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13-03-2014, 14.35.08 | #12 | ||||||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Citazione:
Sembra poi che "egoistico" venga da te usato come "parolaccia". Ammettiamo che la scelta del paziente sia egoistica. Perché sarebbe sbagliato che un paziente non possa egoisticamente veder cessare la sua sofferenza se questo non lede la libertà altrui? Citazione:
Citazione:
In secondo luogo, stai sostenendo l'obiezione del pendio scivoloso. Sostieni cioè che la legalizzazione potrebbe portare di fatto a una legislazione di stampo nazista. Questo passaggio a mio modo di vedere non è giustificato, così come non sarebbe giustificato dire che la legalizzazione dell'omicidio per legittima difesa porterebbe a leggi che sdoganerebbero l'omicidio. Per come la vedo io la legalizzazione dell'eutanasia dovrebbe essere un'eccezione molto ben definita al divieto di uccidere. Citazione:
Inoltre, sempre da parte della Chiesa la richiesta di non voler soffrire non è liquidata banalmente come egoismo. Basta vedere l'importanza che assumono le cure palliative. Citazione:
Inoltre il sacrificio di Gesù rientra nel piano salvifico di Dio, non poteva scendere dalla croce senza prima morire. Perché un individuo mortale dovrebbe soffrire per degli anni? Solo per partecipare alla sofferenza di Gesù? |
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13-03-2014, 14.37.15 | #13 | |
Moderatore
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
Premesso che io ritengo che la teologia moderna, soprattutto quella emersa dopo il Vaticano II ed espressa in forme "popolari" nell'attuale Catechismo, abbia nella grande maggioranza dei casi incompreso o addirittura stravolto il messaggio di Colui che questa teologia dovrebbe ispirare, provo a commentare:
Citazione:
la tesi (i) è palesemente incongrua, perché tutti i grandi teologi e i Padri della Chiesa sapevano bene che la vita terrena è solo un passaggio in vista della ben più importante "vita eterna". E un passaggio non può certo costituire un fondamento. Lo stesso Gesù affermava "Io sono nel mondo ma non del mondo" e "Il mio Regno non è di questa terra" e tutti i cristiani dovrebbero pensarla allo stesso modo. Per la Chiesa l'unico fondamento immutabile dovrebbe essere Dio e la Sua Parola, e se invece afferma che il fondamento di ogni bene (quindi in teoria anche del "Bene Assoluto" che è Dio) è la vita umana significa che espelle Dio dal proprio orizzonte e pone l'uomo al suo posto, poiché Dio non è, tecnicamente, né vita né uomo, ma il suo fondamento. La Chiesa stessa realizza quindi, con questa affermazione, la divinizzazione dell'uomo, anzi peggio l'idolatria dell'uomo, poiché non si riferisce all'uomo "spirituale" in quanto "figlio di Dio" e quindi partecipe della Sua essenza, ma all'uomo biologico, corporale, terrestre. Questo umanismo portato all'estremo è stato proprio ciò contro cui tutte le grandi religioni si sono sempre battute, fedeli allo spirito del racconto del peccato originale che stigmatizza appunto l'idea dell'uomo che vuol farsi dio. Se inoltre si afferma che il presupposto per godere di qualunque bene è il fatto di essere vivi automaticamente si nega la possibilità di conseguire la "vita eterna", ovvero uno dei fondamenti imprescindibili del Cristianesimo, poiché questa si può raggiungere, dice appunto la dottrina, solo dopo la morte terrena. La tesi (ii) è corretta, se però togliamo l'aggettivo "innocente". Chi decide infatti chi è innocente? Ogni giudizio, sempre come insegnava Gesù, è arbitrario ("non giudicate se non volete essere giudicati") e quindi giudicare l'innocenza o la colpevolezza altrui è sempre una arbitrarietà. In guerra è sempre lecito uccidere il nemico, ma non in quanto colpevole bensì solo in quanto nemico, che è tutt'altra cosa. Le tavole di Mosè, come del resto tutte le tradizioni, riportano il comandamento "non uccidere". Se lo si vede così com'è è sensato poiché si riferisce al rispetto di ogni forma di vita, ma se lo si subordina ad una particolare specie e addirittura a coloro che all'interno di quella specie godono di un particolare "status" morale diventa, dal punto di vista teologico, un'ingiustizia nei confronti di Dio che ama nello stesso modo tutte le sue creature. La tesi (iii) è parimenti corretta poiché il suicidio (tranne in rari casi) è una fuga dalle proprie responsabilità, l'atto di massimo egoismo che si possa compiere; al contrario del martirio che è affrontare consapevolmente la morte in funzione di un valore molto più elevato (Dio, la Patria, la libertà, l'indipendenza ecc.) della singola vita individuale. Il suicida si toglie la vita per se stesso, il martire invece lo fa per altro da sé. Detto ciò