno Lui deve essere SOTTRATTO alla "sua" Legge altrimenti Violerebbe il PDNAC = sarebbe Auto-Contradditorio = Negherebbe lo Scorrere = Affermerebbe l'Eterno..

potremmo ancora dire : IL TEMPO E' POTENZA ONTOLOGICA CHE FA SCORRERE I FENOMENI MA NON SCORRE ESSO STESSO => questo mio pensiero potrebbe assomigliare all' Evento del 2° Heidegger che DA' Presenza e DA' Tempo-ralità a TUTTE le Singole cose..

ciao talebano..
Piero


PS: anche il Tutto è Dubbio di Cartesio = Scetticismo Radicale di Hume = Tutto è Interpretazione di Nietzsche => per NON essere AUTO-Contraddittori (cioè Negar-si) devono Implicitamente applicarsi NON a Tutto.. bensì a TUTTO ECCETTO LORO STESSI..
.
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Vecchio 20-02-2015, 21.08.16   #30
Davide M.
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Ciao sgiombo, ti definisci anti-idealista ma sei il più hegeliano di tutti.
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A me sembra che ciò che é immediatamente constatabile, sia in ambito materiale-naturale, sia in ambito mentale-psichico, sia il mutamento.
Infatti Hegel dice: la realtà non è statica, non è sostanza, bensí è in fieri, è in divenire, è mutamento, è soggetto. La verità della realtà è l’insieme dei suoi momenti, dal primo fino all’ultimo; l’assoluto è la verità di tutto questo sviluppo, se ci si ferma semplicemente a un singolo elemento, a un “momento”, si ha una visione falsata della realtà.

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Originalmente inviato da sgiombo
L' essere mi sembra una mera astrazione dal mutamento: in realtà tutto muta e ciò che appare fisso lo é soltanto relativamente, limitatamente (non in assoluto, non nella totalità dei suoi aspetti), e inoltre per un periodo di tempo più o meno lungo ma non infinito.
Infatti per Hegel ogni cosa è identica a se stessa, ma, essendo immessa nell’ordine temporale, tende ad andare oltre se stessa, quindi è soltanto uguale a se stessa se viene vista avulsa, astratta, dal processo temporale, ma siccome invece è immessa in un processo temporale, tende a negare se stessa e a diventare diversa da quello che è, diversa da A, cioè tende a diventare B. In termini schematici questo significa che ogni elemento della realtà, che si può chiamare tesi, cioè ogni posizione, ogni cosa “A” che mi trovo posta davanti, tende a trasformarsi in qualche cosa di diverso da sé, diverso da A, e quindi in non-A, cioè in B. Ogni realtà è autocontraddittoria, è identica a se stessa e tende a diventare qualche cosa di altro, di diverso da sé, quindi a ogni tesi corrisponde un’antitesi. Attraverso il contrasto tra quello che la cosa è e quello che la cosa tende a essere nasce un nuovo equilibrio, nasce una nuova entità, che è la sintesi di questo processo di contrapposizione. Ogni cosa è autocontraddittoria, tende a superare l’equilibrio attualmente raggiunto e a conseguire un nuovo equilibrio; quel nuovo equilibrio è la sintesi, ma siccome il tempo non perdona niente e nessuno, potrà essere più o meno duraturo, l’equilibrio raggiunto potrà essere più o meno stabile, ma prima o poi è destinato a entrare in squilibrio per autocontraddittorietà.

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Originalmente inviato da sgiombo
Il loro "essere" (immutabilmente, "fissamente") una montagna o un quark non si da mai nella realtà: lo si può soltanto immaginare (non veracemente), pensare come concetto astratto (dal loro concreto, effettivo, reale divenire).
Infatti per Hegel il punto di partenza è dato dal concetto di essere, che si presenta essere come vuoto, astratto, assolutamente indeterminato e privo di ogni possibile contenuto. L’essere di cui parla Hegel è l’essere parmeneideo, l’essere di cui non si può dire nulla se non che è. L'essere di per sé non produce nulla, se non il suo contrario; il vero cominciamento sta nell'unità di essere e nulla, quindi l'essere vero, che produce realtà, corrisponde al divenire. Di la verità, non te l'aspettavi... (p.s. non t'incazzare)
Davide M. is offline  

 



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