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18-01-2007, 15.17.28 | #22 |
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e verità
“non è che le potresti esplicitare?”
Ok ! “l'antropologia dovrebbe essere considerata meno scientifica della fisica?” Perché la fisica è una scienza esatta, mentre l’antropologia no e non per il solo fatto che la fisica sia una disciplina predittiva (che di per se comunque è già una gran differenza), ma perché le teorie fisiche accreditate sono verificabili e falsificabili quelle antropologiche no. “Se la biologia mi fornisce dei modelli che mi spiegano, per esempio, come fa un cane a muoversi ma, naturalmente, non mi fornisce delle predizioni su come si muoverà” Per predizione non si intende, in questo caso, cosa farà il cane e come si muoverà, ma si predice, ad sesempio, come biologicamente il cane non potrà muoversi o quali fattori biologici possono impedire che si muoverà ! Queste sono vere e proprie predizioni scientifiche perché, partendo da un modello, si arriva a predire comportamenti futuri dovuti all’evoluzione ovvero al mutamento dello stato attuale del sistema. Si dice cioè: (se muteranno questi fattori ---> accadrà questo evento) = predizione di evento futuro. “No, perchè l'obiettivo principale della scienza è di fornire delle spiegazioni dei fenomeni” Giusto, ma tali spiegazioni vanno verificate, la teoria infatti deve essere verificabile e potenzialmente falsificabile. Saluti Andrea Ultima modifica di spirito!libero : 18-01-2007 alle ore 16.22.20. |
18-01-2007, 16.45.13 | #23 | |
Moderatore
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Riferimento: Scienza e verità
Citazione:
Allora, da quanto scrivi le teorie scientifiche, per dirsi tali, devono: essere verificabili/falsificabili e fornire predizioni. Cercherò di mostrarti che le cose non sono così semplici quanto pensi. 1) Dopo I due dogmi dell'empirismo di Quine (olismo epistemico) e Pattern on Discovery di Hanson (theory-ladenness) non è più possibile verificare o falsificare una teoria. O almeno, non è stata eliminata la possibilità di concepire la verifica/falsificazione in modo ingenuo, come fino a quel momento era concepito. Per questo motivo, la verifica/falsificazione avviene sempre in modo "ermeneutico". (Detto tra parentesi, molti credono che l'idea base dell'evoluzionismo sia infalsificabile: Popper stesso sosteneva questa convinzione. Ma se ciò è vero, allora non si deve gettare l'evoluzionismo, bensì da gettare sarebbe il falsificazionismo.) In questo senso, quindi, anche l'econimia, la sociologia, l'antropologia, la psicologia, etc., sono scienze. 2) Non capisco perché la predizione deve essere concepita come condizione necessaria perché una disciplina sia considerata scientifica. Dov'è scritto? Nel De Mauro sicuramente no Ok, non è che il De Mauro sia la nostra bibbia, ma la domanda, comunque, resta valida... Credo che nessuno possa mettere in dubbio che l'obiettivo della scienza sia quello di spiegare e di farci comprendere. Questo è il suo obiettivo, e questo è raggiunto grazie all'"insieme di conoscenze rigorosamente controllate e sistematicamente ordinate". La predizione è una cosa in più, ma non di certo necessaria. Tu dici: "la biologia non ci dice come si muoverà il cane, ma ci informa su come non possa muoversi". Ma anche l'economia e la sociologia, per esempio, riescono a fare predizioni analoghe, indicando quali sono i fatti che sono veramente implausibili. E poi, scusa, ma se io sono interessato a capire la cultura di una tribù dell'Amazzonia (antropologia), che significato ha per loro un determinato rituale, che c'entra la predizione? Lo scopo, in questo caso, è semplicemente un altro! Un'ultima cosa: può essere che in alcuni casi non ci siano predizioni da fare perché quella classe di fenomeni non ha leggi rigorose (sembra questo il caso dei fatti riguardanti la psicologia e la cultura), e allora non è certo colpa della disciplina se non ha fornito predizioni rigorose e molto informative...... |
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18-01-2007, 17.26.07 | #24 | |||||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Scienza e verità
Citazione:
Non esattamente, le predizioni non sono una "condicio sine qua non" per definire criteri di scientificità in senso generico, lo sono solo nel caso delle cosiddette scienze esatte. Citazione:
So bene che il dibattito epistemologico è più che mai vitale, tuttavia molti epistemologi prendono delle solenni cantonate. A tal proposito di consiglio la lettura del libro "Imposture intellettuali" di Sokal (un testo di non difficile lettura, occorrono solo nozioni basilari di matematica, di fisica nonchè di epistemologia). Non so se conosci il caso Sokal che è davvero emblematico e che dimostra chiaramente come i filosofi troppo spesso parlino a sproposito di scienza e prendano delle solenni cantonate, compreso l'amato Popper. Difatti ho scritto tra parentesi nel mio post iniziale, che il falsificazionismo di Popper deve essere discusso, anche se contiene una serie di aspetti più che condivisibili. Citazione:
Se intendi dire che è stato eliminato il falsificazionismo ingenuo sono d'accordo e l'ho scritto infatti. Citazione:
Su questo non sono d'accordo se con l'accezione "ermeneutico" si tolgono criteri di oggettività alla verifica empirica. Spero che non si cada nel sottodeterminismo esasperato arrivando alla concezione che le scienze esatte siano unicamente paradigmi sociali. Leggendo il testo che ti ho citato troverai molte risposte a queste infondate accuse. Citazione:
Come ho già detto Popper ne ha prese di cantonate. Citazione:
Non sono scienze esatte, sono scienze nel senso che possono aumentare la conoscenza umana generica, ma non possiamo definire il grado di descrizione del reale che queste scienze ci danno proprio perchè sono di difficile verificazione o falsificazione, che dir si voglia. Citazione:
Ho già risposto sopra a questo. Citazione:
Ma quanto dici contiene implicitamente una predizione ! Mi spiego meglio. Se tu affermi che la scienza "spiega un fenomeno" io credo tu intenda che la scienza ci descrive il perché si verifica un fenomeno, in che condizioni e quali sono le cause, giusto ? Se così è, io mi aspetto che a parità di condizioni iniziali tale fenomeno si verifichi in modo identico !! Ovvero mi aspetto che il fenomeno si ripeta quando le condizioni sono quelle spiegate dalla scienza in questione, dunque implicitamente la spiegazione scientifica predice un evento !! Predice cioè intrinsecamente che, alle stesse condizioni, il fenomeno avvenga in modo uguale, se ciò non avviene significa che la "spiegazione scientifica" di cui parli non è corretta, sei d'accordo ? (qui abbiamo predizione e verificazione) Citazione:
Sai vero che molti, bontà loro, non considerano la psicologia nemmeno una scienza proprio per ciò che ho esposto sopra ? (non ricordo se il paradosso relativo alla psicologia era quello del pipistrello o qualcosa del genere). Saluti Andrea |
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18-01-2007, 22.00.30 | #25 | ||||||
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Riferimento: Scienza e verità
Citazione:
Questo posso anche concederlo, infatti non ho nessuna difficoltà a riconoscere che vi sia una certa differenza tra le discipline denominate "scienze dure" e quelle denominate "scienze morbide" (che poi si sposta nella differenza tra "scienze naturali" e "scienze umane"). Citazione:
E' vero, come dice Sokal, che molti filosofi prendono delle clamorose cantonate di pseudo-scienza, ma non credo che questo sia il caso di Quine, o almeno della tesi di Quine che ho qui tirato in ballo. Quine prima di essere un filosofo è stato un logico matematico, quindi non è un filosofo, per così dire, fuori dalla scienza. Comunque ti consiglierei di informarti sull'olismo epistemologico di Quine, perché il suo articolo "I due dogmi dell'empirismo" (che lo trovi online: http://www.swif.it/forum-scuola/Foru...uine-testo.htm) è uno degli articoli più discussi della filosofia contemporanea e sembra che solo pochissimi rifiutino in toto le argomentazioni quineane di questo articolo. Quine demolisce l'idea che ogni proposizione si riducibile ad asserti su fatti osservabili (quindi verificabili o falsificabili definitivamente). Non so cosa intendi tu per "falsificazionismo ingenuo" e quale alternativa proponi, quindi ti chiederei se potessi spiegare questo punto Se intendi dire che è stato eliminato il falsificazionismo ingenuo sono d'accordo e l'ho scritto infatti. Citazione:
No, per me il carattere ermeneutico preserva l'oggettività della scienza. Il carattere è ermeneutico per il semplice motivo che non vi possono essere osservazioni pure, ma noi interpretiamo sempre e comunque ciò che osserviamo. Quindi, per crearci dei modelli più veritieri possibili ci serviamo di massime metodologiche come la semplicità, il conservatorismo, la potenza esplicativa, etc.... Citazione:
Ripeto che io accetto la distinzione tra scienze dure e scienze morbide, ma ribadisco che le scienze morbide siano, per l'appunto, scienze. (Anche la fisica delle particelle e la cosmologia propongono modelli sempre più di difficile verifica/falsificazione.) Citazione:
Mi ripeto: sociologia, antropologia, economia, psicologia, etc., non giocano il gioco della causa-effetto, perché, in generale, sono interessate al altre cose. Quindi la predizione, in generale, non è neppure pertinente in queste discipline. Citazione:
Lo so, e la ritengo una tesi sbagliata (Quello del pipistrello, di Nagel, era un argomento per dimostrare la non riducibilità della coscienza in prima persona alla fisica.) |
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20-01-2007, 22.05.35 | #26 |
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Riferimento: Scienza e verità
Hai ragione, Spirito!libero, diciamo che ho inviato le domande in avanscoperta, giusto per sondare il terreno prima della risposta.
