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Vecchio 31-07-2014, 15.38.23   #61
CVC
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

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Originalmente inviato da jeangene
Certamente, questi tuoi esempi calzano a pennello. Ne aggiungerei un altro: Vorrei fare qualcosa ma non ne ho voglia: vorrei imparare a nuotare ma non trovo la determinazione (voglia necessaria) per farlo.



Sì, si potrebbe chiamare destino. Io sono quello che sono, mi piace quello che mi piace, voglio quello che voglio, desidero quello che desidero, non posso determinarmi a piacimento.



Possiamo usare le nostre rappresentazioni come vogliamo, certo, ma perchè usiamo questa invece dell' altra? Perchè preferiamo questa all' altra? Perchè preferiamo la macchina rossa alla gialla? Abbiamo semplicemente spostato il discorso su un altro piano...
Si potrebbe procedere all'infinito, è vero. Ma poi magari capita che una cosa per noi acquisisce un senso che placa il nostro scetticismo. Lo scetticismo potrebbe dipendere dal grado di soddisfazione che ricaviamo dal senso delle cose. Quando troviamo un senso che ci soddisfa cessiamo di essere scettici. Difficile essere scettici ad oltranza, per coerenza lo scettico dovrebbe dubitare anche dello scetticismo.
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Vecchio 31-07-2014, 20.23.57   #62
maral
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

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Originalmente inviato da CVC
Si ma c'è il rischio che, presupponendo la volontà di dominio a monte di tutto, a monte della ragione stessa, tutto perda di senso. Poniamo che sia la volontà di dominio che muove tutto il mondo, che muove me e te, che ci fa scrivere, concordare o discutere. Che senso ha? Che senso ha che tutto l'agire sia finalizzato al dominio, che lo stesso conoscere sia in funzione del dominio. E' forse più importante il dominare che il sapere cosa si domina e perchè? Lo stoicismo è volontà di autodominio, è vero. Ma non è un dominio, l'autodominio, che si cerca per il puro godimento della volontà.E' un dominio alla cui base c'è la scelta morale, in base a ciò che è reputato morale si agisce o non si agisce. Si cerca l'autodominio. Che poi la definizione di ciò che è bene sia questione perennemente aperta e forse irrisolvibile siamo d'accordo, ma c'è già differenza fra provarci (a cercare il bene) e non provarci. Se si pone la volontà di potenza a monte di tutto, si rinuncia in partenza ad ogni tipo di ricerca morale. Tanto qualunque cosa faccia la faccio perchè spinto da forze misteriose, irresistibili, incontrollabili oppure per paura delle stesse. Perchè seguendo questo ragionamento, la morale viene relegata a paura di dire di sì alla vita, accomodamento fra gli uomini che rinunciano alla volontà di potenza e preferiscono da ignavi restarsene tranquilli fra di loro.
Sono d'accordo sul fatto che la ragione sembra emergere da forze oscure. Socrate e Cartesio sono considerati emblemi del razionalismo, eppure parlavano esplicitamente dei loro demoni.
Scusa CVC, ma anche la negazione di questa forza oscura a mezzo della ragione non è originata proprio da questa stessa forza oscura: la ragione e la morale come riparo! Riparo da che?
E tanto maggiore è il sentimento di questa oscura minaccia tanto maggiore è l' invocazione di un riparo, magari di un alleanza con un'onnipotenza (e in fondo il precetto morale è proprio la via per garantirsi questa alleanza). Mi sembra impossibile semplicemente rinunciare alla volontà di potenza illudendosi di poterla negare in se stessi, magari contrapponendo un istinto di vita a un istinto di morte, perché è ancora una volta un trucco della stessa volontà di potenza a giocare, un trucco di sicuro effetto nella suo manicheismo astratto. Non è un caso che lo stoicismo che esalta la virtù morale nasca in un tempo di decadenza civile di Roma, decadenza che dopo Marco Aurelio prosegue inesorabile.
La scelta morale dell'antico stoico che sopporta virilmente il suo patire è ancora un atto di potenza finalizzato al controllo e alla trasformazione, come è un atto di potenza lo stesso imperativo di astenersi in ogni caso dall'azione e dunque dalla trasformazione: se sento di dover agire non posso bloccarmi se non ancora con una coercizione che impongo a me stesso.
E' verissimo che la volontà di potenza è insensata, essa esige l'insensato per dare a tutto il senso della propria potenza, esige il niente esistente per conferire a questo niente qualsiasi forma essa voglia (nel bene o nel male non ha rilevanza, è l' onnipotenza che importa), esige il suo stesso annientamento perché solo così può raggiungere l'assoluto di se stessa e in ciò è contraddizione estrema. Nietzsche che ha esaltato la volontà di potenza come (e giustamente) forza vitale essenziale, non è stato forse costretto con il suo eterno ritorno a negare radicalmente ogni senso alla stessa volontà di potenza?
Come sostiene Severino, la follia (la follia estrema che attribuisce un significato ontologico al mutamento) è comunque un ente che necessita come ogni ente di manifestarsi nelle forme che gli competono e il nostro sentimento che ci porta all'agire non è per nulla assoggettabile a una volontà che deve negarlo in ragione di chissà quale filosofia, poiché anche questo dover astenersi è follia, se è alla luce di una volontà. Si tratta invece di comprendere la fenomenologia della volontà di potenza alla luce del destino che lega tutti gli enti nella loro eternità, si tratta solo di comprenderne la reale prospettiva che sottende tutto ciò che esiste ed esistendo non può che manifestarsi per come è.
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Vecchio 31-07-2014, 21.20.06   #63
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

