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27-03-2008, 13.45.39 | #94 |
Ospite abituale
Data registrazione: 23-02-2008
Messaggi: 84
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Scusa iulbrinner, ma qualora le cose stessero cosi', allora questo starebbe anche a significare che le diverse esigenze sessuali fra i due sessi, sono esclusivamente (o soprattutto) di origine psicologica-sociale-culturale?
E che quindi anche la prostituzione ha un'origine anzitutto psicologica, comprese certe antiche usanze (tuttora in voga in certi Paesi), come il far perdere la verginita' a una ragazzo con una prostituta? |
27-03-2008, 14.39.28 | #95 |
Ospite abituale
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Messaggi: 383
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
A me non pare di avere deformato il senso dell'articolo. Veronesi è noto come oncologo non come oracolo. Si limita a riprendere cose dette da altri, non è che è in possesso d'informazioni segrete note solo a lui che gli consentono certe (azzardate) previsioni. La verità è che le capacità previsionali delle scienze o degli "esperti" sono alquanto scadenti per non dire nulle. E di esempi al riguardo se ne potrebbero fare infiniti.
E ci sono molti esperti o presunti tali (e non dico che Veronesi sia uno di questi), che non sapendone più di una mosca, dichiarano, per non sbagliare e mettersi al riparo da ogni possibile errore, che nell'omosessualità entrano in gioco fattori biologici e culturali senza specificare quanto dell'uno e quanto dell'altro. Che è includere praticamente tutto. Cos'altro rimane infatti? Oggi le teorie propendono per una spiegazione biologica e non psico-sociale perché è ormai evidente a tutti che non si può modificare con la volontà il proprio orientamento sessuale. Non è una cosa che la cultura può influenzare. Lo dice anche quel tal Facchini nella citazione che secondo lui l'orientameno sessuale rimarrà definito sul piano biologico. La cultura del resto non può spiegare l'omosessualità nel mondo animale e non vedo perché gli umani debbano essere omosessuali per ragioni diverse da quelle ad esempio di una scimmia. Un eterosessuale non decide di essere eterosessuale, ma può decidere come vivere il proprio orientamento sessuale. Può sposarsi oppure no, può decidere di fare figli oppure no. Queste sono le scelte che coinvolgono la cultura. Allora stesso modo chi ha tendenze omosessuali può decidere come vivere questo suo orientamento e questo dipende dalle opportunità che la società offre. In una società che reprime, punisce, condanna, discrimina, molti saranno portati a reprimere e nascondere queste tendenze. Non è che in Iran l'omosessualità non esiste solo perché non si vede, mentre in Spagna sono tutti gay perché se ne vede tanta. Allora le opzioni in gioco sono due. O si è fautori di una società repressiva, che obbliga a vivere come vuole la tal religione, la tal ideologia, eccetera eccetera, perché sono le apparenze che bisogna salvaguardare e difendere (tradite il più delle volte spudoratamente dagli stessi che se ne fanno strenui difensori), oppure si è fautori di una società dove ognuno può esprimere (e non reprimere) liberamente se stesso. |
27-03-2008, 15.43.58 | #96 | |||
Utente bannato
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Citazione:
Non vedo in alcun modo il nesso tra i due ordini di questioni. Le diverse esigenze sessuali tra i due generi - chiamiamole pulsioni, per motivi di sintesi - sono una cosa; il modo di soddisfarli e le norme etico-morali che ne delimitano la soddisfazione all'interno di schemi ritenuti socialmente accettabili, sono una cosa del tutto diversa. Sul primo ordine di questioni (la maggiore o minore pressione biologica verso la sessualità) opera la fisiologia dell'individuo (la natura). Sul secondo ordine di questioni (la sessualità ritenuta socialmente ammissibile e non) opera la cultura. Citazione:
Anche qui, di conseguenza, la questione mi sembra mal posta. Il ricorso alla prostituta per l'iniziazione di un giovane alla vita sessuale (costume, peraltro antico, collegato ad epoche culturali diverse) a me sembra un modo pratico di risolvere la questione, comunque funzionale ad un immediato reperimento della compagna che, altrimenti, non sarebbe così facilmente reperibile (stante la diversa inclinazione alla sessualità dei due generi). Se, anche in questa fattispecie storico-culturale, le esigenze sessuali di ragazzi e ragazze fossero allo stesso livello, non ci sarebbe alcun bisogno del ricorso alla prostituta, bensì ad una semplice volontaria tra le tante disposte ad una sessualità immediata e non impegnativa. Naturalmente, questa è una semplificazione, dato che le variabili in gioco (ritualità del fatto iniziatico, disimpegno emotivo, trasmissione simbolica dei comportamenti, formazione giovanile guidata, costumi sociali etc.) a me sembrano molte e complesse. Citazione:
Infatti, a me sembra che nella nostra società l'omosessualità venga vissuta in modo molto libero, disinibito ed aperto, senza censure di alcun tipo. Il matrimonio omosessuale è, viceversa, un'altra cosa, nel senso di cui ho già detto, con riferimento alla mia opinione personale. Che la cultura, peraltro, operi sui comportamenti individuali legittimandoli o delegittimandoli, mi sembra altrettanto evidente; credo, nella mia lettura, che Veronesi si riferisse a queste spinte culturali verso il positivo o il negativo. |
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28-03-2008, 01.13.49 | #97 |
Ospite abituale
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Segue articolo scritto da Simon LeVay e Dean H. Hamer, pubblicato su LE SCIENZE dossier, numero 7, primavera 2001, pagine 64-71.
