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30-01-2008, 18.03.11 | #22 | |
Moderatore
Data registrazione: 16-10-2003
Messaggi: 1,503
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Se la circostanza è spiacevole poi.........allora diventa valido il detto: "la lingua batte dove il dente duole". Non si tratta di obnubilare, ottundere, insomma di fare gli struzzi ma di prendere atto che una realtà è fatta in un certo modo e che noi non possiamo farci nulla. O quasi. E' dunque saggio essere sereni, ottimisti, addirittura allegri. Se ci si riesce........ eh certo se ci si riesce......infatti, mentre scrivo......mi viene in mente quel tale: Don Abbondio si chiamava? Cosa diceva pure? .....ah, sì: "il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare". Come tutte le altre caratteristiche aggiungo io.............si prende quel che viene amici miei......... |
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30-01-2008, 18.42.34 | #23 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
...Senso non-sense... Influente o ininfluente..per chi? Uno o tanti..ma cosa importa rispetto al non-senso? |
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30-01-2008, 19.20.58 | #24 | |
Perfettamente imperfetto
Data registrazione: 23-11-2003
Messaggi: 1,733
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Pur apprezzando la profondità della tua visione filosofica, anch'io non sono d'accordo con te. Proprio sulla sostanza del tuo discorso. Anzi, su molti punti ho una lettura opposta alla tua. Secondo me, ci possono benissimo essere due individui che, pur immersi in una stessa realtà, sia sociale che psicologica, possono avere un approccio e viversi l'esistenza in modo totalmente diverso. Gli occhiali coscienziali che potrebbero o che danno il senso alla loro vita saranno determinanti per come vedranno e interpreteranno il mondo e la dialettica delle cose, degli eventi con i quali si confronteranno.. Questo aldilà della soggettività che questi occhiali psicologici e culturali possono avere nel dar colore all'esistenza dell’individuo. Per me, chi riesce a godere con spirito positivo la Vita data, così com'è, qualunque sia il destino in cui possa venir coinvolto, in maniera innocente, senza pretese e aspettative, è gratificato da una serenità senza pari. Ciò può essere esempio o specchio alla stesso compagno che nelle medesime condizioni vivere frustrato e nella sofferenza psicologia. Questo semplice essere diverso mostra un’altro modo di risposta alle situazioni, ed è già di per sé aiuto. L’aiuto operativo e compassionevole è scontato: chi è appagato dentro non può esimersi d’aiutare il suo simile. Non è capace d’ignorare il sofferente. Colui che guarda e si arrende alla Vita così com'è, in totale Fiducia del mistero che è chiamato a vivere, scopre una Grazia che gli illumina ogni situazione, per quanto dolorosa e sofferente sia. In questo senso non trova il significato in una qualche forma di logica, ma torva un senso di gratitudine inesplicabile, che non ha ragione nel mero intelletto, ma solo in regioni profonde e insondabili che dimorano nella Essenza del suo Essere. Da questo luogo non sorge nessuna richiesta di giustizia, di equanimità, ma solo un senso di unità trascendente, impersonale, di bellezza ed equilibrio superiore, dove anche la morte della propria persona non incute più terrore, né angoscia. Ciò gli permette di non farsi sopraffare dagli orrori che può vedere intorno, ma anche di cogliere le meravigli che gli stanno lontano, accanto e dentro. Il solo sentirsi vivo lo vede come un dono e un miracolo continuo. Poi, non so perchè a qualcuno ciò accade e ad altri no. Qui potrei risponderti che il mistero della Grazia forse si offre a chi è disposto ad accoglierla perchè ha rinunciato a comprendere il senso e il significato del mistero dell’esistenza, e che si è arreso all'Ignoranza… che poi scopre Sapiente. |
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30-01-2008, 21.05.32 | #25 |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-10-2007
Messaggi: 127
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Il poco conoscere "erroneo" che comprende l'immenso,che stupidità!
