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14-10-2013, 22.02.27 | #72 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
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Sull'opinabilità posso essere d'accordo. Le scienze umane rispetto a quelle naturali hanno la differenza di avere una indeterminazione in più ( se così si può dire) data dal grado di libertà dell'uomo. L'uomo è artefice della sua storia, della sua organizzazione sociale, politica, economica. Diciamo che la politica in quanto scienza si occupa di un dominio più pratico dato dalle motivazioni, speranze, egoismi, altruismi, culture, sedimentate storicamente in un popolo e di conseguenza del governo di persone e risorse. E' altrettanto vero che le scelte di governo implicano una ripresa di quei valori, in quanto il governo si caratterizza nel "come" gestisce i valori nell'operatività e in questo si caratterizzano le "destre" e sinistre" storicamente, sulle ascendenze ispirative dei valori ideali. Ma il fatto che sempre meno ci siano differenze di appartenenza significa anche che è scomparsa o fortemente attenuata l'ispirazione filosfica mentre è sempre più importante la ricerca "scientificizzata" del consenso. Oggi la macchina politica è sempre più simile al marketing delle aziende economiche. Non ha più importanza la storia di un partito ma ciò "che offre" in cambio del voto. Quindi la psicologia, l'utilizzo dei mass media, le immagini retoriche, il "guidare " le emotività della psicologia di massa , il culto dell' "immagine" portano il politico ad essere come un attore cinematografico , un calciatore: e infatti dove vanno a pescare i candidati: soubrette, pornodive, comici, intrattenitori, imbonitori,ecc. la competenza non ha più senso , saranno i portavaligie e opportuni "tecnici" e le segreterie di partito a indicare cosa dovranno fare: è talmente visibile che un intrattenitore su navi da crociera ha come contraltare un comico. Ma quì il ruolo dei partito è fondamentale, perchè la democrazia moderna costruisce il parlamentarismo democratico sulle rappresentanze di queste, come rapporto fra istanze civili e sociali e forma le classi dirigenti. |
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15-10-2013, 07.54.44 | #73 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Citazione:
Per me il fatto che sempre meno ci siano differenze di appartenenza in politica dimostra solo che le destre hanno sbaragliato il campo in questa fase della lotta di classe (se preferisci delle storia; l' omologazione é "tutta a destra": semplicemente é l' ex sinistra che é diventata una nuova destra) e impongono con facilità (ma fino a quando le masse tartassate sopprteranno e fino a quando la natura violentata sopporterà?) le loro scelte assolutamente ideologiche, non affatto scientifiche (non c' é una previsone degli economisti che é una che ci imbrocch! Ci imbrocca molto di più il mago Otelma, o addirittura Nostradamus!) a tutta la società (con conseguenze la cui presunta razionalità e scientificità é purtroppo sotto gli occhi di tutti; o meglio: di tutti quelli che vogliono e possono vedere). E il fatto che la scena polica sia piena di nani e ballerine é un' evidente manifestazione e un corollario della conseguente progressiva soppressione della democrazia in atto, che necessita ovviamente anche della distruzione del senso critico, della cultura in generale e, certo, anche della filosofia in particolare come mezzi indispensabili al fine (che é il dominio sempre più incontrastato di infime -in tutti i sensi- minoranze superprivilegiate). Al momento (e senza dismettere l' ottimismo della volontà di gramsciana memoria) credo che la "democrazia moderna" e il "parlamentarismo democratico" siano per lo meno in coma profondo, se non peggio! |
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15-10-2013, 23.54.15 | #74 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
