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10-10-2012, 20.29.37 | #72 | ||
Moderatore
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
caro ulysse,
purtroppo non combattiamo ad armi pari, non ho proprio il tempo di controbattere a tutto quello che scrivi! Giusto qualche flash Citazione:
La moda, ma non solo quella. L'Italia ha un attivo nella bilancia commerciale (meccanica, prodotti agro alimentari, oltre alla moda). La nostra tendenza ad autoflagellarci ce lo fa spesso dimenticare http://www.investireoggi.it/finanza/...tivo-a-luglio/ Citazione:
Io ho contribuito, ho avuto nel passato diverse Fiat e sono stato abbastanza soddisfatto. Adesso la Fiat si sta suicidando non proponendo più nuovi modelli |
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11-10-2012, 20.57.59 | #73 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Citazione:
Tuttavia in quest’ultimo post ci ho dedicato molto tempo sacrificando altro…come sarebbero…impegni vari, letture, TV, sonno, ecc…… In effetti è un pò masochistico! …ma non sei obbligato ad altrettanta analisi!...anzi forse è giunto il momento di tralasciare…poi si vedranno in seguito i nuovi eventi. Citazione:
L’Istat ha comunicato che nel mese di luglio il saldo della bilancia commerciale italiana è stato positivo per 4,5 miliardi di euro, con avanzi sia per i Paesi Ue (+2,7 miliardi) sia per quelli extra Ue (+1,8 miliardi). Lo stesso istituto ha comunicato che nei primi sette mesi del 2012 il saldo commerciale, grazie al forte avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici (+41,9 miliardi), è stato positivo per 4,4 miliardi di euro. In aumento nel mese di luglio sia l’import (+2,9%) che l’export (+0,3%). In effetti ci deve essere qualcosa che non quadra: Perchè tanto autoflagellamento se esportiamo tanto e la bilancia dei “prodotti non energetici” è in forte attivo? Evidentemente deve esserci un forte disattivo per i “prodotti energetici” oppure compriamo tanto poco dall’estero che basta un minimo per essere in attivo! Le cifre sono assolute e non relative…ci vorrebbe un raffronto con le cifre degli anni precrisi. Comunque, ammesso come confortante e veritiero il rapporto ISTAT c’è da chiedersi…perché…: 1) -perchè tante tasse?...ora anche l’IVA è aumentata!...e tutto aumenta! 1)- tanti disoccupati? 3)- tanti precari? 4)- le banche non prestano?…ma, ancor più, sembra che non vi siano richieste di prestiti per investimenti in impianti produttivi? 5)- le aziende delocalizzano? 6)- tanto lavoro commissionato ad aziende di altri paesi…a partire dai nostri confinanti a est? 7)- continui tagli (anche ora con la nuova manovra di 12 miliardi) al welfare ed alla sanità? 8)- ecc…. Forse le risposta è che Monti, sempre impegnato a convincere la Merkel che siamo buon e bravi, non legge i rapporti ISTAT! Comunque, bando alle ironie, sono sempre convinto che non vada così bene e che i conti globali non tornino e che un maggior impegno non di tasse, ma di lavoro e inventiva sia da parte dei lavoratori che da parte degli imprenditori, del governo, dei partiti, ecc… ci potrebbe essere: sembra, infatti che ognuno aspetti che parta l’altro! Soprattutto sembra che nessuno dei servizi dello stato sia seriamente, efficacemente, impegnato a combattere la criminalità organizzata, l’evasione fiscale, la corruzione, ecc…anzi sembra che tutti ci sguazzino e ci abbiano sguazzato dentro! Ora esce che anche la costruzione dei grattacieli a Milano sia stata incentivata dalla mafia! In effetti c’è da chiedersi…ma perchè tanti grattaceli a Milano? ..proprio ora che nessuno compra casa?...e non si impiantano nuovi uffici? Che sia solo riciclo di danaro sporco? Ma quanto danaro sporco c’è in giro? Credo tanto da rifinanziare le banche e pagarci la cassa integrazione per disoccupati! Citazione:
Citazione:
Invece è adesso che bisognerebbe contribuire! Ma, purtroppo, la mancanza di nuovi modelli fa desistere la gran parte dei potenziali clienti. E’ la strategia di Marchionne che vuole delocalizzare in USA e certo non rinnova nemmeno gli impianti…anzi… cerca di chiuderli. D’altra parte forse Marchionne è un poco fetente, ma credo di indovinare supponendo che in Italia le troppe tasse ed il disimpegno di lavoratori e dirigenti renda l’auto FIAT troppo costosa e non concorrenziale con le Volkswagen e le altre marche…tanto che la gran parte delle auto del gruppo FIAT vendute all’estero sono costruite da Chrysler in USA. Ma anche da noi si produce Chrysler! |
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13-10-2012, 10.27.17 | #74 | |
Moderatore
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Citazione:
Già. Speriamo che qualcun altro abbia voglia di intervenire nella discussione. Ci sentite? C'è qualcuno??? |
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14-10-2012, 09.36.33 | #75 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Citazione:
Credo che Marchionne faccia solo quello che gli chiedono gli azionisti, in fondo la FIAT non è sua e lui è soltanto uno "stipendiato". Purtroppo ora emergono i veri problemi di cui ha sempre sofferto l'industria manifatturiera italiana: 1) Scarsa propensione all'innovazione (e infatti malgrado la crisi esistono delle nicchie che esportano e che tirano in alto la nostra bilancia commerciale, evidentemente ci sono imprenditori che hanno avuto la vista lunga). 2) Forte propensione all'utilizzo della svalutazione (e con l'euro il problema si è ovviamente accentuato) per l'esportazione. 3) Troppo "stato", che nei decenni ha utilizzato il pubblico impiego e grandi realtà industriali (come FIAT) come sistema di "welfare". 4) Utilizzo quasi paranoico della "mazzetta" anche in settori dove potevamo assicurare tecnologia e qualità di ottimo livello (vedere FinMeccanica). Ho indicato solo le prime cose che mi sono venute in mente, e non in ordine di importanza. |
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14-10-2012, 12.31.20 | #76 | ||
Moderatore
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Citazione:
Oltre un certo ammontare non si chiamano "stipendi" ma "emolumenti" C'è poi il problemino che guadagna in Italia ma paga le tasse in Svizzera http://www.blitzquotidiano.it/econom...izzera-801338/ Citazione:
D'accordo quasi su tutto. Ma nell'industria manifatturiera italiana c'è anche chi innova, e per questo continuiamo ad esportare. Adesso sembra che la Fiat abbia scientemente deciso di non investire più (vedi mancato rinnovamento della gamma) |
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14-10-2012, 12.56.23 | #77 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Citazione:
Infatti è vero, malgrado la crisi alcune nicchie "tirano" perchè hanno puntato sulla qualità, purtroppo questo non è un "sistema", altrimenti saremmo avanti alla Germania. Ho sorvolato sulla residenza fiscale di Marchionne. Il mercato dell'auto è in crisi ovunque, ma se si fanno prodotti di qualità si possono superare anche i momenti più bui (vedi wolkswagen, audi, tanto per rimanere in tema di tedeschi). Nel passato ho avuto 3 alfa romeo, ma la qualità è sempre quella (scadente) media dei prodotti fiat e alla fine ho deciso di rinunciare e mi sono arruolato nelle fila degli odiati tedeschi. |
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16-10-2012, 13.50.41 | #78 |
Ospite abituale
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
La svalutazione delle valuta dal Bretton Wood dei primi anni settanta quando si disancorò del tutto la parità moneta/oro, consentiva agli Stati di gestire la Bilancia Commerciale e la Bilancia dello Stato.
