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26-02-2007, 20.12.39 | #53 |
weird dreams
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Il "mi piace" che legittima il mondo.
Un tempo le società, che oggi definiamo moderne, avevano
una struttura rigida di regole e congetture morali. Avevano il pregio della chiarezza: i precetti erano conosciuti, così come lo erano le condanne dei comportamenti ritenuti devianti dalla norma imposta. Avevano un difetto: il rischio dell'ingiustizia. Se le regole, riverite in quanto tali, surclassavano il concetto di giustizia dettando legge e condanna senza distinguo tra nobiltà o bigotteria della regola stessa, ecco che queste ultime diventavano strumenti di prevaricazione, soffocando col ricatto della pubblica umiliazione la legittimità e la libertà delle scelte individuali. Ci son voluti secoli per giungere a un sentimento diffuso che riconoscesse come valore la libertà individuale di vivere la propria vita nelle proprie libere preferenze. L'esperienza diretta delle persone sulla complessità della vita, la molteplicità dei percorsi possibili ed il diritto nonché la piacevolezza di scegliere autonomamente di sé hanno pin piano scardinato dal basso alcune delle impalcature sociali ed istituzionali che puntavano il dito contro il diverso e l'attentatore alla morale (non importa se finta). Così, nella società delle esperienze e della confluenza delle diversità, il meccanismo dell'evoluzione prende sempre più piede, lasciando di queste strutture un ricordo superato, seppure ancor presente in alcuni gruppi della società (il desiderio della pronta condanna del diverso da parte della comitiva dei saccenti volenterosi è dura a morire). Tuttavia per la serie degli estremi, la destrutturazione delle vecchie regole supera quello che aveva guadagnato in buon senso, arrivando ad un altro opposto in cui vige un criterio, ora iperindividualista, posto a guida delle azioni. E per coincidenza (o piuttosto per instancabile difetto della natura umana) ripresenta la stessa identica subordinazione del distinguo tra giusto e sbagliato alla prevalenza stessa del criterio guida, che assurge ad indicatore ultimo di tutto. Il "nuovo" metro di giudizio, che prosegue l'eredità prevaricante del sistema precedente, è portato con forza alla legittimazione di tutto. La distinzione tra le cose scerva sempre più. La scelta consapevole, il dovere, il senso di responsabilità diventano concetti astratti, pretenziosi, ed addirittura prevaricanti della libera volontà. La valutazione su certe cose non è più nel merito, nella sostanza, nella riflessione e nelle conseguenze, ma la reazione che esce pronta e che valuta se fare o meno una cosa è sintetizzata da un innocente, ingenuamente sorridente, inopportunamente convinto, presunto giustificatore, tonto, indisponente (e a volte consapevole bastardo), "mi piace": è il "mi piace" che legittima il mondo. Nel mondo fluido delle libertà ego-centriche il rispetto delle libertà altrui (quelle non protette da obblighi di legge ed il cui rispetto si affida o è in balia alla decisione individuale) ha assunto la percezione di facoltà. Facoltà e non dovere. Non dovere, ma piacere. Eppure in un'epoca moderna si ha il maggior vantaggio di un valore basilare, quello della possibilità di mettersi in discussione più facilmente rispetto alle epoche dominate da strutture sociali rigide e uniformanti, prive di un facile accesso alla conoscenza ed all'informazione. Un'epoca caratterizzata dal miscuglio della modernità, infatti, innesca con maggior fluidità la diffusione di una riflessione attiva sullo stato delle cose, sulle realtà "nascoste", sui legami tra individuo e globalità, sui comportamenti, sulle conseguenze e sulle responsabilità individuali. Assieme a questo, si riceve più facilmente lo spunto per pensare e ripensare al modo in cui gira il mondo, smettendo di dare per scontato che se così si è trovato, debba per forza continuare ad essere lo stesso, credendo che le cose così come sono siano legittimate a esser tali per il solo fatto di esserci già da prima. La modernità è un vantaggio relativo. Tuttavia sembra che certe riflessioni cadano su una parte delle persone e non su un'altra. Un mondo nel mondo in cui il primo si interroga, riflette e comprende, mentre il secondo va avanti pigro, sempre uguale a sé