Arrendetevi é si presenterà! Il dubbio e la certezza perderanno valore,spariranno!potranno valere qualkosa solo nella mente pensante ancora ingarbugliata nel "voglio conoscere". |
31-01-2008, 10.03.30 | #26 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Dubito ci sia qualcuno che possa negare quest’evidenza, basta guardarsi intorno. Lo stesso evento produce effetti diversi su ciascun individuo coinvolto, lo sanno benissimo anche le aule giudiziarie. Il fulcro del mio ragionamento non stà in questa evidenza, bensì nel fatto che il prodotto nell’animo umano dell’accadere di un evento è la risultante di un complesso gioco di rimandi e acquisizioni che si sviluppa nella più totale incoscienza. I costituenti particolari del fatto s’insinuano in un substrato inconscio, amalgamandosi con quanto ivi è depositato, fino a sedimentarsi. Vanno così a costituire una nuova molecola del nostro inconscio, il quale si accresce per effetto proprio dell’esperienza vissuta. I fattori vettoriali che producono la risposta alla circostanza sono fondamentalmente inconsci, il loro giungere alla superficie per presentarsi alla coscienza non è frutto di un’elaborazione cosciente, mentre è invece cosciente l’espressione o la risposta che inducono. Non è quindi la coscienza a suggere dall’evento i costituenti elementari. La coscienza fornisce una risposta la più coerente possibile con gli impulsi inconsci a lei non noti, ma suggeritigli dal profondo in un labile fremito. I desideri e le speranze – che in estrema sintesi oggettivano la risposta - sono anch’essi una risposta della coscienza alla necessità dell’inconscio di dialogare in qualche modo con l’esterno. Il profondo emette dei segnali captati dalla coscienza la quale li rielabora in forma intelligibile traducendoli in speranza e desiderio – anche rabbia, noia, angoscia, spleen… -. Le emozioni che percepiamo sono così la risposta mediata dalla coscienza all’urgenza dell’inconscio di trovare una via per esprimere se stesso. Spesso, infatti, accade che si provi una nostalgia indefinita, una rabbia non immediatamente collegabile alla situazione, una noia intima non compiutamente decodificabile… sono tutti frutto dell’avvenuta elaborazione di segnali, molto labili, che l’inconscio invia e captati dalla coscienza. La risposta individuale ad una circostanza, ad una situazione perdurante, ad uno status, non è altro che la rielaborazione operata dalla coscienza di segnali sottaciuti dell’inconscio. La psicoanalisi si arroga l’ingrato e improbo compito di leggere questi segnali nella loro essenza più pura, cioè bypassando la mediazione della coscienza ed andando a scavare nel corpo vivo del magma emotivo di ciascuno di noi, ovvero nei sentimenti. L’ottundimento cui facevo riferimento nel mio post precedente, è cifra e misura dell’anestesia, più o meno incisiva, del sentimento che non è più in grado di far udire la propria voce, ancorché mediata dalla coscienza, o che si esprime sempre più flebilmente. E’ il caso, per esempio, della consuetudine al dolore, dell’abitudine per via della professione svolta o per altri motivi. Al dolore ci si abitua, quest’abitudine, talvolta – fortunatamente non sempre -, ottunde il sentimento, lo rende aduso al patire altrui. Le immagini televisive, per esempio, che introducono nelle nostre case eventi remoti, alla lunga rischiano di abituare al dolore, rendendo avvezzo lo spettatore alla sofferenza. L’anestesia del sentimento può essere una conseguenza devastante, non solo per il singolo, ma per l’intera società. Naturalmente tutto ciò non sempre è valido in ogni caso. Questa parziale analisi non è esaustiva, non spiega completamente, per esempio, la differente risposta che ciascun individuo elabora in relazione a condizioni di vita ‘deficitarie’. Ma la combinazione degli effetti prodotti dal carattere individuale (sostanzialmente connaturato, anche se nel corso dell’esistenza si plasma e modifica) con quelli prodotti dalla risposta emotiva elaborata dalla coscienza, penso si avvicini molto a fornire una spiegazione sostenibile ai differenti comportamenti rilevabili nei singoli individui in relazione alla medesima condizione esistenziale. Ciao |
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31-01-2008, 10.47.04 | #27 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
La meditazione e l'autosservazione consapevole invece li legge.. Avevo già detto delle proiezioni inconsce ..di cosa leggiamo tramite questa mediazione. Le lenti rosa..o grigie.. Ecco che nasce allora l'interpretazione della realtà.. ..che non è la Realtà che v'è quando l'ego si mette da parte. Sì,già detto.. |
