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29-09-2013, 19.42.08 | #45 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@Oxdeadbeef
Rispondo alla tua domanda: no, dalla ricerca naturalistica non esce (la gioustificazione, la dimostrazione di) nessun ordine etico universale (ne esce solo la comprensione, la spiegazione). Ma la gioustificazione, la dimostrazione di un qualche ordine etico universale non emerge nemmeno da alcun’ altra considerazione scientifica o filosofica, fisica o metafisica! Semplicemente non è fondabile in alcun modo, scientifico-biologico o meno. L’ unico modo di fondarlo sarebbe che esistesse Dio e ce lo imponesse su una, due o più tavole della legge. Mi sembra una palese assurdità. E’ verissimo che dalla ricerca naturalistica si ricava la possibilità di diverse concezioni etiche (secondo me storicamente determinate in ultima analisi, in maniera più o meno “soft”, cioè condizionate per il tramite di mediazioni più o meno complesse, dalla dialettica rapporti di produzione/sviluppo delle forze produttive); e anche la possibilità di diversi atteggiamenti e comportamentali individuali (più o meno adeguati all’ etica storicamente vigente), in conseguenza soprattutto delle esperienze di vita di fatto vissute. La pluralità e la variabilità storica (relativa, come tutto in natura, anche se a volte e per certi aspetti amplissima) dell’ etica si spiega naturalisticamente con il fatto che (alla faccia delle interpretazioni reazionarie antiscientifiche della biologia che pretenderebbero che le differenze nei comportamenti umani fossero geneticamente determinate: lo sono casomai le “uguaglianze”, ciò che è comune al comportamento di tutti i membri della specie) il comportamento umano è quanto di più plastico, “creativo”, imprevedibile, incalcolabile, variabilmente modulabile dall’ ambiente (cioè dalle esperienze di vita) a livello psicologico individuale e a livello di sociale si dia in natura. Nelle moderne società occidentali è in atto un processo regressivo di imbarbarimento che implica in generale il diffondersi del nichilismo e fra l' altro in particolare la svalutazione e la perdita progressiva di efficacia della legge e la sua diversificazione e arbitrarietà di interpretazione e applicazione. Sono d’ accordo con “la diagnosi”, ma non con “l’ eziologia e la fisiopatologia”. Per me il motivo non sta affatto nell‘ imporsi delle credenze nel divenire stigmatizzate da Severino (e fra l' altro già "da sempre" diffusissime tranne che fra i pochi intimi di Parmedide e oggi di Severino stesso), né nella perdita del senso del sacro e nel fallimento pratico-effettivo della religione (cristiana) o nella perdita di chissà quali “universalismi metafisici hegeliani o non hegeliani” o magari “kantiani”, o in qualsiasi altro fattore sovrastrutturale. Infatti in tutti in tempi si trovano evidenti esempi di elevatissima moralità, financo eroica, da parte di credenti nel più “sfrenato e cangiante divenire”, di atei e dissacratori miscredentissimi, di spregiatori di ogni e qualsiasi metafisica (la pretesa nietzchiana che morto Dio tutto sia concesso mi è sempre sembrata una colossale cazzata; reazionaria per giunta, e ovviamente dato il personaggio che la avanza: ci sono sempre stati credenti immoralissimi e non-credenti morigeratissimi; e viceversa ovviamente!). Per me il motivo sta nel fatto che “sopravvivono” rapporti di produzione oggettivamente di gran lunga superati, “in avanzatissimo stato di putrefazione”, dato lo sviluppo raggiunto dalle forze produttive. Una precisazione su un’ ulteriore divergenza fra noi, anche se alquanto secondaria, tanto per intenderci bene: Sono contro l’ interpretazione (filosofica) conformistica corrente dell’ indeterminismo quantistico, per un’ interpretazione alternativa (scientificamente “a prova di bomba”, anche se aborritissima dagli scienziati -filosoficamente scarsi- mainstream) “deterministica a variabili nascoste”, sostanzialmente quella di Boehm (della fase razionalistica di questo geniale scienziato filosoficamente ferrato che negli ultimi anno conobbe -a parer mio, ovviamente- una penosa involuzione irrazionalistica). |
30-09-2013, 09.09.42 | #46 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Citazione:
Questo vorrei rilevare: si può sostenere, come del resto si sostiene, che l'universo abbia un funzionamento casuale, ma il pensiero non è casuale. Non è casuale il fatto che penso e che pensando mi organizzo ed alla fine risolvo un dato problema. Se lo risolvo, in quel caso il mio pensare prima frenetico ora si quieta. Se non lo risolvo, continuo a pensare Non diciamo forse che una persona è razionale perchè è in grado di risolvere, di agire conformemente ad uno scopo? Ricapitolando, e secondo me, il pensiero non esce da interazioni di materia energia, perchè nel momento in cui si osservano le interazioni di materia energia il pensiero è già pensiero. Il pensiero è probabilmente un riflesso dell'organizzazione vitale dopo che un individuo ha acquisito la capacità di comunicare con altri e con se stesso. Il pensiero non può essere esaminato con il metodo scientifico come fosse un oggetto di studio come tanti, e per me la cosa è tanto evidente che necessita di ben poche dimostrazioni Si prenda un oggetto qualunque, ad esempio il computer che ho davanti, chi può dire che il computer che vedo con i miei occhi e quello che raffiguro nel mio pensiero siano la stessa cosa? Il computer che vedo con gli occhi ha forma, consistenza, colori caratteri. Il computer che percepisco con la mente ha funzionalità logiche e simboliche. C'è una bella differenza! Che il pensiero abbia bisogno per funzionare di un organismo fatto di materia, non c'è dubbio, ma che si possa penetrare la natura del pensiero orientandosi sulle caratteristiche della materia, mi pare vano |
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30-09-2013, 14.21.35 | #47 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@ Sgiombo
Nel post d'apertura ponevo questa domanda: "davvero non sentiamo più il bisogno della metafisica? Davvero essa non ha più nulla da dirci?" E affermavo: "Se, io trovo, intendessimo le cose secondo una primigenia distinzione fra "physis" e "nomos", allora vedremmo che della metafisica non è possibile fare a meno; e che la filosofia, oltre a non poter ridursi a mera scienza, non può nemmeno ridursi alla sola riflessione sul sapere scientifico". Sulla base di quanto ti ho esposto nell'ultima risposta ti chiedo adesso: se dalla ricerca naturalistica non emerge nessun "ordine" (ma solo una pluralità di concezioni etiche), come possiamo giustificare quel: "la legge è uguale per tutti"? Come possiamo farlo, intendo dire, senza ricorrere ad argomenti metafisici (nota bene che con "argomenti metafisici" io intendo quegli argomenti che hanno come proprio principio quel principio che condiziona la validità di tutti gli altri principi - per il significato del termine "metafisica" ti rimando a pag 1, ove rispondo ad Eretiko)? Cerca di capirmi, io non sto "sostenendo" (alla maniera di un tifoso di una squadra di calcio) ciò che la metafisica afferma nel merito; sto "descrivendo" (alla maniera di Bacone e di Newton) il perchè l'argomento metafisico non può essere accantonato così tanto alla leggera. Una volta ricollegatomi alla discussione che intendevo sollevare con questo post (ci tenevo), veniamo dunque alla "eziologia" dell'etica (che da questo punto ti propongo di chiamare "morale", in quanto "etica" è termine che rimanda alla "morale comune" - e su di essa, in quanto "ordine", concordiamo non possa esservi spiegazione naturalistica). Ti premetto però di non essere in grado di esprimermi con una terminologia che vada al di là di certe espressioni freudiane, o junghiane. Per cui, diciamo, dovrai essere così paziente da cercare di capire ciò che voglio dire al di là di ciò che, effettivamente, dirò. Su questo punto, devo dire, concordo in larga parte con quel che affermi. Naturalmente, le condizioni materiali hanno grande importanza, come l'hanno certi "archetipi" culturali che si "sedimentano", si "statificano" nel corso della storia. Insomma: ciò che porta la cellula cerebrale (la sinapsi?) ad essere in un certo modo piuttosto che in un altro dipende da un numero impressionante di "variabili". Trovo però che nel tuo ragionamento si tenda, come dire, ad assolutizzare il ruolo della struttura materiale. Che cosa porta la cellula cerebrale ad essere così (e non così)? La mia risposta è che la struttura materiale contribuisce, ma vi contribuiscono anche quei fattori che tu invece tendi ad obliare: la perdita del senso del sacro etc. Se tu definisci il comportamento umano come quanto di più "plastico" può esservi, come mai, poi, riduci tale plasticità alle sole condizioni materiali (dov'è, poi, questo netto "confine" fra la condizione materiale e la convinzione spirituale, visto che quest'ultima porta alcune persone persino ad "immolarsi"?)