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11-02-2010, 10.12.14 | #25 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: Ragione
Miky 1987, non posso che sottoscrivere quanto dici con generosa e perfino umile partecipazione alla verità degli altri – sia essa religiosa o filosofica….Eppure una differenza c’è, credo, ed è una differenza di fondo, tanto da porci davanti a un bivio che non ammette un attimo di respiro o abili compromessi: il nucleo di una religione, infatti, non è la relatività ma l’assolutezza, non è – neppure per il peccatore pentito - il dubbio ma la certezza della verità rivelata. Davanti a Dio il diavolo non ha mai ragione, tanto più se il diavolo si veste di filosofiche penne.
La situazione è rappresentata icasticamente da San Tommaso quando afferma che la verità è una sola, sia per il religioso che per il filosofo, e allora perché passare le notti a cercarla, perché spremersi le meningi quando la chiesa te la offre subito e senza tormenti? E’ qui il punto critico, Miky, cioè decidere se il compito del filosofo cessa davanti a chi dice “la verità è questa, ascoltala e sii felice” - o se sta nel continuare a cercarla, a rischio di non trovarla mai e di dannarsi l’anima. A rischio, aggiungo, di aver più coraggio di Cartesio e considerare Dio stesso il diabolico tentatore. |
11-02-2010, 13.18.53 | #26 | |
Studente di teologia
Data registrazione: 15-08-2009
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Riferimento: Ragione
Citazione:
Perchè la verità della religione (nel mio caso la religione cristiana) è una verità che viene esperita. Non è intersoggettivamente cogente, se non per le persone che sono coinvolte dalla stessa esperienza dell'Assoluto. Il filosofo ha quindi il ruolo di ricercare la verità anche per coloro che non hanno la fortuna, già proprio così, di aver avuto il dono della fede, cioè che non hanno avuto uno sguardo nell'infinito che si è mostrato loro. In quanto credente so di aver ricevuto una grazia, e so di non poter pretendere che un uomo giunga con le sue sole forze all'esperienza che ho fatto io. Nondimeno ritengo che il filosofo possa giungere ad una conoscenza dell'infinito con le sole sue forze: per quel che mi riguarda basta che non pretenda di assolutizzarla. Invero un'operazione del genere non farebbe che assolutizzare la ragione umana, piuttosto che riconoscere l'essenza dell'Assoluto. Un vero peccato che la conoscenza dell'uomo non può essere ridotta alla sola conoscenza razionale (pur essendo la dimensione razionale imprescindibile). Da buon cattolico auspico piuttosto che vi sia una cooperazione dei diversi ambiti di conoscenza. |
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11-02-2010, 21.22.39 | #27 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 15-03-2004
Messaggi: 69
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Riferimento: Ragione
Citazione:
E' vero emmeci, il nucleo di una religione è l'assolutismo. Tuttavia secondo me è compito anche del credente quello di spremersi le meningi, di confrontarsi continuamente. La differenza con il filosofo in effetti c'è, e non può essere negata e sta nel fatto che questo, almeno credo, deve trovare la verità partendo da zero, senza preconcetti, o tutt'al più collegandosi al pensiero di qualche filosofo precedente, per contrasto o per vicinanza. Per il credente la ricerca parte dal confronto con una verità che già c'è, una verità appunto rivelata. Ma con ciò non credo che questa verità debba essere per questo data per scontata. La chiesa mi dice che le cose stanno così, quindi io agisco come mi dice di fare la chiesa a mente chiusa, allontanandomi dalla mondanità, rifuggendo gli "eretici" atei, e via discorrendo. La fede di un credente per essere seria deve provarsi continuamente. Se poi anche dopo esserti provato riesci a riconoscere che quanto dice la chiesa è veramente migliore, è veramente una cosa buona, che ti fa stare meglio, allora puoi dirti un vero fedele. Lo trovo per esempio nella vita di sant'Agostino, che parte come grande peccatore per poi convertirsi e raggiungere la santità. Quando la chiesa mi dice "la verità è questa, ascoltala e sii felice" secondo me