scherzi a parte,urge sapere il più presto possibile quanto segue: quali sono le condizioni che rendono una teoria scientifica oggettiva, e qual'è l' accezione positivista che rigetti? Intanto ti fornisco le mie definizioni di soggettivo e oggettivo: 1)x è soggettivo se e solo se dipende da un soggetto: le impressioni, le opinioni, le credenze, le emozioni estetiche sono soggettive perché non si danno senza un soggetto (individuale o sociale) che ne è portatore. 2)x è oggettivo se e solo se non dipende da un soggetto: i teoremi della geometria sono oggettivi perché derivano necessariamente da assiomi predefiniti, per cui nessuno può contestarli senza contestare anche gli assiomi. Però gli assiomi, a differenza dei teoremi, sono soggettivi perché dipendono dal soggetto che li sceglie (non importa se il soggetto è una persona o una comunità di letterati). Le acquisizioni scientifiche sono oggettive, e lo sono più delle verità matematiche, perché a differenza dei teoremi non dipendono da principi soggettivi. Sono conoscenze ampiamente dimostrate, e per verificarle non occorre, anzi è dannoso organizzarle in sistemi deduttivi. La validità del metodo scientifico si fonda sulla possibilità di mettere in discussione le teorie sottoposte a verifica, anche quelle confermate da esperimenti precedenti. Ridurre la scienza a un sistema assiomatico significa negare tale possibilità, perché una teoria confermata per deduzione è una teoria confermata una volta per tutte. Sembra una banalità ma alcuni non sarebbero d' accordo. Obiezione: per trasformare un' opinione in una verità oggettiva alla pari dei teoremi, non basta farla precedere da una premessa costruita su misura? Risposta: non basta. Chi sostiene che uccidere un uomo non è un crimine, partirà pure dall' assunto che la vita umana non ha valore. Ma in sede morale non è lecito fondare una dottrina su postulati accettati acriticamente, senza un minimo di riflessione di base. Funziona in matematica, ma non nella realtà concreta. Chiunque può giustificare l' omicidio, poiché le opinioni sul tema non dipendono dal tema, ma l' omicidio in sè è un atto oggettivamente inaccettabile per una valanga di ragioni oggettive. Perdona lo sproloquio, ma il punto a cui volevo arrivare è il seguente: più che la teoria, non dovrebbe essere oggettiva la legge derivata dalla teoria, o la teoria confermata? L' ipotesi non verificata è per forza di cose soggettiva, perché è il soggetto a proporla, azzardando un modello la cui oggettività é ancora indecidibile. Sarà l' esperimento, una procedura dai risultati non dipendenti dallo sperimentatore, a decidere sull' oggettività di ciò che si propone. |
20-01-2007, 23.20.16 | #27 | |||
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Riferimento: Scienza e verità
Ciao Epicurus, riporto di seguito la definizione di scienza fornita dal De Mauro, per dirti cosa non mi convince
Citazione:
Non sono d' accordo: se la definizione fosse risolutiva, allora tutto ciò che presenta tali caratteristiche dovrebbe essere scienza. Ma considera ad esempio la classifica dei libri più venduti in una settimana: è un insieme di conoscenze (serve a comunicare quale è stato il libro più venduto, quale il secondo, e avanti), rigorosamente controllate (analisi dei dati di vendita raccolti), e sistematicamente ordinate (in ordine decrescente per numero di copie vendute) che consente di giungere a verità obiettive (quali sono stati i libri di maggior successo? La classifica viene in mio soccorso) intorno a un determinato ordine di fenomeni (non specifica se naturali o meno, per cui la vendita dei libri in un determinato periodo di tempo va bene come fenomeno) o di concetti (qui non è chiaro a cosa si riferisce. Ai numeri? C'è chi darebbe la vita per difendere la realtà non concettuale degli enti matematici). Dunque, le classifiche letterarie o musicali rientrano nella definizione, ma non corrispondono a ciò che viene definito. Non credi che la definizione di scienza andrebbe approfondita? Secondo punto: non tutte le conoscenze scientifiche sono ordinate sistematicamente. Non lo sono le scoperte che aprono nuovi scenari inesplorati, e che per il momento sono solo dei ponti gettati nell' ignoto (ad esempio la materia e l'energia oscura). Certo, si aggiungono alle conoscenze precedenti, ma con esse non formano sistema, anzi potrebbero sconvolgere il sistema di conoscenze accumulato fino a quel momento. Infine: specificare che le verità scientifiche sono obiettive mi pare tautologico. Qualsiasi verità, scientifica o meno, è oggettiva perché non dipende da cosa ne pensa chi spera di conoscerla. Non credi? Citazione:
Sono sostanzialmente d' accordo, la predizione viene in un secondo tempo. Però, bisogna ammettere che il sapere cosiddetto scientifico si rivela uno strumento prodigioso per prevedere certi fenomeni con buona approssimazione, e per conoscere il modo e i motivi per cui avverranno. Ciò non ha nulla di deterministico, perché ogni modello predittivo tiene conto degli imprevisti e delle variabili in gioco. Citazione:
L' antropologia non è inferiore, e nemmeno la psicologia, la sociologia e la storia. Ma continuo a sostenere che nessuna di queste discipline è una scienza: se la fisica segue il metodo sperimentale, perché non possono seguirlo anche discipline non scientifiche? Se la scienza è sistematica e giunge a verità oggettive, perché non possono essere sistematici e affidabili anche gli studi umanistici? Perché le valutazioni estetiche su un brano musicale o su un testo scritto non possono essere oggettive e precise tanto quanto le verifiche di una teoria astronomica? Ciao a tutti |
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21-01-2007, 11.49.26 | #28 |
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Riferimento: Scienza e verità
Sono d’accordo con Argo nel fondare sulla ragione del cuore umano tutte le verita’ della ragione logico-matematica, ma altrettanto coerentemente Argo dovrebbe attribuire la potesta’ genitoriale di tutti i modelli scientifici allo stesso prinicipio ineffabile che governa il soggetto; al pari dello spirito geometrico che governa i teoremi matematici, fondato su assiomi del tutto arbitrari e soggettivi, anche i modelli della scienza scaturiscono dall’intuizione soggettiva ,la quale prende spunto ed e’ confermata da un qualcosa che noi chiamiamo fenomeno, ma che nulla ha a che vedere logicamente ne’ con la verita’ ne’ con la realta’ del mondo…; Da Hegel in poi ci si e’ inspiegabilmente convinti che tutto cio’ che e’ reale debba per forza poter essere anche razionale ,quindi spiegabile ed esprimibile dalla ragione, e che il razionale, e quindi ogni argomento che di esso possa far parte senza alcuna piega logica debba per forza far parte anche del reale o di cio’ che al reale appartenga.
Qualsiasi congettura umana potrebbe in quest’ottica appartenere ad un unico grande sistema razionale che spiega ed “e’” il mondo reale( esempio: pensa a qualche cosa di razionale; ebbene, se e’ razionale sara’ anche reale,vero…altrimenti ,se non e’ reale , non e’ nemmeno razionale) ; la scienza ,quindi ,sembra progredire inesorabilmente verso una unica spiegazione razionale del reale, la spiegazione reale del mondo per noi sognatori occidentali quindi esiste, basta solo trovarla, ed esiste non solo perche’ e’ razionale ma proprio perche’ ,in quanto razionale, non puo’ che essere reale , nulla’altro esiste se non puo’ essere espresso razionalmente dall’uomo. Capiamo tutti in quale circolo vizioso ci ha gettati il buon Hegel; egli ci dice :” trovate tutto il razionale e troverete anche tutto e solo cio’ che e’ reale in ogni sua piu’ piccola parte, ma per trovare tutto il razionale bisogna coglierlo a partire dalle sue parti dall’inizio alla fine” …un puzzle beffardo in cui per disporre le tessere bisognerebbe conoscere l’immagine finale, e per disporre dell’immagine finale bisognerebbe conoscerne le tessere; ogni tanto completiamo qualche microbico spazio e ci illudiamo di progredire verso l’immagine finale, salvo cadere nello sconforto quando scopriamo che quel poco di razionale che abbiamo tratteggiato nulla ha a che vedere con il resto delle tessere che non collimano. I progressi della scienza verso la verita’ sono illusori , ora godiamo del fatto di essere riusciti a mettere insieme piu’ tessere di prima, ma anche questa nostra piccola immagine del mondo dovra’ essere frantumata e ricomposta forse in una piu’ grande e piu’ irreale di prima, o in una molto piu’ piccola ma reale…? Saluti a tutti |
23-01-2007, 11.36.53 | #29 |
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Riferimento: Scienza e verità
