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Vecchio 27-01-2010, 15.06.02   #11
emmeci
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Riferimento: test: quando il corpo fisico muore...

Einaudi pubblica un libro (titolo: “Che cosa vuol dire morire?”) che sembra scritto per sostenere l’importanza di questo argomento e invogliarci a rispondere…. In quel libro Daniela Monti racconta sei sue interviste con filosofi e intellettuali (Remo Bodei, Roberta De Ponticelli, Vito Mancuso, Giovanni Reale, Aldo Schiamone, Emanuele Severino), “che non rivelano semplicemente alcune concezioni che il nostro tempo ha di una fine-vita, ma invitano a riflettere con prospettive nuove sul mistero che accoglie l’uomo e del quale, per quanti sforzi faccia, sa poco o nulla.
Schiamone, per esempio, dice che il primo passo da compiere è riportare il morente al centro della scena, quasi richiamandosi alle parole che Marguerite Yourcenar mette in bocca all’imperatore Adriano: “cerchiamo di entrare nella morte con gli occhi aperti”. Finora – dice Schiamone – la morte è stata generalmente considerata un evento naturale e gli eventi naturali come pioggia e fulmini, si accettano, si sa, mentre ora che c’è la possibilità di una scelta, c’è bisogno di un’etica.
Giovanni Reale offre risposte da credente. “Di fronte alla morte non si può non piangere come di fronte a un autentico male; Cristo è venuto per affrontare problemi che la filosofia non risolverà mai come: perché soffro? perché nasco con appeso al collo il cartello “condannato a morte?”
Remo Bodei ammette eutanasia ed eugenetica in un’epoca che definisce dell’antidestino. Oggi, infatti, si può scegliere: e ignorare questo è collocarsi fuori del mondo; il diritto alla salute dovrebbe implicare anche quello per una morte che tenga conto del testamento biologico.
Ed ecco Severino, che dinanzi alle infinite ipotesi che si tentano sulla morte dice che la sola cosa che manca al paradiso della tecnica è la verità, che il filosofo interpreta con le parole: l’uomo è eterno ma crede alla follia che lo dice mortale.

E noi che cosa crediamo? All’amara verità dell’antico Sileno (meglio morire giovani anzi non essere nati) o al paradiso in cui non cessa di credere Severino anche se non lo identifica con la tecnica ma semplicemente con l’essere qui?
Io avrei una sola interpretazione di fronte alla morte, che mi fa quasi credere, se non al paradiso di Severino, alla trasformazione delle Erinni in Eumenidi: la morte non è la nemica della vita, anzi è la dimostrazione che la vita è infinita e si può sperare che diventi sempre migliore di quello che è stata – perché, se non vogliamo dar esca a fantasticherie mitologiche presenti dalla più lontana epoca primordiale, non c’è che renderla donatrice di morte: cioè accettare che faccia morire le forme che crea per crearne altre.
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Vecchio 28-01-2010, 09.03.54   #12
Noor
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Riferimento: test: quando il corpo fisico muore...

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Ese non vogliamo dar esca a fantasticherie mitologiche presenti dalla più lontana epoca primordiale, non c’è che renderla donatrice di morte: cioè accettare che faccia morire le forme che crea per crearne altre.
Bene ..la vita è infinita affermi ..
Difatti la morte è l’opposto della nascita non della vita.
Accettare che finisca una forma, come affermi,è già un bel passo verso l’autoconoscenza di “quella” vita.
Accettare non è però sperare,altrimenti vi è già rassegnazione:è un passo oltre.
Accettare è vedere che ogni momento è giusto per quello che è
(questo è il presente a cui si riferisce anche Severino*,non quello che vi accade dentro che è ancora forma che muore).

*Credere che la metafisica sia un’astrattezza significa non averci capito ancora nulla.
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Vecchio 29-01-2010, 16.00.39   #13
emmeci
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Riferimento: test: quando il corpo fisico muore...

