Mi scuso se intervengo dopo aver letto solo gli ultimi post, probabilmente dirò qualcosa che è già stato detto.
Vorrei precisare che non è il fatto di avere un'impostazione medica piuttosto che psicologica a "disumanizzare" (passatemi il termine) lo studio dei problemi della mente umana. Gli studi medici sono, è vero, orientati molto sugli aspetti biologici delle malattie mentali, ma è anche vero che quelle "vere", ossia le psicosi, sono con tutta probabilità delle vere malattie organiche, con una base di fragilità genetica molto precisa. Il discorso è diverso quando si parla di stati che un tempo venivano definiti "nevrotici" (è anche vero che in molti casi i confini fra nevrosi e psicosi appare assai sfumato). Uno psichiatra ha ANCHE una formazione psicologica, sia pure meno importante rispetto alla formazione di taglio medico.
Nel campo psicologico, fra l'altro, c'è di tutto e di più. Pensiamo alle teorie cognitivo-comportamentali, soprattutto quelle di derivazione pavloviana e schinneriana. Sono teorie meccanicistiche sviluppate e portate avanti da psicologi, non da psichiatri. Nelle professioni che hanno a che fare con la mente umana esiste davvero tutto e il contrario di tutto, e a questo "tutto" ci abbeveriamo operando delle scelte che dipendono dal nostro carattere, dalla nostra sensibilità, dalle nostre esperienze, dal nostro vissuto personale. Non è possibile operare per classificazioni per cui IO sono medico e quindi ragiono considerando il cervello come solo biologia, FRAGOLA è psicologa per cui ragiona considerando la mente umana come funzionante per pura filosofia. Queste cose non esistono. Ognuno di noi, medico o psicologo, grazie al cielo SCEGLIE.

Per Fragola: non conosco quel testo, ma ho apprezzato molto la Von Franz (che non so neppure se è ancora viva... se lo è dev'essere centenaria). Allieva di Jung, ha studiato molto la simbologia delle fiabe.

Ciao Ygramul!
No, non la penso proprio così :-)) credo che se guardiamo sotto la terminologia non abbiamo posizioni poi così differenti.
Già la parola "mente" evoca in tutti noi immagini diversissime. Parliamo di psiche? Preferirei. Se parliamo di mente quasi tutti pensano alla ragione, al conscio, all'io.

Sai cosa diceva Jung in proposito? Che secondo lui esisteva una relazione tra psiche e corpo. Dico corpo e non cervello, ma non mi riferisco ad una influenza psicosomatica Dunque, questa relazione secondo lui esiste, e anche freud la teorizzava. Quello che dice Jung è che, siccome la scienza non è ancora in grado di spiegare come questo avvenga (è morto nel 1961, ma secondo me non lo spiega appieno nemmeno ora), e siccome gli pareva intollerabile considerare l'attività psichica come un epifenomento dell'attività cerebrale, una secrezione del cervello come la bile lo è del fegato, allora tutto quello che si poteva fare era studire la psiche come se fosse un sistema "relativamente chiuso" rispetto al corpo. La psicoanalisi è un mezzo per indagare la psiche in questo modo e probabilmente è ancora il moglior mezzo che abbiamo. Anche io non riesco ad accettare la psiche come un epifenomeno dell'attività cerebrale. Ma indubbiamente la relazione tra corpo e psiche è strettissima, solo che non sappiamo ancora bene come avviene. Noi siamo tutti interi, corpo e psiche. Una cosa sola.

Quello che io penso è che per lavorare con la psicoanalisi è più utile una forma mentis orientata verso le scienze umane piuttosto di una mentalità positivista e riduzionista, che, estremizzando, porta a far pensare che la macchina che mi investe è una scarica di adrenalina! Paradosso che viene abbastanza ovvio portndo all'estremo l'idea che i sentimenti umani non sono altro che il prodotto di reazioni chimiche nel cervello. Questo, per lo meno, fino a che non sapremo qualcosa di più sull'interazione tra attività psichica e attività cerebrale.

Credo che Marie Louise von Franz sia ancor viva.

un bacione

Scusa, non è che tutti i medici abbiano una mentalità positivista e riduzionistica certo oggi ce l'hanno la maggior parte degli psicologi , molto più dei medici.

Marie Louise von Franz è morta 1998 ... è stata una grande donna della psicoanalisi di Jung - molto interessante anche l'ultimo libro di lei: "Was uns die Träume über ein mögliches Leben nach dem Tod sagen" (cosa possono dire i sogni su una possibile vita dopo la morte) forse sai il titolo in italiano Fragola?

si infatti - è stata la prima cosa perché ho scelto studiare la psicoanalisi di Jung, perché adoro le fiabe non so esistono i libri di Verena Kast anche in italiano ... è una jughiana tedesca che ha scritto molto sulla simbologia delle fiabe ...

per il mio campo - il lavoro con bambini mi piace anche molto: Bruno bettelheim "Kinder brauchen Märchen" (I bambini hanno bisogno di fiabe!)

Scusa, evidentemente la mia risposta "per assurdo" era poco chiara. Ho fatto l'esempio di me e di te perchè io sono medico e tu psicologo (o quasi-psicologo) tanto per fare un esempio. Ma io non la penso come ho descritto in quell'esempio, e so bene che tu non la pensi in modo assoluto e manicheo secondo lo stesso esempio....

C'è un libro che si intitola "la morte e i sogni" che non ho, quindi non posso vedere il titolo originale. Ma so che purtroppo non tutto è stato tradotto in italiano. E alcune cose tradotte sono diventate introvabili perchè la casa editrice ha chiuso la collana in cui le ha pubblicate Puer Aeternus ad esempio è assolutamente introvabile.

Mi piace moltissimo come scrive. Ha fatto dei bellissimi lavori sulle fiabe ma non solo. Due anni fa mi sono studiata la sua interpretzione dell'asino d'oro di apuleio. Bellissima!

Non avevo letto con sufficiente attenzione

Purtroppo non avendo ancora abbastanza conoscenze in merito(solo studio) non posso dare un giudizio,ma insomma,alla fine,sì,ci sono queste differenze,ma le differenze stanno non solo nel metodo,più o meno scientifico,ma soprattutto nell'individuo che opera,e che cerca di fare con tutti i suoi mezzi per migliorare,o addirittura,guarire,il proprio paziente.
Io credo che psicologo,o psichiatra,entrambi debbano avere buone capacità empatiche,o perchè hanno loro stessi vissuto e sofferto delle stesse problematiche del paziente,o perchè hanno capacità di sentire e farsi coinvolgere nel sentimento altrui(chiaramente non farsi coinvolgere troppo dev'essere la cosa più difficile..ed è difficile per me ad esempio non farmi coinvolgere nei problemi dei miei conoscenti,figuriamoci per chi svolge quotidianamente questo mestiere)
Penso che sempre entrambi i professionisti possano vivere il contro transfert allo stesso modo,perchè non c'è limite ai sentimenti che un uomo può sentire,da qualunque background culturale egli provenga.
E qui domando soprattutto a Ygramul se la mai tesi(banalmente esposta per motivi di tempo) sia sensata.
Qualunque critica è ben accetta.