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Noi viviamo oggi conseguenze create ieri. I valori se sono realmente pardigmatici, sono principi universali. Non è che i valori di uguaglianza, libertà , giustizia sociale siano svaniti, semplicemente non sono "incarnati". Intendo dire che le idee camminano sulle gambe delle persone ,sono quest' ultime che decidono nelle motivazioni e passioni di portare avanti ciò che credono. I valori non finiranno mai, sono le persone che sono cambiate e c'è da chiedersi come mai. Questa domanda è più facile che tenti di risolverla più la scienza che non la filosofia, ad esempio una interpretazione potrebbe insegnare che le motivazioni a suo tempo si sono spostate su una fatua credenza che tutti saremmo diventati più ricchi, un culto del progresso secondo cui tutte le risorse erano solo da "spremere". Una certa boghesizzazione ha cambiato le motivazioni. Questo è parecchio importante perchè gli ultimi decenni hanno insegnato che non è tanto ciò che si è l'importante, ma quello che avremmo voluto essere . Il marketing ha buon gioco a inventare un ambiente "rassicurante, pacificante, il buonismo". L'ipocrisia dell'immagine ha corrisposto ad una ipocrisia del popolo: i mali non vengono dal solo potere.La colpa semmai del potere è quello di assecondare gli istinti più stupidi per ammaliare e creare i paesi dei balocchi. Ma è altrettanto vero che nno esiste uno stato morale come nno esiste il partito pedagogico. Quì la scienza ha strumenti di analisi sociologica e motivazionale più potenti della filosofia. Noi siamo studiati nelle scelte , perchè sono basati dai gusti personali, dalle nostre inclinazioni e costituiscono gli stili di vita che non coincidono necessariamente con il portafoglio economico. Gli studi comportamentali, cognitivi, motivazionali, dimostrano il ventaglio in cui l'uomo può trovarsi: fra la genialità e la stupidità e fra i due poli c'è un imponderabile grado di libertà che nemmeno il potere può pianificare con sicurezza. Perchè il punto di equilibrio di un sistema sta nell'indignazione delle coscienze o fra il rincoglionimento delle masse. E ribadisco le scienze queste cose, anche sperimentalmente le ha in qualche modo capite e sono applicate. Ad esempio i partiti come le grande marche di aziende direi monopoliste, conoscono abbastanza il tipo di cliente ed elettore. Loro agiscono su quella fetta di persone che non sanno decidere cosa scegliere, non su quelle che entrano in un negozio con le idee chiare oppure l'elettore che da una vita vota sempre lo stesso partito. Il potere della persuasione è la capacità di convincere legando le motivazioni con una speranza di poter essere che non è la coscienza di quello che si è. Cercano con metodi razionali di agire su ciò che è irrazionale in noi per spingerci in una determinata direzione. Quel punto di equilibrio si spezza quando il re e il popolo sono nudi. Ultima modifica di paul11 : 16-10-2013 alle ore 08.43.28. |
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16-10-2013, 09.47.47 | #75 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Citazione:
Sono in gran parte d' accordo con queste considerazioni. Salvo il fatto che ritengo che le scienze (umane) di cui qui si parla siano ben lontane (un distacco per me oggettivamente incolmabile per ragioni che non mi sembra il caso di ripetere) dall' oggettività e dalla "formalizzabilità matamatica" (spero di renedere l' idea) delle scienze naturali, oltre ad essere "intrinsecamente intrecciate", nell' uso che se ne fa, con importanti elementi ideologici, di falsa coscienza (più o meno spontanei o maliziosamente intenzionali). Per questo a me sembra più esatto considerare filosofici (piuttosto che scientifici) questi problemi. |
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16-10-2013, 14.10.46 | #76 |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@ Sgiombo
A mio avviso, il concetto da tenere bene a mente è l'emergere dell'individuo come categoria "ontologica", cioè come categoria permeante ogni aspetto sia di quel che definiamo "reale", sia di quel che definiamo "ideale". Non è un giudizio di valore quel che ti sto dando (se te lo dessi, darei di tutto questo un parere estremamente negativo), ma è un qualcosa che intende essere una analisi obiettiva del momento storico che stiamo vivendo. I più deboli non "hanno", ma "avrebbero" vari modi di coalizzarsi; ma il punto è che non lo fanno: perchè? Certo vi sono delle condizioni oggettive, strutturali, che rendono difficile questo coalizzarsi; ma non lo fanno ANCHE perchè essi sono una massa indistinta di individui, ed ognuno pensa ai cavoli propri (secondo il detto: "io speriamo che me la cavo"). Come fai a non vedere che non c'è più nessuno che comprende che l'interesse dell'altro è anche il suo interesse? Insomma, l'emergere dell'individuo è un qualcosa che, ben lungi dall'essere una mia opinione, è rilevata da una enorme mole di studi psicologici, sociologici, antropologici, economici etc. (e chi più ne ha più ne metta). Da questo punto di vista, non