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31-10-2015, 10.13.12 | #22 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
Citazione:
Appunto perché non c' é un dato empirico a favore o contro e non sono necessari per spiegare alcunché, il razionalismo (rasoio di Ockam) prescrive -a chi, come me, é razionalsita- di non crederci. Citazione:
PER L' APPUNTO ! Citazione:
Siamo entrati nel campo degli atteggiamenti arbitrariamente (irrazionalmente) assunti: nel mio caso quello del maggiore razionalismo posssibile, che mi impone di applicare il crierio del rasoio di Ockama all' ipotesi "esistenza di Dio" (il Dio dei deisti, perché credere a quello delle religioni abramitiche, in presenza del male, é contraddittorio, assurdo, e dunque per Esso -o Egli?- il problema non si pone). Citazione:
Ovvio! Infatti assumere qualsiasi principio etico (o insieme di principi etici), compresi quelli che sarebbero stati scritti sulle tavole della legge divina sul Sinai e quelli che sarebbero stati proclamati da Gesù Cristo, o dettati da Dio a Maometto, é una scelta che si assume arbitrariamente (é infatti arbitrariamente, per fede, indimostrabilmente che si crede alla religione ebraica o a quella cristiana o a quella musulmana, ecc., e dunque che si credono da seguire gli imperativi morali che esse prescrivono: proprio esattamente come per una scelta che si assume arbitrariamente si adotta qualsiasi diverso sistema di valori etici da parte di chiunque, atei compresi. Dunque "tutto è permesso a me" unicamente nel senso che mi é permesso avvertire interiormente i principi etici che avverto arbitrariamente, senza che siano dimostrabili, del tutto esattamente come non sono dimostrabili quelli delle religioni, dato che esse affermano essere stati stabiliti da Dio, e che l' esistenza di Dio non é dimostrabile; dunque tantomeno il fatto che li abbia stabiliti e che per questo motivo siano validi, da osservarsi. Ergo "tutto è permesso a me" esattamente nel senso in cui "tutto é permesso a te" (e solo e unicamente in questo senso, secondo questo modo di dire alquanto improprio, secondo me). In questo senso (che trovo alquanto improprio) "tutto è permesso a chiunque", te compreso, nel senso che niente dimostra, direttamente o indirettamente, quali siano i principi etici da seguire, e dunque inevitabilmente, da parte di tutti e di chiunque, li si assume arbitrariamente, "ad libitum", perché immediatamente avvertiti o perché conseguenti ciò che ad libitum si é deciso (essendoci tutto permesso: di scegliere del tutto arbitrariamente in qualsiasi modo in proposito) di credere. Ultraelementarissimo, DucinAltum!!! Ultima modifica di sgiombo : 31-10-2015 alle ore 17.20.56. |
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31-10-2015, 11.56.47 | #23 | |
Moderatore
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Riferimento: L'universo dentro di noi
Citazione:
Ultima modifica di and1972rea : 31-10-2015 alle ore 17.06.21. |
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31-10-2015, 14.22.08 | #24 |
Nuovo ospite
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Riferimento: L'universo dentro di noi
DISSONANZE CON SARIPUTRA
La tua prima proposizione, costituisce una classica "petizione di principio", in quanto, nella tua premessa (deve esistere necessariamente una realtà esterna) è già implicita la conclusione (perciò l'essere non ha alcuna possibilità di crearsi un'immagine della realtà esterna-a-lui, che, invece, si limita a percepire). Trattasi, in sostanza di un RAGIONAMENTO CIRCOLARE, che, in quanto tale, è palesemente difettivo, anche in alcune sottoproposizioni interne; ad esempio, scrivere "percezione autocreata", è una "contradictio in adjecto, perchè, nel termine "percezione", è già implicita l'apprensione sensoriale-mentale, di qualcosa di esterno. Cioè, se percepisco qualcosa, non lo creo. Se, invece, lo creo, non lo percepisco Anche tale locuzione, quindi, costituisce in sè stessa una "petizione di principio"; o "serpente che si morde la coda", se si preferisce una espressione più immaginifica. E' ovvio, infatti, come dice Sariputra, che: "Proprio per l'esistenza di entità indipendenti dal percipiente si ha un percepire. Se queste entità non fossero indipendenti dal percipiente non si potrebbe parlare di percezione. ". Appunto. Infatti io non parlo affatto di "percezione", perchè è un termine che implica la percezione di qualcosa