Non so, Noor, forse chi crede nella necessità della morte è chi è sensibile ai peccati del mondo mentre chi ha fiducia che il bene non sia del tutto scomparso, accetta che la vita continui, cioè resti aperta la possibilità che la storia non sia una tragica sequenza di colpe ed errori. E’ quella che Eschilo chiamava una cieca speranza?
Viene in mente il passo della Bibbia in cui si decide la sorte di Sodoma, e Abramo chiede a Dio: se nella città si trovassero cento giusti la distruggeresti? Dio risponde che sospenderebbe il giudizio, e Abramo prosegue chiedendo: e se se ne trovassero solo cinquanta? quaranta, trenta, venti, dieci….? Dio risponde che la risparmierebbe. E noi che risponderemmo a chi invocasse la sferza del vendicatore su coloro che uccidono nel nome di Dio come ogni giorno i media ci mostrano? Vorremmo veder distrutte non una ma mille Sodoma?
E se, come giustamente hai rilevato, io credo nell’infinità della vita, non moltiplica questo il numero delle persone di cui si possa provare pietà? Non basta questa eventualità a far pensare che il Dio d’Abramo possa sospendere la sua ira o – per dirla in termini classici – che la tragedia non possa alla fine trovare la sua catarsi? Sì, dopo aver invocato la maledizione di Dio e un nuovo diluvio o una pioggia di fuoco, l’infinità della vita non è l’unica cosa che possa rischiarare anche l’anima del pessimista?
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Vecchio 09-02-2010, 21.28.02   #14
imperator87
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Riferimento: test: quando il corpo fisico muore...

Rispondo anche se vedo che è il thread è un pò vecchiotto.
Io non credo che la nostra identità possa essere riducibile nè alla memoria, nè al dna. La nostra memoria per poter dire che è nostra presuppone già un io. Come potremo sennò dire che questa è la mia memoria? Come faccio a distinguere ciò cho ho fatto in passato se non ho già come presupposto una distinzione tra me e gli altri?
Il dna invece, non può essere preso come distintivo per la nostra identità semplicemente perchè non abbiamo un dna. Il nostro dna è ottenuto da una media dei dna delle varie cellule che compongono il nostro corpo. Nessuna unità, insomma.
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Vecchio 09-02-2010, 22.21.49   #15
senzanome
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Originalmente inviato da bataki
<<Immaginiamo che i materialisti e gli atei abbiano ragione:
perciò, quando il corpo fisico muore, la coscienza
individuale scompare.
Uno scienziato pazzo e crudele ti rapisce e decide
di distruggere o la tua personalità o la tua coscienza.
Tu puoi scegliere se conservare l’una o l’altra.
In parole povere, lo scienziato ti permette di scegliere
tra le seguenti due possibilità:
1 - Adesso non morirai, ma tutta la tua memoria verrà
cancellata e tu non saprai più chi sei, e verrai
trasferito in un’altra nazione o su un altro pianeta,
dove continuerai a vivere.
2 - Adesso morirai, ma una copia esatta del tuo DNA verrà
conservata e fatta rinascere in un individuo uguale
a te; ovviamente la tua coscienza individuale andrà
perduta, poiché il tuo clone avrà una sua coscienza
propria, indipendente dalla tua.>>

Lo scenziato in questione non permette un bel niente.
Sia nel primo sia nel secondo caso noi, quello che siamo e siamo stati muore.
Sia nel primo sia nel secondo caso non c'è differenza: noi siamo morti.

en passant, il secondo caso non è tanto da scienziato pazzo.
due gemelli omozigoti separati alla nascita e fatti vivere in ambienti diversi sono due persone diverse, molto diverse nonostante condividano lo stesso patrimonio genetico.

Di pazzo c'è secondo me il porre la coscienza individuale al di là del corpo.

Se mi amputano una mano la mia coscienza individuale resta? e due mani? e tutti gli arti? e il tronco? una parte del cervello? quanta parte e quale parte del cervello deve rimanere per parlare di coscienza individuale?

