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Riflessioni sulla Mente - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica |
19-09-2010, 01.21.43 | #12 | |
Ospite abituale
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Riferimento: hardware-software
Citazione:
Ora veniamo alle cose davvero interessanti. Ti ringrazio per la domanda. Giustamente tu ti chiedi cosa significa in questo contesto "calcolo", e la tua domanda la giro volentieri anche al dottor Peccarisi. Io brevemente dico la mia seguendo anche le mie conoscenze di base: hardware è inteso come la parte "fisica" di una macchina. Siccome stiamo ipotizzando che l'uomo è simile ad una macchina, l'hardware di un uomo può essere considerato tutto ciò che indichiamo "all'interno della scatola cranica". Probabilmente anche la scatola cranica stessa sarebbe da considerare una parte dell'hardware, e a scalare, anche tutto il resto collegato alla scatola cranica. Il software comunemente è invece la parte volante, è in sostanza la parte "logica". Non sono un esperto di computer quindi mi è difficile fare qualche esempio più tecnico. Se superiamo questo ostacolo però, potremmo domandarci a che serva la parte "logica". Sempre che non esistano altri usi (in questo momento non mi sovvengono) un software è utilizzato per risolvere problemi. Cos'è, ti domanderai giustamente, un "problema"? E cosa significa "risolverlo"? Anche queste domande le giro volentieri al dottor Peccarisi o a chi voglia o ha interesse a rispondere. Sembra ovvio che, prima di tutto, è necessario scoprire se c'è un problema; quindi è necessario definire in modo preciso cos'è un problema, altrimenti non potremmo sapere quando si è alla presenza di un problema. Nel momento in cui avremo scoperto che c'è un problema troviamo la soluzione al problema creando un software. In buona sostanza deve esistere un software che risolve i problemi e un software che li cerca. Da questa prima valutazione è già chiaro che bisogna essere in possesso di un software che individui i problemi ancora prima di risolverli. Nel caso esistesse infatti un problema che non rientra tra l'insieme dei problemi che il software scova, non sarebbe possibile individuare quel particolare problema. Quindi è necessario che esista un software principale in grado di individuare tutti i problemi, o almeno tutti quelli di cui si è fino ad ora a conoscenza. La questione tuttavia (prevedendo un certo ragionamento) non può essere vista da una posizione di tipo evoluzionista (che ha bisogno di milioni di anni per essere significativa) in quanto il numero di problemi che il genere umano ha risolto soltanto negli ultimi duecento anni è così alto che si allontana l'ipotesi di una valutazione di questa natura. Non possiamo parlare di "evoluzione" di software... o cose del genere, metteremmo in seria crisi gli evoluzionisti che hanno già i loro grattacapi . Un altro punto di discussione potrebbe essere rappresentato dal fatto se considerare la coscienza dei sentimenti, delle emozioni, delle paure ecc. il risultato di un software o direttamente la conseguenza dell'hardware. Nel primo caso la coscienza di un sentimento o di un'emozione ecc. è un calcolo, ovvero la conseguenza di un procedimento logico. Nel secondo caso le sostanze fisiche all'interno della scatola cranica sono direttamente responsabili della coscienza. Così arrivo al punto. Se considero la coscienza il risultato di un calcolo, non devo considerare soltanto un software che risolve problemi, ma anche un software che rende coscienti dei problemi (o dei sentimenti ecc.). Se invece non avessi bisogno di considerare calcolo la coscienza di una semplice emozione, allora starei valutando l'ipotesi che la mente umana, a prescindere dai calcoli che dovesse svolgere autonomamente, non sia dopotutto la conseguenza di un calcolo. Nel primo caso quindi si evince come un'emozione (ad esempio) dovrebbe essere la conseguenza di un calcolo, mentre, dall'aspetto, non sembrerebbe esserlo (e bisogna spiegarlo). Nel secondo caso la coscienza non dipenderebbe da questioni di logica ma di fisica; quindi quando parliamo della mente umana ridotta a fare calcoli logici, in realtà staremmo parlando di qualcos'altro, tutto... tranne che della mente umana. Un p.s. Veloce Ho parlato di emozioni, ma potrei parlare della mia consapevolezza di scrivere su un computer. Scrivere su un computer potrebbe anche essere la conseguenza di un calcolo, ma la mia consapevolezza di scriverci sopra deve avere la stessa natura della consapevolezza di un'emozione, o della consapevolezza di un colore o di un odore ecc. Se poi si vuole aggirare l'ostacolo dicendo che la mia e Vostra consapevolezza è un'illusione, qualcuno mi/ci dovrà spiegare perché non potrei dire la stessa cosa sia dei miei e dei vostri calcoli (e qui mi ricollego a questo argomento: https://www.riflessioni.it/forum/filo...ifferenze.html.) della scienza e di tutto il resto. |