Simon LeVay e Dean H. Hamer si interessano entrambi alle radici biologiche dell'omosessualità. LeVay si è laureato in neuroanatomia presso l'Università di Gottingen, in Germania, e nel 1971 si è trasferito alla Harvard University, dove ha lavorato, insieme con David Hubel e Torsten Wiesel, sul sistema visivo cerebrale. Nel 1992 ha fondato l'Institute of Gay and Lesbian Education. Hamer ha conseguito la laurea in biochimica nel 1977 presso la Harvard University e da allora ha sempre lavorato presso i National Institutes of Health. Si occupa del ruolo svolto dai geni sia nel determinare l'orientamento sessuale sia in complesse patologie fra cui la progressione dell'infezione da HIV e il sarcoma di Kaposi. Nella stragrande maggioranza dei casi, i maschi sono attratti dalle femmine e viceversa. Ai più questo appare come l'ordine naturale delle cose, la giusta manifestazione dell'istinto biologico, sostenuta dall'educazione, dalla religione e dalla legge. Eppure una minoranza significativa di uomini e donne (le stime variano dall'uno al cinque per cento) è attratta esclusivamente da persone dello stesso sesso. Molti altri individui, in varia misura, sono attratti sia dagli uomini sia dalle donne. Come spiegare questa diversità? Dipende forse da variazioni a livello genetico o fisiologico, da circostanze della storia personale o da una confluenza delle une nelle altre? E si tratta, in definitiva, più di una scelta deliberata o di una condizione obbligata? Probabilmente nessun fattore, da solo, può spiegare un carattere così complesso e variabile come l'orientamento sessuale. Ma recenti studi di laboratorio indicano che i geni e lo sviluppo del cervello hanno un ruolo significativo. In che modo non lo si sa ancora. Può darsi che i geni influenzino il differenziamento sessuale del cervello e la sua interazione con il mondo esterno, diversificandone così la già vasta gamma di risposte agli stimoli sessuali. La ricerca delle radici biologiche dell'orientamento sessuale segue due grandi direttrici. La prima si basa su osservazioni effettuate in un altro campo di indagine: la ricerca sulle differenze anatomiche tra il cervello maschile e quello femminile. La seconda studia la ricorrenza familiare dell'omosessualità, puntando quindi l'attenzione sul diretto responsabile della trasmissione genetica: il DNA. Da tempo si cerca nel cervello umano un riscontro fisico della divisione in maschi e femmine. Il dimorfismo sessuale della struttura cerebrale si è però dimostrato difficile da accertare. In media, il cervello di un maschio ha, rispetto a quello di una femmina, una dimensione leggermente superiore, che corrisponde del resto alla mole maggiore del corpo maschile. A parte questo, un'ispezione superficiale non rivela altre diversità fra i due sessi. Anche al microscopio, l'architettura del cervello dell'uomo e di quello della donna appare molto simile. Non stupisce che le prime osservazioni significative sul dimorfismo sessuale a livello cerebrale siano state effettuate su animali di laboratorio. Di particolare importanza è uno studio sui ratti, condotto da Roger A. Gorski dell'Università della California a Los Angeles. Nel 1978, esaminando l'ipotalamo del ratto, Gorski riscontrò che un gruppo di cellule vicine all'estremità frontale dell'ipotalamo è parecchio più grande nel maschio che nella femmina. Pur essendo questo gruppo di cellule molto piccolo in assoluto (meno di un millimetro in sezione trasversale anche nel maschio), la differenza tra i sessi risulta ben visibile in sezioni di tessuto opportunamente colorate; non è nemmeno necessario ricorrere all'osservazione al microscopio. La scoperta di Groski è particolarmente interessante perché la regione dell'ipotalamo in cui si trova il gruppo di cellule in questione, l'area preottica mediale, è interessata nello sviluppo del comportamento sessuale, soprattutto dei comportamenti che sono tipici dei maschi. Per esempio, scimmie di sesso maschile con aree preottiche mediali lese appaiono sessualmente indifferenti nei riguardi delle femmine; una stimolazione elettrica di queste regioni però può far avvicinare un maschio sessualmente inattivo a una femmina e indurlo a montarla. Bisogna dire, tuttavia, che nelle scimmie non è stato ancora trovato un gruppo di cellule analogo a quello sessualmente dimorfico presente nei