di esterno; ma questa non è una verità anapodittica, perchè noi sperimentiamo direttamente solo quello che avviene nella mente. Ma che, quello che avviene nella mente, sia il prodotto della percezione di qualcosa di esterno, è una mera "congettura". Ed infatti, l'esistenza di entità indipendenti ed esterne rispetto al percipiente -ad es. un albero- non è affatto una verità insindacabile a priori; tanto è vero, che (anche volendo ammettere la realtà del mondo esterno), talvolta, la nostra nostra mente vede l' "albero" dentro di sè, anche se, fuori, in realtà non c'è nessun albero da vedere. Come nei sogni, nelle allucinazioni e nei miraggi. Sul fatto che l'albero, posto che esista esternamente, sia una mera designazione mentale e non l'entità vista nella sua reale natura, siamo perfettamente d'accordo; ma accadrebbe esattamente la stessa cosa se l'albero non esistesse. Il classico esempio vedanta del "serpente e della corda", che mi piace moltissimo, secondo me, significa l'opposto di quello che sostiene Sariputra; esso, cioè, è l'errore di considerare "reale" (cioè mondo esterno oggettivo separato) ciò che, invece, è solo una sovrapposizione al "vero reale", che è l'essere coscienziale "non duale", che ci si manifesta come corda, pur essendo, in realtà, un serpente. *** ASSONANZE CON SARIPUTRA In effetti, nella sua conclusione, Sariputra, sembra "quasi" dire quello che dico io; e, cioè, che le cosiddette "entità indipendenti", sono mere designazioni mentali e quindi vuote di esistenza meramente "oggettiva"; ma sicuramente non prive di esistenza, per quanto "soggettiva" e mentale. E che, quindi, non c'è dualità. Per quanto, poi, concerne gli stati mentali del soggetto percipiente, non bisogna confondere il "sè" individuale (Tizio, Caio e Sempronio), con il "Sè'" universale. Per quanto concerne il primo, Sariputra ha senz'altro ragione: diamo un nome e una forma (seppur mentale) ad un flusso continuo di cui abbiamo una percezione limitata e per rendercelo intelleggibile non possiamo che circoscriverlo e designarlo. Mi sembra di capire che io e Sariputra abbiamo concezioni affini, ma abbastanza diverse, perchè la mia è più di tipo "neoplatonico" (e vedanta), mentre la sua è più di tipo "buddista". Quanto al linguaggio, sono d'accordo che le parole sono mere designazioni mentali vuote di esistenza significante, se si trascende il mondo "fenomenico", per cercare di accedere a quello "noumenico"; come ho già detto in altra sede. Come pure ho spesso ripetuto, riguardo a DIO (o l'Unico, il Vero, l'Eterno che dir si voglia), che, non appena lo pensiamo e cerchiamo di designarlo, sorge nome e forma e perdiamo la consapevolezza di ciò che realmente E'; sottoscrivo in pieno le parole di Sariputra, in tal senso. Per questo io sostengo precipuamente la "via apofatica" a Dio (pur riconoscendo valore devozionale a quella catafatica). E in effetti, come dice Sariputra, quando definiamo come "spirituale" uno stato mentale come l'Estasi, universalmente riconosciuto come stato spirituale da saggi e guru vari, non operiamo ancora una mera designazione di qualcosa che non possiamo "afferrare" con il pensiero discorsivo? Certamente...sono del tutto d'accordo. Quanto al concetto buddista di "VUOTO", invece, mi ha sempre lasciato alquanto perplesso. Rispetto alla affermazione di Sariputra che Spirituale e Materiale sono designazioni Vuote di "esistenza inerente", proprio come l'esempio dell'albero, ma non si possono intendere come Non-esistenti, potrei anche essere d'accordo...anche se non mi è ben chiaro il concetto di "esistenza inerente" (inerente a che?) |
31-10-2015, 15.35.06 | #25 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
** scritto da sgiombo:
Citazione:
E, allora, se non c'è nessun dato empirico a favore o contro e non sono necessari per spiegare alcunché, riesci a distinguere che lo stesso teorema del rasoio avvalla il razionalismo -a chi, come me, è credente - di non crederci (nella possibilità che il Tutto sia stato creato non da Dio ma dal Caso): sì! sì! Come sempre non ragioni (strano per un razionalista stoico) sul fatto che il problema non è che non credendo in Dio si è liberi da dogma, ma, al contrario, si finisce, inevitabilmente, a dover, per forza anch'essa inspiegabile, credere in qualcos'altro; ecco perché io parlo di alternativa, che, grazie anche al suggerimento di Ockham, sfocia (il problema ancora irrisolto) in una preferenza soggettiva, e non con l'annullamento della Fede in chi ha preferito non credere in Dio. In soldini, il razionalista preferisce non credere in Dio per le sue ragioni (benissimo, complimenti!), ma sta, automaticamente, preferendo scommettere la sua fiducia esistenziale etica-morale su qualcos'altro anch'esso pervaso d'irrazionale, tipo il Caso o ciò che uno voglia inventarsi. Pace&Bene |