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19-09-2010, 09.43.13 | #13 |
Ospite
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Riferimento: hardware-software
L’esempio che Putnam fece per primo, del software e dell’hardware (salvo poi in parte revisionarlo) ha avuto indubbiamente molto successo. Non perché siamo tutti convinti che la nostra testa sia un computer, ma fornisce bene l’idea come un contenitore, l’hardware, concreto, rigido, materiale, possa esprimere contenuti diversi, ‘volatili’. Pur “funzionando” diversamente: la mia rabbia e quella di un leone è sempre rabbia, la “funzione” si esprime diversamente perché l’hardware pur avendo la stessa struttura di base (DNA, molecole, neuroni, trasmettitori, ecc) si è evoluto diversamente e si esprime diversamente. La rabbia di un Lord inglese e quella di un indigeno di una tribù del centro africa sarà quasi identica; ma il software darà una diversità anche in questo caso, pur essendo uguale l’hardware. L’hardware e i molteplici softwarini che contiene non vengono prima dei problemi (magia, inspiegabile), ma si sono formati in seguito ai problemi, da risolvere (prestigiatore, spiegabile). Quelli degli animali, lenti, toccano spesso l’hardware, quelli umani, veloci, riguardano invece il software, cioè la funzione del cervello: la mente. C’è stata un’evoluzione della mente? Perbacco se c’è stata! (che si grattassero pure la testa gli evoluzionisti). Non certo quella del pluriomicida, stupratore, del delinquente..certi soggetti umani sono peggio degli animali. Parliamo della mente collettiva, riferendoci a ciò che l’evoluzione delle idee, legate al confronto e alla concorrenza d’idee diverse (possibile nell’uomo grazie al linguaggio)..a reso questo ‘animale’ diverso dagli altri.
Ha reso la sua coscienza animale (calcoli biologici?) una coscienza umana (calcoli biologici, questi sono ammessi + calcoli legati al linguaggio, volatili, software..ahi..ahi..noi umani pure saremmo animali?..meno ammessi). Dall’aspetto certe cose a noi non sembrano ‘calcoli’. Vero. Sabato scorso giocando a calcetto, dopo una corsetta, giunto in fondo al campo, con uno sguardo ho visto un compagno, sul secondo palo, allora ho crossato in modo che la palla passasse alta su quelli nell’area piccola, ed arrivasse dietro dove quello l’ha messa dentro di testa. In una frazione di secondo, tutti i muscoli hanno rallentato la corsa, quelli della gamba sinistra si sono contratti in un certo modo, quelli di destra, con cui dovevo tirare, in un altro; il piede si è compattato per colpire il punto esatto del pallone. Tutti i muscoli tesi per mantenere sempre in equilibrio il corpo; nel frattempo l’occhio guardava, identificava le varie posizioni, valutava le distanze, il cervello allora sceglieva l’opzione da realizzare, e metteva in campo tutte risorse mnemoniche degli altri cross finora effettuati nella vita (esperienza), alla fine tutto scatta come una molla, in una frazione di secondo. Bravo..mi ha detto uno. Beh... è una ‘illusione" che sia stato “Io”. Io non ho fatto niente, mi è venuto tutto in automatico, avrei dovuto dire è stato solo il risultato riuscito di milioni di calcoli che il mio corpo ha effettuato in pochissimo tempo. Ma io non mi sono accorto di nulla, anche l'emozione 'soddisfazione calcistica per il gesto tecnico' mi è arrivata in automatico. Non mi farei distrarre dalla percezione che abbiamo di noi stessi da quello che realmente siamo. Grazie. |
20-09-2010, 00.59.09 | #14 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: hardware-software
Citazione:
Che "renda l'idea" non significa che funzioni in quel modo Citazione:
Che significa si è "evoluto" diversamente? Cosa si è evoluto? Non comprendo bene cosa intende per "funzione", ovvero a cosa si riferisce. Stavamo parlando di calcoli, ora invece stiamo parlando di funzioni e di stati mentali preesistenti, cioè innati. Possiamo anche cambiare discorso (anche se so bene che nel suo articolo ne parla diffusamente), ma dobbiamo per lo meno tentare di capire se gli stati mentali di cui parla sono il frutto di calcoli oppure no e cosa intende per "calcolo". Citazione:
Questo lo diceva Lamarck. La teoria evoluzionista è una teoria biologica e cioè fisica, ovvero riguarda l'hardware cioè la parte fisica della macchina (uomo-animale); lei mi insegna che questa parte fisica ha bisogno di milioni di anni (o almeno qualche centinaio di migliaia di anni,) per trasformarsi in modo "significativo". Siccome la "logica" (che identifichiamo con il software) è la parte volatile, non può trasformarsi, ovvero evolversi (come dice lei) secondo i criteri dell'evoluzione biologica perchè quest'ultima è una teoria che riguarda invece la parte fisica . In sostanza se non cambia l'hardware nulla può cambiare nel software. Lei mi pare ammetta che il software possa evolversi autonomamente dall'hardware, ma così non spieghiamo nulla... o forse ho capito male? Citazione:
Anche nel suo articolo ha parlato di parte fisica e parte astratta senza spiegare quale sarebbe la relazione tra le due. Per assurdo (giusto per farmi capire) se un uomo e una donna vissuti duemila anni fa ci prestassero uno dei loro figli appena nati, quel bimbo potrebbe diventare un ingegnere nucleare. Non credo che un bimbo di duemila anni fa fosse potenzialmente meno equipaggiato per vivere nel 2010. Certo non ne posso avere la controprova, ma se fosse vero ciò che dice (o che credo di aver capito) un bambino di duemila anni fa non sarebbe capace di vivere nel 2010 perchè nel frattempo sono avvenuti, negli ipotetici stati mentali, cambiamenti favorevoli alla vita di oggi che quel bimbo non ha potuto registrare. Io invece credo che non siano stati possibili cambiamenti significativi; duemila anni sono un tempo troppo breve per registrare grandi cambiamenti biologici che comunque dovrebbero essere casuali e non indotti dall'uso frenetico di una certa "funzione" (come sarebbe stata la spiegazione di Lamarck sul collo delle giraffe che a furia di tentare di allungare il collo per arrivare al cibo, poi sarebbe diventato lungo adeguato alle necessità). Resta però la constatazione che solo negli ultimi duecento anni i cambiamenti, o se vuole, l'aggiungersi di nuovi stati mentali, si è moltiplicato in modo forsennato. Da una parte abbiamo quindi un hardware pressoché immutato, e dall'altra parte un software evoluto in maniera molto significativa. Qualcosa evidentemente non funziona... Citazione:
Tutto il suo racconto fa riferimento all'apparato biologico, fisico e strutturale. Che ci siano gran parte di organi e strutture che noi non possiamo controlliamo è vero, però lei ha la possibilità di "conoscere" il funzionamento di quelle strutture ed allenarle perchè funzionino al meglio. Anch'io guido oggi la macchina e oramai metto frizione prima di inserire la marcia in modo da non accorgermi di farlo, ma le assicuro che ho dovuto faticare all'inizio affinché non ci pensassi più. Non mi può dire però che guidare un'automobile sia una funzione biologica "automatica". Suppongo che non ci sia scritto da nessuna parte, compreso nel nostro dna, come guidare un'automobile. Quindi quello non è uno stato mentale scritto da qualche parte (o come dice lei in quanto innato) l'abbiamo dovuto imparare. Il punto essenziale è che noi possiamo imparare un'infinità di cose e inventarle con quasi la stessa facilità. Citazione:
La "tecnica", nel calcio, si studia. Comunque la sua idea di "automatismo" non l'ho capita. Lei è sicuro di poter imparare a giocare a calcio, guidare un'automobile o laurearsi senza dover credere che a compiere quelle gesta sia stato lei? Cioè lei crede che se non avesse avuto la coscienza di essere lei stesso, si sarebbe laureato, avrebbe giocato a calcio e imparato a guidare l'automobile? Le racconta sta cosa: una volte mi sono svegliato mentre ero in piedi e stavo camminando per casa quando invece dovevo essere sul letto a dormire. Stavo sognando di camminare, ma solo quando mi sono svegliato ho capito che stavo sognando di camminare mentre nel frattempo camminavo per davvero. Pensi cosa potrebbe succedere se fosse sempre tutto così automatico...come farsi una bella passeggiata mentre non si è coscienti di passeggiare. grazie |
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20-09-2010, 16.40.12 | #15 |
Ospite
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Riferimento: hardware-software
Chiamo ‘mente’ l’insieme delle funzioni del cervello, che, quando nasce se le ritrova sotto forma di ‘moduli’, alla base dei quali vi sarebbero, secondo l’ipotesi più accreditata in questo momento in scienza cognitiva, dei ‘calcoli’. Un’idea di come potrebbero essere questi calcoli l’ha lanciata sul mercato delle idee,Turing; un’idea fruttuosa con la quale poi sono nati i computer. Un’idea che secondo me può bene iniziare un percorso di conoscenza e che è invece criticata da lei, che tuttavia non offre alcuna alternativa in cambio.