** scritto da CVC:

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Non si va molto lontano se non si distingue ciò che dipende da noi da ciò che non dipende da noi.
E' ugualmente sbagliato dire che tutto dipende da noi e che niente dipende da noi.
Ciò che non dipende da noi, che dipenda da un dio o dal caso, non possiamo che accettarlo.

E no, è qui che la dialettica deve arrendersi all'assennatezza della consequenzialità, e su questo punto pragmaticamente cruciale per l'ontologia che l'arte di argomentare deve alzare, obbligatoriamente, bandiera bianca e optare quale filosofia condurrà le proprie scelte.
Che dipenda da Dio o dal Caso è l'unica decisione che, in fin dei conti, siamo autorizzati, da Dio o dal Caso, a prendere davvero; per poter poi continuare a fare scelte che dipendono da noi, durante le circostanze della vita che non dipendono da noi.

Accettarlo senza decidere è la terza alternativa, quella indifferente, qualunquista, insensibile, forse la più comune guardando la società, il vomito nella simbologia biblica, ma che desideri potranno mai nascere in un cuore apatico, nell'accidia della coscienza?


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Vecchio 31-07-2014, 22.33.02   #64
CVC
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

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Originalmente inviato da maral
Scusa CVC, ma anche la negazione di questa forza oscura a mezzo della ragione non è originata proprio da questa stessa forza oscura: la ragione e la morale come riparo! Riparo da che?
Ma come? C'è una oscura volontà di potenza che sottomette tutto al suo irrazionale e insaziabile volere, e non c'è bisogno di riparo?

Citazione:
E tanto maggiore è il sentimento di questa oscura minaccia tanto maggiore è l' invocazione di un riparo, magari di un alleanza con un'onnipotenza (e in fondo il precetto morale è proprio la via per garantirsi questa alleanza). Mi sembra impossibile semplicemente rinunciare alla volontà di potenza illudendosi di poterla negare in se stessi, magari contrapponendo un istinto di vita a un istinto di morte, perché è ancora una volta un trucco della stessa volontà di potenza a giocare, un trucco di sicuro effetto nella suo manicheismo astratto. Non è un caso che lo stoicismo che esalta la virtù morale nasca in un tempo di decadenza civile di Roma, decadenza che dopo Marco Aurelio prosegue inesorabile.
Veramente lo stoicismo nasce prima dell'età imperiale, ed anche il mito della volontà di potenza non mi pare abbia implicazioni storiche meno nefaste. E poi, siamo sicuri che con la volontà di potenza Nietsche non abbia scoperto l'ombrello? Le passioni, che gli stoici si proponevano di combattere perchè fonte di ogni male, rappresentavano qualcosa di molto diverso dalla volontà di potenza? Con quel termine non si riferivano forse alle brame irrazionali e incontrollate dell'animo umano? Cos'ha di tanto originale questa volontà di potenza se non l'esaltazione del negativo? Almeno gli stoici cercavano di combatterle le passioni (o volontà di potenza, che differenza c'è?). Invece sembra che ora si voglia incensare la volontà di potenza come spiegazione di tutto

