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28-09-2004, 17.15.06 | #43 |
Ospite
Data registrazione: 25-09-2004
Messaggi: 8
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Cerrrrrrto che mi interessa!
Ma come,la consapevolezza è passata di moda?
Il buon Carlos (i suoi libri,s'intende)l'ho conosciuto tramite un mio amico che ben 4 anni fa,per CASO ,mi consigliò,raccontandomi la trama,un libro dal titolo un po' strambo x me all'epoca (non avevo manco 18anni) ,"viaggio ad Ixtlan" Dopo averlo letto (si badi bene,non "capito";la comprensione arrivò un po' dopo ) e riletto,e riletto.... iniziai a leggere anche gli altri ed ora praticamente mi manca solo "a scuola dallo Stregone". Questo non significa che abbia totalmente interiorizzato e capito i suoi insegnamenti(o meglio,gli insegnamenti dei Toltechi) ma sento che per me fa una grossa differenza conoscere queste cose e le potenzialità dell'essere umano. Che dite,l'apriamo una stanza sul buon Carlos? O su don Juan? |
28-09-2004, 19.33.37 | #44 |
Ospite
Data registrazione: 28-09-2004
Messaggi: 7
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Il dono dell'intuizione
Prendo una tua affermazione"intuire le connessioni infinite delle cose" per dire come è importante il dono dell'intuizione cosa che io ribadisco ad ogni conferenza che tengo su tale tema, l'intuizione che io chiamo anche "quantica" è alla base dell'osservazione completa e profonda di ciò che ci circonda e che in realtà non vediamo!
Nelle mie esposizioni al link e suoi collegati il grande dono dell'intuizione descrivo questa come fondamentale per la nostra vita e nei seminari insegno a riscoprirla perchè inconfutabilmente essa è in noi, bisogna iniziare almeno a crederlo per poi sentirla più presente nella nostra vita. |
29-09-2004, 00.09.58 | #45 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 18-07-2004
Messaggi: 92
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Le cose non accadono MAI per CASO.
Citazione:
Intendevo dire che magari per gli altri può essere una cosa differente e non necessariamente quello che dici tu. Insomma adesso che hai specificato che è "solo" una tua opinione il discorso cambia. Prima ti eri posto un po' tipo "portatore della Verità" ,o perlomeno questa è stata una mia impressione. Citazione:
purtroppo? Bhe puoi sempre provarci non è mica difficile... Saluti, SEIG |
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29-09-2004, 13.49.59 | #46 | |
Utente bannato
Data registrazione: 14-09-2004
Messaggi: 2,116
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Le cose non accadono MAI per CASO.
Citazione:
Lo so. Ciao. Kannon |
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01-10-2004, 00.34.13 | #47 |
Epicurus' very son
Data registrazione: 26-12-2003
Messaggi: 375
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Il caso e il Caso
Nessuno ha letto i post che ho scritto in passato riguardo al caso?