L’evoluzione riguarda sia l’hardware, il cervello, che il software, la mente, il comportamento. Lorenz ci ha spiegato molto bene l’evoluzione del comportamento animale. L’evoluzione cervello-mente (hardware-software) animale è molto lenta, come giustamente dice lei, milioni di anni. Come spieghiamo allora la nascita della mente umana? In un animale è avvenuta una novità, il software si evolve da solo: da corpo da scimmia (ricordiamo che il 98,6 circa per cento è in comune) può uscir fuori perfino un Dante, un Eisntein. Pare che duemila anni fa i Nubiani una popolazione che viveva in corrispondenza dell'odierno Sudan, scoprirono un antibiotico, la tetraciclina. Sono sicuro che l’hardware di duemila fa è lo stesso nostro. Andrei indietro di almeno venti-trentamila anni per ipotizzare qualche piccolissimo cambiamento nel cervello. Per il software è diverso. Certo non possiamo far parlare i cani perché loro hanno un hardware diverso, ma noi possiamo parlare, ed è il parlare che modifica e fa evolvere la nostra mente rispetto a quella di tutti gli altri animali. Ci sono molte ipotesi, a me affascina molto quella del meme, Dawkins lo ipotizza come unità d’imitazione, Dennett lo ha definito come un pacchetto d’informazione. I geni sono scritti sul medium fisico del DNA, usando un unico linguaggio, i memi anch’essi scritti su medium fisici possono saltare da un medium ad un altro, sia esso un cervello, uno scritto, una videocassetta, un computer. Dopo la nascita del meme (o qualunque cosa si voglia immaginare al suo posto) l’evoluzione della mente della scimmia umana se messa a correre. Libri, biblioteche, invenzioni, cultura e l’io umano è cambiato (cambiamenti nel software) da quello animale. Per quanto riguarda l’automatismo. Penso di essere io a voler andare a giocare a pallone e a andare ad allenarmi per giocare meglio. O se guido l’auto, di svoltare a destra o andare dritto. Anche quando cammino sono io a pensare di andare in edicola a comprare il giornale. Milioni di ‘calcoli’ regolano i muscoli della deambulazione, del cuore, della digestione, dei reni, della circolazione, ormonali, mentre faccio certe cose, ma io non mi accorgo di nulla. Perché io sono un’altra cosa. Io sono un piccolo modulo del cervello (e i moduli, come Fodor si sforza di spiegarci, sono creati da ‘calcoli’ su rappresentazioni atomiche). Anche se è in polemica con l'ipotesi della modularità massiva della nuova sintesi (ma questo è un altro discorso). L’io biologico esiste per gestire l’interazione con l’ambiente, trovare il cibo e riprodursi. Di altre cose non si preoccupa. In noi umani parlanti però, a mio modo di vedere, per le vicende che ho raccontato, ha finito per essere una creazione fantasmagorica capace di creare poemi e inventare teoremi. Penso che nel sogno questa funzione, strettamente legata alla realtà, venga meno e viaggiamo senza tempo, senza spazio e senza io. Al contatto della realtà quel modulo scatta automaticamente, ci svegliamo per forza, e “il modulo” ci fa sentire immersi in questo concreto mondo, molto diverso da quello del sogno. Grazie. |
21-09-2010, 12.30.23 | #16 | |
Ospite abituale
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Citazione:
Tenterò di essere “sintetico”. Cercherò anche di sintetizzare il suo pensiero (e sarà lei a dirmi se corrisponde o meno) e poi sinteticamente tenterò di spiegare il mio come da sua richiesta. Spero di essere il più chiaro possibile. Lei dice (non solo lei..anche quella moltitudine di scienziati-filosofi che lei stesso ha nominato): la mente altro non fa che elaborare dei calcoli, chiamiamoli con il loro nome originale: algoritmi. Poi dice anche: l'IO non esiste, in realtà chi comanda all'interno della mente sono gli algoritmi. La sua deduzione è: se a comandare sono gli algoritmi posso spiegare il funzionamento della mente attraverso la concatenazione di algoritmi. Io invece cosa dico? Dico che lei deve spiegare anche l'Io-coscienza con un algoritmo se vuole per davvero ridurre tutto ad un algoritmo. Siccome la gran parte di questi filosofi-scienziati (a cui lei si associa), senza ammetterlo chiaramente, non sa quale algoritmo usare per ridurre anche l'Io-coscienza ad un algoritmo, dicono che è un'illusione... o che non esiste, oppure che non è un problema interessante. Io dico invece che non è cancellando i problemi scomodi che si rivolvono le questioni importanti. Secondo la mia idea invece l'Io non è spiegabile con un algoritmo ma nello stesso tempo è indispensabile per creare algoritmi. Ecco perché