...... io non ho la bacchetta magica......
Ciao VanLag, se non hai la bacchetta magica, chiedi in giro nel forum, sono certo che troverai qualche mago ben disposto a prestarti la sua, anzi… Sua.
Può un uomo che non crede in Dio, nell’anima, nello spirito o in nulla di trascendente essere morale ed etico e se si perché lo fa?
Entriamo nel merito del thread per provare, solo provare a dire che proporrei una soluzione personale al quesito in premessa, ma prima di sproloquiare ho necessità di chiarire il MIO PERSONALISSIMO modo d’intendere tanto il significato di etica che di morale:
Io, non essendo filosofo, teologo e tantomeno Saggio, amando la sconclusionatezza, immaginerei che i due termini siano riconducibili, nella loro sostanza, che va ben al di là della fredda definizione lessicale, siano da ricondurre a due differenti sistemi di valutazione del comportamento umano… forse più che sistemi direi meglio ‘livelli di valutazione’ dello stesso. Se, infatti, riterrei la morale, il suo insieme di regole non scritte, come un qualcosa che inerisce più che altro all’intenzionalità individuale dell’atto, l’etica sarebbe, sempre secondo il MIO modo di vedere le cose, più attinente all’atto stesso. Nel senso che mentre l’una, la morale, rappresenta il paradigma esoterico (occulto – la vera intenzione dell’individuo è insondabile, in conoscibile, molto spesso anche per l’individuo stesso – inconscio docet); l’altra, l’etica, ne rappresenta l’aspetto essoterico (palese), perché analizza e valuta le azioni realmente poste in essere e non ciò che le ha indotte.
So bene che questa è una visione non canonica, non accademica e non riportata, presumibilmente, da alcun testo filosofico o teologica e da alcun vocabolario della lingua italiana… ma siccome sono scemo, orami lo sapete tutti, così è per me e così lo dico. Ne consegue che, mentre la morale, la sua edificazione in norme non scritte ma sentite, dovrebbe essere campo di speculazione più che altro della filosofia e della teologia, e il giudizio ultimo circa un comportamento morale sarebbe sempre limitato e incrostato se affidato agli uomini (psicologia del profondo), mentre sarebbe definitivo e Vero se attribuito alla divinità; così non è per l’etica, in quanto inferisce sull’atto, sull’azione compiuta e quindi sui suoi effetti palesi e non sulle cause occulte. La morale è un sentire interiore, non esistendo una morale univoca per latitudine e longitudine, ma si rapporta sempre con un ‘al di fuori’ (divinità – paradigmi psicologici); l’etica, pur essendo anch’essa in stretto rapporto con un ‘al di fuori’ da sé, è sempre un sentire esteriore all’individuo perché codificata o codificabile in norme scritte. Concordo con fragola (ciao
) quando afferma che: < Infatti io parlo di comportamento etico e di comportamento morale. Che non sono la stessa cosa nemmeno secondo il linguaggio comune.>. Già, anche secondo me, proprio in adesione alle MIE premesse, può esistere un comportamento eticamente corretto, ma mosso da una morale abietta; viceversa, può esservi un comportamento etico censurato o censurabile secondo i canoni di giudizio comuni, ma mosso da una moralità luminosa.
E non mi trovo affatto d’accordo con Rubin (ciao anche a te) quando recupera la morale dall’instaurarsi di un rapporto di reciprocità, perché questo rapporto esige una remunerazione, tanto è vero che afferma: < è una norma che funziona nelle relazioni simmetriche, alla pari, ma non in quelle asimmetriche, di potere e dominio…>. Ma sappiamo che esistono bellissimi esempi di comportamenti ritenuti (ovviamente giudicati con il limitato Lume della ratio e doxa umane) universalmente morali pur in assenza di reciprocità, che implica, appunto, una remunerazione, o dir si voglia rinforzo, o contraccambio.
Io sarei più propenso a ritenere che la morale, insita nell’uomo in forma germinale… poi le relazioni fra umani amplificano la voce del feto, nasca a seguito dell’instaurarsi di quel processo che io, non so quanto forzatamente o arbitrariamente, definisco d’identificazione. Cioè sento il prossimo mio come me stesso, simile a me. In tale ottica, condivido in pieno l’affermazione di Dana (ciao, anche se ancora non ci siamo innamorati) quando scrive: < Credo che questa legge morale universale che è in ognuno nasca dal fatto di riconoscere l'altro come uguale a sè, una specie di solidarietà umana dovuta al fatto di condividere un destino comune…>. Sì, credo che sia questo processo o meccanismo, forse peculiare nell’uomo, che determina il ‘sentire morale’… perché più che altro parlerei di sentire, non tanto di morale.
Bene, concluse le elucubrazioni, rispondo volentieri alla domanda iniziale, ma prima compio un ulteriore passettino indietro per recuperare un’affermazione, quasi un aforisma filosofico, proposto da un nuovo compagno di giochi: <Se Dio non esiste, tutto è permesso>… frase centrale di uno dei più bei romanzi che abbia mai letto… i Karamazov, pronunciata da uno dei protagonisti, di cui, come ovvio, non ricordo il nome. Anche il protagonista, pronunciando queste lapidarie parole, secondo il mio parere, non credeva alla sua affermazione, rivoluzionaria rispetto al costume del tempo. No, la morale essendo una ‘edificio’ che si costruisce in relazione ad un qualcosa che staziona ‘al di fuori’ dall’individuo, ma che è, al tempo stesso, un sentire interiore ed individuale, è appannaggio anche di chi non crede in Dio o in alcunché di trascendente e metafisico… hanno ragione coloro che sostengono che spesso si ravvisano comportamenti morali (sempre osservati con occhio umano) ben più morali in atei che in credenti.
Ciaooooo
Anche a me
P.S.: mi scuso con alcuni, troppi, perchè, a cusa del tempo tiranno ... poi dicono che non esiste, non ho letto i loro interventi... ma saprò redimermi