? Insomma: dal mio punto di vista la complessità è la complessità, e poco senso ha il dividere tale complessità in una struttura materiale ed in una sovrastruttura spirituale (o ideologica che dir si voglia). Poco senso, intendiamoci, ai fini del discorso che stiamo facendo (perchè in altri ambiti di discussione potrebbe essere, invece, indispensabile). E dunque, perchè mai, oltre alla condizione materiale (ai rapporti di produzione), non considerare anche quegli archetipi culturali di cui quello religioso è parte fondamentale (assieme a tanti altri fattori)? Io credo, in definitiva, che la ricerca naturalistica possa dire davvero qualcosa di importante al riguardo delle percezioni neuronali , ma non possa dire alcunchè di importante sul merito di queste percezioni. Ci sarà, ovvero, sempre un limite alla spiegazione naturalistica della morale. Un limite che è esattamente coincidente (dal punto di vista filosofico) con quello che trovò Hans Kelsen quando cercò di dare un fondamento scientifico al Diritto. Ma qui mi fermo, in attesa delle tue considerazioni. ciao (sull'indeterminismo quantistico la penso come te - se ben interpreto -: è assurdo, pur nella radicalità dell'indeterminazione, pensare che l'opinione di un pazzo valga quella di uno studioso della materia di cui si discute) |
30-09-2013, 19.23.23 | #48 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Oxdeadbeef:
Sulla base di quanto ti ho esposto nell'ultima risposta ti chiedo adesso: se dalla ricerca naturalistica non emerge nessun "ordine" (ma solo una pluralità di concezioni etiche), come possiamo giustificare quel: "la legge è uguale per tutti"? Come possiamo farlo, intendo dire, senza ricorrere ad argomenti metafisici (nota bene che con "argomenti metafisici" io intendo quegli argomenti che hanno come proprio principio quel principio che condiziona la validità di tutti gli altri principi - per il significato del termine "metafisica" ti rimando a pag 1, ove rispondo ad Eretiko)? Cerca di capirmi, io non sto "sostenendo" (alla maniera di un tifoso di una squadra di calcio) ciò che la metafisica afferma nel merito; sto "descrivendo" (alla maniera di Bacone e di Newton) il perchè l'argomento metafisico non può essere accantonato così tanto alla leggera. Sgiombo: Non possiamo, né con argomenti scientifici (che per lo meno spiegano come mai si possa imporre -cosicché in determinate organizzazioni sociali di fatto si impone- un tale principio, ma non dimostrano che vi si debba aderire), né con argomenti metafisici (che nemmeno spiegano). Oxdeadbeef: Una volta ricollegatomi alla discussione che intendevo sollevare con questo post (ci tenevo), veniamo dunque alla "eziologia" dell'etica (che da questo punto ti propongo di chiamare "morale", in quanto "etica" è termine che rimanda alla "morale comune" - e su di essa, in quanto "ordine", concordiamo non possa esservi spiegazione naturalistica). Ti premetto però di non essere in grado di esprimermi con una terminologia che vada al di là di certe espressioni freudiane, o junghiane. Per cui, diciamo, dovrai essere così paziente da cercare di capire ciò che voglio dire al di là di ciò che, effettivamente, dirò. Sgiombo: Sono “allergicissimo” alla psicoanalisi -della quale sinceramente ho una pessima opinione- nelle sue varie declinazioni (più o meno quanto a Nietzche. Sic!!!), ma farò sforzi “eroici” per seguirti. Oxdeadbeef: Su questo punto, devo dire, concordo in larga parte con quel che affermi. Naturalmente, le condizioni materiali hanno grande importanza, come l'hanno certi "archetipi" culturali che si "sedimentano", si "statificano" nel corso della storia. Insomma: ciò che porta la cellula cerebrale (la sinapsi?) ad essere in un certo modo piuttosto che in un altro dipende da un numero impressionante di "variabili". Trovo però che nel tuo ragionamento si tenda, come dire, ad assolutizzare il ruolo della struttura materiale. Che cosa porta la cellula cerebrale ad essere così (e non così)? La mia risposta è che la struttura materiale contribuisce, ma vi contribuiscono anche quei fattori che tu invece tendi ad obliare: la perdita del senso del sacro etc. Se tu definisci il comportamento umano come quanto di più "plastico" può esservi, come mai, poi, riduci tale plasticità alle sole condizioni materiali (dov'è, poi, questo netto "confine" fra la condizione materiale e la convinzione spirituale, visto che quest'ultima porta alcune persone persino ad "immolarsi"?)