parlerei di "utile individuale" DEI precari, dei disoccupati etc. Ma di utile individuale DEL precario, del disoccupato etc. Oggi non è tanto che non vi sia più la "classe", quanto che non vi sia più nessun sentore di appartenere ad una classe (una cosa che già Marx osservarva ai suoi tempi, e che oggi è portata alle estreme conseguenze). Di conseguenza, la causa del problema non sono i rapporti di forza (i milioni di precari presto farebbero a porsi in condizione di dettare, essi, l'agenda politica), ma appunto questa "atomizzazione" della società. Inutile dire che, secondo questa prospettiva, i rapporti di forza sono piuttosto l'effetto. Non mi spiego, piuttosto (e pur considerando il tuo punto di vista), come tu faccia a dire che l'utile individuale non coincide necessariamente (ineludibilmente, per essere chiari) con l'utile del più forte. Se, infatti, anche considerassimo i rapporti di forza come causa, nulla cambierebbe nella considerazione dell'utile individuale, che rimarebbe pur sempre l'utile di un individuo "atomo" nella società. Voglio dire: nella considerazione dell'utile come l'utile dell'individuo, nessuna parte ha l'ipotesi di una possibile "coalizzazione" degli individui (in quanto tale coalizzazione renderebbe collettivo ciò che è individuale). Così come nessuna parte ha la considerazione dei rapporti di forza come causa, perchè un loro ribaltamento avrebbe (avrebbe, nel tuo punto di vista) come effetto la considerazione dell'utile come di un utile collettivo (quindi scomparirebbe la considerazione dell'utile come l'utile dell'individuo). Sono d'accordo quando affermi che la contrattazione collettiva è stato il frutto di lotte di classe molto materiali. D'altronde non mi sogno neppure di ridurre ogni cosa a "prescrizione metafisica" (il mio punto di vista "parte" dall'interrelazione fra struttura e sovrastruttura, e il ridurre tutto a "prescrizione metafisica" sarebbe, da parte mia, null'altro che un ribaltamento idealistico della prospettiva marxiana; un ridurre tutto a sovrastruttura, in parole povere). Però, io dico, quelle lotte di classe hanno avuto luogo perchè c'era il sentimento di appartenere ad una classe. Perchè c'era il sentimento che l'interesse dell'appartenente alla mia classe era, intrinsecamente, il mio interesse. E oggi tutto questo viene meno (e non sono i rapporti di forza a farlo venir meno). Concludo con una domanda: hai mai letto "L'uomo in rivolta" di Camus? E' l'opera che diede avvio alla famosa polemica con Sartre. Una polemica fra due ferventi comunisti che mi ricorda (molto da vicino) il nostro scambio di pareri (con me nella parte di Camus e con te in quella di Sartre). Se ti capita, leggilo, perchè è straordinario (come straordinaria è stata la risposta di Sartre). ciao |
16-10-2013, 20.29.40 | #77 |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Oxdeadbeef:
A mio avviso, il concetto da tenere bene a mente è l'emergere dell'individuo come categoria "ontologica", cioè come categoria permeante ogni aspetto sia di quel che definiamo "reale", sia di quel che definiamo "ideale". Non è un giudizio di valore quel che ti sto dando (se te lo dessi, darei di tutto questo un parere estremamente negativo), ma è un qualcosa che intende essere una analisi obiettiva del momento storico che stiamo vivendo. I più deboli non "hanno", ma "avrebbero" vari modi di coalizzarsi; ma il punto è che non lo fanno: perchè? Certo vi sono delle condizioni oggettive, strutturali, che rendono difficile questo coalizzarsi; ma non lo fanno ANCHE perchè essi sono una massa indistinta di individui, ed ognuno pensa ai cavoli propri (secondo il detto: "io speriamo che me la cavo"). Come fai a non vedere che non c'è più nessuno che comprende che l'interesse dell'altro è anche il suo interesse? Sgiombo: Beh, proprio nessuno no. Che siano in pochi me ne rendo ben conto (per motivi sia oggettivi che soggettivi, certo; e molto complesi da indagare). Oxdeadbeef: Insomma, l'emergere dell'individuo è un qualcosa che, ben lungi dall'essere una mia opinione, è rilevata da una enorme mole di studi psicologici, sociologici, antropologici, economici etc. (e chi più ne ha più ne metta). Da questo punto di vista, non parlerei di "utile individuale" DEI precari, dei disoccupati etc. Ma di utile individuale DEL precario, del disoccupato etc. Oggi non è tanto che non vi sia più la "classe", quanto che non vi sia più nessun sentore di appartenere ad una classe (una cosa che già Marx osservarva ai suoi