lei, e chi per lei, non riuscirà mai a costruire una macchina che assomigli ad un uomo soltanto con gli algoritmi; ovvero la mente non può essere ricondotta all'esercizio automatico e concatenato di calcoli, seppur complessi. All'inizio ho fatto riferimento, non a caso, ai concetti “primi” i quali secondo me, non possono essere ricondotti ad un algoritmo. Euclide non avrebbe inventato la geometria che porta il suo nome e noi forse non staremmo qui a parlare della mente. Che la geometria euclidea possa alla fine essere ricondotta ad un algoritmo potrei anche ammetterlo, ma senza l'intuizione di quei concetti primi non riconducibili ad algoritmi non si sarebbe potuto ricavare un algoritmo della geometria euclidea. Spero che questa sintesi sia anche chiara per tutti. |
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22-09-2010, 12.43.33 | #17 |
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Lei dice che io, insieme con coloro che sostengono quest’idea, parto da calcoli e algoritmi. Via via, collegamento dopo collegamento, siamo arrivati sino noi. Più o meno è così; i primi esserini che passarono dall’inorganico alla vita, e comparvero agitandosi sulla faccia della terra, erano poco più che semplicissimi computer in miniatura. Poi si sono fatti più complessi, fino agli umani che hanno un io, e che ci riflettono persino sopra, come appunto stiamo facendo. Lei sostiene che questo non può essere dimostrato e per questo rimane la conclusione che è invece l’io che crea gli algoritmi. A questo punto la domanda è d’obbligo. E l’io da dove viene? Noi cerchiamo di capire proprio questo. E se l’ipotesi dei calcoli e algoritmi sarà superata da una migliore, ben venga. L’io è un concetto primo? Io non capisco di filosofia, può darsi che sia un’affermazione dotata di un senso, che tuttavia io non afferro. Per me i concetti sono tutti ‘secondi’, vengono dopo un’altra cosa; è sempre più difficile andare a ritroso per capire l’attuale stato dell’arte, ma è indispensabile.
La difficoltà della spiegazione della coscienza, dal punto di vista teorico, è la stessa d’altre funzioni che consideriamo meno nobili. Il fatto è che usiamo il termine coscienza dandogli spesso una connotazione “speciale”, un qualcosa che viene prima. Se inseguo una gallina, quella prende coscienza di questo fatto e scappa, svicola, si nasconde. Eppure lo studio della coscienza della gallina è un problema empirico. La coscienza umana è molto più complessa perché si è coevoluta col linguaggio ed è l’unica coscienza animale che ha avuto questo vantaggio. Nessuno afferma che la coscienza non esiste e che l’abbiamo cancellata. Semplicemente non è considerata un’entità privilegiata, non studiabile, superiore a quella biologica animale e che viene prima di tutto. Se guardo in Tv il cantante non è che penso che non esiste; non esiste nel mio televisore. Prima dell’intuizione dei concetti, di Euclide vi è la sua storia. Euclide nasce come un animale (espressione forse di un’infinità di algoritmi e calcoli) si nutre, respira e ha i suoi bisogni. Il suo modulo della coscienza però non è più simile a quello della scimmia, ma si è acculturato ed è capace di grandi ‘intuizioni’. Ma cos’è un’intuizione? Le sue magnifiche intuizioni non nascono dal nulla, provengono, anche loro, dall’antica cellula primordiale, il cervello rozzo animale, quello raffinato umano, poi il linguaggio, la cultura, la concorrenza tra le idee. Coloro che producono grandi ‘intuizioni’ hanno studiato molto e spesso in modo particolare, sono dotati di uno spiccato senso pratico e immaginifico insieme, e ciò ha permesso loro di creare nuove visioni, teorie, teoremi, modi di pensare. Non si potrà mai costruire una macchina come l’uomo? E’ molto difficile, s'otterrà una macchina diversa da quell’umana. Capace di superarlo in molti campi ma senza emozioni, perché quelle sono legate alle cellule, e alla struttura organica. Le cellule hanno una cosa che chiamiamo ‘sensibilità’ che non hanno i microcip al silicio. Tuttavia una macchina costruita molto simile all’uomo esiste, ed è la scimmia; il suo costruttore (la natura) ha utilizzato gli stessi materiali e impiegato milioni d’anni. Se le scimmie cominciassero a parlare nel giro di poco tempo, poiché, suppongo, s’avvantaggerebbero della cultura umana già esistente, diventerebbero come noi. Utilizzare gli stessi materiali e metterci solo qualche decina d’anni per costruire un uomo è impensabile, oltre che idiota, da parte della scienza umana. Quello meccanico costruito dalla scienza umana sarà un essere diverso, in alcuni casi con capacità straordinariamente superiori a quelle umane, quelle legate soprattutto all’intelligenza pura. Molto utile per il progresso delle conoscenze. Tuttavia, privo di sentimenti, non gli batterà il cuore (una batteria?) se incontra una bellissima macchina. Cos’è un’intuizione? Esiste un’intuizione senza nulla dietro, senza una storia? Io dico di no, lei, se non ho capito male, e se ho capito male mi corregga, dice di sì. Grazie |
