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04-02-2008, 11.50.51 | #43 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
la usi:non ti logora mai. Pienezza totale sembra quasi vacuità; la usi: non ti estenua. Grande rettitudine sembra quasi ingiustizia, grande abilità sembra incapacità; un discorso eloquente sembra cauto. L’agitato trionfa sul freddo,il quieto,invece, sul caldo. La pura quiete è la misura del mondo. Lao-Tse |
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04-02-2008, 16.30.24 | #44 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Arrivare a spiegarne addirittura il significato, sarebbe davvero un di più? Soprattutto in relazione al contesto in cui collochi queste frasi. Ciao |
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04-02-2008, 18.18.03 | #45 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
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05-02-2008, 11.22.26 | #46 |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Avevo intuito che si trattasse di un’ode alla ‘quiete’. Non domandavo che fosse chiarito il significato generale, ma quello di ciascuna strofe. Per esempio:
Integrità totale sembra quasi mancanza; la usi: non ti logora mai. E’ abbastanza esoterica, il significato non emerge. Pur con tutto il rispetto dovuto alla filosofia orientale e in specie a Lao-Tse,, non riesco proprio a far a meno di pensare che si tratti di un intreccio di parole che in sé hanno uno scarso significato, se non addirittura nessuno. Prova a ‘trasdurre’ la strofe che segue trasferendola dal piano letterario o filosofico a quello pratico: Pienezza totale sembra quasi vacuità; la usi: non ti estenua. Insomma, non se ne viene a capo di nulla. Io, invece, ti lascio alcune strofe di un poeta dell’Ottocento che aveva in sé ben vivo il senso della Natura… lascio a te anche l’interpretazione di questo bellissimo canto. […] A queste piagge venga colui che d'esaltar con lode il nostro stato ha in uso, e vegga quanto è il gener nostro in cura all'amante natura. E la possanza qui con giusta misura anco estimar potrà dell'uman seme, cui la dura nutrice, ov'ei men teme, con lieve moto in un momento annulla in parte, e può con moti poco men lievi ancor subitamente annichilare in tutto. Dipinte in queste rive son dell'umana gente le magnifiche sorti e progressive. […] Magnanimo animale non credo io già, ma stolto, quel che nato a perir, nutrito in pene, dice, a goder son fatto, e di fetido orgoglio empie le carte, eccelsi fati e nove felicità, quali il ciel tutto ignora, non pur quest'orbe, promettendo in terra a popoli che un'onda di mar commosso, un fiato d'aura maligna, un sotterraneo crollo distrugge sì, che avanza a gran pena di lor la rimembranza. Nobil natura è quella che a sollevar s'ardisce gi occhi mortali incontra al comun fato, e che con franca lingua, nulla al ver detraendo, confessa il mal che ci fu dato in sorte, e il basso stato e frale; quella che grande e forte mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire fraterne, ancor più gravi d'ogni altro danno, accresce alle miserie sue, l'uomo incolpando del suo dolor, ma dà la colpa a quella che veramente è rea, che de' mortali madre è di parto e di voler matrigna. Ciao |
05-02-2008, 12.49.50 | #47 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Alla luce del significato generale,non mi sembra difficile capirne il senso,e cioè che Il Tao è Energia creatrice e che se se ne è "strumento cavo,vuoto",non se ne è sommersi,nè carenti. Se si è (nel) Flusso ,senza nulla trattenere ,l'Energia scorre per come deve, senza disequilibri . Questo Equilibrio è la Quiete. PS Grazie per avermi riproposto "La Ginestra" :quando la poesia compensa i limiti della mente. |
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05-02-2008, 14.34.18 | #48 |
Ospite abituale
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
…Lanciati con il Leopardi vorrei allora inserire in codesta discussione un pezzo tratto dalle “operette morali”. E’ una parte del dialogo fra Tristano e un suo amico che gli chiede sull’infelicità della vita!