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La scelta morale dell'antico stoico che sopporta virilmente il suo patire è ancora un atto di potenza finalizzato al controllo e alla trasformazione, come è un atto di potenza lo stesso imperativo di astenersi in ogni caso dall'azione e dunque dalla trasformazione: se sento di dover agire non posso bloccarmi se non ancora con una coercizione che impongo a me stesso.
Certo la volontà di potenza è il nuovo deus ex machina, tutto si spiega con la volontà di potenza. Anche se uno vuole sottrarsi alla volontà di potenza, anche questo è dovuto alla volontà di potenza. E così abbiamo relegato la volontà a ricettacolo di ogni impulso egotistico
Citazione:
E' verissimo che la volontà di potenza è insensata, essa esige l'insensato per dare a tutto il senso della propria potenza, esige il niente esistente per conferire a questo niente qualsiasi forma essa voglia (nel bene o nel male non ha rilevanza, è l' onnipotenza che importa), esige il suo stesso annientamento perché solo così può raggiungere l'assoluto di se stessa e in ciò è contraddizione estrema. Nietzsche che ha esaltato la volontà di potenza come (e giustamente) forza vitale essenziale, non è stato forse costretto con il suo eterno ritorno a negare radicalmente ogni senso alla stessa volontà di potenza?
Se la volontà di potenza è insensata, però poi è la spiegazione di tutto....

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Come sostiene Severino, la follia (la follia estrema che attribuisce un significato ontologico al mutamento) è comunque un ente che necessita come ogni ente di manifestarsi nelle forme che gli competono e il nostro sentimento che ci porta all'agire non è per nulla assoggettabile a una volontà che deve negarlo in ragione di chissà quale filosofia, poiché anche questo dover astenersi è follia, se è alla luce di una volontà. Si tratta invece di comprendere la fenomenologia della volontà di potenza alla luce del destino che lega tutti gli enti nella loro eternità, si tratta solo di comprenderne la reale prospettiva che sottende tutto ciò che esiste ed esistendo non può che manifestarsi per come è.
Bella costruzione intellettuale, ma che utilità ha? Rende più sereni, più coraggiosi, più giusti, più fiduciosi di sè?Non dico che ci riusciva incontrovertibilmente lo stoicismo, ma almeno ci provava. Adesso ci sono I gran bei edifici intellettuali, come quelli di Severino, ma manca la psicagogia, manca chi insegna come formare la personalità dell'individuo. Facile dire che la morale è oramai sorpassata. E in base a cosa ci formiamo la nostra capacità di giudicare noi, il mondo, gli altri? Con la volontà di potenza?
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Vecchio 31-07-2014, 22.36.23   #65
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

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Originalmente inviato da Duc in altum!
** scritto da CVC:



E no, è qui che la dialettica deve arrendersi all'assennatezza della consequenzialità, e su questo punto pragmaticamente cruciale per l'ontologia che l'arte di argomentare deve alzare, obbligatoriamente, bandiera bianca e optare quale filosofia condurrà le proprie scelte.
Che dipenda da Dio o dal Caso è l'unica decisione che, in fin dei conti, siamo autorizzati, da Dio o dal Caso, a prendere davvero; per poter poi continuare a fare scelte che dipendono da noi, durante le circostanze della vita che non dipendono da noi.

