mercati morali
E' possibile attribuire un eticità della ricchezza? E' possibile che l'accumulo di capitale senza lo sforzo-lavoro sia moralmente giustificato? Se la logica del profitto è quella imperante, è ovvio che i giudizi di valore sono attinenti solo a ciò che genera maggior introito, ed è altrettanto scontato che questo modo di vedere le cose, produca una coevoluzione tra le norme da adottare e i giudizi morali a cui attenersi. Tra libertà di agire e libertà di conseguire, o meglio tra autodeterminarsi e autorealizzarsi, l'uomo è costretto a muoversi, modificando comportamenti fino ad assumere atteggiamenti che hanno nelle regole del mercato la sola ragion d'essere. Nel sociale è accaduto che questa visione relativiastica dalle libertà, abbia confuso le omissioni del mercato con il suo malfunzionamento, la solidarietà con l'assistenzialismo. Ammesso e non concesso che esista, e sia applicabile, un etica della finanza, sicuramente dovrebbe avere come teorema fondamentale la relazione tra doveri e conseguenze. L'importanza di questo non può non passare attraverso la riscrittura delle norme di comportamento delle imprese, che dovranno tener conto dei mercati negli aspetti globali. Avvalersi di normative nazionali quando il mondo è transnazionale, è meccanismo obsoleto e lesivo della libertà del singolo e dei mercati stessi. La responsabilizzazione e l'educazione, fanno parte di una deontologia della globalità, dalla quale non possiamo più prescindere se vogliamo proporre idee e non slogan.
alessandro
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