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31-01-2008, 13.19.51 | #28 | |
Perfettamente imperfetto
Data registrazione: 23-11-2003
Messaggi: 1,733
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Se ci guardiamo attorno vediamo l'infelicità che regna nel mondo, attorno a noi e dentro di noi. Sappiamo spiegarcene il motivo? Noi possiamo dire: la solitudine, l'oppressione, la guerra, la cattiveria, l'ateismo, le religioni... E ci sbagliamo, probabilmente. Forse una sola è la radice dell'infelicità: le false certezze che abbiamo in testa, quelle certezze talmente diffuse e difese che non abbiamo mai creduto di doverle mettere in discussione. Per queste certezze devianti noi vediamo il mondo e noi stessi da una prospettiva sbagliata. I nostri schemi mentali sono così costringenti, e la pressione che la società esercita su di noi è così forte che noi siamo come obbligati a vedere il mondo in questa maniera distorta. Non c'è via di scampo, proprio perché non ci viene neppure il sospetto che il nostro modo di vedere sia miope, che il nostro modo di pensare sia distorto e che le nostre certezze siano false. Guardiamoci ancora attorno e vediamo se possiamo trovare una sola persona autenticamente felice, libera da paure, incertezze, ansietà, tensioni e preoccupazioni: a essere fortunati, ne troveremo pochissimi. Noi però siamo stati programmati anche a vivere senza sospetti, senza dubbi, programmati a fidarci delle certezze che sono state seminate in noi dalla nostre tradizioni, dalla nostra cultura, dalla nostra società e dalla nostra religione. E se non ci ritroviamo felici, noi siamo stati addestrati anche a compiangerci, e non a incolpare il nostro modo di pensare, i nostri modelli, le nostre certezze culturali ed ereditarie. A rendere ancora più tragica questa situazione, c'è poi il fatto che molta gente ha subito un tale lavaggio del cervello che non si rende neppure più conto di essere infelice: così come un uomo che sogna non si rende conto che sta sognando. Per questo è necessario portare ciò che è inconscio, ciò che è orami depositato nella parte più oscura in noi, e che determina le nostre reazioni, emozioni e pensieri, a livello conscio. Per poi passare da questo tipo di coscienza alla Consapevolezza che è oltre anche le identificazioni di ciò che abbiamo portato alla luce.. Questo implica un viaggio interiore. E' necessario, se vogliamo liberarci dai condizionamenti interiori ed esteriori. Poi si deve imparare anche ad amare se stessi; questo è un requisito fondamentale, che è assente in tutto il mondo. Per questo il mondo è in preda a una tale angoscia. Tutti cercano di amare, ma è impossibile amare, ne mancano le basi, i presupposti. L'angoscia, la sofferenza... possono diventare delle porte verso la serenità. Qualcuno ha detto: "Benedetti coloro che sono abbastanza sfortunati da conoscere l’angoscia, benedetti coloro che sono in angoscia, perché possono essere risvegliati." Usiamo dunque la nostra angoscia come una forza per risvegliarci, perché quando siamo comodi tendiamo a dormire, quando siamo scomodi le possibilità di risvegliarci sono maggiori. Ricordiamoci continuamente che il mondo in cui siamo è un fenomeno momentaneo. Nelle più riposte pieghe del nostro essere noi sappiamo che tutto questo è vero, ma ugualmente continuiamo a sprecare i nostri sforzi e le nostre energie alla ricerca di un qualcosa che già sappiamo che non ci potrà rendere felici. |
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31-01-2008, 15.00.27 | #29 |
Saturnian
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
"MIRROR" L'angoscia, la sofferenza... possono diventare delle porte verso la serenità. Qualcuno ha detto: "Benedetti coloro che sono abbastanza sfortunati da conoscere l’angoscia, benedetti coloro che sono in angoscia, perché possono essere risvegliati." Usiamo dunque la nostra angoscia come una forza per risvegliarci, perché quando siamo comodi tendiamo a dormire, quando siamo scomodi le possibilità di risvegliarci sono maggiori. Ricordiamoci continuamente che il mondo in cui siamo è un fenomeno momentaneo. Nelle più riposte pieghe del nostro essere noi sappiamo che tutto questo è vero, ma ugualmente continuiamo a sprecare i nostri sforzi e le nostre energie alla ricerca di un qualcosa che già sappiamo che non ci potrà rendere felici.