Le politiche monetaristiche servivano a utilizzare gli strumenti delle svalutazioni per creare delle “depressioni” affinchè affluissero investimenti dai Paesi forti che terziarizzavano le produzioni ( ci ricordiamo il boom del Nord –Est). In altri termini i costi produttivi e la competitività di conseguenza permettevano “il movimento” dei capitali. Oggi il senso di marcia è Europa verso Asia. Ed è inutile fingere, è impossibile competere produttivamente; bisognerà attendere che la bilancia con i due piatti arrivino verso l’equilibrio e questo comporta che l’Asia, ma non solo lei, dovrebbe dare diritti ai lavoratori e reddito e seguire le normative internazionali di certificazioni di produzioni, ambiente, antinfortunistica e sicurezza sui prodotti venduti con marchi di qualità. In altre parole standardizzare i processi certificando le tracciabilità. La situazione attuale è sul filo della drammaturgia. Ogni anno stanno spostando la ripresa economica all’anno successivo, ma manca la base fondamentale per la crescita , l’energia che in economia sono i finanziamenti per investire. Il paradosso è il seguente: recessione economica e quindi la base produttiva del sistema tende a marginalizzare chi è fuori dal mercato: chiude e si passa dalla situazione in cui pagava le tasse la proprietà e i dipendenti e quella in cui lo Stato dovrà mantenerli. Ma nel frattempo lo Stato deve fare attenzione ai propri fabbisogni in quanto sono ancorati e monitorati dalle strutture di vigilanze europea e dalla Banca Mondiale. Oggi conta di più il ragioniere che “apre” i libri contabili dello Stato e lo giudica che un capo di governo. Nel frattempo si paventa una razionalizzazione all’interno dell’organizzazione dello Stato sia negli enti centrali che nell’amministrazione periferica(regioni, provincie, comuni). D’accordo: e chi lo mantiene l’esubero che sarà strutturale? Quindi si continua a dare un “giro di vite” a coloro che avendo un reddito pagano le tasse e dall’altra lo stato disinvestirà. La domanda fondamentale è la seguente: se non ci sono finanziamenti dall’estero come si può pensare ad una ripartenza economica? Trovatemi un economista che mi dia una risposta seria, compresi i Nobel. Tenendo presente che il nostro mercato , inteso come consumi è asfittico e saturo , quindi o si esporta o molti chiudono e chiuderanno. Marchionne e la Fiat? Sapevano da anni che la competizione mondiale avrebbe salvato solo i megagruppi come la Volkswagen. E’ cambiato negli anni anche il modo di produrre, ora si utilizzano “le piattaforme” dove il marchio identificativo della proprietà utilizza altri marchi per scegliere i segmenti del mercato in funzione delle tipologie dei consumatori. Ad esempio la Volkswagen che fra l’altro ha i marchi Audi e Seat utilizza nello stesso stabilimento linee produttive dove un tipo di motorizzazione si trova anche sull’atro marchio, questo porta a delle economie di scala. La Fiat non può più competere in Europa con una Volkswagen, perché sotto alcuni prezzi non esiste margine di profittabilità e la Volkswagen ha differenziato bene i marchi per tipologie e segmenti ( prezzi/cilindrate/ potenza). Il mercato italiano era monopolistico per la Fiat fin quando era “protetto”e contingentato. Poi si è passati a liberalizzare i fuoristrada e infine tutte le marche inserivano nel consumo italiano i modelli che ritenevano confacenti. Ora il mercato italiano , per quanto detto precedentemente , è saturo. Quello che è accaduto nei settori privati a livello mondiale e in maniera trasversale è stato un assorbimento dei competitori disponendo quindi anche dei marchi assorbiti. Questo ha creato dei monopoli e oligopoli dal settore auto, alle banche, ecc. Gli interventi degli enti che sorvegliano i mercati più che dare multe non sono capaci. Ormai in alcuni settori economici è impossibile entrare e competere. Noi esportiamo in settori di “nicchia”di mercato per il design che contraddistingue e l’alta qualità dei tessuti nella moda o nella meccanica di precisione ad esempio. Ma sono settori che se economicamente ci danno soddisfazione, non consentono allagamenti produttivi Quasi tutto il tessile produce in Asia e quindi i soldi non passano per l’Italia. Il paradosso è che la sede legale è italiana paga le tasse, ma i dipendenti sono altrove delocalizzati dalle produzioni. Noi siamo un Paese “fessacchiotto” in un Europa gestita da altrettanti “ fessacchiotti”. Il Paese più liberista a parole, gli Usa, non permette di commercializzare sul proprio suolo prodotti che non escano dal suo territorio, ameno che i trattati commerciali lo deroghino. La Toyota e la Barilla se vogliono vendere auto e pasta in USA devono aprire stabilimenti sul suolo USA: capito? Le politiche della Federal Reserve, la banca centrale USA, sono state sempre storicamente improntate più allo sviluppo e non a contenere inflazione . Quindi i tassi d’interesse sono improntati verso competitivi costi finanziari per investimenti . Viceversa le politiche europee Così gli USA producono e si riprendono in fretta e l’Europa si piglia l’inflazione importata dei prodotti energetici ( perché il barile di petrolio è valutato ancora in dollari USA) e noi siamo quì ad aspettare…..il messia che ci dica una strada da seguire. I partiti politici non hanno programmi e non sanno che pesci pigliare, è per questo anche che appoggiano il governo Monti. Lasciano a lui l’incombenza di “mettere la faccia” con tagli antipopolari …e poi? Perché arriverà come accade in fisica, il “carico di rottura” e cioè il momento in cui assorbiti risparmi e redditi sempre più bassi rispetto ai prezzi dei beni di consumo, il numero di disoccupati e inoccupati, pensionati ecc. sarà tale che la dinamica ricchezza prodotta(PIL) e fabbisogno dello Stato non consentirà più una ripresa e il tempo gioca sfavore. Aspettiamo un Piano Marshall? |
12-11-2012, 14.24.58 | #79 |
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Intervengo timidamente in punta di piedi provando a dare un contributo alla discussione con gli strumenti grossolani di chi di economia non ci ha mai capito un gran che', ma che , in questo frangente di crisi , si trova , come molti altri, stritolato dalla classica mano invisibile e minacciato dalla digrignante bestia cieca che molti ritengono essere rimasta l'unica vera anima delle relazioni economiche fra gli uomini.Fra le poche cose che ho intuito, vi e' l' ineludibile e basilare importanza, in economia, del rapporto sinergico fra la domanda e l'offerta di prodotti e servizi; l'agente fondamentale sopra cui si regge questo equilibrio e' l'Uomo, mezzo e fine attraverso cui inesorabilmente devono fluire sia la domanda che l'offerta; fino a quando questi due pesi saranno bilanciati sullo stesso fulcro geografico-politico-sociale ed umano, il bilanciamento sara' regolato dalla chimica dell'ambiente socioeconomico in cui questi due piatti dell'economia si muovono, ma che succederebbe se l'offerta si slegasse e si decentrasse rispetto alla domanda su scala globale?...se una parte ben distinta del mondo geografico e socio-politico , per alcuni decenni, venisse a concentrare la gran parte di quell'offerta proiettandola prevalentemente solo verso una domanda concentrata e monopolizzata altrove, cosa provocherebbe quella asimmetria sull'intero sistema di equilibrio planetario dell'economia? ...l'offerta in un luogo soddisferebbe una domanda di un altro luogo ,lontana e sradicata dal contesto umano in cui verrebbe esaudita in modo difforme e fin troppo crudemente reale attraverso la produzione umanamente concreta di beni e servizi , ma quella domanda dislocata e differita ripagherebbe l'offerta reale solo attraverso la convenzione inconsistente e virtuale della finanza e del denaro, che di realmente umano hanno solo l'immaginazione , gli alibi e i desideri degli uomini , ma nulla di costruttivo se non la neutra proprieta' utilitaristica di un mezzo ; ad una attivita' umana ,ingegnosa e laboriosa in un luogo del mondo verrebbe, quindi, a corrisponderne una scialacquatrice e solo virtualmente operosa di un altro luogo; l'equilibrio verrebbe , giocoforza , gradualmente portato a ristabilirsi con il trasferimento della domanda lì ove l'offerta e' davvero realmente corrisposta, e lasciando spazio ad una nuova offerta realmente operosa li' ove la domanda ,ormai ingolfata e satura, pretendeva sempre piu' da un'offerta geograficamente ,culturalmente e civilmente lontana ( e a discapito di proposte produttive aderenti ad una realta' umanamente ammissibile) senza dare nulla di concreto in cambio; mi aspetto , come conclusione di queste mie povere e scarne congetture fondate solo sul buonsenso, che l' Occidente , dopo una crisi di stagnazione di una domanda molto astratta e insana, si riappropri di una produttivita' volta ad una crescita aderente alle reali esigenze di uno sviluppo umano e civile, ed in Asia, mi aspetto un volgere degli sforzi costruttivi dell'offerta verso una crescita interna compatibile con quegli stessi principi; fino a quando lo Tsunami asiatico non tornera' un placido e assolato oceano vacanziero,fino a quando l'enorme risacca asiatica non tornera' nei limiti di quel continente per rinverdirlo e renderlo rigoglioso , e fino a quando l'occidente non smettera' di voler reinventare monopolisticamente una domanda che da solo , ormai , non puo' piu' gestire per tutti , non si potra' ristabilire un equilibrio adatto a permettere uno sviluppo armonioso e proficuo di tutte le zone del mondo.
Ultima modifica di and1972rea : 12-11-2012 alle ore 14.53.43. |
19-03-2013, 08.55.13 | #80 |
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Riferimento: Le banche: le vogliamo eliminare?
Stavo studiando e riflettendo su teorie economiche, politiche e sul come dopo la “bolla” economica del 2008 scoppiata in Usa e ancora in via di smaltimento, come gli stati si stiano riparando dalle crisi finanziarie dettate da speculazioni errate.