ho pensato che io allo scienziato pazzo chiederei di prendersi la mia coscienza individuale se ci riesce, e di lasciarmi il corpo intatto così come è, arti, pelle, cervello, neuroni... Suppongo se ne vada via con un pugno di mosche.
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Vecchio 10-02-2010, 08.45.54   #16
Noor
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Originalmente inviato da senzanome
quanta parte e quale parte del cervello deve rimanere per parlare di coscienza individuale?
allo scienziato pazzo chiederei di prendersi la mia coscienza individuale se ci riesce, e di lasciarmi il corpo intatto così come è, arti, pelle, cervello, neuroni... Suppongo se ne vada via con un pugno di mosche.
Appunto..
se non sai in quale parte del corpo porla,come fai a parlare di coscienza individuale intrinseca nello stesso?
Mi sembra chiaro che lo scienziato pazzo se ne vada con un mucchio di mosche,visto che non è materia,ti risulta?
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Vecchio 10-02-2010, 16.32.49   #17
emmeci
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Beh, anche se non hai un nome almeno sei contento di avere un corpo e tenertelo stretto senza protestare se ti capita qualcosa di poco gradito. Ma c’è qualcuno – c’è sempre stato – che pensa che la vita vada in qualche modo oltre sé stessa, che forse lui non è che una larva….In fondo anche lo scienziato evoluzionista ha una pazzia limitata, perché si limita ad affermare che la vita si regge su adattamento e caso, trascurando quelle ventate rivoluzionarie che l’hanno alle volte afferrata o - per non allarmare i buoni borghesi - quella voce della coscienza che l’evoluzionista ignora e che forse, invece, è quanto caratterizza la nostra specie. Certo noi non pensiamo più a un’anima, uno pneuma, un flogisto e neppure a un principio vitale, eppure la vita sembra qualcosa che rifiuta di essere solo una cellula o un corpo, e cerca in tutti i modi di andare al di là, talvolta in modo animalesco e addirittura folle, altre volte con la serena pazienza del saggio taoista. L’intera storia dell’uomo è percorsa da questa tensione e solo per questo la parola storia può richiamare l’evoluzione, anzi proporsi come grado superiore dell’evoluzione.
I materialisti torceranno il naso, ma certo la vita sembra sostenuta da una forza che ci impregna e ci supera: un’energia che è fisica e metafisica, che passando dai batteri all’uomo sembra cercare qualcosa di sommo e di decisivo. Senza voler fare un dispetto alla scienza, perché anche questa dice che tutto diviene, tutto si muta - e perché allora non dovrebbe anche la vita cercare qualcosa di più?
Vita pronta a occupare ogni nicchia, senza limiti di spazio o di tempo….vita che divora la vita e che da quando è divenuta umana si pone ideali che vanno oltre la bruta natura, fino a giudicare crudeli le leggi che la sostengono e l’hanno creata, e a considerare talvolta la morte una liberazione.
Mi pare che il difetto dell’evoluzionista è che non sia abbastanza pazzo, cioè non osi pensare che adattamento e caso sono troppo poco di fronte al dinamismo che ci trascina….dove? verso quale meta? Il religioso penserà a Dio, lo scienziato ad un buco nero – io preferisco, da filosofo, rimanere nel mezzo e credere in ciò che Nietzsche espresse nell’aforisma “divieni quello che sei”: una sintesi, insomma, di Parmenide e Eraclito.
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Vecchio 11-02-2010, 17.50.46   #18
senzanome
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ci ho ripensato.
allo scienziato pazzo "la mia coscienza individuale" gliela venderei, mai e poi mai gli venderei il mio corpo di femmina

Solo che rischierei di essere arrestata per truffa, non si può vendere quel che non esiste. ed effettivamente davanti a un giudice direi la verità: sì, ho approfittato della creduloneria di qualcuno per arricicchirmi io.

Certo, potrebbe essere un rimedio ai problemi economici: invece di vendersi un rene, vendersi l'anima. Chi, davanti a una scelta del genere, sceglierebbe di vendersi il rene?
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Vecchio 12-02-2010, 11.18.57   #19
emmeci
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Per poter fare una scelta si dovrebbe capire bene qual è la posta in gioco, che finora non è chiara. Penso però che non dovrebbe essere facile neppure a Faust trovare un diavolo disposto a contrattare l’acquisto - no, non di una parte del corpo per quanto importante – ma di qualcosa che non esiste. O pensi a qualcuno più pazzo di lui?
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Vecchio 14-02-2010, 20.08.08   #20
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Fuor di metafora...
non c'è nessuna scelta.
Siamo neccessariamente ciò che siamo.
Noi siamo il nostro corpo.
Siamo animali culturali.
Siamo ciò che siamo, animali culturali consapevoli si se stessi, della propria morte.
Immaginiamo scienziati pazzi, possibilità di scelte, un al di qua e un al di là, per sfuggire all'angoscia di ciò che siamo, angoscia esistenziale con la quale conviviamo da quando nasciamo, perché la nostra nascita è anche la nostra morte.
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