Ospite abituale
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Il libero arbitrio?
Per POISON del 15.04.2002 e seguenti
Calma, calma… io non ho troppo tempo a mia disposizione, per cui accendo il computer quando posso e, dopo una lunga riflessione, rispondo. Comunque sono qui, non ho aluna intenzione di smettere, almeno per il momento.
Dici che “…La notizia della non esistenza di Dio sarebbe un problema…” e poi eludi la questione citando i paradossi di Gorgia, quasi fossero delle risposte. Ciò che affermava Gorgia può essere, anzi è, estremamente interessante; non sarebbe però meglio e più stimolante se tu ci facessi conoscere le tue riflessioni, personali, in merito? Hai anche ignorato l’intero mio intervento sul Bene assoluto e relativo da te introdotto in precedenza. Dopodiché ti lanci in una dissertazione di difficile soluzione. “…nel momento in cui comprendessimo la verità, saremmo già oltre la razionalità… saremmo pari a Dio (maiuscolo); vivremmo la verità, saremmo la verità, saremmo santi…e non penso proprio si possa comunicare a parole”. Convengo con te sul fatto che se fossimo in grado di comprendere la Verità, saremmo noi stessi la Verità, e vivremmo nella Verità; saremmo parte integrante dell’unicità ed in quanto tali non avremmo nessun bisogno di comunicare alcunché ad anima viva perché, in tal caso, l’intera umanità (e non solo) sarebbe parte integrante della Verità. Salvo che non s’intenda testimoniare la nostra esclusiva appartenenza alla Verità (da qui l’esigenza di comunicare tale appartenenza a qualcuno), ritornando all’origine della discussione/riflessione, alla spiritualità elitaria (gnosticismo), peraltro già rifiutata in precedenza. Viceversa, se fosse solo un problema di presa di coscienza, teoria cui sembrerebbe tu propenda nel seguito della dissertazione (risposta a VanLag), beh! Devi ammettere il paradosso: una Verità in cui siamo inglobati senza che noi ce ne rendiamo conto, sarebbe una Verità già limitata in partenza. In ogni caso, in questa limitatezza, in questa mancata presa di coscienza, non potresti trovare un posticino per il “libero arbitrio”?
E’ probabile che la Verità possa essere omnicomprensiva; onnisciente; passato, presente e futuro; illimitata etc… Tutte le qualità solitamente attribuite, o attribuibili alla Verità; anche in tale evenienza non potremo far a meno di essere scontati, avvitandoci nella domanda: ” Ma se la Verità è il TUTTO inconoscibile, perché dobbiamo aprioristicamente limitarla, impedendole o rifiutandole la facoltà di concedere all’uomo il “libero arbitrio”? Il che presupporrebbe, se non erro, una risposta di tal fatta: “Una Verità che lasci spazio a libere scelte, a libere volontà, al libero arbitrio, non sarebbe più una Verità onnisciente, onnicomprensiva, sarebbe limitata e, quindi, non assoluta e, pertanto, non Verità”. Come vedi un avvitamento che lascia ben poche possibilità d’uscita.
Su tale argomento ho appena letto la riflessione di Webmaster in cui, in premessa, è posto in evidenza la pecu-liarità della condizione umana rispetto a quella degli altri esseri viventi per effetto della capacità/possibilità, accordata agli uomini, di scegliere e, in una certa misura, non facilmente quantificabile, di autodeterminare la propria esistenza.
Tale condizione di “privilegio” - si afferma - è stata, nei tempi, fonte di contraddizioni e di enormi conflitti tuttora irrisolti. In conseguenza di questa “causa prima”, del “libero arbitrio”, deriverebbe l’esigenza umana di crearsi idoli e culti, inevitabile contraltare alle tante incertezze e paure connaturate alla necessità di dover scegliere. Una spiritualità che, nel corso dei millenni, è stata infarcita di dogmi che lungi dall’attestare l’universalità oggettiva del messaggio salvifico, ne glorificherebbero gli aspetti più autenticamente soggettivi, donando all’uomo una realtà ed una morale soggettivistica e, in quanto tale, arbitraria.
A questo punto mi fermerei per avanzare, con la massima umiltà, qualche dubbio sulla validità universale degli assunti che inducono tali considerazioni.