Ciò che dice Mirror (a parte la "consapevolezza" di cui non ho bene afferrato il significato che lui le attribuisce) è, a mio avviso, più che esatto. E anche l'affermazione di Kannon che dice che le cose non accadono mai per caso è corretta. La confusione che si viene sempre a creare su questo genere di argomenti è frustrante. I termini hanno vari significati ed ognuno attribuisce loro quello che più preferisce. Nella normale conversazione queste sfaccettature di interpretazione dei significati non emergono in quanto sono minime e i dialoganti riescono a comprendersi benissimo. Quando le discussioni, però, si fanno più dettagliate, approfondite, precise e (sopratutto) filosofiche, piccole differenze di interpretazione dei termini causano grandi incomprensioni. La frase, apparentemente semplice: "le cose non accadono mai per caso" si presta a svariate interpretazioni. In particolare è la parola "caso" quella che crea più problemi. Isoliamo i due principali filoni interpretativi di questo termine: quello causale e quello finale. La parola "caso" è equivalente (purtroppo) sia alla "assenza di cause" che alla "assenza di fini". Possiamo rendere più evidente questa duplicità trasformando l'affermazione precedente in questa domanda: "Perché accadono le cose?" Alcuni di voi tenderanno ad intendere questa domanda come se venisse chiesto: "Per quale causa accadono le cose?"; altri, invece, intenderanno: "Per quale fine accadono le cose?". Questi diversi modi di intendere portano a diversi significati della parola "caso" e quindi a diverse risposte, a volte apparentemente contraddittorie, ma che in realtà non lo sono, in quanto sono risposte ad una stessa domanda intesa in due maniere distinte. Ma qual è l'interpretazione giusta dell'affermazione "le cose non accadono mai per caso"? Non ne esiste una di "giusta". Una risposta che prendesse in considerazione una sola interpretazione sarebbe per lo meno incompleta. Se l'autore della domanda (o affermazione...) non ha specificato come egli l'ha interpretata (in questo caso, nel senso finale o causale) al momento della formulazione, dovremmo rispondere esponendo tutte le possibili interpretazioni. Ovviamente questo è pressoché impossibile, però sarebbe l'unico modo per evitare incomprensioni. Tornando alla nostra affermazione, per spiegare la sua duplicità presento un esempio. Se ora smettessi di scrivere e, alzandomi, aprissi la finestra, alla domanda: "Per quale fine è stata aperta la finestra?" si potrebbe benissimo rispondere dicendo: "Per far entrare nella stanza un po' d'aria fresca." Però se invece di alzarmi prendessi in mano due dadi, li lanciassi sul tavolo e uscisse il numero 12, alla domanda: "Per quale fine è uscito il numero 12?" che cosa si potrebbe rispondere? Non ne ho idea! Anzi oserei dire che non c'è risposta. Perché? Perché non c'è un fine! Il dado non ha volontà, non può scegliere il numero da far uscire. Quindi non ha motivo di farne uscire uno piuttosto che un altro. Potremmo dire che è in balia delle circostanze. All'origine di un fine, dunque, ci deve essere una volontà. Tutte le azioni degli uomini, in quanto volontarie, hanno un proprio fine e chiamiamo pazzi quegli uomini che compiono azioni senza un fine. Per questo motivo diciamo che lanciando i dadi escono numeri "a caso" e che i pazzi sono imprevedibili in quanto agiscono "a caso", mentre la finestra di prima non è stata aperta "a caso". Sembra, quindi, che siamo giunti alla conclusione che la volontà non è casuale, mentre tutto il resto si. Prendendo in esame l'esempio di prima, affrontiamo ora l'altro modo di intendere il caso: quello causale. Se ora smettessi di scrivere e, alzandomi, aprissi la finestra, alla domanda: "Per quale causa è stata aperta la finestra?" si potrebbe benissimo rispondere dicendo: "Perché nella stanza faceva caldo." Però se invece di alzarmi prendessi in mano due dadi, li lanciassi sul tavolo e uscisse il numero 12, alla domanda: "Per quale causa è uscito il numero 12?" si potrebbe rispondere altrettanto bene dicendo: "Perché i dadi sono stati lanciati in quel determinato modo e se il lancio venisse ripetuto nello stesso, identico modo, uscirebbe lo stesso, identico numero." Tra queste risposte e le precedenti c'è una sostanziale differenza: abbiamo trovato un fine solo nell'atto volontario e in quello privo di volontà no, mentre abbiamo trovato una causa sia per l'atto volontario che per l'altro. Ciò riesce a spiegare molto chiaramente l'esempio dei dadi: non c'è un fine, ma c'è la causa ben precisa; dunque