Ospite abituale
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Passiamo ora ad una filosofia, ad una visione, più definitiva: il dogmatismo.
Non vi sono dubbi che ricercare certezze trascendenti la ragione e le sue capacità d'analisi, sia un ottimo espediente per trovare le risposte adeguate alle fondamentali domande poste dal nostro cuore. Non vi è dubbio alcuno circa la convenienza, per l’equilibrio emotivo di ciascuno di noi, nel riporre la fiducia e basare la nostra sicurezza in principi che stanno al di fuori dell’uomo e del suo universo, piuttosto che confidare nella certosina e, spesso, vana ricerca delle motivazioni razionali per conseguire quella tranquillità e fiducia di cui sentiamo pressante necessità. E’ sicuramente meno complicato confidare in verità rivelate o accettate acriticamente, piuttosto che macerarsi l’anima inseguendo speculazioni e concezioni che fanno perno sul raziocinio. Questa verità risulterà tanto più genuina se solo si vorrà immaginare quanto sarebbe alleviante il poter credere acriticamente alla verginità morale e all'onestà dei nostri governanti, di Berlusconi, per esempio. Quante discussioni e motivi d’attrito verrebbero meno? D’altra parte non vi sarebbe nulla di nuovo in tale impostazione, è appena sufficiente accennare al dogma della verginità della madonna per comprendere quante laceranti discussioni sono state evitate ai ferventi cattolici. Un dogmatico non è portato ad esaminare il problema perché è già in possesso della risposta. Ci troviamo al cospetto di un’impostazione assolutamente fideistica, che relega la ragione e la capacità d’indagine della mente ad un ruolo assolutamente secondario. Un’impostazione che offre sicuramente un valido asilo a chi è in costante ricerca di stabili sicurezze indispensabili per lenire il sentimento di vulnerabilità che avvolge l’esistenza umana, ma che, d’altro canto, sminuisce fortemente, fin quasi all’annichilimento, la funzione dell’intelletto.
Siamo, quindi, giunti alla meta; abbiamo, in effetti,individuato una concezione “filosofica” che offre maggiori certezze e consegue una riduzione, forse addirittura la scomparsa, del senso di vulnerabilità; ma abbiamo anche messo a nudo quella che rappresenta una delle sue caratteristiche salienti. Abbiamo, forse, portato alla luce la filosofia “dell’ebete felice”; in effetti, l’esistenza che ne deriverebbe sarebbe sicuramente meno incerta ma certamente più piatta e meno umana. Una dimensione insipida della coscienza, buona per chi la vuole… io ne farei ben volentieri a meno… mi tengo le mie incertezze ma non rinuncio al sale.
La verità, se mi è consentito esprimermi così, è che l’incertezza è insita nell’esistenza umana e l’uomo non potrà mai prescindere da essa … d’altra parte, credo sia questo il vero significato della nostra limitatezza e non riesco ad immaginare un’esistenza, per quanto evoluta od espansa, priva delle emozioni figlie, appunto, dell’incertezza.
2. “…Non sapere e vivere vuol dire essere spettatori…”, anche questa, per certi versi, oscura affermazione, che segue e fa da chiosa alla dissertazione sull’agnosticismo, è un semplice paradosso che si commenta da sé. L’agnosticismo è la negazione della conoscenza, o meglio è l’affermazione della consapevolezza della limitazione della conoscenza e, quindi, è anche l’apologia e la testimonianza della limitatezza del sapere, pertanto, stando alla tua affermazione fra virgolette, sarebbe la celebrazione dello spettatore e non del protagonista.
3. “…ma l'uomo non ha capito che la medicina non è dio ma l'uomo stesso…”, per la medicina-Dio, non posso far a meno di rinviarti al mio precedente intervento in materia di libero arbitrio.
Ad un’altra occasione il prosieguo della mia farneticazione
Ciao
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