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23-04-2013, 19.05.13 | #1 |
Nullologo
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Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta
Qui sotto ho “riportato alla luce” un vecchio (9 anni!) topic di argomento interessante: “Ma è veramente importante sapere se Dio esiste?” . Questo, insieme con un altro il quale chiede se sia “più importante la vita o il senso della vita” sono i più vicini all'argomento del mio thread, che cerca un po' di riavvicinarli, riporli in gioco, e spero pure di ampliarli. Così facendo spero di attirare maggiore attenzione su questi argomenti, decisamente interessanti!
Quindi: Spulciando fra gli scritti del sito sono capitato in ciò che pensa Odifreddi sul famoso senso della vita. https://www.riflessioni.it/senso-dell...-odifreddi.htm Però, rispondendo da logico, non si limita quindi a dare un significato-senso, ma dice qualcosa di più che non mi pare sia venuto in luce da altre parti. Inoltre, come ho scritto poco sopra riguardo al post “se è importante sapere” ecc, penso che dia in qualche modo una risposta pure a lui. → "Quanto al senso della vita, credo comunque che la domanda sia mal posta: il senso è una proprietà delle frasi del linguaggio, e non degli eventi. Chiedersi che senso ha la vita, è come chiedersi che colore o che tonalità abbia. O che senso abbia un elettrone." Anche il seguito è assai interessante: "Una cosa precisa la posso però dire, a proposito di questa frase che sta sul vostro sito: "Una risposta non esiste solo quando non è possibile formulare la domanda". L'insegnamento più importante della logica e della scienza moderna, codificato nel teorema di Godel e nel principio di indeterminazione di Heisenberg, è esattamente l'opposto! E cioè, che anche le domande sensate possono non avere risposta. Anzi, che QUASI TUTTE le domande sensate (in un senso ben preciso e quantificabile in termini matematici, e non solo in vaghi termini metaforici) non ce l'hanno..." Non è un bello schiaffo a tutti gli arrovellamenti che ci facciamo quando tentiamo di dare una risposta a queste assillanti domande? Pensare che sono mal poste di partenza! Come dire: è bello parlarne, ma tanto è assolutamente inutile, perché, continua Odifreddi: “molte domande non hanno invece senso, e dunque neppure risposta”. E un altro insegnamento della logica moderna è stato proprio mostrare come un'analisi logica porti spesso a decostruire le domande che a prima vista sembrano avere un senso, ma poi non ce l'hanno: in particolare quelle metafisiche. Oggi sappiamo (non "crediamo", o "vorremmo che", ma "sappiamo") che le questioni metafisiche sono pseudoquestioni, sulle quali è dunque inutile arrovellarsi." ..."molto di ciò che sembra filosofia è in realtà letteratura. Anch'io leggo romanzi, naturalmente, ma non mi aspetto che contengano soluzioni ai problemi della vita." Grazie al professore e al webmaster! |
23-04-2013, 22.04.16 | #2 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta
Citazione:
Non sul fatto che non abbiano senso tutte le domande "metafisiche". E questo perché credo che tutto ciò di cui possimo avere conoscenza diretta sono le sensazioni fenomeniche di coscienza, per le quali vale il berkeleyano "esse est opercipi"; e che esse si dividano in sensazioni materiali (quelle dei cinque o sei organi di senso) e mentali o di pensiero; e che queste ultime non siano riducibili alle prime (in particolare a quelle del cervello e a quanto indirettamente si può sapere del cervello e del suo funzionamento, scientificamente; in ultima analisi fisicamente, poiché credo che scienze naturali siano in linea di proncipio riducibili alla fisica). Dunque credo che esistano aspetti (fenomenici) del reale (esiste un' ontologia) diversa dagli oggetti della fisica, che eccede il mondo naturale - materiale (altrettanto fenomenico) sul quale ci si fanno domande sensate "fisiche"; e circa quell' altro mondo eccedente la fisica ci si possono fare altre domande altrettanto sensate "metafisiche", o comunque non-fisiche. |
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23-04-2013, 22.59.48 | #4 | |
Moderatore
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta
Un paio di obiezioni però al professore gliele farei.
