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24-05-2015, 14.23.15 | #3 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
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Riferimento: Veracità matematiche
Citazione:
ciao SlipDown. se 2+2= 4, allora 2+2=x; non sono la stessa cosa? Se decido che la somma sia un proprietà matematica,come negli altri segni operazionali e decido che assiomaticamente in questi segni vi siano altre proprietà come ad esempio quella dell'invarianza, e se decido che x è semplicemente il segno di una incognita che sta dietro un altro simbolo l'= ,tutto torna se la convenzione linguistica è accettata, cioè semantica e sintassi sono strutturalmente coerenti all'interno di un dominio del linguaggio. Persino il principio di identità è una convenzione, una tautologia:cosa permane(eterno) in una identità di un qualsiasi oggetto o soggetto (ente) semantico e cosa muta nel divenire? |
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24-05-2015, 18.00.40 | #4 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 27-08-2014
Messaggi: 162
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Riferimento: Veracità matematiche
Slip Down scrive: "...il principio di non contraddizione è quello per il quale un ente non può essere qualcosa di diverso da se stesso. Dunque dire che x=4 significa dire che x è se stesso e anche 4; ma ciò non può essere logicamente possibile poichè x è x e 4 è 4. Sarebbe come dire che io sono mio padre".
Mi sembra un ragionamento un po' sofistico, di tipo meramente "nominalistico". Dire che "io sono Elsire", ovvero "io=Elsire", non significa dire che io sono "io", ma anche "Elsire"; il che non sarebbe logicamente possibile, poichè "io" è "io" e "Elsire" è "Elsire"...per cui "io" non può essere "Elsire". Quando formulo la proposizione "io sono Elsire", in realtà, intendo semplicemente dire che il mio nome è Elsire; e non vedo come questo osti con il principio di non contraddizione. Nel caso di "2 + 2 = 4", siamo di fronte ad una vera e propria tautologia; come tutta la matematica, in fondo, che si basa su giudizii meramente analitici. Sarebbe come dire che un quadrupede ha quattro zampe. X=4, invece, è diverso. Significa attribuire una denominazione di comodo a 4 (come Elsire è una mia denominazione di comodo), per procedere ad un conseguente rapporto (o ad una equazione). Ad esempio: 50 : 100 = x : 1000 x= 500. Cioè, x era l'incognita, che noi scopriamo essere pari a 500, moltiplicando 100 per 1000 e poi dividendo per 50. |
24-05-2015, 21.36.07 | #5 |
Ospite abituale
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Riferimento: Veracità matematiche
Per quel che mi riguarda considero quelle della matematica (pura) e della logica verità indiscutibili perché rappresentate da giudizi analitici a priori i quali non fanno che esplicare affermazioni di già contenute, sia pure implicitamente, nelle premesse.
Ma non le ritengo "conoscenze" in senso proprio, cioé non nel senso di predicazioni vere circa la realtà. La logica e la matematica pura, cioé non applicate a giudizi circa la realtà (i quali potrebbero essere veri o falsi), bensì ad assiomi e definizioni stabiliti arbitrariamente a priori, indipendentemente dal come é (o non é) la realtà, dai quali operano deduzioni (dimostrazioni di teoremi) o calcoli secondo regole o procedimenti "meccanici" (algoritmi) arbitrariamente stabiliti, non dicono evidentemente nulla (né di vero né di falso) circa la realtà. Invece se applicate (correttamente) a giudizi circa la realtà esplicitano affermazioni circa la realtà che erano implicitamente contenute nei giudizi di partenza, e dunque che sono vere soltanto se erano veri i giudizi di partenza, false se questi erano falsi (se applicate scorrettamente portano ad affermazioni incerte, che potrebbero essere vere oppure false del tutto casualmente). D' altra parte ritengo che i giudizi sintetici a posteriori, che parlano della realtà, siano irrimediabilmente incerti (potrebbero essere sia veri che falsi), a meno che non siano del tutto generici e sostanzialmente vuoti di "positivi contenuti specifici di conoscenza", come dire: "accade questo (qualsiasi cosa sia)". Ritengo che i giudizi analitici a priori (logici e matematici puri) siano certi, ma che "paghino" questa loro certezza al prezzo (salatissimo) della loro insuperabile vacuità conoscitiva; e che invece i giudizi sintetici a posteriori siano conoscitivamente carichi, ma che paghino questo loro contenuto conoscitivo al prezzo (altrettanto salato) della loro insuperabile incertezza. In conclusione non ritengo lo scetticismo razionalmente superabile (ma casomai soltanto affidandosi inevitabilmente a qualche credenza infondabile razionalmente, indimostrabile, letteralmente "fideistica"). Sento (irrazionalmente, immotivatamente, come inevitabilmente si sente qualunque esigenza primaria o assoluta e non secondaria -in quanto mezzo rispetto ad altre primarie, che ne sono fini- ovvero relativa a tali fini primari) una fortissima esigenza di razionalismo. Ma di fronte all' esito inevitabilmente, insuperabilmente scettico di un razionalismo conseguente o integrale, che mi imporrebbe una sorta di inerzia o passività pratica, sento un' esigenza ancora più forte, quella di correre il rischio di sbagliare abbracciando credenze che potrebbero essere false pur di agire; e di conseguenza ripiego da un razionalismo conseguente o integrale a un razionalismo limitato (o a una sorta di "ragionevolezza"), consistente nel limitare al minimo indispensabile tali credenze fallibili necessarie all' azione, nella piena consapevolezza della loro dubitabiltà e incertezza. |
25-05-2015, 05.55.56 | #6 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Veracità matematiche
E' vero: la sola via logica attraverso cui si può affermare che A =B è quella di ammettere l'apparente distinzione di due cose, che distinte non sono.