il numero non esce a caso, ma esce grazie a quella determinata causa. L'assenza del fine, combinata con la difficoltà di individuare chiaramente la causa stessa, ha l'unico effetto di creare un'interpretazione (impropria, se mi è consentito) della parola "caso" quella, appunto, di "assenza di fine", che è (tra l'altro) la più diffusa nel linguaggio parlato. Per quanto riguarda gli avvenimenti involontari possiamo, dunque, affermare che non capitano per caso in quanto hanno delle cause ben precise, ma allo stesso tempo potremmo definire "Caso" l'insieme delle cause sconosciute e pressoché inconoscibili (dunque apparentemente casuali) che generano (come effetti) questi avvenimenti. Il dubbio emerge, però, nell'esempio dell'apertura volontaria della finestra. Se ci trovassimo nella situazione inversa rispetto a quella dei dadi ovvero se fosse presente il fine ma non la causa non ci sarebbero problemi: potremmo spiegarci il tutto dicendo che io, dotato di volontà, ho scelto spontaneamente di aprire la finestra. Purtroppo la causa è presente (il caldo nella stanza) ed è una causa scomoda perché ci costringe a pensare che la volontà di aprire la finestra non sia "spontanea" bensì influenzata (dall'esterno, dall'ambiente, dalle circostanze: la calura appunto). Ma se la nostra volontà è influenzabile, come possiamo essere sicuri che la volontà abbia una parte di spontaneità? Se ci guardiamo attorno vediamo che tutto ciò che ci circonda è determinato da cause e dall'effettuarsi di queste. Dunque è lecito chiedersi se anche la volontà sia in realtà totalmente determinata da cause antecedenti. In fin dei conti la scienza ci dice che il cervello umano è formato da neuroni e le scelte che ponderiamo sono dei semplici (per quanto complessi) impulsi di tipo elettrico. Ecco, dunque, che la presenza delle cause anche nella sfera della volontà cancella ogni possibilità di "caso" e rende il fine stesso (rinfrescare la stanza) privo di significato in quanto si rivela non più come un fine, ma come un effetto. Appare ora chiaro (spero) come in entrambi gli esempi sia presente la causa, negando di fatto la possibilità di un "caso" come "assenza di causa". Ma non è finita qui. La presenza della causa, la perdita di senso del fine e la perdita di spontaneità della volontà tirano in ballo uno dei più temuti quesiti filosofici: il libero arbitrio. |
01-10-2004, 00.51.04 | #48 |
al di là della Porta
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X Knacker
Devo ammettere che sei stato molto esaustivo nella tua esposizione così ben articolata. Ma ti volevo porre una domanda: Ma non è forse il caso (perdona il gioco di parole) di chiedersi perchè si è deciso di tirare i dadi? E siamo poi così sicuri che l'uscita del 12 sia casuale? Mi spiego i fattori che ne determimano l'uscita sono moltissimi. Infatti non solo la forza e il modo del lancio, ma anche il piano dove vanno a cadere, l'inevitabile usura degli stessi per quanto impercettibile anche dopo un solo lancio, la temperatura esterna ecc. Ma è più la prima ipotesi che mi incuriosisce. Perchè lanciare i dadi? E' frutto del Libero Arbitrio? O invece frutto di uno degli intricatissimi impulsi elettrici che determinano ogni minimo istante della nostra vita fisica e psichica? Ultima modifica di nicola185 : 01-10-2004 alle ore 00.55.21. |
01-10-2004, 01.30.32 | #49 | ||
Epicurus' very son
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Sta volta il gioco di parole l'ho fatto io Si può dire che il 12 sia Casuale solo come concessione al linguaggio parlato in quanto in genere non ci interessa sapere le cause che determinano l'uscita di un numero da un lancio di dadi, anzi si lanciano i dadi proprio perché non potendo analizzare dettagliatamente le cause che portano ad un determinato numero possiamo fingerlo casuale e ritenerlo con buona approssimazione non-prevedibile. P.S. modificato per sistemare i tag del quote. Ultima modifica di Knacker : 01-10-2004 alle ore 01.33.15. |
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01-10-2004, 01.33.27 | #50 |
Ospite
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CASO
Molto non succede A CASO, ma molto altro sì. Molto altro SIì.
Ho letto di Epicuro in un giornaletto di parole crociate, ne ho parlato con un'amica e lei mi manda l'argomento, ecc. di Epicuro da "riflessioni.it" e da quel momento che sto girando qui dentro come un labirinto. Ho visto mille argomento troppo interessanti per me. Come si può chiamare CASO o NO? Ha un altro nome? Dire di probabilità accadute. Maria |