Ospite
Data registrazione: 30-05-2004
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dopo la morte fisica
Esiste la possibilità di una sopravvivenza della coscienza, o anima, se tal termine preferite; la sopravvivenza dopo la morte non significa il trascendente, né della liberazione l'eterno.
Due sono le morti: c'è la prima e poi la seconda; dopo l'ultimo respiro lo spirito nell'IO si stacca dal corpo fisico e si trova nel fluidico.
La morte, nonostante la qualità, le preparazioni e talvolta anche il virtuosismo, è sempre un'onda violenta che produce vertigine e smarrimento.
Il morituro si trova, per un periodo che di norma equivale a 40 giorni, in uno stato di fluidità, ove si pensa, sta, e si muove ancora correlazionato all'idioma celebrale attorno a luoghi che hanno compiuto la sua stessa vita.
I sensi sono analoga organicità nel corpo sottile e, se è lo smarrimento o la paura ad avere la supremazia, egli sovente torna là, tentando di entrare in quel corpo rigido che si dissolve e dissocia. Dopo questo stato, subentra la seconda morte. Il distacco qui, del morituro, è quella fase che disgiunge lo spirito-coscienza dall'idioma celebrale e due sono i cadaveri: uno fisico e uno psichico. Il cadavere psichico è quel involucro vuoto che talvolta, per mezzo di forze intrinseche, per similitudine, mediante dei rituali o delle irresponsabili catene medianiche, si empie e si muove, interpretando la personalità del defunto e tale figura è fantasma o spettro. Il distacco dal corpo psichico, che sarebbe l'idioma cerebrale, rappresenta la seconda morte. Quello che prima era pensiero, si rivela un campo di forze e immagini. Lo spirito, attraverso la qualità che fu della vita mediante il grado della gerarchia raggiunta in quel mondo astrale, onde le divinità serafiche luminose, oppure quelle irate, il meraviglioso e il terrificante, sono i due poli, non altro egli deve conoscere che se stesso.
Con la seconda morte incomincia l'ade; la maggioranza si sperpera e non ha possibilità di sopravvivenza, non essendo alcunché che possa dare requie, quando nella vita non vi è stato tratto nulla di vivente al di fuori della correlazione dello spirito con la materia; per questo vale ripetere: "chi non ebbe a vedere in terra non vedrà in cielo". Allora il precipizio; e talvolta la vertigine dello spirito, il moto dell'incoscienza, i suoni dell'ente della paura, diventati terrore, possono attraverso il gesto di una fuga, trovare rifugio, tepore nell'oscurità di una tana; lì è il non esistere.
La vita della vita riprende eterna; l'atto che in partizioni divide la coscienza è l'eterno. Può anche capitare che invece, lo spirito dell'IO abbia, mediante la mortificazione, rappresentanza di una non sufficiente forza per conseguire la via verticale del trascendente e che, nell'atto di una fede, egli sia trasportato dalla risonanza forte di un amplesso e da uno di questi, un uomo o una donna, venga attratto.
Se attratto dall'uomo, femmina risulterà la sua nuova coscienza, se attratta dalla donna, maschio entrerà nella nascita, di nuovo afferrato dal ciclo della vita, ignaro di essere già stato quando lo spirito si plagerà nella personalità della coscienza, nella coscienza della personalità.
Esiste anche un mondo subalterno tra il trascendente e il manifestato. Trina è la legge nel moto come nella forma, quando trini siete voi che avete un corpo fisico, uno psichico, uno sottile. Nel mondo mediano, che gli antichi definivano il mondo della luna, ove stanno quelle coscienze che hanno tratto di sé in sé qualcosa di salvo ma, come le Divinità, esse hanno un ciclo cosmico di eterno, esiste soltanto ciò che resiste. Eterno e assoluto sono uno, il sempre presente, non alcun moto di tempo e come è stato detto il tempo è illusione fatta di cose, le cose nella sostanza sono espressioni di tempo, moto, spazio o materia sanzionata. Sono due le fasi dopo la morte, la morte che della vita è quella notte che nessun'alba troverà e non compie niente portando l'uomo alla tomba, perché essa è l'altra facciata della stessa porta, da cui entrate e uscite dalla vita. La prima fase equivale a 40 giorni, e tu sai che una legge, nell'analogia e nella causa-effetto, determina tutte le cose, anche quelle che divine, sublimi appaiono, così i numeri, i nomi ripetendosi, rivelano e nascondono la causa prima donde provengono 40 giorni.
L'anima del defunto, essendo ancora congiunta all'idioma celebrale nel corpo psichico e nel corpo sottile, soffre freddo, fame, paura e i sentimenti che prima gli erano di sostentamento, assumono dimensioni paradossali. Se esiste una forza forte più di quelle forze, la via è andar oltre; ma i più hanno cedimento, sperperamento, prima ancora della seconda morte non sono più.
La seconda morte è il distacco dall'idioma celebrale, è il distacco dal corpo psichico, cosicché l'intelligenza che fu soltanto un'astrazione del pensiero, diventa il limite e, sfaldandosi, lo insanguina di morte.
Lei teme che si sciolgono come neve al sole, dietro di essa, le immagini che hanno prodotto e determinato quella personalità e si ribadiscono e riavvolgono in quel difficilissimo passaggio. Solo la forza, fatta di tutte le forze, ha la possibilità di ricordare, di conoscere il sé, perché lo spirito non deve che riconoscere se stesso. Nient'altro; e lì si ribadisce il ciclo delle reincarnazioni e non è detto che la ricaduta, nella nascita, sia evolvimento, può anche esserlo a seconda della qualità della seconda morte, che dipende dalla coscienza raggiunta nel sapere, dalla dignità conservata, ma se queste qualità già non erano in vita non splendono e non sono oltre la vita.
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