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05-07-2014, 19.42.31 | #113 |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-07-2010
Messaggi: 405
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giulioarretino:
non mi domando "perchè" l'essere si mostra/è parcellizzato/differenziato: il perché in questo caso ha in effetti poco senso. mi domando: poiché lo intuiamo come tale, perché dubitare che non sia, in qualche misura, effettivamente parcellizzato/differenziato? Non vi sono evidenze o indizi che ci lascino pensare e il contrario, e anzi perseguire nel dubbio porta a teorie contro-intuitive per non dire deliranti (superIo eccetera) Infatti per me non c'è alcun motivo per dubitare di questo, ed anzi il contrario sarebbe così lontano da ciò che possiamo conoscere da non essere nominabile. Ciò che voglio aggiungere è che così non ha molto senso nemmeno parlare di parcellizzazioni/differenziazioni, perché un simile concetto rimarrebbe indelimitato/indefinito non potendosi contrapporre ad alcuna alternativa pensabile (sarebbe come parlare di colori in un mondo con un solo colore; allora bisogna rendersi conto che il concetto "essere" e quello parcellizzazione coincidono; con entrambe le parole non si dici niente, non voglio dire che l'essere è parcellizzato, piuttosto, per far capire cosa intendo potrei dire che la parcellizzazione non ha senso e va dimenticata per essere sostituita dal concetto "essere"). Puoi indicarmi qualsiasi cosa dimostrando che ha una simile caratteristica (al massimo si può non notare che ogni volta parlando di qualcosa si indica anche lo sfondo che la "differenzia/parcellizza"). giulioarretino: esempio scemo: il tutto come un oceano, ma non come un oceano d'olio, piatto e immobile e indifferenziato, bensì come un oceano in tempesta, con onde, spuma, correnti. Vedi, neanche un "oceano d'olio" può farci comprendere cosa possa essere un universo "indifferenziato", poiché per pensarlo in quel modo dovremmo volgere lo sguardo anche verso uno sfondo "differenziato" il quale non potrà essere escluso del tutto di cui vorremmo parlare, sennò dovremmo ammettere di non star parlando del tutto, ma di una chiazza d'olio come parte del tutto. Insomma, noi diciamo la stessa cosa; ma io cerco di smontare (ma anche spiegare, farlo cogliere per dovrebbe essere) il termine parcellizzazione poiché quando usato solitamente porta le nostre menti verso un indirizzo che non accolgo. green&grey pocket: Insomma io non sto capendo molto bene cosa intendi, è forse una meta-logica che si rifà non sulla logica stessa, ma sull'esperienza? come mi par di capire. Esattamente, però sono cose su cui sto riflettendo, ciò che è certo è che intendo chiarire il senso dei concetti in base all'esperienza che abbiamo e a cui ci riferiamo con essi (però tocca stare attenti a parlare dei contenuti dell'esperienza, perché di essa se ne parla tramite tassonomie e logiche preimpostate; di fatto c'è da giostrarsi tra queste cose). L'appoggio alla scienza non è un rimettersi acriticamente ad essa da parte mia, ma un conoscerla per conoscere e per dialogare. Un saluto a tutti PS per giulioarretino: Il fatto è che ciò che riporti come una buona presa di posizione teorica (la parcellizzazione) per me non è praticamente nulla. Tu dirai: "vedi, le cose non sono come l'essere parmenideo" ma l'essere parmenideo è uguale, nelle sue caratteristiche più universali, alle altre cose, credere che non sia così (cosa che chiami monismo ontologico o uniformità) non s'è mai concepito davvero il ché, ripeto, sminuisce l'affermazione che le cose stiano diversamente. Le cose stanno in un certo modo a cui cerchi di dare un nome che non può sempre calzargli perché il modo che gli è sempre proprio non gli può essere attribuito non potendo essergli negato. Esso perde senso, ma non l'ha mai avuto. Così quando cercherai di porre l'accento su quella parcellizzazione starai ponendo l'accento su una cosa falsa (soprattutto in senso ontologico -ma per me ontologia e gnoseologia coincidono in un certo modo, credendo alla sola "esistenza delle coscienze non solo umane o animaloidi"-). Ascriverla e negarla al contempo come mi è sembrato che fai, comunque, è già buono (in ogni caso si capisce cosa vuoi dire, per cui da un punto di vista approssimato al linguaggio quotidiano ti direi: hai ragione, la realtà è mutevole e diversificata e ciò è vero anche al di fuori del nostro pensiero per le ragioni che porti e per altri motivi). Ultima modifica di Aggressor : 05-07-2014 alle ore 22.11.41. |
06-07-2014, 09.50.28 | #114 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: Gnoseologia
Citazione:
Conosco poco la psichiatria, ma durante le allucinazioni certe aree sensitive del cervello (nelle esperienze coscienti degli osservatori) funzionano esattamente come durante l' acquisizione (meglio: l' esistenza) delle identiche sensazioni "vere", anche se in seguito a meccanismi neurofisiologici diversi, che non conseguono all' attivazione delle corrispondenti terminazioni sensitive (mutatis mutandis un po' come nel famoso esperimento mentale di Putnam del "cervello nella vasca"). A parte l' ultima tua frase, che non ho proprio capito, mi sembra che siamo d' accordo ...quasi quasi comincio a preoccuparmi! Ultima modifica di sgiombo : 06-07-2014 alle ore 21.59.14. |
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06-07-2014, 21.00.50 | #115 | |
Utente bannato
Data registrazione: 23-06-2014
Messaggi: 147
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Riferimento: Gnoseologia
