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06-08-2014, 16.53.15 | #103 |
Garbino Vento di Tempesta
Data registrazione: 13-05-2014
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
Ringrazio Paul 11 per la citazione.
X Maral Ti porgo le mie scuse per il ritardo con cui intervengo. Ma al di là dei problemi che mi si sono presentati per impostare la risposta, ho avuto anche alcuni impedimenti che mi hanno trattenuto in altre faccende. I problemi sul come impostare la risposta nascevano più che altro dai distinguo, e sono diversi, che avrei dovuto riportare. Ho provato, ma erano per lo più cose già dette, che mi sembravano superflue e appesantivano la risposta. Sintetizzando, sperando che sia sufficiente, non bisogna dimenticare che Nietzsche riteneva che la fede dipendesse da quel bisogno metafisico che comunque veste ogni credenza religiosa di menzogna. E soprattutto non si potrebbe parlare di una volontà di potenza che si manifesta in modo unitario nella fede Cattolica visto che Dio è una figura non sempre primaria nella credenza personale dei fedeli. Inoltre è risaputo che secondo Nietzsche è una volontà di morte che si manifesta nel Cristianesimo, creata appunto dalla figura del prete e particolarmente dall' ideale ascetico. L' opera di riferimento è Genealogia della morale ( il secondo e il terzo saggio ) e in parte anche l' Anticristo. Mentre invece si esprime in un modo un po' più morbido con le religioni realmente monoteiste che sono quella ebrea e quella musulmana. Per altro ricordo benissimo che in un aforisma, non ricordo quale ma spero che qualcuno mi aiuti ad individuarlo, si esprime positivamente sull' islamismo perché comunque presuppone (sottolineo il presuppone) degli uomini. Ma non va oltre. Per altro in ogni fede c' è quasi sempre la vita che rinnega la vita. Il bisogno di credere, cioè diventa così necessario al credente che ogni valutazione sul corpo diventa superflua anzi peccaminosa e la sua vita un passaggio obbligato per qualcosa che verrà sì ma dopo la morte. Tutto ciò per Nietzsche è assurdo. La vita è ciò che va vissuto e non va trasformato in un attesa di un qualcosa che non c' è. Per Nietzsche la volontà di potenza in un credente è annichilita dal bisogno metafisico ed è perciò che la considera malata. Non so se sono stato sufficientemente chiaro o e se tu sia abbia opinioni differenti. Comunque se lo ritieni necessario puoi sempre chiamarmi in causa. In definitiva era solo una questione di carattere prospettico. Come postilla, tendo a precisare per esempio che Nietzsche si riferisce al buddismo positivamente perché non mente. E' cioè, a suo avviso, la risposta migliore per un corpo malato che si rende conto e quindi sa di esser malato. P.s. Evito di parlare delle cause della malattia per non mettere troppa carne al fuoco. Ma con ciò forse potrebbe risultare chiaro il motivo dei problemi che mi si erano creati. Garbino Vento di Tempesta |
06-08-2014, 18.32.50 | #104 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
Citazione:
E' importantissimo interrogarsi sull'origine di ideali e valori. L'origine (assioma di partenza) riferisce delle ragioni che portarono a concludere che certe fantasie (idee se vuoi) dovessero considerarsi ideali/valori. Perchè si imposero quelle ragioni piuttosto che altre? Perchè a poche centinaia di km di distanza da un agglomerato di popoli quelle stesse ragioni non ebbero più consenso, così che ogni tipo di agglomerato di umani (popoli, nazioni, religioni etc.), sulla base di altre ragioni, fissarono nuovi e diversi ideali/valori? Perchè per certe religioni la castità è un valore e per altre no? Perchè per certi popoli la monogamia è un valore e per altre no? Perchè Clinton, che praticò sesso orale, non era condannabile secondo i battisti del sud, mentre per la chiesa cattolica lo era? Potrei continuare in questa direzione fino a notte inoltrata. Quando parliamo di ideali/valori si da per scontata una loro quasi naturale ragione d'essere, come dire che sono quelli e tanto basta. Come quando si dice "prendo l'ombrello" sottintendendo che piove i potrebbe piovere. Oppure come quando si parla di creato sottintendendo come assioma l'esistenza di un creatore, o, per l'evoluzionista, quando si parla di natura (non creato), sottintendendo l'azione evolutiva da una primordiale elementare forma di vita. Ciò che per noi è un valore, o un ideale, potrebbe, pertanto, scontrarsi con altre altrettanto ferrate convinzioni in valori e ideali, che da noi sarebbero considerate disvalori e degenerazioni morali. Ecco che i valori e gli ideali son tali semplicemente perchè così han deciso i nostri gentiori, i nonni, la chiesa, la politica, il guru etc., non perchè l'abbiamo trovati preconfezionati e conservati lì, chissà da chi, per l'utilità che avrebbero avuto nell'educazione degli esseri umani durante la loro prima e improvvisa comparsa sulla terra. |
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06-08-2014, 21.41.33 | #105 | |
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
Citazione:
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06-08-2014, 23.20.26 | #106 |
Moderatore
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
Ti ringrazio molto Garbino della risposta.