per quanto concerne l'eutanasia il discorso (restando nell'ambito teologico) è molto equivoco e questo dipende essenzialmente dal fatto che la Chiesa ha abbracciato da un lato un umanismo estremo mutuandolo dalla tradizione protestante, e dall'altro un accentuato manicheismo dopo averlo per secoli combattuto e condannato. Se avesse continuato a seguire l'insegnamento della propria tradizione non si troverebbe ad avere a che fare con le aporie della teologia moderna. Se si afferma la sacralità della vita (biologica), bisogna nel contempo affermare anche quella della morte, perché le due cose sono inscindibili, sono due facce della medesima medaglia e se si elimina una sparisce anche l'altra. La vita senza la morte è come la discesa senza la salita, il monte senza la valle, o la luce senza le tenebre. La vita è un costante dispiegarsi di nascite e di morti, e il tentativo di "bloccarla" in qualche modo rifiutandosi di accettare la morte o combattendola in ogni modo non può che essere in ultima analisi un rifiuto della vita stessa, che in questo mondo si può esprimere solo come "divenire", e non come cristallizzazione o immobilità. Se quindi la Chiesa ha deciso, nel tempo e manicheisticamente, di approvare la continua, costante e progressiva "medicalizzazione" e razionalizzazione della vita tanto da farla dipendere sempre di più dalla tecnica e dai suoi "sacerdoti" in camice bianco nel tentativo appunto di renderla "eterna" già qui in terra, ora deve necessariamente rassegnarsi anche alla inevitabile "medicalizzazione" e razionalizzazione della morte. Se ha tolto a Dio e concesso all'uomo (per quanto nelle sue limitate possibilità) il potere di decidere della vita delle persone affidando questa decisione agli "scienziati" non può ora rifiutarsi di fare altrettanto per quanto riguarda la loro morte. Ma per questo può recitare solo il mea culpa. |
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13-03-2014, 16.25.37 | #14 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
** scritto da koli:
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Esatto, il magistero ammonisce l'eutanasia come azione biasimevole per ciò che tu hai ben descritto, ma non può far nient'altro, così come fu per l'aborto ed è per le unioni di fatto in tanti paesi (e tra non molto anche in Italia, parola di cattolico!). Solo Dio giudicherà e condannerà o meno. Lui propone non impone. Ma usare un farmaco per alleviare la sofferenza non è neanche minimamente paragonabile al suicidio per smettere drasticamente di soffrire. La cura palliativa concede al moribondo il sostegno alla sua scelta d'affrontare la sofferenza con dignità. E' come se a Gesù invece dell'aceto gli avessero dato una spugna satura di acqua fresca, ma i chiodi avrebbero continuato la loro azione, e la Sua volontà anche. Citazione:
Come non si è mai sposato, mica il matrimonio è un'istituzione di provenienza umana? Il matrimonio rappresenta la manifestazione dichiarata ed eterna dell'amore che unisce Dio a Israele e Cristo alla sua Chiesa. La dolorosa passione di Gesù è certamente il piano di Dio, un progetto divino, e come tu fai notare: salvifico, ossia, per sconfiggere il peccato e la Morte da esso creata per salvare il genere umano, ma Gesù nell'orto degli ulivi, essendo anche uomo, e vivendo la nostra stessa incertezza e debolezza umana, non ne era poi tanto convinto: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice amaro! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. - (Lc 22, 42-44) Allontana, calice amaro, confortarlo, in preda all'angoscia, sudare sangue, non sembra che non ci siano elementi sufficienti per non potere "salire" (scendere), ma come si dice volere è potere. Il perché, per un cattolico, è misteriosamente racchiuso nella logica rigida e non terrestre di Dio, ed il mistero di Dio si vive poiché è impossibile, umanamente, svelarlo. |
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13-03-2014, 18.25.27 | #15 | |||||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Si dà per scontato che tutti i pazienti siano in questo senso innocenti. Citazione:
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Inoltre, se ci si richiama all'importanza della sofferenza, uno può chiedere a questo punto se siamo giustificati a ridurla ed eventualmente in che modo - per evitare di interferire inconsapevolmente con il disegno di Dio. Ultima modifica di Koli : 13-03-2014 alle ore 18.39.32. |
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13-03-2014, 18.45.59 | #16 |
Ospite abituale
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
@ Koli