Come, appunto, dicevo io nel mio precedente intervento, si tratta soltanto di un'apparente contraddizione nel considerare differentemente lo stesso unico ente. |
27-05-2015, 16.05.37 | #7 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Veracità matematiche
Citazione:
Ed è qui che to colgo in errore, A è indiscutibilmente uguale ad A ovvero uguale a se stesso quindisarebbe corretto dire A=A. Ma se A=A come possiamo dire A=B? andremmo ad attribuire ad A una qualità che non ha e lo stesso principio cale per la X, in un'equazione viene un valore a cui X in quella equazione corrisponde ma in questo caso X sarebbe X e quel valore, cosa impossibile poichè, converrete con me, ogni cosa è uguale a se stessa ma diversa da tutto il resto (nel caso del cambiamento che è giusto prendere in considerazione, un ente rimane uguale a se stesso nell'attimo in cui lo consideriamo ma comunque diverso dagli altri enti). Ho inoltre notato che molti di voi si sono, penso, fermarti al 2+2=4 cosa che non metto in discussione perchè non saprei nemmeno come fare, ma quello che trovo assurdo è andare ad attribuire dei valori alla X che di per se non ha e quindi andare a dire cose sbagliate facendole passare per giuste. Anche se ammettessimo che X può assumere dei valori allora all'interno di una parola in cui è presente una X ad esempio "saxofono", che valore prenderebbe questa X? Se andiamo ad attribuire un valore alla X per comodità allora dovrebbero inventare un'altro simbolo diverosa da = poichè = e uguale a = e a niente altro e quindi a solo significato di = o non di somiglianza. Per questo nel campo delle equazioni, a parer mio, l'uniche soluzioni vere sono X=X o Y=Y e quant'altro. Prendendo in considerazione anche aspetti più nel particolare, ad esempio in un'equazione di una parabola potremmo avere Y=X°2+3X+4. In questo caso Y è uguale a Y o alla X°2+3x+4? (X°2 sta per X alla seconda, non so come fare l'elevazione al quadrato ). |
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28-05-2015, 08.39.26 | #8 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Veracità matematiche
Citazione:
Non sono d' accordo: il "presidente della Repubblica Italiana" e "Sergio Mattarella" sono la stessa cosa detta in due modi diversi, come "4" e "2+2". E' vero che "ogni cosa è uguale a se stessa ma diversa da tutto il resto" ma "S. M." = "il P. d. R. I." (che é se stesso), e così pure rispettivamente "4" = "2+2". La "X" nella parola "saxofono" é invece =/= (altra cosa) che la "X" come incognita in un' equazione. Esistono sinonimi e parole con più diversi significati. |
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28-05-2015, 12.02.30 | #9 | |
Moderatore
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Riferimento: Veracità matematiche
Citazione:
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28-05-2015, 12.47.16 | #10 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Veracità matematiche
Citazione:
Sono d' accordo che Sergio Mattarelle é l' attuale presidente della repubblica e non -per esempio- quello (mai abbastanza rimpianto!) degli anni 1978 - 1985. Nè che é (uguale a-) il concetto astratto di "presidente della Repubblica Italiana". Dunque: S. M = l' attuale P. d. R. "2 + 2" Mi sembra un' espressione decisamente astratta; perfettamente eqivalente a quella "4": 2 + 2 = 4. E anche in concreto queste due coppie di mele qui davanti a me sono (perfettamente uguali a) queste quattro mele qui davanti a me (sono oggettivamente la stessa cosa o le stesse cose, considerata -e e detta -e diversamente) ...per poco, perché fra pochi minuti ne rimarranno 3 = 2 + 1 (ho un po' fame). Ovviamente nulla di cui si parli può essere inteso indipendentemente dal contesto di significato nel cui ambito se ne parla. |
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