il buon cattolico dovrebbe interrogarsi, come d'altronde facevano gli apostoli con Gesù. Nessuno degli apostoli quando Gesù ha portato il suo messaggio ha subito detto: "sì Signore. Quanto è vera la tua parola. Sono pronto a seguirti". La loro reazione è stata in più episodi di incredulità, talvolta di tentennamento, di esitazione, di negazione. Non ritengo che un buon credente debba semplicemente abbassare la schiena di fronte alle parole della chiesa (che sono certamente quasi sempre la verità, almeno quando si attengono a riportare quanto scritto nell'antico testamento e nei vangeli, quando poi passano a giudizi politici, diventano riflessioni più umane, almeno secondo me, e controbattibili), deve piuttosto chiedersi: ma sarà veramente la cosa buona? Sarà veramente la verità? Perché dovrebbe essere meglio per me agire in questo modo e non in quest'altro? E per me in questo momento cosa è meglio? In che senso la chiesa mi dice che seguire i comandamenti mi rende più libero? Non rappresentano piuttosto un'imposizione? |
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13-02-2010, 10.06.19 | #28 | |||||||
Studente di teologia
Data registrazione: 15-08-2009
Messaggi: 55
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Riferimento: Ragione
Citazione:
A me invece sembra alquanto opinabile. Citazione:
Molto spesso invece sono proprio i filosofi a ragionare partendo da preconcetti. Se io mi interrogo circa la verità dell'essenza divina partendo dalla rivelazione che ritengo Lui mi abbia fatto non sto partendo da un preconcetto, ma da un'esperienza. Citazione:
Vero, ma analizziamo il contenuto della rivelazione cristiana (che è quella a cui mi rifaccio): l'intrarelazionalità di Dio. Se faccio partire la mia riflessione dall'evento Gesù Cristo, il quale mi comunica una relazionalità all'interno della stessa essenza divina, non do per scontato nulla: casomai prendo atto di ciò che mi viene comunicato. Io non affermo l'intrarelazionalità di Dio per sentito dire (preconcetto, pregiudizio), ma in seguito alla mia esperienza del divino (assenso fiduciale). Citazione:
Non scherziamo però... Sfido chiunque a cercare un qualsiasi documento ecclesiale dal 1965 in poi che non spinga invece al dialogo (dialogo ricercato proprio in forza della rivelazione trinitaria che gli fa da fondamento!!!). Per inciso la religione cristiana non invita, e non ha mai invitato, a rifuggere la mondanità. Vivere al di fuori del mondo secolare è una forma di testimonianza, non l'unica forma di testimonianza. Citazione:
Ed è infatti quello che ho affermato sopra. Citazione:
Ma anche di fiducia incondizionata: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68). Soprattutto dopo la Resurrezione: mentre prima tutti lo avevano abbandonato, dopo molti sono morti martiri... E' vero: prima della rivelazione dubitavano. Dopo non avevano più motivo di dubitare delle sue promesse. Citazione:
Mi fa molto piacere che riconosci il valore positivo dell'esegesi ecclesiastica! Questa è una cosa che non capita spesso Begli interrogativi: in effetti la vera morte spirituale non si ha quando si nega la dimensione trascendente, ma quando si smette di farsi domande. E' l'uomo moralmente statico che è capace di compiere le atrocità più orribili (e questo lo ha detto molto meglio di me Hannah Arendt). |
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13-02-2010, 15.42.42 | #29 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
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Riferimento: Ragione
A Sesbassar e a Miky 1987, che mi pare concordino sulla necessità (e la ragionevolezza) di porre dei ponti e non degli insuperabili fossati tra la fede dei religiosi e la ragione laica, supposta alla base della filosofia. Ma è proprio l’atteggiamento su cui non sarebbe d’accordo il noto scrittore e giornalista cattolico Vittorio Messori, che sul Corriere dedica un articolo al film “Lourdes” della regista austriaca Jessica Hausner. Perché è un atteggiamento che nell’apparente buona volontà di armonizzare diverse forme di ricerca della verità distrugge ciò che di decisivo oresentava almeno finora una religiosità e, specificamente, quella cattolica.