tempi, e che oggi è portata alle estreme conseguenze). Sgiombo: D’ accordo: esiste la classe in sé, non la classe per sé (classe proletaria; quella dei grandi capitalisti mi sembra più consapevole dei suoi interessi oggettivi; a breve termine ovviamente: sta comunque segando alacremente il ramo sul quale è appollaiata anche lei!). Oxdeadbeef: Di conseguenza, la causa del problema non sono i rapporti di forza (i milioni di precari presto farebbero a porsi in condizione di dettare, essi, l'agenda politica), ma appunto questa "atomizzazione" della società. Inutile dire che, secondo questa prospettiva, i rapporti di forza sono piuttosto l'effetto. Sgiombo: Sono convinto che nel definire i rapporti di forza nella lotta di classe i fattori sovrastrutturali e soggettivi siano importantissimi. Personalmente sono convinto che la sconfitta del "socialismo reale" (in una lotta durissima, senza esclusione di mezzi, anche i più crudeli, subdoli, abbietti) fatta passare a mio parere del tutto falsamente per "fallimento" da intrinseca inadeguatezza e arrtratezza, soprattutto a sinistra, sia stata fra i motivi più rovinosamente determinanti. Oxdeadbeef: Non mi spiego, piuttosto (e pur considerando il tuo punto di vista), come tu faccia a dire che l'utile individuale non coincide necessariamente (ineludibilmente, per essere chiari) con l'utile del più forte. Se, infatti, anche considerassimo i rapporti di forza come causa, nulla cambierebbe nella considerazione dell'utile individuale, che rimarebbe pur sempre l'utile di un individuo "atomo" nella società. Voglio dire: nella considerazione dell'utile come l'utile dell'individuo, nessuna parte ha l'ipotesi di una possibile "coalizzazione" degli individui (in quanto tale coalizzazione renderebbe collettivo ciò che è individuale). Sgiombo: E chi lo vieta? Se trovo degli alleati con cui allearmi il mio interesse individuale mi induce a pensare ed agire in termini collettivi, coincide con la pratica di lotte collettive. Oxdeadbeef: Così come nessuna parte ha la considerazione dei rapporti di forza come causa, perchè un loro ribaltamento avrebbe (avrebbe, nel tuo punto di vista) come effetto la considerazione dell'utile come di un utile collettivo (quindi scomparirebbe la considerazione dell'utile come l'utile dell'individuo). Sgiombo: Mi sembra la vecchia questione su cui ho avuto infinite discussioni fin dall’ adolescenza: bisogna prima cambiare gli uomini o le strutture sociali? Mi sono da tempo convinto che non ha una soluzione teorica univoca: le strutture sociali influenzano le coscienze e la coscienza di classe ed egemonica è indispensabile per cambiare le strutture sociali; nella pratica è un problema irrilevante: si deve fare il possibile per far maturare le coscienza di classe e anche il possibile per conquistare e conservare e ben esercitare comunque il potere. Oxdeadbeef: Sono d'accordo quando affermi che la contrattazione collettiva è stato il frutto di lotte di classe molto materiali. D'altronde non mi sogno neppure di ridurre ogni cosa a "prescrizione metafisica" (il mio punto di vista "parte" dall'interrelazione fra struttura e sovrastruttura, e il ridurre tutto a "prescrizione metafisica" sarebbe, da parte mia, null'altro che un ribaltamento idealistico della prospettiva marxiana; un ridurre tutto a sovrastruttura, in parole povere). Però, io dico, quelle lotte di classe hanno avuto luogo perchè c'era il sentimento di appartenere ad una classe. Perchè c'era il sentimento che l'interesse dell'appartenente alla mia classe era, intrinsecamente, il mio interesse. E oggi tutto questo viene meno (e non sono i rapporti di forza a farlo venir meno). Sgiombo: Verissimo (a parte le riserve di cui sopra sulla relazione “dialettica” –parola pass par tout che non risolve nessun problema in questo caso, me ne rendo conto) rapporti di forza/coscienza di classe ed egemonica o comunque “all’ altezza della situazione”. Ora il nemico, con la decisiva collaborazione dei dirigenti politici e delle avanguardie culturali della (fu) sinistra, é riuscito a convincerli che la storia dimostrerebbe che cercare di cambiare radicalmente lo stato di cose presente porta inevitabilmente a miseria e barbarie, e dunque ciascuno si arrangi come può. Oxdeadbeef: Concludo con una domanda: hai mai letto "L'uomo in rivolta" di Camus? E' l'opera che diede avvio alla famosa polemica con Sartre. Una polemica fra due ferventi comunisti che mi ricorda (molto da vicino) il nostro scambio di pareri (con