E' vero che esistono domande che non hanno risposta, ma forse perché la risposta è la domanda stessa, non c'è altra risposta che la domanda. Ad esempio la domanda su quale sia il senso della vita sta proprio nel chiederselo: il senso della vita è chiedersi quale sia e questo è il motivo per cui non è possibile smettere di chiederselo anche se si nega che si possa rispondere. Vivere per l'uomo è interrogarsi sul senso di vivere e forse allora non ha molto senso chiedersi se sia più importante la vita o il suo senso, vivere significa continuamente cercare un senso per cui vivere e se ci si stanca di cercarlo, se ci si rassegna confondendo la indefinibilità oggettiva del senso con la sua inesistenza si smette di vivere. Aggiungo poi che potranno pure esistere domande insensate, ma non necessariamente sono quelle che la logica moderna ha decostruito analizzandole per giudicarle tali. L'esistenza non è logica, ha scritto un bravo logico come Francesco Berto, ossia non si riduce alla sola logica, quindi una domanda logicamente non sensata non è detto che non sia una domanda esistenzialmente insensata o viceversa, tutto sta nel capire dove andare a cercare il senso, magari anche solo per capirla prima di negarle risposta (che poi si sa che le domande negate si vendicano in malo modo). Infine se dice Citazione:
Succede quando ci si trova a contatto con un'opera d'arte, anzi forse proprio questo è la più profonda funzione dell' arte vera: suggerire risposte per vivere piuttosto che offrirci trastulli più o meno estetici per la piacevolezza del tempo libero. Lo sapevano bene gli antichi Greci e lo sapevamo anche noi fino ad almeno la metà del secolo scorso. Mi sbaglierò, ma in quelle ultime righe dell'intervista a Odifreddi mi pare di sentire evidente quanto la matematica, la fisica e la logica possano essere radicalmente incompetenti in materia esistenziale, pur più o meno coscientemente pretendendo che ad esse possa venire ricondotta ogni rilevanza e ogni esistenza dimenticando che in fondo ogni esistenza è una narrazione molto più che un trattato di logica. |
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24-04-2013, 10.27.38 | #5 | ||
Moderatore
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leggere romanzi non ci danno la soluzione ai nostri problemi ma e' proprio dalle pieghe nascoste di un romanzo,magari apparentemente insignificanti (al pari di quelle della nostra stessa vita,cosi piena di misteri insoluti) che spesso viene svelato qualcosa che rimarrebbe inutilizzata per sempre dentro di noi...concordo con chi mi ha gia anticipato che la funzione dell'arte,quale nel caso di un romanzo abbia questa importantissima e direi fondamentale funzione. sono del parere che qui il sig odifreddi pecchi di una superbia e di una cecita' tipica dell'uomo moderno,appiattito alle sole basi scientifiche come forma unica e indiscussa di pensiero (paranoico e totalitario)..avanzando la pretesa che sia l'unico possibile immaginabile. |
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24-04-2013, 16.38.02 | #6 | |
Nullologo
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Ma io non penso proprio che se smetti di chiedertelo allora non vivi più... o perlomeno, come tutto, non bisogna generalizzare, e mi pare non ci sia bisogno neanche di spiegare il perché. Per te e per le persone a te affini è vero, ma per altri no a quanto pare. Io non so ancora dove inserirmi... magari a metà! Però certo penso che la stragrande maggioranza delle persone "semplici" non stanno di certo a farsi queste domande: pensano solo a tirare a campare - che è già difficile! Lo sapevano anche i greci? .. io sapevo invece che l'arte e l'imitazione fossero bandite nella Repubblica |
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24-04-2013, 19.03.08 | #7 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta
Mi pare piuttosto evidente che, nella domanda sul senso della vità, "senso" abbia valore metaforico. E' chiaro che, in questo contesto, non interessa il senso di "vita" nella prospettiva della semantica logica o linguistica. Nel'uso di tale termine mi sembra fortemente presente la risonanza di "senso" come direzione e, facendo un piccolo salto, scopo.