Accettarlo senza decidere è la terza alternativa, quella indifferente, qualunquista, insensibile, forse la più comune guardando la società, il vomito nella simbologia biblica, ma che desideri potranno mai nascere in un cuore apatico, nell'accidia della coscienza?


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Proprio in questi giorni due dei popoli più religiosi della terra si stanno massacrando. Io preferisco i qualunquisti che non ammazzano nessuno
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Vecchio 31-07-2014, 23.49.52   #66
maral
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?

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Originalmente inviato da jeangene
Ciò che mi sento di dire a riguardo della volontà e del desiderio è che io voglio, io desidero, ma non posso scegliere cosa volere e cosa desiderare.
Io voglio andare al mare, ma non posso scegliere di volere andare al mare o di volere andare in montagna.
Io desidero quest' auto, ma non posso scegliere di desiderare quest' auto o di desiderare quest' altra.
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Originalmente inviato da jeangene
Certo, puoi scegliere fra le cose che desideri e che non desideri, ma non puoi scegliere le cose da desiderare e da non desiderare.
Esattamente, io non posso scegliere tra la volontà di andare al mare e la volontà di non andarci, come già diceva Schopenhauer questa volontà mi è data (è un puro emergere alla coscienza che non risulta da un calcolo razionale ed economico di pro e contro e che serve solo a sospendere l'attuazione di questa volontà data, grazie all'apparire di un dubbio che la contraddice e ne limita la potenza e che pertanto la volontà di per se stessa vorrebbe negare), Esattamente la stessa cosa riguarda i desideri, non posso scegliere il mio desiderio, esso è dato alla mia coscienza, come in modo ancora più radicale e senza alternative mi è dato il bisogno che non posso in alcun modo nemmeno tenere in sospeso o nel vago, non vi è alcuna possibilità di libera scelta di fronte al bisogno (e per questo la fede esige il bisogno di Dio, la fame di Dio che si rispecchia nella fame che Dio ha per noi e qui ritorna possente il tema del "fico seccato" trattato di recente in "Spiritualità").
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Originalmente inviato da paul11
Una pulsione libidica, decidiamo noi e a chi rivolgerla: ad un partner? Ad un misticismo divino? Ad un bignè "coccolone"? Perchè l'uomo può surrogare e sublimare una pulsione : è il carattere e la personalità che decidono come esercitare il potere volitivo sui desideri, necessità, bisogni,ecc
Penso che sia una ben povera pulsione libidica se riteniamo di poter essere noi a deciderla nell'oggetto, La pulsione libidica ha tutte le caratteristiche del bisogno e la sua eventuale sublimazione non può certo essere il frutto di una decisione libera e razionale, di un mio progetto razionale! Non credo che nessuno abbia questa possibilità di scelta, per cui di per sé un fico gustoso equivale a una ragazza attraente o a una divinità mistica o a creare opere d'arte, è solo questione di fare un ragionamento quanto più razionale possibile su cosa convenga di più (ossia dia minimizzi il rapporto costi/benefici).
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Originalmente inviato da CVC
Possiamo usare le nostre rappresentazioni come vogliamo: possiamo essere liberi. Usando le nostre rappresentazioni possiamo dare un senso alle cose, e il senso che le cose hanno per noi conta più delle cose stesse.
Temo che anche qui ci sia una grande illusione di potenza dell'io. Se davvero potessimo scegliere le rappresentazioni potremmo scegliere tutto, perché tutto si manifesta in rappresentazione, ossia come un rapporto tra un oggetto e un soggetto (io) che costituiscono solo polarità rappresentative astratte. Ora, proprio perché la rappresentazione include (ha nel suo stesso rappresentarsi) l'io e l'io non può scegliersi (anche quando lo vorrebbe tanto), scegliere qualsiasi rappresentazione è solo un'illusione, è far finta che l'io sia separabile da essa in tutto a eccezione della sua pretesa di dominio, fosse pure anche su un me puramente oggettivato.
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Originalmente inviato da CVC
Questo tormentone della volontà di potenza mi sembra simile al discorso della simulazione, come se vivessimo in una mondo architettato da una volontà misteriosa, un demone ingannatore che ci illude di essere liberi mentre siamo schiavi proprio della stessa idea che ci illude di essere liberi. Che la realtà sia un tale non senso io mi rifiuto di crederlo. Io mi reputo libero, nel senso che ho prima detto. La mia libertà non la ascrivo alla volontà di potenza, è libertà punto e basta
Forse CVC, la libertà, la sola immensa e vera libertà che ci è concessa, libera da ogni volontà di potenza che la mistifica, è la possibilità di vedere questa stessa mistificazione nel riconoscimento di ciò che siamo (e di ogni essente per ciò che è). E' la possibilità di scorgere e sentire nel destino che ci lega rappresentandoci reciprocamente la nostra reale essenza. In fondo nulla può essere realmente cambiato e nulla può essere veramente scelto, nemmeno la mia pretesa di poter scegliere e cambiare me stesso e il mondo (magari se non proprio tutto almeno qualcosa, soprattutto ciò a cui più tengo), ma tutto va riconosciuto per ciò che è e questo riconoscimento è un percorso che non termina mai, non si realizza mai in una totalità riconosciuta pur avendone continua necessità. Accettare questo destino di riconoscimento è la sola volontà e libertà possibile e anche la sola responsabilità morale che abbiamo verso il mondo e noi stessi, qualunque cosa questi termini significhino. E' un dovere morale a cui non possiamo sfuggire vivendo per sentirci davvero liberi.
Non possiamo usare le rappresentazioni come vogliamo, ma possiamo (dobbiamo e vogliamo) riconoscerle nel loro senso che eternamente si dispiega coinvolgendoci profondamente, senza illuderci della nostra o della loro potenza di controllo e dominio. Solo così il meraviglioso si libera dell'arcano, proprio perché il terrore è profondamente nel manifestarsi della sua sconvolgente gloriosa Gioia in questo preciso eterno istante.
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Vecchio 01-08-2014, 00.31.23   #67
paul11
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Originalmente inviato da maral
Penso che sia una ben povera pulsione libidica se riteniamo di poter essere noi a deciderla nell'oggetto, La pulsione libidica ha tutte le caratteristiche del bisogno e la sua eventuale sublimazione non può certo essere il frutto di una decisione libera e razionale, di un mio progetto razionale! Non credo che nessuno abbia questa possibilità di scelta, per cui di per sé un fico gustoso equivale a una ragazza attraente o a una divinità mistica o a creare opere d'arte, è solo questione di fare un ragionamento quanto più razionale possibile su cosa convenga di più (ossia dia minimizzi il rapporto costi/benefici).