Nietzsche vive a mio avviso giustamente la volontà di potenza tutta nella dimensione dell'io (non per nulla, anche se mi pare non lo abbia mai ammesso, si sente nel suo pensiero la profonda influenza di Max Stirner, il fondatore del pensiero anarchico individualista) che trasfigura nel "mito" del Super Uomo, un io che vuole fermamente raggiungere la totale pienezza che desidera gli competa grazie allo sforzo volitivo di cui è capace essendo di questa volontà naturalmente dotato. L'io con i suoi desideri è infatti l'archetipo originario di questa volontà che mira a far suo l'altro e il mondo intero senza scrupoli di sorta, poiché ogni scrupolo morale è solo maschera di debolezza che si rifugia nel puro astratto, dunque questo scrupolo è malattia (un corpo malato, una vita malata, uno spirito malato e impotente che solo nella morte può trovare il farmaco, proprio perché morendo si può illudere dei sogni più impossibili che non hanno nulla a che fare con la vita concretamente vissuta). E lo stesso la trascendenza, metafisica o religiosa che sia, è un mascheramento di questa impotenza, un rifugio per malati in corpo e in spirito. E fin qui siamo d'accordo sulla linea di congruenza che traccia il pensiero nicciano, ma a mio avviso Nietzsche non si accorge che proprio questo che per lui è un sognare malato è invece pura espressione della volontà di potenza che travalica il suo archetipo originario, è un "io mi consegno all'onnipotenza (utopia razionale o religiosa che sia) per essere a mia volta onnipotente grazie ad essa, vivendo in essa e per essa e credendo fino in fondo nella sua realtà effettiva di cui mi rendo strumento io, proprio io limitato e sconfitto, godo profondamente di essa. Nietzsche sottovaluta la forza di questa fede che consegna un io che vede i suoi desideri sconfitti dalla resistenza che il mondo oppone per affidarla a una volontà onnipotente che li compirà tutti. L'io si annulla nella potenza ideale e perfetta che lo sovrasta per partecipare in tutto e per tutto ad essa, oltre ogni limite. In questo sogno fuori dalla vita è proprio la volontà di potenza che vince, anzi stravince portando l'io con sé. Non trovo in questo senso una decadenza della volontà di potenza nel cristianesimo, ma esattamente il contrario ed è proprio per questo che questa religione dilagò in modo così veloce nel mondo pagano, è un sogno di potenza estrema oltre ogni limite che per il pagano che comprendeva se stesso nel cosmo sentiva come follia. Il pagano credeva fermamente nel limite e per questo lo stoico si sentiva in dovere di accettare la sofferenza e la morte, espressione giusta e naturale di questo limite, il cristiano invece credeva che ogni limite fosse superabile grazie alla fede nell'Onnipotente e dunque la sofferenza, l'umiliazione di sé e la morte stessa fossero proprio la via per questo superamento oltre il cosmo, almeno finché lo stesso Onnipotente non è divenuto superfluo e di impiccio, mostrando la sua impotenza rispetto alle illusioni ripetibili e normalizzate della Tecnica. Ma il cammino della volontà di potenza è già fin dall'inizio segnato in tutte le sue tappe e il suo destino è il nulla, proprio perché ogni volontà nel senso della potenza è un volersi illudere sempre più efficace. E una volta che la volontà di potenza riconosce il nulla come suo traguardo finale e ad esso aspira essa stessa non può che volersi riconoscere come il nulla che è e ogni sua illusione svanisce nella sua autocontraddizione. |
06-08-2014, 23.33.09 | #107 |
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
@garbino
Certo che sviluppare e vivere una volontà di potenza nel desiderare che «I deboli e i malriusciti devono perire, questo è il principio del nostro amore per gli uomini.» (Nietzsche), deve essere molto soddisfacente per il raziocinio umano nel volere amare un altro. Pace&Bene |
06-08-2014, 23.41.53 | #108 | |
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
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06-08-2014, 23.49.33 | #109 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
Citazione:
2 Voler possedere o controllare una persona non ha senso per una persona intelligente e che abbia umanità. 3 Non credo che qualcuno possa amare qualcuno in base a principi morali. Tuttalpiù si può astenersi dall'amare qualcuno perchè lo si ritiene immorale per qualche motivo. Come l'uomo sposato che potrebbe innamorarsi di un'altra donna ma si tiene dal farlo. Socrate ricorreva alla sua proverbiale ironia per irretire l'interlocutore, ben consapevole che l'uomo ha bisogno di un incipit per interessarsi alla morale. Successivamente, come narra Platone nel Simposio a proposito di Alcibiade, il prendersi cura dell'anima dell'interlocutore viene percepito da questo come eros 4 Io non parlo di leggi morali, alludo al prendersi cura della propria anima invocato da Socrate. Prendersi cura di sè, conoscere se stessi, conoscere la propria anima, ricerca morale 5 Perché un profondo sentire sia condiviso occorre la mediazione della ragione 6 Quando succede è perché si sospende l'atteggiamento critico e ci si fida troppo di qualcuno. |
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07-08-2014, 13.03.16 | #110 | |
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Riferimento: Che differenza c'è fra desiderare e volere?
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Riconosci, adunque, che c'è un momento in cui si da origine a valori e ideali ed un momento successivo che è quello d'aderenza a quegli ideali/valori. Tutto questo in psicanalisi si definisce gioco linguistico, che avviene in questo modo: 1- si inventa il gioco e le regole che lo reggono 2- si gioca secondo quelle regole. 3- le inosservanze delle regole, dette peccato per i religiosi, reato per i cittadini, baro per i giocatori di carte, truffa per il fisco etc vengono comminate da arbitri: il sacerdote, il magistrato, l'arbitro etc. Le regole valgono esclusivamente all'interno di ogni particolare gioco linguistico messo in piedi dall'estro umano o, se volete, dalla fantasia. NON SONO MAI REGOLE UNIVERSALI... da qui la questione del relativo. Non si può giudicare il poker con le regole della scopa. Non si può giudicare la morale sessuale con le regole del calcio, tantomeno con regole che appartengono ad altri ordinamenti religiosi. Non c'è nulla di trascendemtale. Tutto sta nel linguaggio e nelle sue regole, che sono le regole principe. |
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