stesso, senza alzare mai la testa... Finche il piacere dura. Piacere che altro non è che sinonimo di egoismo vile. Vile perché non vuole guardare oltre, prendendo debite distanze dai suoi effetti. Vile perché perpetrato sulla pelle degli altri. Egoista perché quel che importa è il benessere personale. Ed egoista ancora, perché semmai le stesse conseguenze ricadessero su di esso, griderebbe allo scandalo, ai suoi diritti ed alla sua libertà violata e offesa. Piacere, ogni tanto in buona fede, fasulla o ignorante che sia. Quasi sempre indisponente, quando il piacere si esprime su tematiche gravi come se certe scelte fossero alternative buoniste e non dovere etico. Paradossalmente è la comitiva degli allegri e beati faciloni alla mano, che ora punta il dito sui diversi che affermano un principio di riflessione responsabile che esce dalla brodaglia omogeneizzata dello status quo del mondo sovrappensiero. Ci sono voluti secoli di storia per liberarsi dalle molte prevaricanti ingiustizie che negavano la libertà individuale. Ed ora che la libertà individuale assume come guida la vuotezza del piacere legittimante, quante altre vittime dovranno patire e cadere perché finiscano le ingiustizie di questa "libertà" irresponsabile e anestetizzata, pronunciata con protetta leggerezza, portatrice di sofferenze che raramente patiranno coloro che la celebrano... "Eh si, lo so...", "ma a me la carne piace...". Scritto di lucik, utente di veganhome. |
06-03-2007, 16.54.45 | #54 |
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
Se le piante possano comunicare, interagire con la persona è argomento di cui si parla in molti libri, fra cui il bellissimo "l'arte di sognare" di Castaneda; che lo facciano in modo completamente diverso dagli animali (fra cui si annovera l'essere umano, non dimentichiamolo!) è un dato di fatto.
Come possiamo sapere se rechiamo sofferenza (intesa come forma di sentimento) alle piante mangiandone i frutti? Vista in quest'ottica non vedo poi così tanta differenza nel cibarsi di carni animali ignorando la possibile loro sofferenza al momento dell'uccisione e nel cibarsi di frutti o parte di vegetali ignorando un loro eventuale modo di sentire sconosciuto ai più, ed al sottoscritto. Come possiamo esser così tanto sicuri che sia più "giusto" attribuire più importanza alla vita di un animale che non a quella di un vegetale? Chi si dichiara con una certa convinzione vegetariano si chiede, anche a ragione se non ha la capacità di "sogno" di Castaneda, se sia "giusto" privare un essere animale della propria vita per poterne permettere la sopravvivenza di altre come la nostra. Chi decide che non sia "giusto"privare un essere animale della propria vita, ponendosela come assioma per il proprio esistere, sviluppa una propria etica su cui rifonda se stesso, ed il proprio vivere. Si tratta di una forma di etica che ci impedisce in circostanze "normali" di cibarsi di esseri appartenenti alla specie umana, ma estesa agli altri esseri del regno animale. Un'etica Lodevole in prima approssimazione, se non si tiene di conto di possibili percezioni che i più non hanno riguardo a ciò che i vegetali potrebbero sentire... Come si comporterebbero questi vegetariani se in futuro si riuscisse con maggiori certezze a comprovare scientificamente la possibilità di un loro linguaggio, di un loro "sentire" che possa essere compreso dal nostro? Cesserebbero forse di cibarsi pure dei vegetali in quanto esseri in un certo qual modo senzienti? Come potrebbero allora sopravvivere? Concludendo, il mondo che ci circonda appare perfido ed insidioso, in quanto "lascia" che forme di vita periscano per permettere ad altre di sopravvivere e talvolta benestare. Chi si sofferma su alcuni aspetti di questa globale "crudeltà", trascura il fenomeno della vita nel suo complesso, idealizzando paradisi propri più o meno condivisibili da persone più o meno disposte a condividerli. |
07-03-2007, 13.24.06 | #55 | ||||||||
weird dreams
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
Citazione:
con la parola "comunicare" sembra tu voglia suggerire una evidente somiglianza, nei modi di interagire, degli animali e dei vegetali; ma poi smentisci ad un'altro livello dicendo: "che lo facciano in modo completamente diverso"; eh, ma allora forse dovevi usare una parola completamente diversa! Citazione:
non ti sei mai chiesto per quale motivo gli alberi da frutta hanno avuto successo nella selezione naturale?! Citazione:
mi pare, con questa frase, tu stia cercando di giustificare un comportamento coerentemente strafottente. Citazione:
anzichè tirare in ballo i concetti di giusto/sbagliato (che non ci competono), con migliori intenzioni, potremmo avanzare i concetti di onesto/vile. Citazione:
permettimi di correggere la frase che ho distinto: "se, per un uomo, sia ammirevole allevare, maltrattare e uccidere migliaia di animali per levarsi, di volta in volta, lo sfizio." Citazione:
chiunque dica di empatizzare tanto coi vegetali quanto con gli animali ha il "naso" lungo ed è fatto di legno. Forse non trovi? Citazione:
..in nessun modo, e perchè dovrebbero? Nel frattempo viviamo. Citazione:
Ti mostro un tentativo di estendere quel "poco intersecabile" punto di vista in una visione meno egocentrica parafrasando in più ampio panorama: il mondo che ci circonda sembra metterci a dura prova, costantemente, in quanto ci sgama inconsapevoli quando meno ce lo aspettiamo. Chi non si ferma.. ad ascoltare.. trascura.. sequestrando paradisi.. |
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07-03-2007, 15.09.56 | #56 |
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
Citazione:
Se le piante possano comunicare, interagire con la persona è argomento di cui si parla in molti libri, fra cui il bellissimo "l'arte di sognare" di Castaneda; che lo facciano in modo completamente diverso dagli animali (fra cui si annovera l'essere umano, non dimentichiamolo!) è un dato di fatto. Risposta alla citazione con la parola "comunicare" sembra tu voglia suggerire una evidente somiglianza, nei modi di interagire, degli animali e dei vegetali; ma poi smentisci ad un'altro livello dicendo: "che lo facciano in modo completamente diverso"; eh, ma allora forse dovevi usare una parola completamente diversa! Risposta alla Risposta 1)"comunicare" è un verbo che mostra un concetto. Il concetto NON può essere espresso in quanto non pensabile. Può essere solo delucidato. Esprimendolo a parole compio un non-senso che è necessario. 2)delucidando con "comunicare" dicendo "che lo facciano in modo completamente diverso", non mi pare di aver smentito il significato che gli avevo attribuito all'inizio. Ricordo poi che la comunicazione fra umani, animali e Piante NON deve essere necessariamente SOLO Orale come reputo tu l'abbia intesa. Ricordo per quanto concerne quelli conosciuti, che esistono differenti mezzi che permettono la comunicazione ed assodati dalla comunità in cui viviamo (orali, scritti, gesti, espressioni,ecc). Citazione: Come possiamo sapere se rechiamo sofferenza (intesa come forma di sentimento) alle piante mangiandone i frutti? Risposta alla citazione: non ti sei mai chiesto per quale motivo gli alberi da frutta hanno avuto successo nella selezione naturale?! Risposta alla Risposta Credo ti ricordi qualcosa il sostantivo Selezione Naturale...credo che tu ti sia già risposto... Ogni tanto si...me lo chiedo...per questo ogni tanto mi capita di scrivere anche: "Chi si sofferma su alcuni aspetti di questa globale "crudeltà", trascura il fenomeno della vita nel suo complesso, idealizzando paradisi propri più o meno condivisibili da altri più o meno disposti a condividerli" Citazione: Vista in quest'ottica non vedo poi così tanta differenza nel cibarsi di carni animali ignorando la possibile loro sofferenza al momento dell'uccisione e nel cibarsi di frutti o parte di vegetali ignorando un loro eventuale modo di sentire sconosciuto ai più, ed al sottoscritto. Risposta alla citazione: mi pare, con questa frase, tu stia cercando di giustificare un comportamento coerentemente strafottente. Risposta alla Risposta 1)hai detto bene...