Non avendo in questo momento molto tempo, vi inizio a postare un articolo che riassume le tematiche del dibattito esponendo un punto di vista molto simile al mio. Mi riprometto di scrivere qualcosa personalmente non appena il lavoro diventerà più clemente e quando il mio collega si degnerà di restituirmi alcuni testi che gili ho prestato
Scherzi da fisico: (PARS I) "Circa tre anni fa, il fisico americano Alan D. Sokal decise che era giunto il momento di smascherare il preoccupante declino degli standard di rigore intellettuale che si registrava in alcuni circoli delle humanities accademiche americane, tra i cultori dei cosiddetti cultural studies (un settore molto di moda negli Stati Uniti, nel quale si fondono diversi filoni di pensiero cari alla nuova sinistra umanistica americana, il postmodernismo alla Derrida, il multiculturalismo, l'ecologismo, il femminismo, ecc). Lo scherzo architettato da Sokal, divenuto ormai noto come la "beffa di Sokal" ("The Sokal Hoax"), consistette nel farsi pubblicare da un'eminente rivista americana di cultural studies, "Social Text", un articolo dal titolo "Trasgredire i confini: verso un'ermeneutica trasformativa della gravità quantistica" (1). L'articolo - improbabile sin dal titolo - cominciava lusingando i preconcetti ideologici dei curatori della rivista, aderendo in particolare alla classica critica postmoderna della scienza classica, accusata di credere al dogma oggettivista (un dogma di origine cartesiana-newtoniana: esiste una realtà fisica indipendente da noi, codificata in leggi fisiche eterne, scopribili da noi attraverso le procedure del cosiddetto "metodo scientifico") e di dissimulare dietro questa facciata di oggettività la sua ideologia autoritaria (il presunto oggettivismo della conoscenza scientifica riduce al silenzio le narrazioni alternative, contro-egemoniche, delle donne, delle minoranze, delle comunità emarginate, ecc.). Avendo rassicurato i lettori di "Social Text" circa il suo credo postmoderno, Sokal poteva mettere in atto la sua beffa, offrendo nella parte restante dell'articolo un formidabile miscuglio di "verità, mezze verità, quarti di verità, falsità, non sequitur e proposizioni sintatticamente corrette ma del tutto prive di significato" (2). Da tale miscuglio emergeva la seguente tesi: a differenza della vecchia fisica, la nuova fisica - e in particolare il settore della gravità quantistica - si propone come l'archetipo della vera scienza postmoderna, giacché non solo è libera da ogni forma di dipendenza dalla nozione di verità oggettiva ma offre anche "un potente supporto intellettuale al progetto politico progressista, inteso nel suo senso più lato: la violazione dei confini, l'abbattimento delle barriere, la radicale democratizzazione di tutti gli aspetti della vita sociale, economica, politica e culturale" (3). Cosa ha di così straordinario la gravità quantistica da suggerire tali conseguenze filosofiche e politiche? Assolutamente nulla, ma i curatori di "Social Text" non si preoccupano di verificarlo giacché le argomentazioni e lo stile con cui Sokal espone la sua tesi decostruzionista sono talmente consone alla vulgata postmoderna da convincerli a pubblicare l'articolo così com'è. Lo scherzo riesce perfettamente, e poco dopo Sokal può rivelarlo a tutti attraverso un altro articolo comparso sulla rivista "Lingua Franca" (4). La "beffa di Sokal" è compiuta. Puntuali giungono da parte dei beffati le reazioni negative allo scherzo: Sokal è un esponente della destra (accusa bizzarra dal momento che il fisico newyorchese si è sempre professato di sinistra), è venuto meno alla deontologia professionale (già, e i curatori di "Social Text" che pubblicano un articolo senza verificarne minimamente il contenuto?), la sua beffa non dimostra nulla. Reazioni a caldo prevedibili. Meno attese, invece, giungono le diverse reazioni positive provenienti dal mondo scientifico. Illustri scienziati come Steven Weinberg plaudono al gesto di Sokal: finalmente il mondo scientifico ha trovato un portavoce che denunci la superficialità, la faciloneria e la mancanza di rigore intellettuale che caratterizzano ormai da due decenni l'ideologia postmoderna adottata negli Stati Uniti dalla sinistra accademica. Ne nasce un dibattito infuocato che esce dal ristretto ambito accademico per approdare addirittura sulle pagine del "New York Times". Dal Sokal Hoax si passa così al Sokal Affair. Lo