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18-02-2015, 12.22.58 | #12 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
P.S. Di solito evito queste speculazioni, stavolta non ho resistito. Però mi domando sempre: servono a qualcosa? Servono a renderci più forti, più coraggiosi, più giusti, più saggi? E poi, dopo Godel, ancora ci sforziamo di avere un pensiero che sia coerente con il tutto? |
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18-02-2015, 14.15.24 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-04-2014
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
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18-02-2015, 14.25.54 | #14 | |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
Citazione:
Ma a cosa serve speculare sull'essere? La domanda ha significato comprendendo da cosa è nata quasi 3000 anni fa in Grecia. Essa è nata dalla capacità del tutto astratta e terribilmente angosciante di aver potuto concepire il nulla assoluto, il nulla di tutti gli enti. Non è una questione semplicemente logica, ma fondamentalmente ontologica ed esistenziale. La domanda in merito a cui si specula è se vi sia qualcosa di assolutamente certo che sottende a ogni esistenza, a ogni fenomeno e cosa sia questo qualcosa, come definirlo, come arrivarci, perché altrimenti resta solo il nulla e la sua estrema contraddizione, resta solo l'angoscia di un esistere privo di qualsiasi senso, resta solo la più radicale follia. E' Parmenide il primo che risponde che questo qualcosa è l'Essere stesso, lo estrae come denominatore comune a tutte le cose che sono, ma il suo errore non è quello di confondere un concetto logico con uno ontologico, perché logica e ontologia non sono separate, la prima è un aspetto della seconda, ma quello di concludere alla luce dell'Essere che ha appena estratto dagli enti, che gli enti non sono, che sono pura illusione e ovviamente se gli enti non sono , pure quell'Essere che da essi ha estratto come comune denominatore non può essere. Di nuovo ci troviamo di fronte al niente e inevitabilmente l'Essere di Parmenide ad esso si riduce, Parmenide è il vero inventore del nichilismo ontologico, è da lui che prende l'avvio tutto il percorso del tramonto nichilistico dell'Occidente, quel percorso che arriverà a domandarsi: ma a che serve tutto questo cammino se non a nulla? Forse una risposta ancora possibile è affermare l'assoluta utilità proprio di ciò che non serve per poter esistere, riconoscere il grande servizio che solo il non servire può offrire. E la filosofia in primis, perché una filosofia che pensi di poter sussistere senza questa domanda che l'ha generata è una filosofia già morta e sepolta, per quanto si illuda di poter servire ancora a qualcosa, e dunque senta solo il bisogno di porsi alla continua angosciata ricerca di qualcosa di cui farsi serva. |
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18-02-2015, 14.43.14 | #15 |
Garbino Vento di Tempesta
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
X Jeangene
Scusa il ritardo ma sono rientrato in possesso del mio comp soltanto ieri e non ho potuto fare alcun intervento perché ho dovuto usare il tempo che avevo a disposizione per risistemarne il funzionamento. Non hai letto male per quanto riguarda Nietzsche, il fatto è che Vattimo riprende in toto un' interpretazione di Heidegger tratta da La volontà di potenza come arte e che ho confutato nell' intervento 83 della discussione di riferimento. Per altro in fondo allo stesso intervento riportavo un brano dell' aforisma n. 72 della versione della Newton Compton della Volontà di potenza in cui afferma categoricamente: Più rigorosamente, non è possibile ammettere in generale nessun essere, poiché in tal modo il divenire perde il proprio valore e appare perfino senza senso e superfluo. Nietzsche si libera di quelle che lui chiama idiosincrasie dei filosofi che l' hanno preceduto in rapporto all' essere. Come lo fa anche per l' anima, anche se afferma, in Al di là del bene e del male, che l' individuo molto probabilmente è un insieme di molte anime. Ma tutte mortali, naturalmente. Questo è tutto. Non si ci può additare colpe che dipendono da errori altrui. L' unico consiglio che sempre do è di leggere prima le opere e poi quello che scrivono altri per comparare le nostre opinioni in merito. Spero di esserti stato utile. Ringrazio cortesemente per l' attenzione. Garbino Vento di Tempesta. |
18-02-2015, 17.04.48 | #16 |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
@Davide M e Maral