ratti. Inoltre neppure nei ratti è nota esattamente la funzione di questo gruppo di cellule. Ciò che si sa, da uno studio di Gorski e collaboratori, è che gli androgeni - i tipici ormoni maschili - hanno un ruolo chiave nell'instaurarsi del dimorfismo durante lo sviluppo. I neuroni che fanno parte di questo gruppo hanno molti recettori per gli ormoni sessuali, sia per gli androgeni (di cui il testosterone è il principale) sia per gli estrogeni, gli ormoni femminili. Anche se maschi e femmine hanno all'inizio circa lo stesso numero di neuroni nell'area preottica mediale, un incremento del testosterone secreto dai testicoli dei feti di sesso maschile, che si verifica circa alla nascita, funge da stabilizzatore della popolazione neuronale. Nelle femmine, invece, il mancato aumento fa sì che molti neuroni del gruppo di cellule muoiano e che la struttura diventi più piccola. E' interessante il fatto che i neuroni preottici mediali siano sensibili agli androgeni solo per pochi giorni prima e dopo la nascita; nel ratto adulto l'eliminazione degli androgeni per castrazione non determina affatto la morte di quei neuroni. |
28-03-2008, 01.15.14 | #98 |
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Gorski e collaboratori, e soprattutto Laura S. Allen, hanno individuato strutture dimorfiche anche nel cervello umano. Un gruppo di cellule nella regione preottica mediale dell'ipotalamo, denominato INAH3 (da third interstitial nucleus of the anterior hypothalamus), è circa tre volte più grosso nell'uomo che nella donna. (E', tuttavia, degno di nota il fatto che la sua dimensione varia considerevolmente anche nell'ambito dello stesso sesso.)
Simon LeVay, nel 1990, decise di verificare se INAH3, o qualche altro gruppo di cellule nell'area preottica mediale, avesse dimensioni variabili in funzione dell'orientamento sessuale oppure del sesso. L'ipotesi era abbastanza ardita, dato che secondo l'opinione prevalente l'orientamento sessuale sarebbe un aspetto "di alto livello" della personalità, plasmato dall'ambiente e dalla cultura. Si ritiene in genere che l'informazione proveniente da centri così elevati sia rielaborata dalla corteccia cerebrale e non da centri "inferiori" come l'ipotalamo. LeVay ha esaminato l'ipotalamo di campioni autoptici prelevati da 19 uomini omosessuali, tutti deceduti per complicazioni da AIDS, e da 16 uomini eterosessuali, sei dei quali erano morti anch'essi di AIDS. (L'orientamento sessuale di coloro che erano deceduti per cause diverse dall'AIDS in realtà non era noto, ma, data per scontata una distribuzione simile a quella della popolazione generale, è probabile che non più di uno o due di loro fossero omosessuali.) LeVay ha anche incluso campioni provenienti da sei donne, il cui orientamento sessuale non era noto. Per garantire che l'analisi fosse obiettiva, i campioni sono stati distinti solo da un codice che non rivelava a quale gruppo appartenessero. LeVay ha sezionato ogni ipotalamo in preparati sottili, colorandoli per contrassegnare i gruppi di neuroni e misurandone al microscopio l'area in sezione trasversale. Conoscendo le varie aree, oltre allo spessore delle sezioni, egli ha potuto facilmente calcolare il volume di ogni gruppo cellulare. Oltre al nucleo INAH3 sessualmente dimorfico, studiato da Allen e Gorski, LeVay ha esaminato tre altri gruppi adiacenti: INAH1, INAH2 e INAH4. Come già Allen e Gorski, LeVay ha osservato che INAH3 aveva una dimensione più che doppia nei maschi rispetto alle femmine. Ma lo stesso numero era anche due o tre volte più grande nei maschi "normali" rispetto agli omosessuali. L'analisi statistica ha indicato che la probabilità che questo risultato fosse casuale era all'incirca di 1 su 1000. Di fatto, non si notava alcuna differenza significativa nel volume di INAH3 tra maschi omosessuali e femmine. Pertanto questa indagine ha indicato che esiste un dimorfismo correlato all'orientamento sessuale maschile, e che la sua entità è pressoché la stessa di quello correlato al sesso. |
28-03-2008, 01.16.22 | #99 |
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Una precauzione fondamentale in simili studi è quella di controllare che le differenze strutturali osservate non siano causate da una variabile diversa da quella presa in esame. Nel caso in questione, i sospetti ricadevano soprattutto sull'AIDS.