Sono d' accordo con le tue critiche alla concezione cattolica della vita e della morte. E personalmente ritengo disumano in sommo grado (quanto di più malvagio possa darsi; anche se superato in questo dalla concezione della pena eterna, senza fine) la pretesa di imporre a chichessia per qualsivolglia motivo il mantenimento della propria vita contro la propria volontà di mettere fine a sofferenze e dolori ritenuti non eliminabili e insopportabili. Pe quanto riguarda invece la giustizia e la realizzazione di leggi eque, il caso dell' eutanasia mi sembra molto più semplice da affrontare democraticamente di tanti altri problemi di bioetica perché (contrariamente per esempio al divorzio e all' aborto) coinvolge senza alcun ombra di dubbio unicamente chi decidesse di attuarla e nessun altra reale o ipotetica (o presunta) persona umana. Che se qualcuno tirasse in ballo i suoi cari che verrebbero privati della sua presenza gli risponderei: ma quali "cari"? Chi pretende di prolungare indefinitamente il dolore di qualcuno che desidera morire pur di farlo cessare non può essere definito che nemico (e anche paticolarmente acerrimo) di tale persona, e non dovrebbe essergli concesso di farle dl male! Dunque anche per i cattolici più osservanti non dovrebbe esserci alcun problema nell' accettare che la legge preveda la libertà di ricorrere all' eutanasia per chi lo desiderasse (chi ricorre all' eutanasia secondo la dottrina cattolica pecca, meritando la dannazione eterna, ma danneggia soltanto se stesso e nessun altra, nemmeno ipotetica o presunta, persona umana; e fino a prova contaria, sempre secondo la dottrina cattolica, Dio ha dato all' uomo il libero arbitrio e dunque la possibilità di scegliere anche di contravvenire la sua legge). Pretendere di impedirlo mi sembra una prepotenza assolutamente antidemocratica e ingiustificabile in alcun modo. Green&greypocket: la morte e la vita appartengono al sacro, e cioè in quel territorio proibito dalla Legge, se qualcuno vi entrasse sarebbe la fine della comunità, e siccome la chiesa è la comunità, non ci saranno nè oggi, nè domani, nè mai possibilità di apertura su quello. Sgiombo: Non credo proprio. Di questo papa si possono dire molte cose, ma non a mio parere che sia un ottuso conservatore acritico (con questo non ne faccio certo un rivoluzionario e nemmeno un gran progressista: malgrado il nome che ha scelto si é finora ben guardato dal restituire agli Italiani la tassa sugli immobili dai molti nomi continuamente cangianti; comunque iniquissima, ma che sarebbe da abolire per tutti, in primis per chi ha una sola dimora. Però sulla scelta di rifarsi una vita di coppia dopo un divorzio da parte dei credenti e riguardo all' omosessualità ha già assunto atteggiamenti inaspettati, dopo i suoi ultimi due predecessori, sui quali taccio la mia opinione per non offendere nessun frequentatore della lista). Non mi stupirei se presto ti smentisse. |
13-03-2014, 18.56.26 | #17 | |||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
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Grazie |
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13-03-2014, 19.28.53 | #18 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
** scritto da koli:
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E che cosa c'è di razionale nel perdonare chi ti ha tolto ogni dignità e torturato e rinchiuso in carcere per 27 anni solo per essere "diverso", o morire al posto di uno sconosciuto ad Auschwitz? Eppure questo è stato compiuto razionalmente, con un fine logico in, per e con Cristo. Il cattolicesimo non è sostenuto o fondato sulla filosofia, essa si manifesta, forse, in forma teologica, esegetica, ma si è sviluppato, rafforzato e affermato sul gesto, nell'azione; la fede senza opere, dice Santiago, a che giova? Può la fede da sola salvarci? "Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: Tu hai la fede, ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede". (Gc 2,14-18) Non riesco a discernere l'importanza della sofferenza ed il perché di questo paradosso (ripeto siamo innanzi ad un Mistero), ma sì a distinguere che nessun vivente sia esenta da essa (non solo quella fisica e terminale, infatti si suicidano anche persone sanissime ed in piena salute). Certamente che siamo giustificati a ridurla, non c'è altro dovere a cui siamo chiamati (alleviare le pene altrui sacrificando noi stessi: regola universale dell'amore), tutto il resto si fa per volere. |
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13-03-2014, 19.50.53 | #19 |
Simpatizzante di Vattimo
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
Secondo me, riguardo a problematiche come questa dell'eutanasia, sarebbe necessario portare avanti delle vie di soluzione diverse da quelle tradizionali, tutto sì o tutto no, tutto tu o tutto io. I motivi mi sembrano essenzialmente due.
