ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
30-11-2007, 22.20.47 | #102 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2007
Messaggi: 192
|
Riferimento: Il Paradiso non c'è Ma siamo destinati alla felicità
In questo senso posto un articolo del sito www.ferrucciosangiacomo.it su Emanuele Severino in cui sono riportate anche parole dello stesso Severino su alcune obiezioni. Ho tagliato alcune parti altrimenti era troppo lungo:
Entriamo subito nel merito dell''obiezione di Bontadini, obiezione che stimola Severino non solo ad elaborare una solida difesa, ma anche a sviluppare il suo pensiero. Severino risponde che Bontadini non effettua una fondamentale distinzione: quella tra l’"apparire empirico” (l''apparire di questa penna) e l’"apparire trascendentale”, l''orizzonte, cioè, totale dell''apparire. Ogni ente - e quindi anche ogni apparire empirico - entra ed esce da questo orizzonte trascendentale. Il divenire - nel senso di "apparire" e scomparire" - è solo all''interno dell''apparire trascendentale, mentre l''apparire trascendentale non diviene. Cosa ne dici? Mi pare che Severino continui a negare l''esperienza: è noto che noi il mattino ci svegliamo e, quindi, si sveglia quello che Severino chiama l''"apparire trascendentale". L''obiezione è sensata. E'' la classica obiezione: lo svegliarsi e l''addormentarsi non costituiscono il sorgere e lo spegnersi della "coscienza" - o come la chiama Severino "apparire trascendentale"? Severino, però, ti risponderebbe che non è possibile che "appaia il sorgere dell''apparire" (sarebbe una contraddizione): ciò di cui appare il sorgere è l’"apparire empirico” - l''apparire, ad esempio, del suono della sveglia -, non l''apparire trascendentale che, quindi, è immutabile. Così scrive Severino: "L''apparire empirico (cioè l''apparire ''di un contenuto particolare'') non è formalmente identico all''apparire trascendentale. Se anche dell''apparire empirico, quindi, appare il divenire, ciò significa (come per ogni contenuto empirico) che l''apparire empirico - eterno come ogni ente - entra ed esce dall''apparire trascendentale (e ciò che appare è appunto questo suo entrare ed uscire dall''apparire trascendentale)" ("Risposta ai critici", in "La terra e l''essenza dell''uomo", Milano, 1969). Cosa ne dici? Non mi convince affatto. Anche con la distinzione sottile di Severino si avrebbe pur sempre un "apparire" che "sparisce", un ente, cioè, che diventa non-ente, nulla: come potrebbe continuare ad esistere un "apparire" che "non appare più"? Se si può disgiungere il "contenuto empirico" dell''apparire dall''apparire (per cui si può pensare che il contenuto continui ad esistere anche se non appare più), non si può disgiungere l''apparire da se stesso! E'' questa la logica dell''obiezione di Bontadini. Per Severino si tratta di una logica che confonde i due tipi di apparire: non si può dire che l''apparire empirico non appare più, che cioè è diventato nulla, ma che è uscito dall''orizzonte dell''apparire trascendentale. Severino non si limita a questa "difesa". Nei diversi suoi saggi la rende sempre più solida. Seguiamo, ad esempio, un tratto del discorso che troviamo in "Tautotes”. La lampada è spenta, cioè appare che la lampada è spenta, o meglio ancora appare (cerchio dell''apparire trascendentale) l''apparire empirico della lampada spenta. Ad un certo punto la lampada si accende, cioè sopraggiunge nel cerchio dell''apparire trascendentale la lampada accesa. Cosa ne dici? Severino non mi convince ancora: se prima il cerchio dell''apparire trascendentale non include l''apparire della lampada accesa e poi lo include vuol dire che abbiamo un apparire (il cerchio che include l''apparire della lampada accesa) che prima “non era”, cioè siamo di fronte ad un non apparire che diventa apparire, il che - secondo la logica di Severino - è assurdo. E'' questa l''obiezione che lo stesso Severino affronta in "Tautotes”. Secondo Severino il cerchio dell''apparire che non include la lampada accesa è, in quanto ente, eterno e, quindi, non è esso che diventa inclusivo della lampada accesa. "Nel cerchio dell''apparire incomincia [...] ad apparire quell''identità eterna che è il cerchio dell''apparire che include questa lampada accesa - dove il cerchio dell''apparire