Ebbene ,questo sistema bancario ce lo teniamo, caro Albert, questa purtroppo è la mia personale deduzione. La teoria keynesiana , sostenuta dalla politica del welfare state, dello stato del benessere, che ha accompagnato i diversi modelli social democratici dell’ultimo mezzo secolo, involontariamente hanno costruito delle piramidi gerarchiche (stato, banca centrale, sistema finanziario , privati) con un sistema circolatorio(sistema interbancario che connette il pubblico e il privato) che ha ingigantito il ruolo delle banche in quanto finanziatrici e quindi sostenitrice dello stato. Non credo che almeno inizialmente ci fosse volontà politica di dare più importanza e arrivare al potere dell’attuale sistema bancario. L’errore più importane è stato fatto nel momento in cui si è proceduto ad una deregulation globale e consentito forme di ingegnerizzazioni finanziarie e grosse concentrazioni di gruppi bancari. In questo c’è stato assecondamento e collusione dei poteri politici rispetto alle richieste del poteri economici. Il risultato attuale è che il peso della massa critica del potere finanziario sull’intero giro d’affari del sistema circolatorio finanziario è tale per cui se “salta” una banca, se cioè avviene un crack bancario questi rischia di trascinare anche il sistema finanziario dello stato a cui giurisdizionalmente appartiene. Significa che le operazioni di salvataggio più o meno nascoste che sono avvenute in questi anni da parte degli stati sui sistemi finanziari ,non erano dettate tanto da volontà o meno politiche, ma erano necessarie per la stessa salvaguardia di sopravvivenza economica dello stato stesso. In altri termini significa che la collusione, s così si può definire, fra sistema stato e sistema finanziario che lo sorregge attraverso il circuito dell’investimento sul debito degli stati oggi come oggi non è possibile mutarlo se non intervenendo legislativamente sugli ordinamenti finanziari. Infatti leggevo che sia in USA che in Europa subito dopo l’ultima bolla finanziaria, alcune commissioni hanno studiato e formulato delle proposte che sono ancora al vaglio consultivo. Le proposte si possono sinteticamente porre in questi due termini seguenti: separazione all’interno della stessa corporation bancaria del settore di trading (speculazione finanziaria) dal settore “classico” d’intermediazione (gestione risparmio privato, finanziamento a terzi). Significa che il crack bancario determinato da errori speculativi sui mercati non deve inficiare il sistema bancario del ruolo classico bancario. Il secondo aspetto è che l’attività di trading , in alcune proposte , nno dovrebbe superare il 20% dell’attività finanziari bancaria. Cioè la speculazione non deve raggiungere una massa critica sul totale, tale da mettere in crisi la sopravvivenza della banca stessa. La cosa interessante è che queste commissioni stanno mediando con cavilli ed eccezioni all’idea originale, per cui il rischio plausibile è che semmai si arrivasse ad una conclusione , nno sarà comunque più l’idea originaria. Quindi il potere bancario è destinato a non essere sminuito almeno nel breve e medio termine. Manca un nuovo quadro legislativo che nno può che essere determinato da volontà politiche. Personalmente lo ritengo irrealizzabile. Ad esempio l’euro , il sistema unificato fiscale, economico, bancario europeo , non sono voluti tanto dai poteri politici, i cui personaggi si sono avvicendati nel susseguirsi delle elezioni,(cambiano i “volti” , ma non le politiche) ma da quel potere economico e finanziario trasnazionale, a cui le dimensioni degli stati nelle loro operazioni di trading globali, impediscono con lacci e lacciuoli la dimensione giuridica e fisica di un mondo che si è dimensionalmente espanso con i mercati internazionali. Ancora una volta è l’economia nella storia a spingere gli ordinamenti giuridici e la politica a seguirla se non vuole essere travolta con ricadute sociali . La dimostrazione è che ormai in Francia Holland , nei fatti è già sulle stesse politiche di Sarkozy, cioè destre e sinistre hanno perso di caratteristiche storiche, accomunati tutti dagli stessi “paletti” che impediscono manovre al di fuori delle tolleranze consentite dei contratti stipulati internazionalmente. Quindi le politiche nazionali sembrano ormai scontate al di là di chi governa. Così come ,almeno per ora, si sta impedendo la ricontrattazione dei rapporti debito pubblico/pil agli stati singoli europei |