stesso Sokal, il quale inizialmente intendeva solo prendersela con l'atteggiamento di certa sinistra culturale americana che, a suo parere, ledeva la stessa causa progressista, ci prende gusto e decide di andare alla radice del problema. D'accordo, gli americani si sono innamorati dell'ideologia postmoderna. Ma chi ha inculcato loro tale ideologia? Entrano nel mirino tutti gli intellettuali francesi esponenti della corrente postmoderna: Derrida, Lacan, Deleuze, Guattari, Derrida, Baudrillard e la Kristeva. Il fisico newyorchese sbarca in Europa, trova la collaborazione del collega belga, Jean Bricmont, e sferra il suo attacco alla cultura postmoderna francese pubblicando un libro dal titolo "Impostures intellectuelles" (Odile Jacob, 1997) (5). Il volume fa un'impietosa rassegna dell'uso (e dell'abuso) disinvolto e truffaldino di concetti, termini e risultati delle scienze fisico-matematiche fatto dai suddetti maitre-à-penser nel tentativo di supportare le loro spericolate tesi filosofiche. Nessuno vieta - sostengono Sokal e Bricmont - l'utilizzo, nel campo delle scienze umane e della filosofia, di metafore o di analogie prese dal mondo scientifico, ma quando un Lacan utilizza le superfici topologiche per studiare la struttura della nevrosi - sostenendo, ad esempio, che la struttura del nevrotico è precisamente quella del toro (sic!) -, quando una Kristeva afferma che il linguaggio poetico rientra nell'ambito della potenza del continuo numerico, o quando un Baudrillard sostiene che le guerre moderne si svolgono in uno spazio non euclideo, è chiaro che si tratta di vere e proprie "imposture intellettuali". La mancanza di onestà intellettuale da parte dei postmoderni (Sokal e Bricmont chiamano "postmoderni" tutti gli autori francesi a cui fa riferimento il filone postmoderno americano) è evidente, secondo i due autori, in alcune pratiche che essi attuano di continuo. In primo luogo, i maitre-à-penser francesi fanno un gran parlare di teorie scientifiche di cui hanno tutt'al più un'idea molto vaga. In secondo luogo, essi importano nozioni dalle scienze esatte alle scienze umane senza fornire la benché minima giustificazione empirica o concettuale. Inoltre fanno continuo sfoggio di un'erudizione superficiale, riempiendo spudoratamente la testa del lettore di paroloni in un contesto in cui essi non hanno alcuna pertinenza (lo scopo è quello di impressionare e di intimidire il lettore non scientifico). Infine, essi manipolano frasi spogliate di senso e si abbandonano a giochi di parole, esibendo così una superba indifferenza nei confronti del significato dei termini scientifici. L'uscita del volume provoca le irate reazioni degli intellettuali francesi: per la Kristeva Sokal è un sandinista e un francofobo. Derrida lo compiange perché sarà ricordato solo per il suo scherzo, e non per le sue scoperte scientifiche. In breve tempo, l'affare Sokal viene amplificato dai media francesi. Quotidiani come "Liberation" e "Le Monde" dedicano ad esso diversi aritcoli, e lo stesso fa "La Recherche". Il tono è polemico, e prevale, in genere, un atteggiamento sciovinista: i francesi non accettano che uno yankee dia loro lezioni di igiene intellettuale. In generale, comunque, si tende a non dar troppo peso alla provocazione di Sokal. Anche in Italia, quei pochi intellettuali che intervengono sull'affare Sokal sembrano di questo avviso. Vattimo, ad esempio, non capisce il grande rilievo con cui l'inserto culturale del Sole 24 Ore riporta le gesta del fisico newyorchese. Che cosa dimostra - si chiede il filosofo italiano - l'affare Sokal? Si tratta di una "prova definitiva della vacuità della filosofia di impianto heideggeriano dei nostri giorni? O solo [di] un giochetto che compiace la vecchia zia e fa aneddoto, ma lascia il tempo che trova? Con che entusiastici cachinni accoglierebbero, al Sole 24 Ore, l'ennesima scoperta che un certo quadro astratto è stato esposto a rovescio e nessuno se n'è accorto?" (6) continua...... |
23-01-2007, 11.37.41 | #30 |
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Riferimento: Scienza e verità
PARS II