Citazione:
Ancora un po' e mi diventi costruttivista... FMJ |
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07-07-2014, 07.33.03 | #116 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: Gnoseologia
Citazione:
Sempre più preoccupante! (Ecco, prendendo così le cose anche con una certa ironia ed autoironia mi sei già più simpatico). A presto. |
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07-07-2014, 16.58.57 | #117 | |||||
Nuovo ospite
Data registrazione: 05-06-2014
Messaggi: 22
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Riferimento: Gnoseologia
Citazione:
indubbiamente. Purtroppo, non ho la minima idea su come rispondere a riguardo. Ci penserò su. Citazione:
perché ritengo che in questa fase non si possa sapere in anticipo se la discussione approderà a un qualcosa di vagamente simile a una dimostrazione (o a generare elementi utili per una dimostrazione), oppure si rivelerà solo una serie di scempiaggini una in fila all'altra. Citazione:
come dicevo sopra, la dimostrazione è eventuale, nel mio caso. ognuno alla fin fine decide per sè stesso, ovviamente. Non negherò tuttavia che l'essere convincente (riscuotendo magari l'approvazione o il consenso di terzi) è una caratteristica importante di qualunque dimostrazione o teoria. L'appagare quell'istinto profondo che ci attrae (o viceversa ci fa respingere) le varie interpretazioni della realtà. Così come la scienza fin da subito ha esercitato un insopprimibile fascino, per contro le sue derive positiviste/deterministiche ottocentesche (o gli attuali deliri sui multiversi e sull'applicazione della MQ all'intera realtà) risultavano e risultano ai più respingenti. E non dubito che la stessa Scienza provvederà a correggerle o rigettarle (così come fece con il positivismo). Se io dico: esiste una realtà che tutto comprende, ed esiste un Soggetto; tale realtà è, in qualche misura, ragionevolmente ipotizzabile come in qualche misura indipendente e diversa dal soggetto, e minimamente diversificata al suo interno. Questo è ciò che ogni uomo intuisce - non necessariamente in modo cosciente o esplicitato - in modo profondo che negandolo e agendo/pensando coerentemente a questa negazione non si approda a nulla gnoseologicamente più coerente/utile/convincente rispetto all'accettare le evidenze dell'intuito (anzi); parimenti qualunque dubbio, legittimamente sollevato, viene altrettanto legittimamente fugato dall'assenza di evidenze o indizi contrari. E' convincente ciò che dico? Per me medesimo sì, e credo di sì in generale per l'uomo medio, ma non sta a me dirlo con riguardo a Tizio o a Caio nello specifico. E' dimostrabile ciò che dico? Non credo, perché ciò che dico preesiste la stessa idea di qualcuno che dimostrare qualcosa piuttosto che qualcos'altro o in altri modi. E' possibile dimostrare che ciò che dico è falso? Non credo, probabilmente per lo stesso motivo di cui sopra. Citazione:
la scelta è che mi fido, in assenza di evidenze contrarie e per necessità gnoseologica, del mio intuito. Che non è la mera percezione sensoriale, ma qualcosa di più profondo, e le cui "risultanze" preesistono lo stesso concetto di percezione sensoriale. Cos'è questo intuito? Questa "intuizione ontologica/realista" fondamentale? Non riesco a descriverlo/individuarlo precisamente, non sono abbastanza bravo. Per parafrasare Sant'Agostino so cos'è, ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire. La vaghezza del linguaggio (e forse la vaghezza ontologica) mi sconfigge. L'Io penso kantiano, il cogito cartesiano... quella roba lì, più o meno. Altra scelta è che non mi faccio spaventare dall'errore potenziale o attuale dei sensi e della logica, dalla mancanza di punti fermi, oggettivi e assoluti, nella conoscenza del mondo, dalla complessità, dai molti modi di essere delle cose. Accetto tranquillamente una conoscenza del mondo soggettiva, relativa e relazionale, e pertanto incompleta, certamente mutevole e potenzialmente soggetta ad errore, ma pur sempre conoscenza. Il fatto che esistano persone con allucinazioni assolutamente realistiche non mi porta a dire che la mia intera percezione del mondo è illusoria, arbitraria e pertanto inidonea a cogliere qualcosa di ontologicamente esistente. Perché mai dovrei fare una simile affermazione. Il fatto che la logica e la matematica debbano far fronte a paradossi e problemi vari quali l'incompletezza di Godel e via discorrendo non mi porta a dire che sono sistemi puramente convenzionali e pertanto totalmente inidonei a descrivere il funzionamento, i meccanismi e i rapporti di qualcosa di ontologicamente esistente. Semplicemente sarò portato a dire che sono mezzi di conoscenza e di descrizione imperfetti e perfettibili, costruiti "ad hoc" per una mente umana e quindi intrinsecamente impossibilitati a cogliere e descrivere l'intera gamma del possibile, ma solo una parte e da una sola prospettiva, non valevoli sempre e comunque. Ma imperfetto non è sinonimo erroneo, nè ogni cosa che non sia perfetta e assoluta diventa indifferentemente da rigettare. Anche nell'ambito scientifico più rigoroso, l'eccezione fa cadere la regola solo a determinate condizioni, non sempre e comunque. Conoscenza imperfetta e incompleta non significa necessariamente una l'assenza completa di conoscenza valida. E' un salto gnoseologico che non sono disposto a fare, né capisco perché molti lo facciano (tra le altre cose: solo a parole, mai all'atto pratico). Citazione:
Non lo rimuovo, anzi tutto parte da esso |
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