Ospite abituale
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Articolo 18
QUANTO SEGUE NON VUOLE STIMOLARE ALCUNA DISCUSSIONE. OCCUPO, AUTORIZZATO, QUESTO SPAZIO DEL FORUM PER DAR LA MASSIMA PUBBLICITAQ' POSSIBILE AD UNA LETTERA DI PROTESTA SCRITTA DA UN AMICO. VI PREGO DI AVER PAZIENZA.
CIAO
LETTERA APERTA AL SEGRETARIO GENERALE DELLA UIL – LUIGI ANGELETTI
E’ fatta, oggi, 5 luglio 2002, Cisl e Uil hanno sottoscritto l’intesa con Governo e Confindustria denominata, forse un po’ troppo trionfalmente, “Patto per l’Italia”.
Bene!
L’intesa verte su più argomenti, tutti estremamente complessi. La trattativa è stata piuttosto controversa e caratterizzata anche da momenti di forte tensione, sfociata in una grandiosa manifestazione il 23 marzo 2002, in un epico sciopero generale il 16 aprile scorso ed una lacerante, forse insanabile, divisione sindacale – la Cgil non ha sottoscritto l’accordo; già questo, di per sé, rappresenta un gravoso fardello di cui i vari responsabili dell’accaduto dovranno, necessariamente, farsi carico. Nell'attesa della pubblicazione dei documenti ufficiali, sospenderei il giudizio sul merito delle questioni affrontate; giudizio che, inevitabilmente, deve abbracciare e coinvolgere l’intero vertice sindacale per tradursi, infine, in una definitiva promozione o bocciatura dei protagonisti.
Niente da dire, dunque?
No, non è così. Pur in assenza del "Verbo" che promani dagli organi ufficiali del Sindacato, del Governo o della Confindustria (io, per non sbagliare, avrò cura di procurarmi tutte le uniche veraci, fattuali e contrastanti versioni), che, in ogni caso, attendo con trepidante impazienza, credo vi sia, comunque, qualcosa di tangibile e sufficientemente pubblicizzato, da meritarsi fin da ora un giudizio, il mio, l’ultimo dei quadri sindacali Uil, il meno intelligente e furbo, quello che caparbiamente rifiuta di depositare all’ammasso il proprio scarso cervello e che ingenuamente ricerca le ragioni di una scelta che rischia di dilaniare il Sindacato e le coscienze di ciascuno di noi.
Sappiamo che il confronto appena concluso (almeno per la parte già definita e sfociata nel "Patto per l'Italia") ha riguardato aspetti ed argomenti d'estrema delicatezza; fra gli altri, anche la modifica (o meglio la sospensione per alcuni particolari casi) di un diritto che i vertici sindacali (nessuno escluso) hanno sempre definito e considerato fondamentale ed intangibile: il diritto alla dignità (se non sbaglio lo definisti così proprio tu). Conquistato con lotte, anche cruente (tu, meglio di me, sai quanto) dai nostri genitori ed offerto su un piatto d'argento ai figli d'allora e genitori d'oggi, affinché, così tutelati, non avessero da subire e patire quanto sofferto nei periodi più bui della loro vita lavorativa.
Ricordo ancora i racconti dei vecchi quadri sindacali quando a me, giovane neofita del sindacato, parlavano della vita in fabbrica, delle lotte conseguenti ad atteggiamenti vessatori, delle speranze per la conquista del diritto al rispetto della dignità (esagerazioni? Retorica di bottega? Credo di no). Certo, son consapevole che l'articolo 18 e il connaturato innalzamento del livello di civiltà nel rapporto fra imprenditore e prestatore di lavoro, non hanno risolto tutti i problemi: vi sono, incompresibilmente, ancora quote consistenti (preponderanti?) di lavoratori del tutto escluse da questa "fondamentale" tutela, sottoposti a continui e laceranti ricatti - attualissimo il dibattito sul Mobbing e sulle molestie sessuali sul posto di lavoro. Qualcuno, anche di recente, nel corso degli appassionati dibattiti che hanno fatto da corollario alla difficile trattativa in argomento, ha avuto l'impudenza di voler ritenere i "fondamentali" diritti tutelati dalla norma da voi sospesa, parte integrante ed irrinunciabile del bagaglio genetico del lavoratore italiano. Un diritto essenziale, dunque, da estendere, ove possibile (Utopia), a quanti ancora sprovvisti. Com'è possibile che "…l'inclemente protervia dei nuovi governanti…" (la definizione non è mia), che ha dettato i tempi e i ritmi di una trattativa osteggiata dai lavoratori nel corso dello sciopero e delle massicce manifestazioni del 16 aprile scorso (non è forse vero che si è trattato del più imponente sciopero della storia della repubblica? Neanche questa è una mia affermazione), abbia potuto determinare un sì disonorevole epilogo?