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31-10-2015, 16.20.41 | #26 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
** scritto da sgiombo:
Citazione:
Associando a questa tua riflessione, questo tuo pensiero precedente: Citazione:
...la domanda nasce spontanea: devi deciderti, senza credere agli ordini di Dio, una persona è libera di fare quel che gli pare?!?! Citazione:
Quindi ti rendi conto che sostenere che i principi etico-morali sono "ad libitum", ossia, secondo i gusti e i piaceri personali nessuno è in errore, e quindi anche il nazismo o il comunismo, l'illegalità o le mafie, la vendetta o l'inganno, non sono biasimevoli, poiché avvertiti interiormente arbitrariamente. Sarà elementare per te, ma non penso per tanti. ------------------------------------------------------------------ ** scritto da elsire: Citazione:
Per Dio non esistono cose buone o non buone (solo Lui è Buono!), ma ci sono cose che sono nella luce della verità e altre che stanno nelle tenebre della menzogna. Pace&Bene Ultima modifica di Duc in altum! : 31-10-2015 alle ore 20.52.35. |
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01-11-2015, 09.07.59 | #27 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
Citazione:
Fa parte della definizione di "razionalismo" il fatto di evitare quanto più possibile di credere a tesi indimostrate (ed eventualmente indimostrabili): per "razionalismo" si intende (fra l' altro) questo. Dunque quello del rasoio di Ockam é un criterio razionalistico fondamentale. Citazione:
Come sempre (o quasi; quanto più riesco) ragiono, eccome (anche su quanto segue)! "Non credendo in Dio si è liberi da dogma", e non si finisce affatto "inevitabilmente, al contrario, a dover, per forza anch'essa inspiegabile, credere in qualcos'altro": si può anche benissimo sospendere il giudizio. Che si crede al minimo indispensabile alla conoscenza scientifica (oltre che al senso comune di tutte le persone correntemente considerate "sane di mente") arbitrariamente, per fede l' ho scritto in questo forum innumerevoli volte. E innumerevoli volte ho scritto (e mi sto stufando: credo che questa sarà l' ultima) che, malgrado tu ti ostini a ignorarlo (= non prenderlo in considerazione), c' è una differenza fra credere a questo minimo indispensabile e nient' altro (cioé essere più razionalisti) e credere inoltre alle più svariate, gratuite altre tesi (cioé essere meno razionalisti; se non addirittura irrazionalisti tout court); per non parlare in particolare del credere a tesi contraddittorie nel loro complesso, come accade alle religioni abramitiche, che é un' ulteriore discorso: questo é decisamente irrazionalistico!). Questa differenza può essere valutata del tutto soggettivamente (per me personalmente é di enorme importanza), comunque non può essere affatto negata a rigor di logica. Non ho mai negato che si possa (alternativamente a me e a tanti altri) credere in Dio (ci mancherebbe altro!!!). Semplicemente ho sempre affermato che si tratta di una scelta irrazionalistica (o quantomeno meno razionalistica della contraria) per il fondamentale criterio razionalistico del rasoio di Ockam. Ultima modifica di sgiombo : 01-11-2015 alle ore 17.36.02. |
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01-11-2015, 09.44.59 | #28 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
Citazione:
Se non subisce (violentemente, contro la sua volontà) impedimenti o coercizoni una persona é libera di fare quel che le pare, tanto se crede in Dio quanto se non vi crede, per definizione. Per me, che non credo al libero arbitrio (e non credo che il libero arbitrio sarebbe compatibile con la possibilità di dare valutazioni morali sull' agire; in generale, e in particolare umano), ciò significa che è intrinsecamente determinata, condizionata, dal suo "modo di essere", da ciò che é, a fare ciò che liberamente da costrizioni o condizionamenti estrinseci fa. Citazione:
(Ignoro l' ignobile accostamento del comunismo al nazismo). I principi etici possono essere e di fatto purtroppo sono violati non meno dai credenti che dai non credenti. Infatti accanto agli "imperativi categorici morali" si avvertono -tutti: non credenti e credenti!) anche le "tentazioni di violarli"; e i rimorsi per averli violati, che si può più o meno facilmente mettere a tacere, a seconda del proprio "modo di essere", di come si é, ma comunque "esistono", sono reali). Ma il violare gli imperativi etici non é il negarli, non dimostra che non si avvertano. Forse i credenti (no! Solo alcuni credenti, i meno buoni e magnanimi) sono "facilitati" nel sentire rimorsi per le violazioni morali (nel loro linguaggio i "peccati") per il fatto che ne può conseguire la dannazione eterna (quanto di più miserabilmente crudele, ingiusto, immorale sia riuscita a concepire la Santa Inquisizione, che in fatto di crudeltà e immoralità si contende con il nazismo e il sionismo la "palma del primato"). Ma in questo non dimostrano affatto una maggiore levatura morale dei non credenti, anzi! Se cercano di fare il bene per la paura delle pene eterne dimostrano non di essere buoni, moralmente retti, ma gretti e meschini utilitaristi mossi nel loro agire dalla ricerca del tornaconto personale. Per fortuna (e contro diffusi pregiudizi laicisti; colgo l' occasione per ribadire che personalmente non sono laicista bensì laico) esistono anche credenti buoni e magnanimi (e qui ripropongo ancora una volta lo splendido esempio di Severino Boezio) che agiscono rettamente, del tutto esattamente come i laici buoni e magnanimi, perché "la virtù é premio a se stessa", cioé "disinteressatamente", perché fare il bene é per loro un (o meglio: il) fine, non un mezzo (onde evitare di essere eternamente inforcati su per l' ano dai diavoli con forconi arroventati e per potere eternamente gozzovigliare in paradiso, che ne sono gli autentici fini); id est: autenticamente in modo retto e buono. Ultima modifica di sgiombo : 01-11-2015 alle ore 17.38.15. |
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01-11-2015, 14.54.01 | #29 | ||
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Riferimento: L'universo dentro di noi
** scritto da sgiombo:
Citazione:
Benissimo, che il Tutto sia nato per Caso o per fortuna è una tesi indimostrata ed eventualmente indimostrabile (forse nel 2050, ma purtroppo per chi ci crede, non oggi!), però intanto, nel frattempo, tu ci credi ...alla faccia del criterio razionalistico fondamentale del rasoio di Ockham!! Citazione:
E no, tu non hai sospeso il giudizio, perché tu scegli e decidi, ogni secondo della tua esistenza, con il tuo dio/dogma inteso quale essere razionalista, fortunato e comunista, ecc. ecc. Questo è già assumere un giudizio, appartenere a quel giudizio, vivere di esso, poiché grazie ad esso, tu giudichi e dirigi la tua quotidianità materiale e spirituale. Sospendere il giudizio e dire che Dio non c'è, ma l'amore è nato per Caso o per fortuna, significa schierarsi con il Caso o la Fortuna, quindi già hai espresso un giudizio, solo che è logico, razionale che poi questo giudizio non vada d'accordo con la tua fiducia nel razionalismo stoico, perché non c'è nessuna ragione che avvalli quel giudizio se non la tua fede irrazionale. Pace&Bene Ultima modifica di Duc in altum! : 01-11-2015 alle ore 19.24.06. |
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01-11-2015, 19.22.49 | #30 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L'universo dentro di noi
** scritto da sgiombo:
Citazione:
E no, qui casca l'asino, e solo se non si crede in Dio che tutto è permesso, poiché si parte dal presupposto che Dio ha deciso che delle cose, anche avendo la libertà di poterle fare, l'essere umano, è preferibile che non le faccia, altrimenti pena un giudizio eterno. E' questo il tuo punto di contraddizione (quindi più che evidente assenza di razionalità oggettiva), la morale la decide Dio, senza Dio la decide l'uomo, e se anche l'uomo dovesse venire meno a quella sua autodidatta morale, chi "diamine" lo giudicherebbe?? a chi dovrebbe dar conto una volta morto?!?! ...che se ne importa uno di rispettare o meno quel bip-mentale che si è voluto auto-imporsi?? ...tanto sempre nel giudizio nullo finiranno i suoi principi etici. Citazione:
Che triste e monotona sarebbe l'esistenza se ogni giorno non apprendessimo qualcosa di nuovo che fino a ieri ignoravamo... Pace&Bene |
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