Siamo forse allora dei maniaci sessuali ad esempio ,cioè non siamo in grado di accompagnare un pulsione, di guidarla,di gestirla ? Un desiderio è comunque emotività, e posso portarla in un talento in cui una persona accompagna emozione e concetto:arte, scienze,spiritualità,sport,ecc . in qualunque cosa in cui noi sentiamo passione.


Ultima modifica di Koli : 01-08-2014 alle ore 00.47.42.
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Vecchio 01-08-2014, 00.49.54   #68
maral
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Originalmente inviato da CVC
Ma come? C'è una oscura volontà di potenza che sottomette tutto al suo irrazionale e insaziabile volere, e non c'è bisogno di riparo?
No, non c'è bisogno di riparo, proprio perché la volontà di potenza è continua e vuota illusione. Ogni riparo a un illusione non può che essere illusione di un riparo (e per questo ogni riparo alla volontà di potenza è sempre volontà di potenza e della peggior specie)


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Veramente lo stoicismo nasce prima dell'età imperiale,
Pensavo a Seneca, a Marco Aurelio, ma anche lo stoicismo greco prende le mosse in un periodo di decadenza delle città greche, in pieno ellenismo, dopo la morte di Alessandro Magno.
Citazione:
Comunque ed anche il mito della volontà di potenza non mi pare abbia implicazioni storiche meno nefaste.