? Insomma: dal mio punto di vista la complessità è la complessità, e poco senso ha il dividere tale complessità in una struttura materiale ed in una sovrastruttura spirituale (o ideologica che dir si voglia). Poco senso, intendiamoci, ai fini del discorso che stiamo facendo (perchè in altri ambiti di discussione potrebbe essere, invece, indispensabile). E dunque, perchè mai, oltre alla condizione materiale (ai rapporti di produzione), non considerare anche quegli archetipi culturali di cui quello religioso è parte fondamentale (assieme a tanti altri fattori)? Io credo, in definitiva, che la ricerca naturalistica possa dire davvero qualcosa di importante al riguardo delle percezioni neuronali , ma non possa dire alcunchè di importante sul merito di queste percezioni. Ci sarà, ovvero, sempre un limite alla spiegazione naturalistica della morale. Un limite che è esattamente coincidente (dal punto di vista filosofico) con quello che trovò Hans Kelsen quando cercò di dare un fondamento scientifico al Diritto. Sgiombo: Avrei molto da obiettare, e devo cercare di essere stringato. Ritengo la struttura economica della società determinante sui comportamenti sociali in ultima istanza tramite molteplici, complesse mediazioni, nelle quali la cultura (nei suoi molteplici aspetti, compresi quelli religiosi, ovviamente) conta moltissimo (il termine jungiano “archetipi” non mi piace punto, ma mi guardo bene dal negare l ‘ importanza dei fattori culturali in generale nella storia; in ciò che è progresso e civiltà e in ciò che è regresso e barbarie nella storia). Le esperienze personali o "microsociali" svolgono un ruolo analogo a proposito di quanto é individuale nel comportamento umano. Credo che i pensieri abbiano determinati corrispettivi neurofisiologici (materiali): il loro comparire e svilupparsi, con i condizionamenti sociali e individuali che li caratterizzano hanno un corrispondente cerebrale costituito dallo svilupparsi più o meno forte e dal funzionamento di collegamenti sinaptici fra i neuroni. Tutto ciò (i corrispettivi neurologici del pensiero) è ottimamente spiegato dalla biologia evoluzionistica. Oxdeadbeef: (sull'indeterminismo quantistico la penso come te - se ben interpreto -: è assurdo, pur nella radicalità dell'indeterminazione, pensare che l'opinione di un pazzo valga quella di uno studioso della materia di cui si discute) Sgiombo: Francamente non comprendo questa osservazione (e dunque credo che tu non abbia compreso le mie in proposito). In sostanza nego che la scienza abbia dimostrato l’ indeterminismo del divenire del mondo materiale naturale, contrariamente a quanto mi sembra abbia affermato tu. |
01-10-2013, 15.09.52 | #49 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
@ Sgiombo
Eh no: quel: "la legge è uguale per tutti", essendo un principio metafisico (in quanto stabilisce un ordine etico) è giustificato dall'argomento metafisico. Non essendo possibile giustificarlo con l'argomento scientifico (come abbiamo visto, mi pare, concordando), dovremmo forse, diciamo così, "lasciarlo in sospeso"? Cioè dovremmo forse astenerci da ogni giudizio di valore, ed accettare lo stato dei fatti (uno stato dei fatti che è, sempre, determinato dalla "forza" - e qui vediamo il perchè io ho citato Carl Schmitt )? Beh, qui direi sarebbe più che opportuno aprire un bel discorso sulla filosofia politica; un discorso che, tra l'altro, ci mostrerebbe l'"eziologia" del tentativo del Ministro Castelli di mutare quel: "la legge è uguale per tutti" con: "la legge è amministrata in nome del popolo italiano". Ma non precorriamo i tempi. Per il momento, quel che mi preme ribadire è che l'argomento metafisico non può essere accantonato troppo alla leggera, e l'esempio che ti ho fatto mi sembrerebbe dimostrarlo in maniera lampante. Venendo ad altro, come ben saprai