1) Molte problematiche non consentono di individuare con assoluta precisione il limite tra ciò che si può dire "essere umano" o "essere vivente", cioè soggetto capace di tutti i diritti di un essere umano o un essere vivente, ed "essere non umano" o "essere non vivente". Per esempio, riguardo all'aborto gran parte dei dibattiti si concentrano (per certi versi anche inconsapevolmente) nello sforzo di individuare qual è quell'attimo, quel miliardesimo di secondo in cui si passa da una semplice cellula o insieme di cellule, a un essere umano vero e proprio; lo stesso vale per quanto riguarda il passaggio da essere umano malato a essere umano puramente vegetativo. Cioè, se si pretende di ragionare di biologia con la mentalità sezionatrice dei filosofi metafisici (l'essere decisamente spaccato e separato dal non essere, la contraddizione dalla non contraddizione, ecc.) è inevitabile che ci si ritrovi su terreni traballanti, perché gli oggetti di studio della biologia (ma anche tanti altri tipi di oggetti) sfuggono inevitabilmente ai criteri mentali abituati ad operare distinzioni nette, necessari per poter poi stendere leggi che dicano a ciascuno cosa deve fare. 2) L'appello a criteri di diritto di autodeterminazione (l'utero è mio e ne faccio quello che voglio, la vita è mia e me la tolgo quando voglio, ecc.) non riesce ad essere conclusivo, discriminante, perché la storia dimostra che qualsiasi essere umano è capace di prendere decisioni anche a proprio danno: è già avvenuto nella storia che popoli interi abbiano eletto in piena libertà i dittatori che poi li hanno schiavizzati; è normalissimo che un essere umano in preda a stati psicologici non sereni valuti situazioni e prenda decisioni con criteri diversi da quelli che avrebbe usato in momenti di tranquillità; a chi non è mai successo di aver commesso errori perché condizionato da un qualsiasi fattore che più tardi, con mente più serena o comunque in contesti diversi, ha valutato come causa di errore? D'altra parte, se è vero che tutti sbagliamo, se è vero che a tutti accade di avere ripensamenti sulle proprie decisioni, è anche vero che non è possibile stabilire criteri oggettivi uguali per tutti: infatti la democrazia non può essere imposta per legge ad un popolo straniero, né si può stabilire un criterio oggettivo e assoluto contro l'eutanasia: l'esistenza stessa di persone che sono in disaccordo dimostra che criteri di questo genere o non esistono, o, se anche esistono, non è ammissibile imporli ad alcuno con la costrizione. A causa di ciò, per problematiche di questo genere, secondo me si dovrebbe lavorare ed impiegare energie non per stabilire a priori quali decisioni prendere su tutti i casi possibili o quali soggetti debbano avere pieno potere, ma per determinare dei metodi di decisione che sfruttino un criterio che chiamerei di distribuzione della responsabilità, per lo meno secondo due punti di riferimento: 1) le persone: cioè la responsabilità non va data per intero né al sofferente, né ai parenti o amici, né ad alcun altro organismo istituzionale, ma distribuita tra tutte queste componenti; 2) i casi: cioè le leggi dovranno indicare soltanto qualche criterio vago, generico, lasciando che poi caso per caso vengano prese decisioni diverse, poiché questo tipo di problemi implica una casistica talmente varia da rendere impossibile l'emanazione di leggi universali. Penso che, una volta compresi questi criteri, si lavorerebbe con più frutto nell'elaborare i modi concreti su come realizzarli e garantirli, piuttosto che stare a fare battaglie infinite, che poi in fondo non sono motivate da altro se non dal fatto che ciascuna delle parti vorrebbe l'intero potere decisionale tutto per sé. |
13-03-2014, 20.26.51 | #20 | ||||
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Riferimento: Alcune osservazioni sul divieto cattolico dell'eutanasia
Citazione:
Le ho lette ma non mi sembra che chiariscano o contraddicano ciò che ho scritto io. Basandomi su quanto scritto sul documento da te citato e considerando che ogni asserzione dovrebbe essere coerente con i fondamenti dottrinali l'affermazione che la vita umana è il fondamento di tutti i beni (è scritto "tutti i beni" non "tutti i beni terreni") è dottrinalmente un obbrobrio, perchè il Cattolicesimo insegna appunto che il bene più grande, quello a cui tutti i cristiani dovrebbero tendere, lo si può godere solo dopo la morte. Citazione:
A parte che senza peccato, per il cattolicesimo, non lo è nessuno, a me sembra che "innocente" abbia un significato morale (tratto da Es 23,7 "non far morire l'innocente e il giusto") e non tecnico, e anche il Catechismo attuale (articolo 2266) afferma che "la Chiesa ha ritenuto fondato il diritto e il dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto, senza escludere, in casi di estrema gravità, la pena di morte". Non si tratta quindi di valutare tecnicamente l'innocenza di un soggetto dall'eventuale atto che commette in nostra presenza, ma anche da quelli che ha commesso in precedenza violando la legge. Teoricamente quindi un paziente potrebbe essere sia innocente che colpevole, secondo appunto il diritto positivo che la Chiesa riconosce come legittimo. Ma io ho premesso che se ci si addentra nei meandri della teologia attuale e la si interseca con la dottrina sociale, con le varie encicliche, con i pronunciamenti dei sinodi, con gli scritti dei teologi eccetera non se ne esce perchè ognuno potrà senz'altro trovare una frase o un pronunciamento valido per sostenere una tesi e anche quella opposta. Si tratta solo di andare alla fonte, comprenderla e vedere se questa è stata interpretata in maniera conforme nei documenti magisteriali. Citazione:
Anche qui si può discutere per ore sul concetto di guerra giusta, perchè se è ovvio che per l'aggredito la guerra contro l'aggressore è "giusta" a sua volta l'aggressore avrà senz'altro delle ragioni che gli consentiranno di giustificare l'aggressione. La guerra degli americani in Afghanistan è stata una guerra di aggressione ma a suo tempo era stata giustificata e in qualche modo "benedetta" anche dal Papa di allora. La guerra in Iraq, peggio ancora, è stata condannata dal Papa ma ogni esercito aveva al seguito preti e cappellani, inviati dai vescovi, che benedicevano gli "aggressori", e in patria si celebravano sontuosi funerali alle vittime che venivano chiamati "eroi". E si potrebbe proseguire ben oltre... Citazione:
Ho letto ma rimango convinto che il suicidio sia una fuga dalle proprie responsabilità, la fuga peggiore poichè è definitiva e quindi la più compiuta espressione di egoismo. Non guardarla solo nell'ottica dell'eutanasia ma cerca di vederla in modo più generale: se io, per difficoltà economiche (magari sono pieno di debiti), per delusioni amorose, perchè ho commesso un reato e ho paura che mi vengano a prendere, o per chissà quale altra ragione mollo famiglia, amici e tutto il resto e vado a nascondermi ai Caraibi sono per tutti un farabutto, ma in questo caso c'è sempre la possibilità del ravvedimento e del ritorno. Mentre invece se mi sparo un colpo di pistola e mi sottraggo definitivamente alle mie responsabilità senza alcuna possibilità di ritorno perchè mai dovrei essere diverso? In ogni caso alla fine del post spiego che è inevitabile l'introduzione dell'eutanasia, semplicemente perchè se la tecnica è arrivata sino alla soglia della morte non si capisce perchè non dovrebbe oltrepassarla, visto che in questi ultimi secoli ha fatto ben di peggio. Ma almeno non la si giustifichi con le "indicibili sofferenze patite" oppure con la libertà e il diritto individuale all'autodeterminazione, perchè nel primo caso si sa perfettamente che è la scienza medica ad aumentare artificialmente i periodi di sofferenza con trattamenti di ogni genere atti a prolungare di qualche mese la vita del paziente, altrimenti il periodo di sofferenza sarebbe molto breve e poi la morte avrebbe la meglio, e nel secondo caso se si vuole ottemperare la volontà di ognuno allora si pratichi l'eutanasia anche a individui fisicamente sani che per qualche motivo e a loro insindacabile giudizio ritengono la propria vita non più degna di essere vissuta. Che si debba delegare ai medici (che a loro modo sono "macchine" perchè è di queste che si servono principalmente per prendere le loro decisioni) la pronuncia su quando la vita è degna e quando non lo è più è una vera assurdità. Ultima modifica di donquixote : 14-03-2014 alle ore 00.20.37. |
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