Il pezzo è lungo però, per chi non lo conoscesse bene o non se lo ricordasse, merita veramente di essere letto attentamente in quanto è a mio avviso il sunto, anche ironico e divertente, delle “beghe” spirituali che leggiamo tutti i giorni su questa meravigliosa sezione del forum… Yam e Atisha…il pezzo è pure per voi Alla domanda se la vita sia infelice, Tristano risponde così: “No no, anzi felicissima. Ora ho cambiata opinione. Ma quando scrissi cotesto libro, io aveva quella pazzia in capo, come vi dico. E n'era tanto persuaso, che tutt'altro mi sarei aspettato, fuorché sentirmi volgere in dubbio le osservazioni ch'io faceva in quel proposito, parendomi che la coscienza d'ogni lettore dovesse rendere prontissima testimonianza a ciascuna di esse. Solo immaginai che nascesse disputa dell'utilità o del danno di tali osservazioni, ma non mai della verità: anzi mi credetti che le mie voci lamentevoli, per essere i mali comuni, sarebbero ripetute in cuore da ognuno che le ascoltasse. E sentendo poi negarmi, non qualche proposizione particolare, ma il tutto, e dire che la vita non è infelice, e che se a me pareva tale, doveva essere effetto d'infermità, o d'altra miseria mia particolare, da prima rimasi attonito, sbalordito, immobile come un sasso, e per più giorni credetti di trovarmi in un altro mondo; poi, tornato in me stesso, mi sdegnai un poco; poi risi, e dissi: gli uomini sono in generale come i mariti. I mariti, se vogliono viver tranquilli, è necessario che credano le mogli fedeli, ciascuno la sua; e così fanno; anche quando la metà del mondo sa che il vero e tutt'altro. Chi vuole o dee vivere in un paese, conviene che lo creda uno dei migliori della terra abitabile; e lo crede tale. Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono; e si adirano contro chi pensa altrimenti. Perché in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo. Il genere umano, che ha creduto e crederà tante scempiataggini, non crederà mai né di non saper nulla, né di non essere nulla, né di non aver nulla a sperare. Nessun filosofo che insegnasse l'una di queste tre cose, avrebbe fortuna né farebbe setta, specialmente nel popolo: perché, oltre che tutte tre sono poco a proposito di chi vuol vivere, le due prime offendono la superbia degli uomini, la terza, anzi ancora le altre due, vogliono coraggio e fortezza d'animo a essere credute. E gli uomini sono codardi, deboli, d'animo ignobile e angusto; docili sempre a sperar bene, perché sempre dediti a variare le opinioni del bene secondo che la necessità governa la loro vita; prontissimi a render l'arme, come dice il Petrarca, alla loro fortuna, prontissimi e risolutissimi a consolarsi di qualunque sventura, ad accettare qualunque compenso in cambio di ciò che loro è negato o di ciò che hanno perduto, ad accomodarsi con qualunque condizione a qualunque sorte più iniqua e più barbara, e quando sieno privati d'ogni cosa desiderabile, vivere di credenze false, così gagliarde e ferme, come se fossero le più vere o le più fondate del mondo. Io per me, come l'Europa meridionale ride dei mariti innamorati delle mogli infedeli, così rido del genere umano innamorato della vita; e giudico assai poco virile il voler lasciarsi ingannare e deludere come sciocchi, ed oltre ai mali che si soffrono, essere quasi lo scherno della natura e del destino. Parlo sempre degl'inganni non dell'immaginazione, ma dell'intelletto. Se questi miei sentimenti nascano da malattia, non so: so che, malato o sano, calpesto la vigliaccheria degli uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn'inganno puerile, ed ho il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza, mirare intrepidamente il deserto della vita, non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera. La quale se non è utile ad altro, procura agli uomini forti la fiera compiacenza di vedere strappato ogni manto alla coperta e misteriosa crudeltà del destino umano. Io diceva queste cose fra me, quasi come se quella filosofia dolorosa fosse d'invenzione mia; vedendola così rifiutata da tutti, come si rifiutano le cose nuove e non più sentite. Ma poi, ripensando, mi ricordai ch'ella era tanto nuova, quanto Salomone e quanto Omero, e