Ovviamente la filosofia serve. Serve a ragionare con la propria testa, serve a capire se chi ti parla è genuino o ti sta manipolando, serve perché noi siamo pensiero. Penso, dunque sono. Però serve anche chiederselo, talvolta, a cosa serve questo pensare. Perché il pensiero che svolazza, mi porta di qui e di là, poi deve ricongiungersi con la vita o, meglio, con il problema della vita. La filosofia, secondo me, deve avere come scopo la felicità dell'uomo, deve indicare all'uomo la strada per essere felice. A quali conclusioni giungono invece gli indagatori dell'essere? Che non sanno cos'è, a me pare. Perciò mi interessano molto di più quei filosofi che sanno che l'uomo può essere felice e sanno dire come fare perché lo sia. Heidegger mi pare dicesse che la sua filosofia non ha alcun valore pratico, e io in questo la penso come Epicuro: un filosofo non è degno di tal nome se non cura un qualche male dell'anima. |
18-02-2015, 20.15.16 | #17 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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18-02-2015, 22.19.40 | #18 | ||
Moderatore
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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"Nella storia della nostra civiltà, nella storia dell'Occidente, la verità ha avito il compito di essere un "rimedio". Platone diceva ai giovani che bisogna cominciare a fare filosofia intorno ai trent'anni. Perché? Perché i giovani devono ancora imparare a vivere e a soffrire. Il giovane è l'essere umano che soffre poco. Ci rendiamo quindi conto che il dolore è il dato in relazione al quale prendiamo ogni decisione. Porre, come ha fatto l'Occidente, la verità in relazione al dolore, non è riduttivo. Che la verità abbia avuto il compito di salvare dal dolore non è affatto riduttivo! Però il senso che la verità può avere non si deve ridurre al senso che la verità ha avuto nella cultura occidentale." Citazione:
Parmenide parte dagli enti che sono per dedurne che ciò che li sottende tutti è l'Essere (l'Essere è dunque il fondamento epistemico assoluto, è l'essere di tutti gli enti), ma, esattamente poiché l'Essere è e il Non Essere non è, Parmenide non solo nega il divenire, ma nega pure la diversità tra gli enti e, poiché ne nega la diversità, nega gli enti ossia nega (e qui è Severino ad accorgersene) ciò da cui era partito per giungere all'Essere, dunque quell'Essere (sfera perfettamente omogenea indifferenziata) equivale esattamente al niente (nessun ente). Dice dell'Essere Parmenide nel suo Poema (20-25): Né è diviso, poiché è tutto uguale: né c’è in qualche parte un di più [di essere], che possa impedirgli di essere unito, né un di meno, ma è tutto pieno di essere. Perciò è tutto continuo: l’essere infatti si accosta all’essere e più avanti: ad essere intero ed immobile; a questo unico essere saranno attribuiti tanti nomi quante sono le cose che i mortali proposero, credendo che fossero vere, che nascessero e perissero, che esistessero e non esistessero, che cambiassero luogo e mutassero luminoso colore Ma poiché c’è un limite estremo, è limitato, da ogni parte simile a massa di ben rotonda sfera, dal centro uguale in ogni parte: infatti è necessario che esso non sia più grande né più piccolo in una parte o in un’altra. Né infatti c’è un non essere, che possa farlo desistere dal giungere ad [essere] uguale [su tutta la sua superficie], né è possibile che l’essere appartenga all’essere di più qui e di meno là, poiché è tutto non forzato, a sé infatti da ogni parte uguale, in modo uguale viene a contatto con i confini. In questo Essere assolutamente Uno non c'è spazio per nessun altro ente e Parmenide non si accorge del suo errore che non ha a che fare con una confusione tra logica e realtà, l'equivalenza tra logica è realtà è nella premessa del discorso e della premessa non è dato discutere, ma è all'interno della stessa logica: se solo la differenza implica gli enti, ma la differenza non c'è nell'Essere (che è perfettamente omogeneo) l'Essere esclude gli enti dal cui particolare essere era stato dedotto. P.S ringrazio Garbino che, conoscendo certamente le opere di Nietzsche meglio di me, ha citato l'aforisma giusto in merito al rapporto tra essere e divenire per Nietzsche. Ora non occorre nemmeno interpretare, mi pare che lì Nietzsche sia stato assolutamente chiaro sull'esigenza del divenire. |
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19-02-2015, 00.21.14 | #19 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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19-02-2015, 09.12.40 | #20 | |
Moderatore
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri
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