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13-03-2014, 01.15.36 | #1 |
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Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
In questo discussione voglio esporre brevemente e parzialmente quella che ritengo la posizione ufficiale cattolica contro l’eutanasia e far vedere che essa non è convincente.
In uno dei documenti cattolici più importanti sul tema, ovvero la Dichiarazione sull’eutanasia della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j...401,bs.1,d.d2k) troviamo la seguente definizione di “eutanasia”: per eutanasia s’intende un’azione o un’omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati. Contro l’eutanasia troviamo le seguenti tesi teologiche: (i) La vita è il fondamento di tutti i beni. (ii) Nessuno può attentare alla vita di un uomo innocente senza opporsi all’amore di Dio per lui. (iii) La morte volontaria ossia il suicidio è, pertanto, inaccettabile al pari dell’omicidio: un simile atto costituisce, infatti, da parte dell’uomo, il rifiuto della sovranità di Dio [...]. La tesi (i) merita una delucidazione. Il termine “fondamento” andrebbe inteso in senso etimologico, ovvero che non ci può essere un bene per x senza che egli sia vivo. Se uccidiamo x gli togliamo il presupposto fondamentale per renderlo partecipe di un qualsiasi bene, ovvero il fatto di essere vivo. Va altresì precisato che la vita in sé non è in assoluto il bene principale per questa posizione. Ciò che ha carattere sacro è la vita umana innocente. Sono quindi legittimato moralmente a uccidere chi attenta alla mia vita perché l’aggressore ha perso lo status di innocente. Allo stesso modo è giusto sacrificar sé stessi per un bene superiore qual’è la gloria di Dio: è il caso del martirio. Ad ogni modo, quale che sia la qualità della mia vita, se sono o meno un paziente terminale senza possibilità di poter lenire le mi sofferenze con i palliativi, non posso chiedere al medico di essere ucciso. La tesi (ii) espone l’idea che l’eutanasia si oppone all’amore di Dio per le sue creature. La tesi (iii) rende evidente che la pratica dell’eutanasia (e ogni forma di suicidio) non rispettano la sovranità di Dio. Solo al lui spetterebbe l’ultima parola sulla nascita e la morte (“Sono io che do la morte e faccio vivere”, Dt, 32:39). Le idee centrali sono quindi che la vita che abbiamo non ci appartiene, non ne possiamo disporre a piacimento (indisponibilità della vita), non la possiamo sopprimere per nessun motivo (inviolabilità della vita) perché non siamo noi la causa della nostra creazione, ma Dio (creaturalità della vita). Si noti che le mie obiezioni – che ora vado a esporre brevemente – non rifiutano le premesse metafisiche della concezione cristiana (esistenza di Dio, dell’anima ecc.). A mio parere queste sono, per usare un eufemismo, fortemente problematiche ma non è mia intenzione qui metterle in discussione. Mi sembra che la salvaguardia del martirio sia incoraggiata solo perché promuove una visione religiosa. Il martire sceglie la morte pur di non sconfessare il proprio credo. Perché, se si accetta questo, non si fa lo stesso con la richiesta di un paziente che vuole lenire le sue sofferenze, che ritiene la sua vita non degna di essere vissuta – proprio come il martire? Riguardo a (ii), si tratta sicuramente di una forma peculiare di amore se, dinanzi alla richiesta lucida e competente di un malato di non soffrire più, gli si dice che Dio lo ama talmente tanto che non vuole far cessare le sue pene mediante eutanasia. L’amore prevede un prolungamento della sofferenza per un non precisato disegno che ci è imperscrutabile. Si noti inoltre che alcune espressioni del cristianesimo (ad esempio i valdesi) non sono contro l'eutanasia. Riguardo a (iii), come ha fatto notare Hume, noi interferiamo quotidianamente con la sovranità di Dio quando curiamo i pazienti. Senza i progressi della medicina molte persona oggi sarebbero già morte. Dobbiamo dedurne che Dio voleva che in passato si morisse per una “banale” polmonite mentre oggi ha cambiato idea? Si dirà: Dio non vuole che si interferisca con il suo piano nel senso di accorciare intenzionalmente una vita. Qui si torna però all’origine della questione. Perché non si dovrebbe togliere la vita per motivi compassionevoli? A quanto mi risulta le Sacre Scritture abbondano di richiami alla compassione. Ultima modifica di Koli : 13-03-2014 alle ore 10.01.09. |
13-03-2014, 11.24.46 | #6 | ||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Nessuno vuole leggi che obblighino all'eutanasia chi sia investito da situazioni di grande dolore o disagio e noi lasciamo a chi crede il suo ostinato attaccamento alla vita in quanto dono di Dio ma ci sia lasciato, in quanto non credenti in Dio, la possibilità di scegliere, da noi stessi e per noi stessi, cosa farcene della nostra vita se e quando il vivere ci diventerà impossibile e la morte ci sembrerà una liberazione. A supporto dell'eticità di un rifiuto motivato alla vita cito le parole di Nisargadatta Maharaji, (dal libro: Io sono quello), che non è un maestro new age, ma un esponente dell'Advaita Vedanta, quindi di una corrente di pensiero comune a centinaia di milioni di Induisti. Dialogo 91. 19 Febbraio 1972 Maharaji.: …............Fondamentalmente, nessuno può costringere un altro a vivere. Inoltre, ci sono state delle culture in cui il suicidio ha avuto il suo posto riconosciuto e rispettato. Interrogante.: Non è obbligatorio vivere la propria porzione naturale di vita? Maharaji.: Quando è facile e spontaneo, sì. Ma la malattia e il dolore non sono naturali. C'è una nobile virtù nell'incrollabile accettazione di qualunque cosa accada, ma c'è anche una dignità nel rifiuto del tormento fine a se stesso, e dell'umiliazione. Dialogo 90. 5 Febbraio 1972 Interrogante.: Ora che sono diventata più intelligente, non tollererei più di soffrire. Che male c'è nel suicidio? Maharaji.: Nessuno, ma solo se risolve il problema. Ad esempio, quando la sofferenza sia imposta da cause esterne come una malattia incurabile, o una calamità insostenibile. Ma dove mancano saggezza e compassione, il suicidio è inutile. Una morte folle è una follia rinata....... Citazione:
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13-03-2014, 12.13.19 | #7 | |||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Non ho capito se per te questa pratica può essere ammessa in qualche caso o no, e se no perché. Citazione:
Certo, si può discutere di questo problema senza chiedere una legislazione a riguardo. Si può anche ritenerla morale in alcuni casi ma pericolosa se resa legale (posizione della Foot). Secondo me non può non diventare anche materia del legislatore perché, se si è convinti della sua moralità, si vorrà mettere in pratica un procedimento che limiti il più possibile i casi di abuso e regolamenti questioni come "basta la volontà del paziente o occorre anche il parere del medico?", "va bene l'eutanasia anche nei pazienti in coma permanente che non hanno lasciato disposizioni esplicite a riguardo o no?", "che valore dare alle disposizioni anticipate di trattamento (DAT)" ecc. Ricordiamoci che attualmente in Italia l'eutanasia dietro richiesta è considerata omicidio del consenziente ed è perseguibile penalmente. Se l'eutanasia è giusta sarebbe opportuno che il medico non rischi più il carcere. Mi piacerebbe sapere se qualcuno fra gli utenti condivide le tesi che ho esposto in apertura di discussione e soprattutto la (ii) e la (iii). |
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13-03-2014, 12.40.32 | #8 | |
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Mi soffermo solo su questa frase, per mettere una riflessione che forse può dare una luce diversa o forse anche no. La differenza tra un martire ed un suicida è la responsabilità che si assume come conseguenza di un'azione/causa. Il martirio è la conseguenza di una consapevolezza interiore, verso cui la propria anima o coscienza o anche intelligenza non può ribellarsi. Ci sono state epoche in cui era inevitabile per affermare dei diritti o delle verità. Esitono martiri politici, martiri per la libertà, non solo cristiani, musulmani, induisti, buddhisti ecc ecc... insomma religiosi. Anche una persona che mette a rischio la propria vita per un'altra non è un potenziale suicida, ma si assume la responsabilità delle conseguenze per un bene maggiore, non egoistico (poi è certamente da indagare la questione egoistica, e soprattutto la capacità immediata di valutare il bene maggiore, o il male minore, ma entriamo in un ambito molto approfondito). Il martire mette la sua vita al servizio di un bene superiore, non considerando più propria la sua vita ma utile come simbolo. Il suicidio, assistito o meno, invece è un subire o non assumersi se vogliamo le conseguenze di determinate cause, che sotto questo aspetto vanno certamente viste in un ambito molto più ampio di esistenza. Risulta quindi un aspetto egoistico della visione della vita. La differenza credo possa essere vista in questo senso. Questa riflessione nasce chiaramente dalla credenza che la vita non sia tutta qua, e pertanto non diventa possibile crearsi una posizione oggettiva senza tenerne conto. |
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13-03-2014, 12.52.33 | #9 | |
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Se guardi bene la violenza di chi dice: - ti costringo a morire – non è molto diversa da chi dice: - ti costringo a vivere – perché alla base c'è sempre l'usurpazione della volontà individuale e l'affermazione, del tutto capziosa e gratuita, che qualcuno al di fuori di noi sappia meglio di noi cosa è bene per noi. |
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13-03-2014, 13.00.17 | #10 | |
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
** scritto da koli:
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Per il cattolicesimo: libertà, gratuita e ragione, sono i tre ingredienti costitutivi di una fede matura in Dio. Il gratuito sta a indicare il niente in cambio, altrimenti si sentirebbero giustificati quelli che credono solo in prospettiva del "Paradiso" post-mortem, quindi basterebbe la fede senza opere per raggiungere l'obiettivo, il tutto è compiuto. Infatti l'eutanasia è una scelta libera (un cattolico può solo ammonirla, giudicarla secondo fede, ma per il cartellino rosso, il condannarla, l'arbitro è Dio), anche ragionata, come tu ben esponi, ma nei confronti di quale causa? La scelta personale di non voler soffrire, egoismo per l'esegesi cattolica. Quello che il cattolicesimo rimprovera (ed io condivido appieno), l'azione suicida da cui la Chiesa Romana mette in guardia, è il percorrere la scelta alternativa a quella indicataci (la rivelazione universale, per tutti, da cui cattolico) dal Gesù sofferente e morto in croce, ossia, schiodarsi, visto che poteva data la sua divinità, e scendere da quel legno dicendo: "noooooo, non esiste proprio, Tu sei un fuori di testa"!!; ma così non fu. |
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