Il ragionamento fin qui sviluppato sarebbe perfetto se le cose stessero effettivamente (universalmente) così. Mi spiego meglio:
Al cospetto di un libero arbitrio la cui esistenza-presenza fosse universalmente accettata da tutti gli uomini, non perderei troppo tempo a confutare alcunché della riflessione; probabilmente ne riterrei l’intero contenuto valido. Però sappiamo con certezza che il principio (se di principio si può parlare) del libero arbitrio, cioè della libertà riconosciuta all’uomo di SCEGLIERE liberamente senza alcuna costrizione proveniente da entità superiori, siano esse metafisiche o solo di natura psicologica, è rifiutato da una grossa parte dell’umano consesso, per cui ho il timore che una verità che fondi le proprie premesse su di esso sia una verità parzialmente universale, riferibile solo ad una fetta, ancorché maggioritaria (posto che lo sia), del genere umano (per facilità di analisi, io, al momento, mi astengo dal propendere per l’una o l’altra testimonianza di fede).
E’ noto che vi siano correnti di pensiero che rifiutano il concetto di “libero arbitrio” e di libertà così concepito. I luterani, per esempio, hanno posto a fondamento della loro concezione spirituale il determinismo più spinto, teorizzando la predeterminazione dell’uomo per cui qualsiasi sua azione è frutto di un “condizionamento” divino che inserisce l’individuo all’interno di un disegno universale facendone un inconsapevole strumento nel perseguimento del fine ultimo. Non vi sono individui più o meno meritevoli e non vi è la possibilità di modificare il proprio “karma” (direbbero i buddisti) attraverso un comportamento altamente meritorio: le buone azioni non servono alla salvezza.
Anche una dottrina secolare qual è quella della psicoanalisi spinta, esclude una libertà di scelta per il genere umano. Tutto è determinato dalla sedimentazione e stratificazione delle interferenze di carattere culturale e non vi è posto per azioni non psicologicamente programmate. Diverso è l’approccio, in tema di libertà, dei deterministi che teorizzano la dipendenza filogenetica dell’agire umano, ma anche in questo caso ci troveremmo di fronte alla negazione del libero arbitrio, inteso come autonomo moto di spirito.
E’ ovvio che al cospetto di dottrine così marcatamente deterministiche, sorga e s’imponga una riflessione parallela:
“Se il mio agire non è una mia libera scelta, se è frutto di condizionamenti, non riconducibile, quindi, in alcun caso alla mia libera volontà, o se esso è figlio di un disegno superiore a cui io non posso oppormi, qual è il livello di responsabilità (tanto morale che civile) cui sono esposto per effetto delle mie azioni? Sarebbe lecito ipotizzare un'assoluzione (se non altro morale) per effetto di una sorta d’incapacità d’intendere e di volere? Quale potrebbe essere allora la funzione ed il significato del messaggio spirituale? Perderebbe i tratti caratteristici del messaggio salvifico, limitandosi, probabilmente, ad una testimonianza di carattere escatologico, o che altro?”
POSSIBILE SPUNTO PER UNA RIFLESSIONE FUTURA.
E’ evidente che un approccio deterministico al tema testé affrontato renderebbe alquanto improbabile anche la conclusione della riflessione di Webmaster; un orientamento di siffatta portata non ammetterebbe, infatti, la possibilità d’incontrare Dio (ESSERE trascendente) per il tramite di un’analisi introspettiva o di un’attività che ponga al centro dell’indagine l’uomo e il suo relazionarsi con il mondo circostante. Volendo propendere per il determinismo spinto, ma non è detto che sia così, non potrei che concludere questa mia riflessione affermando che:
“No, Dio, essere trascendente, non è dentro ogni uomo…”
Non è neanche detto che la conclusione cui perviene Webmaster sia ammissibile per chi dovesse propendere per il libero arbitrio.
La filosofia è sempre stata alla ricerca dell’assoluto (in questo senso credo tu abbia perfettamente ragione quando affermi che l’indagine umana tende all’assoluto), senza che sia mai riuscita a raggiungere una Verità assoluta, oggettiva ed incontestabile. E’ evidente che, essendo noi limitati, i mezzi a nostra disposizione, il pensiero (inteso nelle sue forme più sublimi ed elevate) non è in condizione di condurci alla comprensione della Verità; tanto è vero che in tale ambito, la filosofia (scienza dell’indagine speculativa per eccellenza), ha ceduto il campo alla religione, che altro non è che una forma di filosofia nobilitata dalla “pretesa” (il termine non deve essere inteso nell’accezione negativa) di fornire risposte assolute ai grandi quesiti dell’esistenza e della post-esistenza. Per far ciò ha dovuto affrancarsi, in maniera sempre più marcata, dalla necessità di essere coerente con la ragione o, per meglio dire, razionale, optando per un’impostazione che, per alcune questioni non altrimenti comprensibili, ha privilegiato l’atto di fede, unico “espediente” (da non intendersi in un’accezione negativa) che ha reso possibile, nel corso dei millenni, il perpetuarsi di forme di spiritualità in cui la componente magico-misterica è molto accentuata.
Ciao
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