Ponendoci la domanda sul senso della vita, vorremmo sapere qual è lo scopo della vita, a partire dalla nostra. Se ci poniamo il problema, vuol dire che questo senso non è immediatamente dato e perseguito. Conoscendolo e perseguendolo, probabilmente saremmo anche più felici. Che altro dovremmo desiderare altimenti che essere felici? Certo tutto il ragionamento si regge su solo accostamenti più o meno probabili e, in parte, analogici. Ma siamo nella finitezza... |
24-04-2013, 21.47.33 | #8 | |
Ospite abituale
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24-04-2013, 22.02.19 | #9 | |
Ospite abituale
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E' certamente vero che Hume consigliava di evitare di perdere tempo leggendo libri che ponessero questioni non risolvibili logicamente o empiricamente. Tuttavia sia Locke che Hume non limitarono di certo i loro interessi ai problemi della fisica (e delle altre scienze naturali); anzi coltivarono soprattutto, recandole importanti contributi, la filosofia della conoscenza. Dunque, se non metafisiche in senso strettamente letterale, penso che si possa comunque dire che ritenevano indubbiamente sensate (e importanti) anche domande che “eccedessero”, che andassero ”oltre” gli argomenti della fisica (il loro atteggiamento non era certamente simile a quello di coloro che oggi vengono denominati "scientisti" (atteggiamento al quale mi pare -per quel poco che lo conosco- anche Odifreddi talvolta tende ad indulgere). |
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24-04-2013, 22.43.10 | #10 | |
Moderatore
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Credo che in questo caso si possa generalizzare, visto che è proprio e solo di ogni essere umano chiedersi del senso del proprio esserci anche quando lo rimuove e che non ci sia mai stato un solo essere umano che non se lo sia chiesto almeno una volta anche solo per negarlo convinto che in fondo basti sopravvivere respirando, ingurgitando cibo per poi liberarsene defecando in attesa di crepare. Gli animali, come gli dei non si chiedono del proprio senso perché a essi è immediatamente dato, all'uomo no ed è proprio quella domanda l'essenza che lo distingue e che lo apre a un perenne voler conoscere e cercare, perché ogni ricerca (filosofica, artistica, religiosa e pure logica e scientifica) è un'interrogazione su quel senso. Si può certo ravvisare quel senso anche nella propria quotidiana esistenza accettandone il dolore e la gioia, ma proprio perché quella quotidiana esistenza è un continuo agire (ossia un condursi con cura) e non un errare senza altro scopo che far passare i giorni. Nell'errare c'è solo una continua disperazione magari mascherata da un piacere che subito delude e annoia, come una sorta di masturbazione meccanica di cui continuamente si ha bisogno per nascondere la noiosa assillante pena di esistere. I Greci antichi non solo avevano perfettamente compreso il senso dell'arte, ma lo vivevano integralmente, lo avevano divinizzato nell'armonia apollinea e nella follia tragica del dionisiaco e l'arte era il prodotto delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosyne, quella Memoria di cui la contemporaneità attuale ha perso totalmente il senso, tutta presa dalla vacuità del suo presente auto referente, fluido e inconsistente come palta melmosa. L'arte andava ben oltre l'artificio tecnico fatto per creare a ogni costo stupore a cui oggi si è ridotta per conquistarsi un posto in quel mercato al quale tutto va ricondotto per calcolare la felicità come somma di piaceri. L'arte finge sapendo di farlo e fingendo consapevolmente allude alla verità più profonda del senso che in se stesso non appare, quel senso che è una domanda che non cesserà mai di ripetersi. Questo non vuol dire che l'arte libera dall'angoscia, anzi la ripropone costantemente finché non arriva qualcuno che finge di averlo oggettivizzato quel senso, magari nelle leggi definitive di un Dio o in quelle della logica o della matematica e allora, per dar corpo a questa sua finzione che non vuole più saperne di essere solo finzione proibisce l'espressione artistica come è accaduto in passato vedendo in essa solo una menzogna a fronte della sua pretesa di verità, o addirittura giunge a pensare l'arte come futilità e passatempo per gente che non ha altro da fare, come se l'essenza vitale stessa dell'umanità, poiché oggettivamente indefinibile, fosse solo una perdita di tempo. E' allora che il sogno della ragione produce i peggiori mostri. |
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