che incomincia ad apparire si distingue dal cerchio che lo accoglie, ossia è una parte di esso, che è la totalità dell''apparire - la totalità in cui è incluso sia, come ''passato'', il cerchio che non include, sia, come ''presente'', il cerchio che include la lampada accesa" (pagg. 187-188). Il linguaggio - come vedi - è per "addetti ai lavori". Dopo quanto abbiamo detto, forse anche tu stai diventando un "addetto ai lavori". Cosa dici di questa ulteriore difesa? Continua a non convincermi. Siamo di fronte, infatti, ad un vero e proprio regressus ad indefinitum: quando appare la lampada accesa, "appare" il cerchio dell''apparire che include tale lampada accesa, in altre parole abbiamo un apparire dell''apparire dell''apparire che è infinito. Anche questa è un''altra classica obiezione. Severino risponde che non si ha nessun regressus ad indefinitum in quanto "quando questa lampada accesa incomincia ad apparire, incomincia ad apparire ''questo suo stesso'' incominciante apparire. L''incominciante apparire di questa lampada accesa ha come contenuto ''se medesimo''" (Tautotes, pag. 189). “Dunque - conclude Severino -, il cerchio dell''apparire che non include questa lampada accesa, ed è isolato da essa, ed è eternamente isolato, non diventa ciò che include questa lampada accesa. Quando questa lampada accesa incomincia ad apparire, il cerchio dell''apparire che non la include non appare più solo, ma insieme ad esso incomincia ad apparire il cerchio che la include, ossia la totalità dell''apparire è l''apparire dell''incominciare ad apparire. La totalità dell''apparire è l''apparire del divenire, in quanto comparire dell''eterno. E l''apparire del comparire dell''eterno [..] è l''indiveniente apparire del divenire, ossia del processo in cui dapprima appare quell''eterno che è il cerchio non includente e poi appare il cerchio che include questa lampada accesa" (ib. pag. 191). Forse il tuo cervello sta fumando. Se fosse così, ti raccomando di non gettare la spugna. Riprendi il percorso e spingi al massimo la tua concentrazione. Non si tratta di un problema da poco: se fosse vero il discorso di Severino, non solo cadrebbe tutto il pensiero occidentale, ma cambierebbe radicalmente senso la tua stessa esistenza. Cosa ne dici? Se fosse vero il pensiero di Severino, cambierebbe in peggio la mia esistenza: se tutto ciò che entra nell''orizzonte dell''apparire trascendentale fosse eterno, tutto sarebbe necessario. Dove andrebbe a finire, allora, la mia libertà? Che atteggiamento dovrei avere, dunque, di fronte alla vita se non di fatalistica rassegnazione? Tutto è necessario. E'' la tesi a cui è arrivato coerentemente Severino in "Destino della necessità”: tutto ciò che appare non solo è eterno, ma deve necessariamente apparire, tutto ciò che accade (nel senso di "apparire") deve necessariamente accadere. L''unica scelta possibile, allora, è quella della fatalistica rassegnazione? Severino ti risponderebbe: "Giacchè se ogni cosa accade con necessità, allora non può esistere una zona franca dove agli uomini sia consentito di incrociare le braccia a loro piacimento e di smettere di agire e di prendere decisioni. Se tutto questo - cioè la rassegnazione - accadesse, accadrebbe per necessità” (in "La strada”, Rizzoli, pag. 139). Severino - coerentemente col suo parmenidismo (un parmenidismo che - come sai - supera lo stesso Parmenide in quanto ogni ente è "essere" e, in quanto tale, è eterno) - arriva a negare qualsiasi libertà, qualsiasi "contingenza": tutto ciò che appare, appare necessariamente. La stessa concezione tradizionale dell''uomo viene sconvolta: l''uomo non è un "io che pensa", un "io che ha una volontà e che decide" (quello che noi chiamiamo "io" non è altro che un contenuto dell’"apparire trascendentale", così quello che chiamiamo "volontà"), ma è tout court l’"apparire trascendentale”. Cosa ne dici? Mi pare che Severino sia rimasto intrappolato nell''idealismo contro tutta la quasi totalità della cultura contemporanea che - rivalutando l''individuo concreto, in carne ed ossa, individuo che progetta il suo destino - ne ha preso le distanze. Indubbiamente l''idealismo (come per Bontadini, suo maestro) è il suo punto di partenza: l''idealismo ha avuto il merito di aver fatto cadere il