Ciao...
rispondo solo ora perché non sto molto bene (mi sto riprendendo da una operazione lieve, ma debilitante).
Non metto in discussione la reincarnazione come "trasmissione" di particolari caratteristiche dell'individuo, ma vorrei che comprendessimo veramente cos'è questo individuo...
segue un copia/incolla:
...procedendo con molta calma e attenzione...
Ammettere l'esistenza della reincarnazione vuol dire ammettere che una parte di "me" resterà inalterata, non subirà alcuna trasformazione nel "trasferimento di corpo", quella cosa deve anche identificarmi inequivocabilmente. Fin quì siamo d'accordo? Se è una cosa che passa da un corpo all'altro deve necessariamente essermi stata "tramandata" dalla vita precedente. Ma non può essere un qualcosa che posso avere o non avere, proprio perché mi identifica; senza di esso/a "io" non posso riconoscermi: io sono io proprio per mezzo di quella cosa (che suppongo vivrà, rimarrà anche quando il corpo avrà smesso di funzionare). Quindi dirò: "Io non sono il corpo, io sono quella cosa che si reicarna, io sono l'anima" e con la parola "anima" ci sentiamo di aver risolto il problema.
Ma cosa intendiamo per "anima", questa sarebbe una questione che ci portiamo appresso senza volerla vedere. C'è un velo di oscurantismo in questa parola. A tutti noi fa comodo pensare a questa "anima", perché si adatta alle nostre interpretazioni personali, ai nostri desideri più intimi di continuità: "ci deve essere dentro di me un nocciolo indistruttibile, che il tempo non può scalfire; la vita non può essere tutta quà: si nasce, si vive, si muore e tutto finisce come se io non fossi mai esistito, che tristezza!"
Allora, abbiamo inventato l'anima senza aver ancora capito cos'è l'"io"? Cos'è l'"io"? Chi sono io? Un nome? Una forma? Un corpo? La cosa più tangibile sembrerebbe il corpo, ma l'"io" che ero, appena nato, ora non sono più. Il tempo modifica il corpo...
...ma rimane il senso di essere lo stesso "io", col passare degli anni. Vado a dormire ogni sera e mi sveglio la mattina con la stessa sensazione di essere lo stesso "io".
Che cosa mi da questa continuità dell'"io"? Questa certezza dell'essere la stessa persona?
I ricordi. La mia identità è strettamente lagata ai ricordi. Niente altro che ai ricordi. I ricordi del volto che vedo allo specchio, delle persone che ho accanto, del luogo che ho lasciato chiudendo gli occhi la sera prima. Può sembrare estremamente riduttivo semplificare tutto così, ma pensandoci bene, senza la memoria che ci permette tutto il resto, il linguaggio, i pensieri, le identificazioni, le nostre relazioni, come possiamo riconoscerci? Come posso dire: "Sì! Quello sono io."? Non potrei riconoscermi.
Sarei un "io" senza identità. Anche se sento di essere ancora un "io", un centro di percezione sensoriale che è presente, fresco, sempre nuovo che non si basa su ricordi, ma su un'esperienza diretta! E quì tocchiamo un punto fondamentale. Questa percezione di "essere", al di là di tutti i nostri ricordi e delle identificazioni che ci siamo create nella nostra storia legata al nome, alla forma, al sesso ecc., è la nostra più viva realtà.
"Ma non possiamo accettare una tale spersonalizzazione! Questo significherebbe che sono indistinguibile! Io e gli altri, visti come semplici centri di percezione sensoriale, slegati da ricordi e identificazioni siamo come i pixel di un monitor spento!"
Sì, come centro percettivo questo è vero, noi siamo indistinguibili; ma il "monitor della Vita" è sempre acceso e non può esistere un essere umano senza un luogo di nascita, una storia che lo identifica ed una memoria che gli permetta di svolgere un ruolo preciso nel complesso delle sue relazioni. Oltre a non aver senso, non potrebbe neppure esistere! Non c'è atomo, non c'è pietra nell'universo materiale che non abbia una storia e una collocazione ben precisa. Noi come centri percettivi non siamo diversi.
Dopo aver detto tutto questo vedo che non posso riconoscere un "io personale" se non come "ricordi acquisiti". Il corpo è come un contenitore di informazioni che rendono identificabile un "io" altrimenti indistinguibile. Quindi l'"io" stesso non ha una individualità propria ed indipendente, se non determinata da fattori "esterni" acquisiti. Se diamo questi per reali possiamo continuare a crederci esseri separati e distinguibili dalla nostra storia e posizione geografica, ma è una convenzione alquanto grossolana, che va bene a chi basta vedere in modo sfuocato ed impreciso.
A quel punto si può pensare e credere a tutto, partendo da basi imprecise; per esempio dici di essere già stata su questo pianeta perché hai dei ricordi che risalgono ad una tua vita precedente. Non metto in dubbio i tuoi ricordi, ma come fai a dire che erano tuoi? Li percepisci tu, ma non potresti averli "ereditati" da colui che li ha vissuti, che non sei tu? E tu, a tua volta al momento dell'abbandono del corpo cederai al Grande Archivio dell'Universo tutti i tuoi ricordi, le tue esperienze e le tue identificazioni personali, i tuo desideri, le tue paure, la tua rabbia, le tue soddisfazioni che fino a quel momento vivevano in te e lascerai che proseguano la loro strada (un po' come le nuvole che "nascono" dal mare, dal fiume e dai laghi si condensano o si diradano, ma non spariscono, si trasformano, precipitano come pioggia o grandine o neve, ma sono fatte della stessa sostanza) finché non accumuleranno una energia sufficientemente forte per far sì che si esprimano in un corpo che li rappresenti e che gli faccia finalmente compiere il sentiero che li conduca dritti alla soddisfazione e all'appagamento di sé?
Ogni desiderio nasce proprio per morire nel momento in cui viene soddisfatto. In altre parole, quando c'è la soddisfazione, l'appagamento, il desiderio non ha + motivo di esistere.
Ma questo è un altro discorso.
Ciao, Mary e ciao Rolando. Un abbraccio!
Spero di essere stato un po' + chiaro
PS.:Quell'agglomerato di caratteristiche che ci distinguono sono in realtà desideri che stanno compiendo il loro percorso di evoluzione attraverso un corpo idoneo da loro creato.
(Quando ho detto che c'è il sole, volevo andare fuori a giocare!
)