L'HIV, come altri agenti infettivi che approfittano di un sistema immunitario indebolito, può provocare seri danni alle cellule cerebrali. Era forse questa la ragione delle ridotte dimensioni di INAH3 nei maschi omosessuali, i quali erano tutti morti di AIDS? Molti elementi danno indicazioni diverse. In primo luogo, nei maschi eterosessuali morti di AIDS il volume di INAH3 non era differente da quello osservato in coloro che erano deceduti per altre cause. In secondo luogo, le vittime dell'AIDS aventi INAH3 piccolo non avevano anamnesi diversa da quelle il cui INAH3 era grande; per esempio, il decorso della malattia non era stato più lungo. In terzo luogo, gli altri tre gruppi di cellule nell'area preottica mediale (INAH2, INAH2 e INAH4) non sono risultati più piccoli nelle vittime di AIDS, come ci si sarebbe potuti aspettare se la malattia avesse avuto un effetto distruttivo non specifico. Infine, dopo aver concluso lo studio principale, LeVay è riuscito a procurarsi l'ipotalamo di un omosessuale morto per cause diverse dall'AIDS. Questo campione, trattato come "cieco" assieme a parecchi altri campioni provenienti da eterosessuali più o meno della stessa età, ha confermato lo studio principale: il volume di INAH3 nei maschi omosessuali era meno della metà che nei maschi eterosessuali. Allen e Gorski hanno riferito di aver individuato un'altra struttura del cervello correlata con l'orientamento sessuale: la commessura anteriore, un fascio di fibre che attraversa la linea mediana del cervello, è molto piccola nei maschi eterosessuali, più grande nelle femmine e ancora di più nei maschi omosessuali. Dopo una opportuna correzione fatta per tener conto delle dimensioni totali del cervello, la commessura anteriore risultava, nelle femmine e nei maschi omosessuali, di dimensione paragonabile. Che cosa sottendono queste evidenti correlazioni tra orientamento sessuale e struttura del cervello? A rigor di logica, vi sono tre possibilità. La prima è che le differenze strutturali esistano già in una fase precoce della vita (forse ancor prima della nascita) e contribuiscano a stabilire l'orientamento sessuale nei maschi. La seconda è che le differenze appaiano a vita adulta come risultato di sentimenti o comportamenti sessuali dei maschi. La terza è che non esista alcuna connessione causale, ma tanto l'orientamento sessuale quanto le strutture cerebrali in questione siano legate a una terza variabile, per esempio a un evento che si svolge durante la vita uterina o nella fase postnatale precoce. Non si è ancora in grado di decidere tra queste possibilità. Sulla base di ricerche compiute sugli animali, però, risulta improbabile il secondo scenario, secondo il quale le differenze strutturali comparirebbero in età adulta. Per esempio, nei ratti il gruppo di cellule sessualmente dimorfico nell'area preottica mediale mostra plasticità nel rispondere agli androgeni durante le prime fasi dello sviluppo del cervello, ma poi oppone grande resistenza al cambiamento. Simon LeVay, e il suo collega Dean H. Hamer, propendono per la prima ipotesi, secondo la quale le differenze strutturali comparirebbero durante lo sviluppo del cervello, contribuendo di conseguenza alla determinazione del comportamento sessuale. Dato che nelle scimmie la regione preottica mediale dell'ipotalamo è interessata nel comportamento sessuale, la dimensione dell'INAH3 nei maschi può veramente influenzare l'orientamento sessuale. Ma, a questo punto, una simile connessione è puramente ipotetica. Ammettendo che alcune differenze strutturali correlate con l'orientamento sessuale siano già presenti alla nascita in certi individui, come insorgerebbero? Potrebbe esistere un'interazione tra gli steroidi delle gonadi e il cervello in via di sviluppo, interazione che sarebbe responsabile delle differenze strutturali tra cervello maschile e femminile. Molti scienziati hanno ipotizzato che livelli atipici di androgeni circolanti, quali si osservano in alcuni casi, facciano sviluppare il feto in un adulto omosessuale. Più specificamente, i livelli degli androgeni sarebbero molto bassi nei feti maschili che diventeranno maschi omosessuali e molto elevati nei feti femminili che diventeranno femmine lesbiche. |
28-03-2008, 01.17.29 | #100 |
Ospite abituale
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Riferimento: Coppie omosessuali. Le ragioni del Si.