K.Marx ebbe, in merito al rapporto fra struttura e sovrastruttura, diversi tentennamenti. L.Althusser, che io considero profondo conoscitore del pensiero di Marx, sosteneva che ne: "L'ideologia tedesca" è presente una vera e propria "frattura epistemologica": in sintesi quella che dalla preponderanza del "soggetto" porta alla preponderanza dell'"oggetto" (una distinzione filosoficamente importantissima, che determinerà, prima, una lunga discussione all'interno della SPD, e poi la diatriba fra gli "evoluzionisti" e i "rivoluzionari" (fra quelli che saranno poi i socialisti e i comunisti, per farla breve). Vero è che Marx sentì il bisogno di affermare quell'"in ultima istanza", a proposito del rapporto che intercorre fra la struttura materiale e la sovrastruttura ideologica (o coscienziale). Tuttavia, io credo, rimane una indeterminazione di fondo che segnerà, politicamente, tutta la storia dei partiti che si richiamano in qualche modo al suo fondamentale pensiero. Ora, il punto è dirimente anche per quanto riguarda la nostra discussione. Perchè è chiaro che se l'"archetipo" culturale nasce da una situazione determinata dal rapporto di produzione è un conto. Ma se nasce, diciamo, "da sè", cioè per motivi che sono "altro" dal rapporto di produzione, allora è sì spiegabile scientificamente il funzionamento del collegamento sinaptico fra i neuroni (spero di essere stato corretto...), ma la causa, ovvero l'oggetto dello studio eziologico, rimanda di nuovo alla sfera coscienziale, cioè alla sovrastruttura (detto in termini marxiani). Ti proporrei però una riflessione in questo senso: tieni presente che il "clima" nel quale si muove Marx è, ancora, fortemente impregnato dall'idealismo. Marx, è vero, "rovescia" la dialettica hegeliana, ma ciò che ottiene è uno spostamento dello "spirito" hegeliano sulla materialità. Tutte le premesse di Hegel, ovvero, sono mantenute (parlo di concetti come quello di dialettica, o di sintesi), seppur appunto "rovesciate". Insomma: ciò che a mio avviso manca al pensiero di Marx è una riflessione profonda proprio sul rapporto fra struttura e sovrastruttura, che è poi una riflessione profonda sul rapporto che lega soggetto ed oggetto. Soggetto e oggetto, a mio modo di vedere, si "compenetrano" così profondamente che, a un certo punto, diventa impossibile distinguere il "confine", per così dire (la "complessità" di cui ti parlavo). Marx invece, come Hegel, distingue nitidamente (troppo nitidamente) questo confine. Ma così nitidamente non sarà distinto dai suoi successori politici (come accennavo), tanto che si arriverà a non vedere la contraddizione filosofica insita nei concetti di "soggetto-partito" (così come definito da Lenin) e "oggetto-classe" (come in Trotskij). Se ben ci pensi, è un qualcosa che segna l'intera storia della "sinistra" mondiale, e che nasce appunto dalla malcomprensione del rapporto che lega struttura e sovrastruttura. ciao |
01-10-2013, 19.55.11 | #50 |
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Riferimento: Scienza e filosofia (fisica e metafisica)
Oxdeadbeef:
Eh no: quel: "la legge è uguale per tutti", essendo un principio metafisico (in quanto stabilisce un ordine etico) è giustificato dall'argomento metafisico. Sgiombo: Quale? Oxdeadbeef: Non essendo possibile giustificarlo con l'argomento scientifico (come abbiamo visto, mi pare, concordando), dovremmo forse, diciamo così, "lasciarlo in sospeso"? Cioè dovremmo forse astenerci da ogni giudizio di valore, ed accettare lo stato dei fatti (uno stato dei fatti che è, sempre, determinato dalla "forza" - e qui vediamo il perchè io ho citato Carl Schmitt )? Sgiombo: Ma perché mai non essendo giustificata l’ etica né scientificamente né in alcun altro modo dovremmo astenerci da ogni giudizio di valore ed accettare lo stato dei fatti anche quando è (ma per me non lo è affatto sempre e necessariamente!) caratterizzato da prepotenze e violenza ingiuste (credo tu intenda questo con “forza”)?!?!?! Io non credo affatto giustificata l’ etica ma do giudizi di valore, eccome!!! Non vedo proprio perché dovrei astenermene. Oxdeadbeef: Beh, qui direi sarebbe più che opportuno aprire un bel discorso sulla filosofia politica; un discorso che, tra l'altro, ci mostrerebbe l'"eziologia" del tentativo del Ministro Castelli di mutare quel: "la legge è uguale per tutti" con: "la legge è amministrata in nome del popolo italiano". Ma non precorriamo i tempi. Sgiombo: Quell’ imbecille razzista presumeva che gli italiani “di sangue”, meglio se nordici, avessero diritti diversi dai non autoctoni (non è difficile comprendere i “ragionamenti” -si fa per dire!