Quindi l'Angoscia del Mondo diventa un rimedio Spagirico contro il condizionamento creato dal Re del mondo per addormentare e soggiogare gli esseri di questo pianeta. In Gassho R. |
31-01-2008, 15.55.35 | #30 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?
Citazione:
Giuro che non lo faccio apposta! Non sono d’accordo! Il senso di caducità, d’impermanenza, di vacuità, è la costante di un’assenza di costanza (adoro i giochi di parole). Mi spiego meglio: L’uomo è un animale sociale, che per sviluppare la propria personalità e, almeno in una certa misura, affermarla, avverte in sé il bisogno cogente di rapportarsi con il prossimo; non solo, è anche immerso in un ambiente sostanzialmente estraneo, non del tutto ospitale, che deve plasmare in base alle proprie intime capacità e forze fomentate dalla necessità, dall’urgenza, dal bisogno. Ciò è cagione d’incertezza. La disputa che si apre nell’orizzonte esistenziale di ciascuno di noi, nel nostro profondo, non rasserena, non autorizza a ritenere una certezza in ordine all’inviolabilità dei traguardi raggiunti, sempre parziali, mai definitivi e soprattutto mai consolidati. Tutto ciò non permette l’acquietamento. L’individuo è un ente dinamico, sballottato contro due bordi opposti che lo costringono e, in buona parte, lo determinano. A tutto ciò si aggiunge anche la forza centripeta proveniente dall’interno, dal proprio intimo, sostanzialmente inconscia che tende ad attrarre e imporsi: l’uomo non si relaziona solo con l’esterno, con altri individui della stessa specie e con l’ambiente, ma entra in contatto con se stesso, con il proprio profondo, anche se in maniera più o meno inconscia e mediata. E’ così sottoposto a gradienti che non può controllare del tutto né definire a priori. L’incertezza – non la certezza – è dunque la costante del nostro orizzonte esistenziale… incertezza che si esprime riversandosi nella omnicomprensiva sensazione di caducità, d’angoscia, di spleen. C’è chi riesce ad ottundere e silenziare questa costante, che come un’ombra accompagna la nostra vita, c’è, invece, chi vuol testardamente guardarla dritto negli occhi e sfidarla. La sfida è l’azione eroica, l’unica vera, che all’uomo è consentita, e su questo tema la Grecia classica era maestra e narratrice. La tragicità classica è – sintetizzando al massimo, forse anche semplificando eccessivamente – proprio la sfida che l’uomo lancia all’instabilità e volubilità del nostro centro rispetto al mondo, e di quest’ultimo rispetto all’individuo. La sua fuggevole essenza non si piega alla nostra volontà e necessità di addomesticarla. L’angoscia, per riprendere il detto che hai citato, è il segnale di questo stato di cose, è lo sbocco, l’emergere dell’instabilità prodottasi fra il nostro intimo e l’altro polo della relazione. In questi termini è benedetta, perché prenderne coscienza è, o può essere, la molla che induce alla sfida… ma non v’è farmaco spirituale che possa dirimere l’eterna disputa, perché la Vita stessa, caro Mirror, è disputa, non quiete. Ciao |
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