è un tuo parere ...io non giustifico niente...questo è il mio parere 2)Posso vedere della strafottenza nell'ignorare l'esistenza di modalità di comunicazione sconosciute ai più, come quelle che potrebbero avere i vegetali, 3) Io volevo mettere sullo stesso livello animali, e piante, e tu dicendo di "cercare di giustificare un comportamento coerentemente strafottente" mi pare ti voglia mettere al di sopra di animali e piante e decidere per loro quale sia l'atteggiamento più strafottente... Citazione: Come possiamo esser così tanto sicuri che sia più "giusto" attribuire più importanza alla vita di un animale che non a quella di un vegetale? Risposta alla citazione: anzichè tirare in ballo i concetti di giusto/sbagliato (che non ci competono), con migliori intenzioni, potremmo avanzare i concetti di onesto/vile. Risposta alla Risposta 1) Era chiaramente provocatoria la domanda 2) giusto e sbagliato sono impressioni soggettive come possono esserlo allo stesso modo onesto/vile. 3)A mio avviso sbaglia chi a priori cosa sia giusto o sbagliato, onesto o vile ponendo la propria soggettività al di sopra delle altre opinioni e decida lui cosa si debba scrivere precludendo il significato di quello che altri scrivono. 4)Tu hai estrapolato un frammento da quello che ho scritto e lo hai commentato separatamente dal contesto del discorso...quindi...ha poco senso questo commento a mio avviso. Citazione: Chi si dichiara con una certa convinzione vegetariano si chiede, anche a ragione se non ha la capacità di "sogno" di Castaneda, se sia "giusto" privare un essere animale della propria vita per poterne permettere la sopravvivenza di altre come la nostra. Risposta alla citazione: permettimi di correggere la frase che ho distinto: "se, per un uomo, sia ammirevole allevare, maltrattare e uccidere migliaia di animali per levarsi, di volta in volta, lo sfizio." Risposta alla Risposta: Come vuoi Citazione: Chi decide che non sia "giusto"privare un essere animale della propria vita, ponendosela come assioma per il proprio esistere, sviluppa una propria etica su cui rifonda se stesso, ed il proprio vivere. Si tratta di una forma di etica che ci impedisce in circostanze "normali" di cibarsi di esseri appartenenti alla specie umana, ma estesa agli altri esseri del regno animale. Un'etica Lodevole in prima approssimazione, se non si tiene di conto di possibili percezioni che i più non hanno riguardo a ciò che i vegetali potrebbero sentire... Risposta alla citazione: chiunque dica di empatizzare tanto coi vegetali quanto con gli animali ha il "naso" lungo ed è fatto di legno. Forse non trovi? Risposta alla Risposta: e chi fiero di sé invece dà per default maggiore importanza all'uno piuttosto che all'altro senza ascoltare tutte le campane? Citazione: Come si comporterebbero questi vegetariani se in futuro si riuscisse con maggiori certezze a comprovare scientificamente la possibilità di un loro linguaggio, di un loro "sentire" che possa essere compreso dal nostro? Cesserebbero forse di cibarsi pure dei vegetali in quanto esseri in un certo qual modo senzienti? Come potrebbero allora sopravvivere? Risposta alla citazione: ..in nessun modo, e perchè dovrebbero? Nel frattempo viviamo. Risposta alla Risposta: perché mai allora non dovrebbero? Come puoi essere sicuro e certissimo che le piante non possano comunicare? hai delle assolute certezze? Peccato che le assolute certezze siano invenzione dell'uomo, come lo sono altre cose, tracui la decisione di essere vegetariano. In base a cosa sostieni questo? vivete pure nessuno ve lo vieta Citazione: Concludendo, il mondo che ci circonda appare perfido ed insidioso, in quanto "lascia" che forme di vita periscano per permettere ad altre di sopravvivere e talvolta benestare. Chi si sofferma su alcuni aspetti di questa globale "crudeltà", trascura il fenomeno della vita nel suo complesso, idealizzando paradisi propri più o meno condivisibili da persone più o meno disposte a condividerli. Risposta: Ti mostro un tentativo di estendere quel "poco intersecabile" punto di vista in una visione meno egocentrica parafrasando in più ampio panorama: il mondo che ci circonda sembra metterci a dura prova, costantemente, in quanto ci sgama inconsapevoli quando meno ce lo aspettiamo. Chi non si ferma.. ad ascoltare.. trascura.. sequestrando paradisi.. "dimenticando il passato siamo costretti a riviverlo" (Alan Watts) Risposta alla Risposta: E' una tua opinione il fatto che sia poco intersecabile, e come tale la rispetto. Chi non si ferma.. ad ascoltare.. trascura.. sequestrando paradisi...concordo, anche se come è già successo prima le parole ed i discorsi devo essere considerati nel contesto del discorso... Chi ignora le possibilità che potrebbero essere per un tornaconto personale distrugge i paradisi che intendeva Alan Watts per costrirne dei falsi che intendevo io alla fine P.S Conosco un amico che passa delle ore con le piante e netrae giovamento comunicado con esse in qualche modo |