diaframma - idea, immagine, rappresentazione, fenomeno - tra pensare ed essere e di aver affermato che l''apparire trascendentale - nella terminologia severiniana - è intrascendibile. Severino, tuttavia, va oltre l''idealismo nella misura in cui afferma che le cose che appaiono esistono anche prima di apparire e continuano ad esistere anche dopo l''apparire. Siamo agli antipodi di gran parte del pensiero contemporaneo? E'' vero. Chiudiamo qui l''analisi del pensiero severiniano. Si tratta, ovviamente, di un approccio propedeutico. Più lo leggerai, più scoprirai un grande rigore - al di là della tua posizione che può essere critica - e più scoprirai la radicalità della "distruzione" severiniana del pensiero e della civiltà occidentale: per lui la stessa tecnologia con la quale si pretende creare qualcosa di nuovo è figlia legittima della concezione "nichilistica” dell''essere. Buona lettura! Spero possa essere utile alla discussione. |
15-12-2007, 10.00.20 | #107 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
|
Riferimento: Il Paradiso non c'è Ma siamo destinati alla felicità
Citazione:
No non l'ho letto. Non ho letto Severino direttamente se non brani... e articoli sul suo pensiero. Può darsi che li acquisti tutte e due. Mi piace il suo pensiero e lo trovo congeniale alla mia mentalità...ora è venuta l'occasione di leggerlo. Ciao |
|
26-01-2008, 11.28.24 | #108 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2007
Messaggi: 192
|
Riferimento: Il Paradiso non c'è Ma siamo destinati alla felicità
Approfondendo meglio il pensiero di severino e rileggendo un pò questo topic mi sono accorto che alcuni critici del suo pensiero hanno frainteso molte cose.
Spero nei prossimi giorni di poter postare qualcosa di più, per il momento mi limito a dire che già il concetto di nulla deve essere scisso: Severino non nega la positività del nulla (come significante), la sua critica è contro quel nulla inteso come assoluto annientamento. Fatta questa dovuta scissione non è nemmeno esatto dire: l'apparire a di questo stato che poi scompare, fa si che questo si rapporti allo stato successivo come non-a: sono due stati d'apparire che presuppongono sempre l'apparire trascendentale (difatti quando un apparire fenomenico esce da quello trascendentale non si può dire che non appare più nulla, perchè l'apparire trascendentale rimane sempre lo sfondo ineliminabile) e tra loro non entrano in relazione come negazione uno dell'altro, ma come incominciare ad apparire nel cerchio dell'apparire trascendentale, per cui anche quello che può essere scambiato per non-a è in realtà un positivo significare di quel successivo apparire che sopraggiunge sul sopraggiunto ma che non lo modifica, non lo trasforma, semplicemente sopraggiunge alla nostra vista che lo scambia per una trasformazione del precedente apparire, che però rimane identico a sè stesso, eterno. |
26-01-2008, 11.32.08 | #109 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2007
Messaggi: 192
|
Riferimento: Il Paradiso non c'è Ma siamo destinati alla felicità
Citazione:
Ma quello che tu presupponi come tristezza e felicità è sempre contraddizione, quindi infelicità: solo col sopraggiungere del destino della verità (della terra che salva) saranno superate le contraddizioni e veramente si dispiegherà la gioia. Non riuscite a staccarvi dalla configurazione che Severino condanna. |
|
26-01-2008, 11.36.17 | #110 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2007
Messaggi: 192
|
Riferimento: Il Paradiso non c'è Ma siamo destinati alla felicità
Citazione:
E questa è la risposta fondamentale a tutti i critici.Anch'io a prima vista lo considerai un imbonitore, ma LEGGENDO LE SUE OPERE, non solo quelle impegnative ma anche quelle di stampo divulgativo e accessibile anche ai profani, mi sono accorto che la sua speculazione è assolutamente illuminante. Poi, ditemi, per gli uomini di scienza, come fate ancora a paragonare una filosofia nei parametri della scienza, quando questa di assoluto ha già rinunciato a dirvi qualcosa, è sempre smentibile, quindi non può giudicare qualcosa che si pone come incontrovertibile. L'evidenza può essere sempre smentita da una successiva diversa modalità d'esperienza, La struttura originaria è innegabile e incontrovertibile. |
|