L’inizio del film è già sintomatico: è il refettorio dei pellegrini, un ambiente claustrofobico, senza finestre e con una fioca luce, tavoli funerei a cui prende posto in silenzio una turba da corte dei miracoli di nani, paralitici, cancerosi, assistiti da volontari tanto formalmente educati quanto distratti o perplessi (“che ci faccio io qui?”). E buia ovviamente è la scena della guarigione – miracolosa o casuale che sia – della ragazza tetraplegica venuta a Lourdes non per fede ma per fuggire almeno temporaneamente dalla casa dove il male la imprigiona. “Credo abbia visto bene – dice Messori – la UAAR, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti nell’attribuire un premio a questo film che, dicono, “potrà aiutare a perdere la fede chi non è ancora approdato a una visione disincantata e scettica”. Ma che dire – si domanda Messori – del premio attribuito al film dagli uomini di cinema cattolici, riuniti in un’associazione riconosciuta ufficialmente dalla Santa Sede; che dire della Diocesi milanese che ha deciso di sponsorizzare quest’opera diffondendola nelle parrocchie? Verrebbe in mente quello che disse Umberto Eco quando analoghi premi cattolici furono attribuiti al film tratto dal suo “Il nome della rosa”: “Io ho faticato per fare un libro radicalmente agnostico se non ateo…e invece no, ‘sti preti mi fregano applaudendomi e riempiendomi di premi… Quasi quasi ho nostalgia della santa inquisizione”. A Messori comunque tutto questo sembra dimostrare che la fede - la vera fede - non c’è più, se il diavolo si bagna le dita con l’acqua santa. “Qui però – riconosce – qualche attenuante c’è: effettivamente a una prima lettura il film pare accattivante per i devoti. Non c’è nulla dell’anticlericalismo di un Emile Zola, che si intrufolò nel pellegrinaggio nazionale francese a Lourdes e ne trasse il suo fazioso romanzo dove tutto inizia per lui da una “pauvre idiote” chiamata Bernadette. Il vecchio mangiapretismo vociferante ha fatto posto a un ateismo radicale ma politically correct. L’ateismo, infatti, qui non sta tanto nelle barzellette che ogni tanto si odono (“La Madonna non vuole andare a Lourdes perché non vi è mai stata”) , non sta nei dubbi dei pellegrini, nel loro spiarsi invidioso, ciascuno temendo che il vicino di stanza sia guarito e lui no: sta nell’annuncio che il cristianesimo è morto perché proprio la cartina di tornasole di Lourdes rivela che sono morte le tre virtù teologali. Papa Giovanni – conclude Messori – definì Lourdes una finestra che si è spalancata all’improvviso mostrandoci il cielo, la Hausner quella finestra la chiude. (E’ veramente una posizione senza sfumature quella di Messori: meglio una fede netta e senza compromessi che quell’occhieggiare al “ritorno del sacro”, alla “voglia di spiritualità” che oggi fanno titolo nei giornali, e quel mostrarsi attenti dei politici a ciò che dice la Chiesa per non perdere, magari, dei voti alle elezioni. Ma voi, che cosa pensate?) |
14-02-2010, 09.48.36 | #30 | |
Studente di teologia
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Riferimento: Ragione
Citazione:
Non ho ben capito il punto di congiunzione tra quello che è stato detto con questo post. In ogni caso penso proprio che la ragionevolezza della fede sia da ricercare incessantemente (come opera sia dei teologi che dei filosofi), appunto per evitari abusi fideistici. Fede senza compromessi non significa fede assurda (o accettata acriticamente), anzi. Per avere una fede senza compromessi non si può prescindere dalla dimensione razionale: una dimensione che appartiene profondamente all'essere umano non può venir semplicemente ignorata. Il risveglio del sacro di oggi, un sacro selvaggio, ha più a che fare con la New Age che non con il cristianesimo vero e proprio (ovviamente mi sto riferendo solo al nostro Occidente). Una spiritualità che è "dliuita", annacquata... Ne penso tutto il male possibile: capisco se non si vuole essere cristiani, ma per far parte di un'altra religione bisogna conoscerla profondamente, entrare nella mentalità della cultura da cui proviene, e non è facile. Così l'occidentale che ha fame di sacralità (ma non vuole fare le cose seriamente "perchè non ha tempo") si ciba al supermercato delle religioni, dove ognuno prende ciò che gli pare di tutte le religioni: "ma a me la Trinità piace, però ci aggiungerei la zakat, e poi perchè non gli troviamo moglie, Lakshmi potrebbe andare bene, e poi che bello è vedere le aure..." Irridendo così tutte le tradizioni millenarie da cui attinge. E questo problema c'è proprio perchè si rinuncia all'indagine teologica (la quale dovrebbe cercare almeno una logica interna nella rivelazione). Ultima modifica di Sesbassar : 14-02-2010 alle ore 17.12.17. |
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