Insomma, solo "fumo senza arrosto" (come titola un intervento su "Liberation")? Non tutti la pensano così. Gabriele Lolli nel suo ultimo libro "Beffe, scienziati e stregoni" (Il Mulino, 1998) è convinto che dietro il fumo sollevato da Alan Sokal, ci sia del sostanzioso arrosto. A suo parere l'affare Sokal non è semplicemente un'esplosione mediatica più eclatante (in effetti, oltre ai giornali, il Sokal Affair ha letteralmente invaso la Rete) del diffuso risentimento che una parte della cultura scientifica nutre da tempo contro le cattive abitudini intellettuali dei postmoderni. Esso è piuttosto il sintomo visibile di una più profonda e più antica disputa tra realisti e relativisti. Cioè tra chi continua a ritenere che il discorso scientifico sia direttamente significativo - cioè sia vero e parli di una realtà, o indirettamente significativo - sia, cioè, una costruzione teorica necessitante di una fondazione (filosofica) del proprio contenuto e significato; e chi invece pensa che le teorie scientifiche non siano descrizioni o riflessi della realtà ma, come tutti gli altri prodotti della conoscenza umana, siano semplicemente una costruzione sociale. References (1,3) "Transgreding the boundaries..." (2) "Verità, mezze verità, quarti di verità, falsità, non sequitur e proposizioni sintatticamente corrette ma del tutto prive di significato" (4) "A Physicist Experiments With Cultural Studies" (5) "Impostures intellectuelles" (6) L'opinione di Vattimo Lolli, pur non delineando esplicitamente a quale forma di realismo aderisca, è decisamente schierato contro l'atteggiamento relativista. A differenza di Sokal, tuttavia, precisa che quello che il fisico newyorchese chiama "relativismo cognitivo" non è un prodotto recente della filosofia postmoderna, ma è un fenomeno che affonda le sue radici nell'epistemologia e nella riflessione sulla scienza prodotte in questo secolo. Di conseguenza, egli si cimenta nel libro in un'ampia rassegna storica sulla filosofia della scienza novecentesca nel tentativo di capire quali siano i personaggi e le dottrine che hanno contribuito a diffondere il germe del relativismo. La serie dei "cattivi maestri" che, consapevolmente o inconsapevolmente - hanno formato le attuali generazioni di relativisti, comincia con i cosiddetti "nuovi" filosofi della scienza i quali, sulle ceneri del Circolo di Vienna, hanno impresso, a partire dalla seconda metà del secolo, alla filosofia della scienza una direzione anti-neopositivista. Quine, Sellars, e soprattutto Hanson (il cui contributo, spesso oscurato nei resoconti manualistici della filosofia della scienza di questo secolo, è meritoriamente recuperato da Lolli) hanno mostrato in primo luogo che i fatti allo stato puro, cioè quei fenomeni empirici descrivibili, secondo i neopositivisti, attraverso enunciati osservativi puri, non esistono: i cosiddetti "fatti", o le parole che lo scienziato usa per descriverli, sono sempre "cariche di teoria". Inoltre, essi hanno cominciato ad insinuare che nel costruire le loro teorie gli scienziati non sono sempre guidati da regole metodologiche chiare e semplici, ma spesso si lasciano condurre da alcune assunzioni di fondo entro le quali cercano di far rientrare tutti i fenomeni. Ebbene, questa tesi, in apparenza innocua (e, del resto, non nuova dal momento che già Popper - un po' inspiegabilmente ignorato da Lolli nella sua ricostruzione storica - aveva sottolineato il ruolo fondamentale delle idee preconcette nella conoscenza scientifica), si rivela con il passare del tempo un vero e proprio cavallo di Troia per la filosofia della scienza di stampo realista e razionalista. Il fatto è che, secondo Lolli, tale tesi finisce nella mani sbagliate. Sicché quelle che, per i filosofi della scienza, erano semplici idee preconcette diventano, presso gli storici della scienza, delle vere e proprie "metafisiche influenti" che agiscono come presupposti inespressi ma vincolanti nelle indagini degli scienziati durante tutta la storia della scienza. Poi, nelle mani di Thomas Kuhn, esse diventano dei "paradigmi", cioè degli insiemi di ipotesi sulla struttura del mondo, di risultati scientifici fondamentali e di pratiche scientifiche assodate che, in un certa fase dello sviluppo di una disciplina, diventano lo schema di riferimento obbligato per gli studiosi di quella disciplina. Il paradigma, e l'educazione professionale che da esso discende, forniscono allo scienziato le caselle concettuali (anch'esse mai completamente esplicitate) entro cui forzare tutti i fenomeni naturali, anche quelli più recalcitranti. Da qui la famosa ricostruzione