Un'alternativa più probabile è che vi siano differenze intrinseche nel modo in cui, durante lo sviluppo, il cervello di individui diversi risponde agli androgeni, anche quando i livelli di questi ormoni sono gli stessi. Questa risposta richiede meccanismi molecolari complessi, che includano innanzitutto i recettori per gli androgeni, ma anche, presumibilmente, una varietà di proteine e di geni la cui identità e il cui ruolo sono ancora ignoti.
A prima vista, l'idea di geni per l'omosessualità appare assurda. Come potrebbero questi geni, che determinano un'attrazione per individui dello stesso sesso, sopravvivere alla selezione darwiniana in favore dell'idoneità riproduttiva? E non è forse vero che i genitori di gran parte degli omosessuali sono eterosessuali? Dinanzi a queste evidenti contraddizioni, la ricerca deve concentrarsi su geni che, anziché determinare rigidamente, orientino l'attrazione sessuale. I due indirizzi di ricerca più importanti per trovare questi geni sono gli studi sulle famiglie e sui gemelli e le analisi di associazione genica. Gli studi sui gemelli e sugli alberi genealogici si basano sul principio che i caratteri soggetti a influenza genetica ricorrono a livello familiare. Il primo studio moderno sull'occorrenza familiare dell'omosessualità è stato pubblicato nel 1985 da Richard C. Pillard e James D. Weinrich della Boston University. Da allora sono stati resi noti cinque altri studi sistematici su gemelli e fratelli (o sorelle) di omosessuali di entrambi i sessi. I dati raccolti sui maschi mostrano che circa il 57 per cento dei gemelli omozigoti, il 24 per cento dei gemelli dizigoti e il 13 per cento dei fratelli di maschi omosessuali sono anch'essi omosessuali; per le femmine, i valori sono rispettivamente pari a circa il 50, il 16 e il 13 per cento. Confrontando i dati con le percentuali medie di occorrenza dell'omosessualità nella popolazione generale, appare evidente un buon grado di raggruppamento familiare nell'orientamento sessuale. In effetti, J. Michael Bailey della Northwestern University e collaboratori stimano che l'ereditabilità totale dell'orientamento sessuale (cioè quella percentuale di varianza del carattere che proviene dai geni) sia all'incirca del 53 per cento per gli uomini e del 52 per cento per le donne. (Il raggruppamento familiare è più evidente per parenti dello stesso sesso e meno per le coppie maschio-femmina.) Per valutare la componente genetica dell'orientamento sessuale e per far luce sulle modalità di trasmissione ereditaria bisogna compiere un'indagine sistematica sulle famiglie estese di maschi e femmine omosessuali. Dean H. Hamer e un gruppo di ricerca dei National Institutes of Health hanno avviato uno studio di questo tipo, nell'ambito di un'indagine più ampia realizzata dal National Cancer Institute sui fattori di rischio di certi tumori maligni che sono più frequenti in alcuni segmenti della popolazione maschile omosessuale. L'indagine iniziale su soggetti di sesso maschile ha confermato i risultati ottenuti da Pillard e Weinrich sui fratelli di omosessuali. Un fratello di un maschio omosessuale aveva una probabilità del 14 per cento di essere egli stesso omosessuale, mentre la probabilità era solo del 2 per cento per coloro che non avevano fratelli omosessuali. (In questo studio si dava dell'omosessualità una definizione insolitamente rigorosa, che abbassava la frequenza media.) Per i parenti più lontani appariva un andamento inatteso: gli zii materni avevano una probabilità del 7 per cento di essere omosessuali, mentre i figli delle zie materne avevano una probabilità dell'8 per cento. I padri, gli zii paterni e gli altri cugini non hanno mostrato alcuna correlazione. |