i poeti e i filosofi più antichi che si conoscano; i quali tutti sono pieni pienissimi di figure, di favole, di sentenze significanti l'estrema infelicità umana; e chi di loro dice che l'uomo è il più miserabile degli animali; chi dice che il meglio è non nascere, e per chi è nato, morire in cuna; altri, che uno che sia caro agli Dei, muore in giovanezza, ed altri altre cose infinite su questo andare. E anche mi ricordai che da quei tempi insino a ieri o all'altr'ieri, tutti i poeti e tutti i filosofi e gli scrittori grandi e piccoli, in un modo o in un altro, avevano ripetute o confermate le stesse dottrine. Sicché tornai di nuovo a maravigliarmi: e così tra la maraviglia e lo sdegno e il riso passai molto tempo: finché studiando più profondamente questa materia, conobbi che l'infelicità dell'uomo era uno degli errori inveterati dell'intelletto, e che la falsità di questa opinione, e la felicità della vita, era una delle grandi scoperte del secolo decimonono. Allora m'acquetai, e confesso ch'io aveva il torto a credere quello ch'io credeva.” |
05-02-2008, 15.48.55 | #49 |
Ospite abituale
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Eh sì, caro compagno di sventura, mi pare proprio che certe posizioni – intellettuali, eccessivamente intellettuali – stiano lì imperiture a confermare la finzione che l’uomo, per sua natura, pur di acquietare il proprio animo, ricerca, costruisce e s’impone, vivendoci ancor più immerso, quanto maggiore è l’avvertimento che la natura stessa lancia in ordine alla falsità di cui sovente egli – forse inconsapevole - ama attorniarsi.
Ama! Il verbo è appropriato e coniugato al tempo e al modo corretti. Poiché si tratta di una vera passione, la vostra; un amorazzo adolescenziale per un eterno presente – come suol dire con sussiego l’uomo del ‘Risveglio’ -. La finzione che egli si è edificata, come un turrito castello dalle alte e spesse inviolabili mura, lo protegge e, al tempo stesso, lo imprigiona. La natura, se correttamente interrogata, non mente, esprime la verità circa la sua essenza: “Nobil natura è quella che a sollevar s’ardisce gli occhi mortali incontra al comun fato, e con franca lingua, nulla al ver detraendo, confessa il mal che ci fu dato in sorte, e il basso stato e frale;”. Eppure, l’uomo ‘Ridestato’ – da che? -, nonostante il richiamo voltogli dalla natura, incapretta il sentimento, pur di non udire, segrega le emozioni, pur di non vedere, perché ogni lampo esterno è un’insinuarsi del dubbio e del sospetto che quel muro titanico edificato intorno a sé (al Sé), per proteggere la recondita profondità dell’animo, sia lì lì per sgretolarsi. Il mare, che furente s’ingrossa, suscita meraviglia, stupore, incanto in chi lo ammira con sguardo estatico dall’alto della torre. I mulinelli spumosi infranti sugli scogli, appaiono dipinti dalla mano di Dio (del Tutto). Al caldo, vicino al camino che, ardendo, crepita, non s’avverte neppure il graffiare del vento. Sì, forse si tratta d’angolo di visuale, di differente grado di partecipazione, di dissonanza nel coinvolgimento: lo spettatore attonito non potrà che tributare il suo compassato Alleluia a quel mare e a quel vento che dipinge davanti ai suoi occhi un mirabile quadro bucolico; ma se fosse partecipe? Non spettatore, se fosse per necessità all’interno di un sughero, magari per strappare a quella forza della natura il sostentamento quotidiano per sé e la sua famiglia? Forse lo sguardo ammirato trasfigurerebbe in una smorfia di terrore, forse il sereno battito del suo cuore quieto e benedicente, s’impennerebbe in un singulto, un tumulto il cui ritmo sarebbe dettato e imposto da quello fragoroso della forza imperiosa che lo avvolge. Forse! Non so… il mio è un auspicio che mi fa anche ben sperare che il sentimento, il loro sentimento, non sia del tutto anestetizzato, non sia completamente soggiogato dal terrore di perdere le uniche certezze che si è costruite ed assuefatto all’urgenza di rabberciare i possenti muri mentali che, stringendo l’animo, lo proteggono dall’insolenza di madre natura. Ciao |
05-02-2008, 16.01.56 | #50 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
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