me nella parte di Camus e con te in quella di Sartre). Se ti capita, leggilo, perchè è straordinario (come straordinaria è stata la risposta di Sartre). ciao Sgiombo: Non ho letto Camus, ma alcune cose di Sartre (che in gioventù è stato uno dei miei “maestri” ma forse più come esempio di vita che come teorico). Una volta, sfogandomi con uno dei pochissimi colleghi onesti e dotati di umanità, oltre che di preparazione scientifica, sulle traversie che incontravo “sul lavoro”, mi ero definito un uomo da sempre “contro” (uno che preferiva i Rolling Stones ai Beatles, Max Biaggi a Valentino Rossi, e se fosse nato qualche anno prima avrebbe certamente preferito Gino Bartali a Fausto Coppi). Mi rispose che gli ricordavo piuttosto l’ uomo in rivolta di Camus. Ciao! |
18-10-2013, 14.26.11 | #78 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@ Sgiombo
Beh, i motivi per cui nessuno (quasi nessuno, per carità) comprende che l'interesse dell'altro è anche il suo interesse saranno anche molto complessi da indagare ma, in definitiva, riducibili all'emergere dell'individuo come "monade" (non vorrei sembrarti troppo semplicistico, ma la categorizzazione è necessaria alla comprensione - come diceva un filosofo e uomo di scienza come E.Mach). Non è, a mio avviso, possibile ridurre sempre tutto alla sola struttura (cioè ai rapporti di forza, o di produzione), o si finisce per augurarsi, e qualcuno lo fa, che il proletariato venga ridotto alla fame allo scopo di far rinascere in esso le "qualità rivoluzionarie" (che già negli anni 60 H.Marcuse diceva perse). Sono piuttosto d'accordo con te quando affermi che la classe dei grandi capitalisti non ha perduto, almeno nella misura in cui l'hanno perduta le altre classi, il senso di appartenenza ad una classe. Maggior intelligenza? Non è da escludere, visto anche che ci vuol poco per essere più intelligenti delle altre classi (in particolare quella dei piccoli capitalisti, delle cosiddette "partite IVA", è ad un livello miserevole). Non credo comunque che essa stia segando il ramo sul quale è appollaiata (per una serie di motivi che, per ora, non approfondisco). A "sinistra", oggi, non c'è più nulla. E' mancato clamorosamente un "nuovo Marx", capace di attualizzare la grande e profonda prospettiva tardo ottocentesca, e di rispondere adeguatamente alla possente prospettiva venuta soprattutto dalla Scuola Marginalista. La "sinistra" ha creduto di potervi rispondere "adeguandosi" (ad esempio accettando il concetto di "merito"), ma così facendo non ha compreso appieno la portata di quella prospettiva, e ne è stata annichilita (tant'è che oggi della "sinistra" restano solo delle desolanti macerie). Si dovrebbe dunque ripartire da dove sempre si riparte, cioè dall'inizio. E ripartire dall'inizio vuol dire confrontarsi con il nuovo paradigma economico che la Scuola Marginalista ha così acutamente individuato: il valore di un bene come il valore di scambio (e non più come valore-lavoro). Questa è la struttura materiale, e poco senso ha l'interrogarsi se essa venga prima o dopo la sovrastruttura che porta all'emergere dell'individuo come ente economico "relativo a se stesso (ecco un altro bel punto d' analisi...)". Ma vedi tu qualcuno che abbia davvero voglia di confrontarsi con queste cose (o anche solo di capirle)? ciao (e comunque no, non somigli a Camus, ma a Sartre) |
19-10-2013, 13.12.22 | #79 |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@Oxdeadbeef
I motivi dei nostri reciproci dissensi mi sembrano chiari e piuttosto profondi (salvo -continuo a pensarlo- circa la fondazione teorica non scientica e per me più generalmente non razionale dell' etica). Non credo sia il caso di ritornarci sopra da parte mia. Solo una precisazione: dicendo che il grande capitale monopolistico sta alacremente segando il ramo sul quale è anch' esso appollaiato mi riferivo non a un preteso suo crollo prima o poi inevitabile, ma al fatto che, comunque si svolgerà la lotta di classe in fururo, se non si supereranno in breve tempo (e sono ovviamente molto pessimista in proposito) i rapporti di produzioni capitalistici si giunegrà inevitabilmente (e neanche molto lontano nel futuro) all' "estinzione prematura e di sua propria mano dell' umaintà"; l' espressione é di Sebastiano Timpanaro, un altro mio maestro di conoscenze e di vita, forse quello che ho più caro anche per averlo personalmente conosciuto in vita sia pur solo per via epistolare; una persona splendida, di elevatissima umanità). |