07-03-2007, 15.14.03 | #57 | |
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
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Le tue personalissime opinioni, a mio avviso bizzarri risultati del progressivo allontanamento dell’uomo moderno da un vero contatto con la natura, in quanto tue, mi stanno benissimo e le rispetto…ogni qualvolta però vorresti provare a dare una parvenza di verità, tentando di accostare le bislaccherie al mondo che ci circonda, entrando nel tecnico come nel caso sopraquotato, devi fare i conti con me! E’ molto difficile poter parlare di “vera” selezione naturale degli alberi da frutto. L’uomo ha sempre agito per migliorarne i frutti pertanto la resa e la presenza degli alberi da frutto in un determinato territorio è sempre più legato ad uno specifico insediamento umano in quanto vengono fatti riprodurre, innanzitutto, i frutti migliori. La selezione naturale quindi agisce esclusivamente per eliminare i vegetali da un ambiente poco consono alla loro natura. Con la pressante richiesta di prodotto e la ricerca di una sempre maggior qualità che ovviamente, adattandosi all’uomo moderno, tiene poco conto del gusto del prodotto curandone molto di più l’apparenza visiva, riusciamo a produrre fragole grosse come mele, nel mese di dicembre. Escludendo l’alimentazione biologica, per la quale, vista l’ossessiva domanda, se ne può tranquillamente dubitare la seria provenienza, le biotecnologie e le cure sui nostri belli frutti hanno fatto si che a tavola ci si porti delle vere e proprie bombe chimiche. Di questi tempi è impensabile poter mangiare alcuni frutti, anche di produzione casalinga, come l’albicocca (ormai priva di betacarotene), la pera e la mela senza provvedere ad un minimo di trattamento chimico che, ribadisco, comprende antiparassitari e anticrittogamici che fanno parte dei veleni più potenti al mondo. Non riesco pertanto ad intravedere un così enorme successo della selezione naturale sugli alberi da frutto. |
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07-03-2007, 19.30.45 | #58 | |||||
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
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Mi hai frainteso molto ingenuamente. Peccato. Formalmente si parla di comunicazione quando si riconosce una consapevolezza nell'interazione; altrimenti si parla di mera interazione (concetto più generale). Usando vagamente il termine "comunicazione" in quel contesto hai voluto suggerire l'ipotesi di una forma di consapevolezza (dall'uomo non riconosciuta) delle piante. Ipotesi non meno legittima rispetto a quella di una consapevolezza che regoli legami chimici, subnucleari e comportamenti quantistici (badabene: "consapevolezza" è un termine tanto vago da potersi usare ovunque non si abbiano le idee chiare). Ora sebbene io trovi suggestivo e affascinante fantasticare su certi termini, non mi abbandono alla confusione, riconoscendo maggiore attendibilità nell'empatia con un animale (per evidenti somiglianze) che con un vegetale. Non confessare la differenza (in tutti i suoi aspetti) semplicemente non è onesto. Così il senso etico ordina le priorità. Citazione:
Citazione:
questa replica mi stona parecchio, sembra un'altro fraintendimento. A scanso di equivoci chiarisco che la gustosa polpa dei frutti deriva dall'accumulo di mutazioni favorevoli alla riproduzione di talune specie vegetali: l'animale mangia il frutto ingoiando i semi, questi stanno al calduccio nel pancino del ghiottone finchè non vengono espressi con la fertile cacca ove i più fortunati germoglieranno. Quindi nel caso che difendi, la pianta gioirebbe per ogni suo frutto ingurgitato dagli animali. Citazione:
Citazione:
No, io non voglio! è per questo che non contribuisco. ti invito a fare una ricerca sugli allevamenti intensivi o visitare uno dei siti che ho linkato precedentemente. |
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08-03-2007, 13.44.27 | #59 |
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--------------------------------- z4nz4r0
Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere Citazione: 1)"comunicare" è un verbo che mostra un concetto. Il concetto NON può essere espresso in quanto non pensabile. Può essere solo delucidato. Esprimendolo a parole compio un non-senso che è necessario. 2)delucidando con "comunicare" dicendo "che lo facciano in modo completamente diverso", non mi pare di aver smentito il significato che gli avevo attribuito all'inizio. Ricordo poi che la comunicazione fra umani, animali e Piante NON deve essere necessariamente SOLO Orale come reputo tu l'abbia intesa. Ricordo per quanto concerne quelli conosciuti, che esistono differenti mezzi che permettono la comunicazione ed assodati dalla comunità in cui viviamo (orali, scritti, gesti, espressioni,ecc). 2)Posso vedere della strafottenza nell'ignorare l'esistenza di modalità di comunicazione sconosciute ai più, come quelle che potrebbero avere i vegetali, 3) Io volevo mettere sullo stesso livello animali, e piante, e tu dicendo di "cercare di giustificare un comportamento coerentemente strafottente" mi pare ti voglia mettere al di sopra di animali e piante e decidere per loro quale sia l'atteggiamento più strafottente... 2) giusto e sbagliato sono impressioni soggettive come possono esserlo allo stesso modo onesto/vile. 3)A mio avviso sbaglia chi a priori cosa sia giusto o sbagliato, onesto o vile ponendo la propria soggettività al di sopra delle altre opinioni e decida lui cosa si debba scrivere precludendo il significato di quello che altri scrivono. 4)Tu hai estrapolato un frammento da quello che ho scritto e lo hai commentato separatamente dal contesto del discorso...quindi...ha poco senso questo commento a mio avviso. Risposta: Mi hai frainteso molto ingenuamente. Peccato. Formalmente si parla di comunicazione quando si riconosce una consapevolezza nell'interazione; altrimenti si parla di mera interazione (concetto più generale). Usando vagamente il termine "comunicazione" in quel contesto hai voluto suggerire l'ipotesi di una forma di consapevolezza (dall'uomo non riconosciuta) delle piante. Ipotesi non meno legittima rispetto a quella di una consapevolezza che regoli legami chimici, subnucleari e comportamenti quantistici (badabene: "consapevolezza" è un termine tanto vago da potersi usare ovunque non si abbiano le idee chiare). Ora sebbene io trovi suggestivo e affascinante fantasticare su certi termini, non mi abbandono alla confusione, riconoscendo maggiore attendibilità nell'empatia con un animale (per evidenti somiglianze) che con un vegetale. Non confessare la differenza (in tutti i suoi aspetti) semplicemente non è onesto. Così il senso etico ordina le priorità. --------------------------Replica 1)Consideriamo: "Mi hai frainteso molto ingenuamente. Peccato." Peccato è l'atto di colui che pecca. Sarebbe da chiedersi allora, chi pecca di più? pecca di più forse colui che fraintende, o colui che fraintende il fraintendente che chi fraintende reputa abbia frainteso? Chi fraintede allora? e chi è il frainteso? Si sbaglia allora forse l'accezione di peccato?...mmmm.... forse....e perché mai?...potrebbe solo voler essere un'esclamazione, e non un sostantivo.... 2)"Formalmente si parla di comunicazione quando si riconosce una consapevolezza". Il primo approccio è l'interazione, superata la quale se se e verificano le condizioni di possibilità si può instaurare una comunicazione. Chi dapprima ha stabilito questa interazione (e pare c'è chi ci sia riuscito) con la controparte, poi in qualche modo ha trovato le condizioni per poter stabilire l'inizio di una comunicazione co quell'entità (non-animale). Tu neghi a priori questa possibilità dicendo che non può darsi , avvalendoti di attendibilità che consideri basi su cui non è dato di avanzare obiezioni. Da un punto di vista di possibilità di conoscenza questa tua negazione la considero un limite. --------------------------Fine Replica --------------------------------- z4nz4r0 Citazione: Originalmente inviato da z4nz4r0 non ti sei mai chiesto per quale motivo gli alberi da frutta hanno avuto successo nella selezione naturale?! Citazione: Credo ti ricordi qualcosa il sostantivo Selezione Naturale...credo che tu ti sia già risposto... Ogni tanto si...me lo chiedo...per questo ogni tanto mi capita di scrivere anche: "Chi si sofferma su alcuni aspetti di questa globale "crudeltà", trascura il fenomeno della vita nel suo complesso, idealizzando paradisi propri più o meno condivisibili da altri più o meno disposti a condividerli" Risposta alla citazione: Questa replica mi stona parecchio, sembra