23-09-2010, 11.40.19 | #18 | |||
Ospite abituale
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Citazione:
Lei giustamente cerca una “causa” originale, il principio di ogni cosa; questo lo fanno i filosofi. Nei post precedenti ho affermato che nemmeno quello che rappresenta per noi il dna (cioè informazione di un essere vivente futuro) conosciamo la “causa”, essa è la magia della natura. Non mi fraintenda. Quello che voglio dire è che noi potremo stabilire (venire a conoscenza) che una certa disposizione proteica creerà un occhio azzurro e un'altra struttura un occhio verde, ma non sappiamo perché e qual è la causa. Il genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, ed è ciò che è "scritto" nel DNA. Il fenotipo, invece, è l'insieme dei caratteri che l'essere vivente manifesta. Queste manifestazione dipendono soprattutto dal suo genotipo. Noi però non sappiamo quanti genotipi, ovvero quante diverse informazioni, sono possibili in natura e perché esiste questa possibilità. La differenza tra la mente-coscienza e un fenotipo-genotipo è che il primo sembra appartenere ad un mondo misterioso e “astratto”, mentre tra il fenotipo e il genotipo sembra esistere solo una stretta relazione fisica-biologica. Il problema è che tra genotipo e fenotipo esiste anche una “astratta” relazione, misteriosa, dovuta alla possibilità che una diversa disposizione strutturale del genotipo renda possibile il fenotipo. Se io le chiedessi da dove sbucano fuori questi esseri viventi lei mi direbbe dal dna, io invece le risponderei dal nulla. Da una possibilità che c'è invece di non esserci. Le faccio un esempio: un pesce usa le branchie perchè deve respirare sotto l'acqua quindi esistono i pesci. In realtà un pesce esiste perchè casualmente si è venuta a creare l'informazione, contenuta nel dna, che ha permesso in seguito le branchie. Quindi non era scontato che sarebbero esistiti i pesci. Quello che io affermo in piu è: i pesci esistono (prenda sempre con le dovute pinze questi argomenti che sono solo esempi) non solo perchè casualmente il dna si è modificato in modo da formare l'informazione-branchie, ma soprattutto perchè esisteva la possibilità di una ipotetica informazione che comprendesse le branchie. Ma chi ci dice che l'informazione di “dna-branchie” dovesse esistere per davvero? Questa è pura magia (come intendo io la magia..quella pura, senza spiegazione...senza cause) infatti sembra arrivare dal nulla... Per cui io non mi spavento più di tanto se non riesco a spiegare l'esistenza della coscienza. E' come se lei mi dovesse spiegare l'esistenza della possibilità che la natura aveva di creare delle branchie, entrambe sembrano sbucare dal nulla. Al massimo potremmo dire che questa è la natura delle cose. Funzionano così e basta. Citazione:
Lei pensa, secondo me,ai concetti slegati dalla natura delle cose. Cerca giustamente delle relazioni all'interno delle cose, ma evita di spiegare la natura delle cose stesse. Allora la risposta a questa domanda sarà (purtroppo) un'altra domanda: mi cerchi la relazione tra l'informazione (ricordiamo: genotipo-fenotipo) contenuta nel dna e qualcos'altro che la precede. Quella informazione da dove sbuca? Qual è la causa di quell'informazione? Come lei dice di ignorare la filosofia (io non credo, la facciamo tutti) io ignoro la biologia. Quindi non so se sia possibile comprendere la relazione tra l'informazione contenuta nel dna e altra ipotetica entità. Se esistesse questa entità potrebbe riuscire a darmi un motivo, una causa, all'informazione contenuta nel genotipo. Da dove sbuca quindi l'informazione? Per rendere meglio la domanda, prendiamo l'esempio delle branchie. Noi studiamo il dna e veniamo a conoscenza della disposizione genetica che permette la costruzioni di branchie. Non ci interessa quanto sia complicata o complessa questa costruzione. Ci interessa sapere quale è la disposizione del dna che permette le branchie. Potrebbe essere soltanto un gene, o solo una proteina, non ci interessa. Quello che dobbiamo però comprendere è se l'informazione "costruisci- le -branchie" si rendeva necessario in quanto costretto, determinato da una causa prima, oppure (come io suppongo, sarà lei a fornirmi la giusta interpretazione tecnica) che non c'è una spiegazione al fatto che quell'informazione significa “costruisci le branchie”. Se non esiste una spiegazione al fatto che una informazione è possibile (io non credo, ma siccome sono ignorante in materia, lei potrebbe fornirmela una) perchè per la coscienza abbiamo bisogno di una spiegazione? Lo so che questo è un discorso complicato. Forse lo complico perchè ignoro alcune fondamentali leggi della natura. Anche se, bisogna ammetterlo, nessuno sa perchè esistono quelle leggi. Ed io su questo fondo il mio pensiero. Quindi se la coscienza fosse qualcosa di fondamentale (un concetto primo e no secondo), come l'informazione di una branchia, nessuno saprebbe dare una spiegazione esaudiente alla coscienza. E' chiaro anche (ed è per questo che inizia la mia discussione) che se confondessi una cosa fondamentale con una derivata prenderei diversi granchi. Se la coscienza fosse qualcosa di fondamentale come l'informazione di una branchia, lei non potrebbe comprendere da dove deriva il contenuto della coscienza. Io credo invece che la coscienza è la prima vera informazione, è la nascita dal nulla dell'informazione. E' qualcosa di fondamentale e non di derivato come lo è l'informazione di branchie o di polmoni. Mi fermo qui per non allungare troppo il post, avrei voluto scrivere altro ancora. A questa domanda che lei ha fatto alla fine... Citazione:
...rispondo affermativamente. Anche se sarebbe inevitabile dover approfondire... ma in un altro momento, quando lei mi avrà fornito la risposta alla mia domanda. Se lei mi fornisse una risposta adeguata a quella domanda, potrei rivedere tutto il mio ragionamento sull'intuizione e sulla coscienza. |
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26-09-2010, 12.41.34 | #19 |
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Il modulo biologico della vita di relazione si adatta, sia pur lentamente, alle mutevoli condizioni ambientali. La codifica di un organismo non è tutta nei suoi geni ma bisogna tenere conto dell’ambiente in cui si sviluppa, dell’interazione e dell’ambiente sulla Terra, che ha subito una lunga storia di cambiamenti. Meteore precipitate, ere glaciali, maree e terremoti, variazioni climatiche, hanno trasformato le condizioni della vita. L’uomo poi ha continuato a produrre e a distruggere.
Cominciò a sfornare vasi, recipienti, utensili, armi, strumenti, capanne, barche, suppellettili, monili. L’informazione dall’interno delle teste cominciò a passare fuori, nell’ambiente. Ma che cosa è l’informazione? Non c’è una causa dell’informazione. E non può nascere dal nulla, perché deve essere rilevata da qualcuno. L’informazione non è una cosa chiara e distinta ma è un cambiamento, una differenza rilevata. Rilevata da qualcuno che la può rilevare; ed è “una differenza che genera una differenza” (Bateson 1972, trad. it. 317). Una differenza però non è qualcosa che si tocca, non è un corpuscolo e neppure un’onda. Non esiste da sola ma è il prodotto di qualcosa, di naturale (organismi viventi) o d’artificiale (tecnologia). Il mezzo è il messaggio, diceva McLuhan, e i mezzi, l’uomo cominciò a farseli da solo. L’informazione (umana) genera conoscenza, modella qualcosa che era informe, seleziona e ordina, infatti, tutta la scienza si basa sulle informazioni. Forse è proprio questa differenza, il ‘quanto’ d’informazione di partenza per l’evoluzione culturale. Nelle teorie della selezione culturale non vi sono particelle ma differenze di stati, sono questi che attraversano la sostanza organica e con variazioni genetiche determinano l’evoluzione biologica, fino al cervello umano. Così si può, con Sterelny e Griffiths, “definire un gene sulla base delle differenze che è capace di generare” (Pievani 2005, 127). Per le branchie come per la coscienza c’è il caso e la necessità (spiegabili entrambi), in combutta tra loro: ma non nascono dal nulla. E si..io sono per il caso, lei per il mistero. Ma il mistero blocca la ricerca. Il caso non significa non ricercare il legame tra le cose o la linea di sviluppo; come si è arrivati a ora, ecc.. Come dice il premio Nobel Edelman “ Un’analisi scientifica della coscienza deve rispondere a questo interrogativo: come fanno le scariche di neuroni a dare origine a sensazioni, emozioni e pensieri soggettivi? (…) Il mio proposito è affrontare spiegazioni che poggino su una base scientifica, nella speranza di liberare dalla schiavitù quanti credono che il soggetto sia esclusivamente metafisico o necessariamente misterioso (‘Più grande del cielo’, Einaudi,2004, p.3-4). |