Ho voluto immaginare, solo per un secondo, che i tempi fossero maturi per allargare le tutele, i diritti fondamentali, per innalzare ancor più il livello di civiltà nel dialettico incontro fra domanda ed offerta di lavoro che, a parer mio e non so di quanti altri, non può, non deve comportare l'abbrutimento, l'annientamento di un uomo a vantaggio del profitto di un altro (spesso conseguito in maniera becera e violenta - vieni a Sassari, nei grandi supermercati della mia città, la dove neanche l'articolo 18 è riuscito a scardinare il mal vezzo di considerare i dipendenti "cosa nostra"). UTOPIA, UTOPIA, divelta dal vostro, dal tuo operato.
Io, il 16 aprile, ho sfilato per le vie della mia città con orgoglio. L'orgoglio dell'ingenuità partecipe di una lotta che consideravo… che ancora considero (nonostante tutto) sacrosanta: difendere i diritti di mio figlio… dei figli, rispetto alla soverchia prepotenza di chi ancora non comprende quanto umiliante sia mendicare il diritto al lavoro (ti risparmio lo scontato riferimento alla Carta Costituzionale - non sono un giurista). In un contesto non certo idilliaco, abbiamo (avete, hai) scelto di esporre i più deboli ad un perenne insostenibile ricatto; avete, hai offerto ulteriori leve, ragioni e mezzi di coercizione a chi già ne aveva in abbondanza; vi siete, ti sei piegato alla ragione del "padrone" (si potranno ancora definire così alcuni poco illuminati imprenditori? O incorro nell'accusa di conservatorismo barricadero? Fate voi. Lo sconcerto è tanto e tale da non consentirmi ragionamenti… "politically correctly", come amate dire voi).
Mi chiedo il senso e il perché di tante futili e laceranti dispute? Non siamo riusciti, non abbiamo voluto essere conseguenti con i nostri propositi. Ho la sensazione che l'amaro epilogo della vicenda abbia indotto in chi governa la convinzione che mostrare un minimo d’arroganza, alla lunga paghi (tutto lecito, per carità, io non mi scandalizzo, è il gioco delle parti).
Cosa ci attende dietro l'angolo? Un'ipocrita alzata di scudi in difesa del sistema pensionistico pubblico o di quello sanitario? Chi avrà più la forza e la volontà di confidare nella vostra, nella tua incompresa ragione? Il Sindacato (lo scrivo ancora con l'iniziale maiuscola), in occasione di questa tormentata e complessa vertenza, "… uno snodo epocale…" (così è stata trionfalmente definita da esponenti di confindustria), ha ampiamente dimostrato di non saper utilizzare ed amministrare il consenso. Non ha saputo, non ha voluto colpevolmente mettere in campo la forza di centinaia e centinaia di migliaia di uomini e donne che il 16 aprile, in massa e compatti, hanno sfilato per manifestare la propria "ottusa" volontà di non rinunciare ad un diritto inalienabile. Tu, di questa pressante richiesta, della volontà della base, hai dimostrato di aver ben poca stima. Che il mandato conferito fosse poco chiaro? Certo, ora che il dado è tratto, il Rubicone è guadato e la via del Plebiscito è attraversata, un abile sofisma riuscirà a trasmutare (novelli alchimisti) quel "feroce", civile, dissenso, in altrettanto acquiescente consenso; ai fessi come me, lascia almeno il mal di pancia.
Si dice che la modifica (scusa, sospensione) non lede i diritti dei lavoratori attualmente in servizio. Si racconta che i diritti acquisiti sono stati salvaguardati, che tutti coloro che oggi sono garantiti dall'articolo 18 non avranno da patire conseguenze di sorta. Bene! Ci credo. Ma cosa andremo a raccontare a quei lavoratori che non potranno trovar tutela neanche in futuro, neppure se la propria fabbrica, la propria azienda dovesse, domani, superare l'incomprensibile limite dei 15 dipendenti? Non avete forse leso, minato, oltraggiato una loro giusta e più che legittima aspettativa (fino a ieri avete sempre ragionato in questi termini… io vi ho creduto)? Così operando avete sancito la sconfitta e la mortificazione della speranza. Non parlo, ovviamente, dell'imprenditore illuminato e corretto, per lui la norma sospesa non dovrebbe rappresentare una conquista, giacché quella prescrizione tende ad impedire licenziamenti illegittimi, intimati senza che vi sia un motivo giuridicamente e, soprattutto, civilmente sostenibile.
Magra consolazione e poco vanto l'aver ottenuto una riduzione delle aliquote Irpef. Quelle cose, Berlusconi, le ha promesse in campagna elettorale; su quell'argomento ha sottoscritto pure un contratto con gli elettori. Non poteva essere, e voi, tu non puoi spacciarla come una conquista ottenuta in contropartita… sarebbe veramente, ma veramente poco onesto. Mi auguro che almeno questo ci sarà risparmiato.
Domani è un altro giorno. Riprenderemo tranquillamente a belare nel coro.
Lettera firmata (ometto l'indicazione del nomibìnativo - il destinatario saprà con chi prendersela)
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