un'altro fraintendimento. A scanso di equivoci chiarisco che la gustosa polpa dei frutti deriva dall'accumulo di mutazioni favorevoli alla riproduzione di talune specie vegetali: l'animale mangia il frutto ingoiando i semi, questi stanno al calduccio nel pancino del ghiottone finchè non vengono espressi con la fertile cacca ove i più fortunati germoglieranno. Quindi nel caso che difendi, la pianta gioirebbe per ogni suo frutto ingurgitato dagli animali. --------------------------Replica Se si sapesse su cosa fondi cotal affermazione potrei anche pensare all'ipotesi di condividere la tua opinione...ma pare che tu prenda già le posizioni del vegetale... E' un po' come se la bestiolina la cui carne viene servita a tavola dovesse essere felice di esser stata macellata, perché poi l'uomo possa produrre le sue eiezioni che faccciamo nascere delle piante da frutta di cui si potrebbero poi nutrire altri animali magari della stessa specie di quello macellato. --------------------------Fine Replica --------------------------------- z4nz4r0 Citazione: Originalmente inviato da z4nz4r0 permettimi di correggere la frase che ho distinto: "se, per un uomo, sia ammirevole allevare, maltrattare e uccidere migliaia di animali per levarsi, di volta in volta, lo sfizio." Citazione: Come vuoi No, io non voglio! è per questo che non contribuisco. ti invito a fare una ricerca sugli allevamenti intensivi o visitare uno dei siti che ho linkato precedentemente. --------------------------Replica Quel che dici sarebbe più equo se tenessi di conto anche la "possibile opinione" (chiaramete in senso figurato) delle specie appartenenti al mondo vegetale --------------------------Fine Replica |
08-03-2007, 15.52.17 | #60 | |
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Riferimento: La "comoda" scusa da sopprimere
Citazione:
Per amor di natura (quello vero) intervengo nuovamente per far chiarezza sull’argomento onde evitare che qualche sprovveduto lettore, prenda per buone delle considerazioni che quando vanno ad interessare il campo tecnico-scientifico, risultano palesemente imprecise. Sarei invece incredibilmente interessato a conoscere le motivazioni di questo sperticarsi affannosamente in fanta-scritture che auguro sinceramente per lo scrittore, non vengano accettate per buone o addirittura prese a fondamento per la conduzione di uno stile di vita. I metodi naturali per la dispersione dei semi sono molti. Quello che nel tuo post sembrerebbe quasi citato a giustificazione della dieta vegetariana da parte dell’uomo si chiama endozoocoria e riguarda esclusivamente gli animali (quelli veramente vegetariani) non appartenenti quindi alla specie sapiens. C’è anche una forma di disseminazione che riguarda l’uomo e questa si chiama antropocoria…ma non ha nulla a che vedere con l’altra. Ovviamente tutti noi possiamo immaginare quali metodi di selezione vengano usati oggi per i frutti cui si ciba il sapiens e quale sia stato il disastroso impatto sulla selezione naturale per favorire determinate diete. Se poi esistono piante che “gioiscono” quando se ne ingurgitano i semi, ce ne sono altre come ad esempio il mandorlo selvatico che ha sviluppato addirittura un seme velenoso affinché esso non venga ingurgitato dagli animali. Quindi, ricapitolando…la selezione degli alberi dai buoni frutti è, in parte, opera degli animali che hanno una dieta esclusivamente vegetale mentre l’uomo sta intervenendo costantemente contro il processo di selezione naturale producendo frutti che non hanno proprietà organolettiche e nutrizionali come quelle di un tempo. Quando poi vogliamo dare una parvenza etico-morale alla questione o, come ho avuto modo di leggere divertito ultimamente, anche quella spirituale, siamo preda di una crisi di identità di specie e non stiamo valutando nella sua globalità la nostra esistenza in qualità di semplici animali che sono nati onnivori tanto quanto una mucca è nata erbivora. Lor signori dovrebbero anche conoscere che la sopravvivenza dell’uomo in certe zone del mondo è stata possibile solo grazie al regime alimentare originario cui è stato dotato il sapiens…uno di questi casi è per esempio quello degli eschimesi che cibandosi prevalentemente di pesce e altri animali sono sopravvissuti a climi rigidi. Resto in agguato… |
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