Non mi pare di essere mai stato un sostenitore della volontà di potenza, anzi! Solo che riconosco in ciò che ad essa vuole opporsi un suo mascheramento più o meno efficace. In tutta la storia del pensiero dell'Occidente la volontà di potenza non viene mai a mancare, men che meno in ciò che si vuole razionalmente costruire per ripararsene. La volontà di potenzia è dominio assoluto che si nutre di illusioni, compreso quelle illusioni che si apprestano contro di essa, anzi soprattutto di quelle.
Il rimedio si è sempre rivelato peggiore del male, ci sta tutta l nostra storia a dimostrarlo. In fondo in Nietzsche vi è ancora un'ultima grande purezza., l'originaria purezza del barbaro selvaggio., della sua autenticità non corrotta.


Citazione:
Se la volontà di potenza è insensata, però poi è la spiegazione di tutto....
E' esattamente questo che la volontà di potenza nel suo profondo vuole: che il totalmente insensato sia spiegazione di tutto, perché è proprio sull'insensato che ci si può illudere di avere assoluto dominio ricostruendolo continuamente a volontà come sensato. La volontà di potenza è assoluta creazione di senso dal nulla.


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Bella costruzione intellettuale, ma che utilità ha? Rende più sereni, più coraggiosi, più giusti, più fiduciosi di sè?
Forse, bisognerebbe almeno provarci, offre una prospettiva di senso nuova. Forse bisognerebbe smetterla con il pensare proprio all'utilità con cui quella vecchia ha sempre fallito, tanto che ogni Dio è morto da più di un secolo e con esso ogni pretesa morale, sostituita da ciò che risulta conveniente in un bilancio razionalmente calcolato di costi e benefici.

Citazione:
Adesso ci sono I gran bei edifici intellettuali, come quelli di Severino, ma manca la psicagogia, manca chi insegna come formare la personalità dell'individuo. Facile dire che la morale è oramai sorpassata. E in base a cosa ci formiamo la nostra capacità di giudicare noi, il mondo, gli altri? Con la volontà di potenza?
Manca soprattutto chi dia ancora un minimo credito a questi insegnamenti. Chissà magari si potrebbe cominciare proprio con l'insegnare che la volontà di potenza è un'illusione che si nutre di illusioni e le divora incessantemente. Siamo continuamente sommersi da montagne altissime di illusioni che gonfiano a dismisura un io sempre più nano, ma vezzeggiato come un gigante (un sempre più fragilissimo gigante), si vendono a un ottimo prezzo sul mercato e tutte con la loro razionalissima ragione ben spiegata nei manuali per l'uso for dummies.
CVC, lamentiamo la stessa cosa, ma nel rimedio che suggerisci io vedo proprio lo stesso male di cui ci lamentiamo. La morale, quella morale fondata su quei valori, è a mio avviso solo una impossibile volontà di tornare a ripetere le medesime tragedie, perché quella morale era fondata proprio sulla volontà di potenza che si illudeva concretamente di arginare con la sua valenza puramente astratta.
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Vecchio 01-08-2014, 00.56.15   #69
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Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Siamo forse allora dei maniaci sessuali ad esempio ,cioè non siamo in grado di accompagnare un pulsione, di guidarla,di gestirla ? Un desiderio è comunque emotività, e posso portarla in un talento in cui una persona accompagna emozione e concetto:arte, scienze,spiritualità,sport,ecc . in qualunque cosa in cui noi sentiamo passione.

Certo che puoi, ma non puoi semplicemente decidere di farlo per poterlo fare.
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Vecchio 01-08-2014, 01.45.37   #70
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** scritto da CVC:

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Proprio in questi giorni due dei popoli più religiosi della terra si stanno massacrando. Io preferisco i qualunquisti che non ammazzano nessuno

Preferisci, quindi come loro (i due popoli) hai deciso, come loro la tua morale (menefreghista, sinonimo di qualunquista) scaturirà da questa scelta, ed il tuo volere vincolato a questa inclinazione.
Concordo pienamente con chi sostiene che la crisi odierna mondiale è culturale, spirituale, morale, e non economica o politica.


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