27-09-2010, 09.22.33 | #20 | ||
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Citazione:
Nel 2009 aprii un argomento in risposta ad un suo articolo. Non so per quale motivo i moderatori lo spostarono nella sezione "La riflessione" e non in questa: https://www.riflessioni.it/forum/la-r...erenziale.html Citazione:
E questa è una cosa importante. Ripropongo qui (con qualche lievissima differenza) una analisi che ho fatto l'altro ieri in "Riflessione sulle scienze" nell'argomento "L'intelligenza della IA" Bisognerebbe capire invece (almeno secondo me) se l'uomo ha qualche asso nella manica che non può essere trasferito ad una macchina. Poi bisognerebbe capire se quest'asso sia determinante per quel "lavoro" che si suppone indispensabile per tutte le rivoluzioni culturali, scientifiche e tecnologiche passate, presenti e soprattutto future. Io credo di si. L'uomo ha qualcosa che non è possibile trasferire ad una macchina, almeno non le macchine computabili della I.A Siccome il primo indiziato (spesso è così) è la parola, e le parole hanno dei significati che si presume abbiano un retroterra di altri significati, è possibile provare a scavare tutti i possibili significati di una singola parola. Per esempio "mamma". Il significato della parola mamma non c'è nel bambino che imita a pappagallo quel suono. Quindi possiamo dire, senza che qualcuno possa smentirmi, che inizialmente i suoni e le parole emesse automaticamente, non hanno alcun "significato". Perché poi la parola mamma diventa così piena di significati quando si prende coscienza del significato della parola mamma? Potremmo senz'altro dire che il cervello si svilupperà con il passare del tempo e a quella parola si assocerà una descrizione più dettagliata. La descrizione della parola mamma, attraverso altre parole e altre descrizioni, condurrà al significato della parola mamma, che in origine non aveva alcun significato. Quello che però mi chiedo, perché una parola che non ha significato, ne acquista uno soltanto se associato ad altre parole che ugualmente non possono avere, da sole, alcun significato? Secondo me una rete di parole non può produrre "significati", al massimo produce algoritmi. Secondo me è come se (mi rifaccio ad un'immagine "radiofonica") un bambino, nel crescere, "sintonizzi" il proprio IO verso la giusta frequenza, come quando si cerca una stazione radio. Ogni parola viene sintonizzata verso quella frequenza. La parola mamma quindi, che inizialmente poteva essere un algoritmo, diventa un significato. Nel momento in cui il bambino prende coscienza di se (sintonizza il proprio IO sulla giusta frequenza) "riconosce" se stesso; dopo riconosce quella parola, usata precedentemente in modo automatico o quasi, e le darà il giusto significato. Non ci sarà bisogno che gli si spieghi cos'è la mamma, la vedrà accanto; e proprio come lui riconosce se stesso riconoscerà quella parola senza bisogno di altre spiegazioni. Allora la domanda è: questo riconoscimento di se stessi (coscienza) è riproducibile in una macchina? Poi (domanda conseguenziale e importantissima), è importante o no che una macchina riconosca se stessa, riconosca la parola che sta usando e il mondo che lo circonda? L'uomo avrebbe potuto svolgere tutto il suo percorso culturale-scientifico e sociale senza mai arrivare al punto di riconoscersi come un uomo e quindi come macchina? Avrebbe mai, il bambino, riconosciuto la mamma e la parola a cui si riferiva, se non avesse mai riconosciuto se stesso? Ho unito i due argomenti con questo perchè in realtà sono un unico argomento (anche se in sezioni differenti). Quello che le ho contestato inizialmente è il fatto che la ricerca scientifica (attraverso la voce di filosofi e scienziati) invece di ammettere che l'informazione ha bisogno di qualcuno che la riconosca (come lei dice) la ritiene non importante, anzi un'illusione. Invece io la ritengo fondamentale. Lei potrebbe dire che il modulo all'interno del cervello del bambino è già predisposto per riconoscere la mamma e la parola che la esprime (no forse la parola no..è un indizio?), ma non ha spiegato come deve essere questo "modulo". Se anche questo fosse un calcolo deve essere autoreferenziale, mentre la computazione, che io sappia, ha tutto tranne che quella caratteristica. |
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