di Kuhn dello sviluppo del pensiero scientifico come di un alternarsi continuo tra periodi di scienza normale (paradigmatica) e di rivoluzioni scientifiche. Ricostruzione che Lolli non solo trova scorretta ma che, ancora peggio, gli sembra spalancare le porte al relativismo e ad una certa dose di irrazionalismo: si perde la confrontabilità tra teorie scientifiche prerivoluzionarie e postrivoluzionarie (e con essa la possibilità di scegliere razionalmente tra di esse); il progresso scientifico diventa un mistero e la nozione di verità, in relazione ad una teoria scientifica, perde molto del suo significato. La situazione si fa ancora peggiore, secondo Lolli, con le riflessioni di Feyerabend ispirate dal suo confuso anarchismo metodologico: non esiste alcuna metodologia razionale della scienza in grado di dar conto fedelmente del lavoro dello scienziato (lavoro che è guidato da unico principio: nella scienza non c'è nessun principio, "tutto va bene!"). Inoltre, il successo empirico non è affatto il motivo principale che è alla base dell'affermazione delle nuove teorie scientifiche sulle vecchie, affermazione che più spesso si realizza attraverso l'utilizzo di mezzi irrazionali, propaganda, emozioni, ipotesi ad hoc, e pregiudizi di ogni sorta. Snobbato Lakatos e la sua "metodologia dei programmi di ricerca" (forse perché rappresenta un tentativo di utilizzo delle tesi di Kuhn e di Feyerabend in chiave razionalista e anti-relativista), Lolli prosegue la sua rassegna con l'ultima categoria - senza dubbio la peggiore, a detta del nostro autore - dei cattivi maestri relativisti: i sociologi della scienza. Mentre la nuova filosofia della scienza ha diffuso l'idea che il mitizzato accordo (o disaccordo) con i fatti della natura non è affatto il banco di prova su cui si confrontano le diverse teorie scientifiche, perché tali fatti non sono indipendenti dalle teorie che dovrebbero confermare, la sociologia della scienza compie il passo ulteriore e giunge ad affermare senza mezzi termini che la realtà di cui parla la scienza è non una costruzione teorica ma è tout-court una costruzione sociale. I sociologi della scienza come David Bloor non si accontentano di mettere in evidenza il fatto che la scienza, in quanto attività umana, è condizionata da tutta una serie di fattori sociali. Il loro obiettivo, come osserva un esterrefatto Lolli, è in fondo quello di avvicinare la scienza alla religione: come quest'ultima anche la scienza "è prodotta dalla pressione sociale, che si fa sentire come qualcosa di esterno e vincolante, e genera l'idea di forze esterne, potenze morali ed efficienti. Essa impone comandi che possono essere pesanti, e contro natura: se si capisse che vengono dalla società non verrebbero forse accettati". Sicché al sociologo della scienza, seguendo quello che Bloor chiama il "programma forte", non resta altro da fare che studiare i meccanismi sociali attraverso i quali la scienza crea quelle entità trascendenti come l'Oggettività, la Realtà, la Verità, e così via, alle quali ricorre per giustificare la sua maggiore autorità e il suo maggiore prestigio rispetto ad altre forme di conoscenza umana. Mentre l'impostazione di Bloor risente dell'influenza, per Lolli nefasta, di Wittgenstein (un filosofo di cui il nostro autore, non senza una qualche ragione, non si stanca mai di far rilevare la straordinaria quanto immotivata ammirazione di cui gode), quella di Bruno Latour si rifà alla semiotica e ad alcuni concetti di Derrida. E così si ritorna nell'ambito del delirio postmoderno relativista oggetto della critica di Sokal. Nell'ottica di Latour, gli scienziati diventano degli "iscrittori", l'indagine scientifica sperimentale un "sistema di produzione di iscrizioni", e il laboratorio una "organizzazione per la persuasione attraverso l'iscrizione letteraria". Le iscrizioni, a un livello superiore, diventano enunciati. Gli scienziati ci dicono che gli enunciati esprimono dei fatti, ma così facendo occultano la produzione sociale degli stessi. Con ciò, la galleria dei cattivi maestri e delle loro sfuriate relativiste si conclude e a Lolli non resta che trovare conforto, e farlo trovare al lettore, nel messaggio realista e razionalista del filosofo Thomas Nagel ed in una suggestiva difesa della diversità della scienza di Victor Hugo" di Eugenio Farioli Vecchioli Saluti Andrea |