- di chi è dotato in tutto di due neuroni malconnessi). Oxdeadbeef: Per il momento, quel che mi preme ribadire è che l'argomento metafisico non può essere accantonato troppo alla leggera, e l'esempio che ti ho fatto mi sembrerebbe dimostrarlo in maniera lampante. Sgiombo: Non capisco. Quale esempio e come? Oxdeadbeef: Venendo ad altro, come ben saprai K.Marx ebbe, in merito al rapporto fra struttura e sovrastruttura, diversi tentennamenti. L.Althusser, che io considero profondo conoscitore del pensiero di Marx, sosteneva che ne: "L'ideologia tedesca" è presente una vera e propria "frattura epistemologica": in sintesi quella che dalla preponderanza del "soggetto" porta alla preponderanza dell'"oggetto" (una distinzione filosoficamente importantissima, che determinerà, prima, una lunga discussione all'interno della SPD, e poi la diatriba fra gli "evoluzionisti" e i "rivoluzionari" (fra quelli che saranno poi i socialisti e i comunisti, per farla breve). Vero è che Marx sentì il bisogno di affermare quell'"in ultima istanza", a proposito del rapporto che intercorre fra la struttura materiale e la sovrastruttura ideologica (o coscienziale). Tuttavia, io credo, rimane una indeterminazione di fondo che segnerà, politicamente, tutta la storia dei partiti che si richiamano in qualche modo al suo fondamentale pensiero. Ora, il punto è dirimente anche per quanto riguarda la nostra discussione. Perchè è chiaro che se l'"archetipo" culturale nasce da una situazione determinata dal rapporto di produzione è un conto. Ma se nasce, diciamo, "da sè", cioè per motivi che sono "altro" dal rapporto di produzione, allora è sì spiegabile scientificamente il funzionamento del collegamento sinaptico fra i neuroni (spero di essere stato corretto...), ma la causa, ovvero l'oggetto dello studio eziologico, rimanda di nuovo alla sfera coscienziale, cioè alla sovrastruttura (detto in termini marxiani). Ti proporrei però una riflessione in questo senso: tieni presente che il "clima" nel quale si muove Marx è, ancora, fortemente impregnato dall'idealismo. Marx, è vero, "rovescia" la dialettica hegeliana, ma ciò che ottiene è uno spostamento dello "spirito" hegeliano sulla materialità. Tutte le premesse di Hegel, ovvero, sono mantenute (parlo di concetti come quello di dialettica, o di sintesi), seppur appunto "rovesciate". Insomma: ciò che a mio avviso manca al pensiero di Marx è una riflessione profonda proprio sul rapporto fra struttura e sovrastruttura, che è poi una riflessione profonda sul rapporto che lega soggetto ed oggetto. Soggetto e oggetto, a mio modo di vedere, si "compenetrano" così profondamente che, a un certo punto, diventa impossibile distinguere il "confine", per così dire (la "complessità" di cui ti parlavo). Marx invece, come Hegel, distingue nitidamente (troppo nitidamente) questo confine. Ma così nitidamente non sarà distinto dai suoi successori politici (come accennavo), tanto che si arriverà a non vedere la contraddizione filosofica insita nei concetti di "soggetto-partito" (così come definito da Lenin) e "oggetto-classe" (come in Trotskij). Se ben ci pensi, è un qualcosa che segna l'intera storia della "sinistra" mondiale, e che nasce appunto dalla malcomprensione del rapporto che lega struttura e sovrastruttura. Sgiombo: Perfettamemnte d’ accordo che il rapporto fra le marxiste (oltre che marxiane: non meno engelsiane che marxiane) struttura e sovrastruttura è estremamente complesso e che è di importanza decisiva nel materialismo storico, e che è stato discusso e interpretato in un’ infinità di modi. Come puoi immaginare ci ho letto e riletto, pensato e ripensato. D’ atra parte il materialismo storico è una “scienza umana” e dunque , diversamente dalle scienze in senso stretto, quelle “naturali”, non può misurare (per lo meno non può farlo di molto di decisivo in ciò che tratta) né dunque avvalersi degli strumenti matematici, calcolare, trovare soluzioni “matematicamente certe” dei problemi che affronta. A presto! |