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07-12-2014, 21.57.08 | #22 |
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Riferimento: infinito e causa prima
Maral:
Il ciclo non è né scorretto né rifiutato alla luce della logica deduttiva, proprio perché non si tratta di ripercorrere a ritroso una linea retta, ma proseguire sempre da causa effetto una linea curva chiusa finché l'ultimo effetto viene a coincidere con la prima causa. Come se si progettasse un automa a muoversi lungo una linea della superficie terrestre in cui ogni passo causa il seguente. D' altra parte i cicli sono del tutto comuni per descrivere meccanismi chimici e biologici come ad esempio nel ciclo di Krebbshttp://www.webalice.it/r.taddei/krebs.gif in cui puoi ben vedere come il citrato (in alto) risulta essere la causa prima della sintesi dell'ossalacetato a mezzo di una serie di step successivi, ma è pure prodotto diretto del medesimo ossalacetato. Dunque in un processo deduttivo di tipo ciclico le premesse sono dedotte proprio dalle loro conseguenze procedendo sempre da cause ad effetti. Sgiombo: Una cosa è la possibile circolarità fisica di cause ed effetti (la palla “A” che urta la palla “B” che urta la palla “C” che urta la palla “A” e così via all’ infinito; sia pur prescindendo da attrito e termodinamica. Ma il ciclo di Krebs -con una “b”-, che conosco dai tempi ahimè ormai lontani in cui preparai l’ esame di Biochimica, nell’ anno academico 1972-1973, non è un esempio pertinente perché non si ripete da sempre per sempre, illimitatamente nel tempo, ma in ogni cellula vivente esso ha un inizio e una fine, dopo un numero finito di "giri"). Un’ altra, diversa cosa è la circolarità logica di deduzioni (non per niente comunemente denominata “circolo vizioso”): quest’ ultima non è ammessa come corretta (credo nemmeno nella logica fuzzy) in quanto non è corretto dimostrare le premesse deducendole, più o meno indirettamente o mediatamente, dalle loro conseguenze: così non si dimostra alcunché. Fra le due notavo semplicemente un’ interessante analogia, non affermavo una pretesa, inesistente identità. Sgiombo: La tua tesi che ritengo errata é che "se non vi è un prima, né un oltre spaziale in quanto non vi è tempo e spazio fuori dall'universo (inteso come Tutto ciò che è) esso non può che essere sempre illimitato pena un'evidente doppia contraddizione (ossia c'è un Nulla in cui lo spazio e il tempo sussistono oltre il Tutto, quindi il Tutto non è tutto e il Nulla non è nulla)". Secondo me la considerazione, la proposizione (ipotetica, affermativa o negativa che sia) che l' universo sia spazialmente e temporalmente limitato, e dunque che non c' é alcunché (c' é un nulla) in cui lo spazio e il tempo sussistono oltre il tutto sussistente non é affatto contraddittoria, non implicando affatto che tutto ciò che c' é (il tutto) non é tutto ciò che c' é (il tutto), e che tutto ciò che non c'é (che non é "il nulla", cioé il non essere di alcunché, ma solo il non essere di ciò -qualcosa, non tutto- che non é, sia pure complessivamente inteso) non é tutto ciò che non c' é (o é qualcosa che c' é). Maral: Scusa Sgiombo, ma se tutto ciò che c'è non è tutto ciò che c'è come dici non vedo come si possa sfuggire a un'autocontraddizione evidentissima. Se oltre il tutto c'è uno spazio e un tempo (in cui quel tutto si colloca e ha inizio e termine) non vedo proprio come quel tutto possa essere considerato tutto, gli mancano spazio e tempo, quindi non è tutto) e lo stesso discorso vale per il nulla. La soluzione è semplice se si ammette invece che tutto ciò che appare non è tutto ciò che è. E se qualcosa nel tutto non appare significa semplicemente che pur essendo se ne sta nascosto. Mi sembra chiaro. Sgiombo: Hai letto male. Io no ho scritto che tutto ciò che c'è non è tutto ciò che c'è, bensì proprio il contrario: che l’ ipotesi della finitezza dell’ universo fisico, poiché non implica che tutto ciò che c'è non è tutto ciò che c'è, non è contraddittoria; e che non la é proprio per questo, perché è contraddittorio, ma non lo implica, che tutto ciò che c'è non è tutto ciò che c'è (che se invece per assurdo lo implicasse, allora sì, che sarebbe contraddittoria). Oltre il tutto non c’ è uno spazio e un tempo (in cui quel tutto si colloca e ha inizio e termine): sarebbe contraddittorio affermarlo. Ma ciò non toglie che il tutto possa essere finito; nel qual caso oltre di esso non ci sarebbe alcunché: né tempo né spazio, pieni o vuoti che li si possa considerare. Non riesco a immaginare uno spazio finito (definito, delimitato da nulla); ma riesco bene a immaginare un tempo finito: una totalità del reale costituita da “questa mia” esperienza fenomenica cosciente direttamente esperita, la quale ha avuto certamente un’ origine (non esiste da sempre: nei miei ricordi non riesco a risalire oltre un tempo finito, circa di sessant' anni) e può benissimo avere (e per la cronaca sono convinto che avrà: mica soffro di delirio di onnipotenza!) una fine; inizio e fine oltre i quali nulla é. E credo che per analogia una simile limitatezza possa anche ipotizzarsi dello spazio. D’ altra parte la natura fisica materiale direttamente esperita è sempre e comunque finita: non riusciamo certamente a vedere nulla che non sia da noi a una distanza finita; l’ estensione all’ infinito dello spazio vuoto, come l’ esistenza dello spazio vuoto stesso, non la possiamo vedere, la possiamo solo immaginare e credere. La crediamo per spiegare scientificamente determinati fatti, ma in linea di principio non è detto non esistano altre possibili spiegazioni (è già successo che spiegazioni scientifiche ritenute saldissime siano state dimostrate errate e superate da altre). Inoltre fino a poco più di un secolo fa la scienza non ammetteva il vuoto ma affermava l' esistenza dell' etere fra le particelle materiali, e anche oggi c' é chi considera che l' etere o qualche altro mezzo materiale non vuoto fra le particelle debba essere riconsiderato; e d' altra parte il "vuoto quantistico" é considerato alquanto "pieno" di energia e particelle virtuali. Dunque nell' ipotesi di un universo spazialmente finito si può anche considerare qualcosa di diverso da uno spazio vuoto fra le particelle, di estensione spaziale limitata, oltre il quale non si prolungherebbe nulla di reale, oltre il quale non ci sarebbe alcunché (e non l' estensione all' infinito dello spazio vuoto esistente anche fra le particelle): in questo caso infinito sarebbe da considerarsi solo lo spazio geometrico, cioé un concetto astratto e non la realtà fisica, in maniera del tutto logicamente coerente e non contraddittoria. Ultima modifica di sgiombo : 08-12-2014 alle ore 07.33.29. |
08-12-2014, 11.02.48 | #23 | ||||
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Riferimento: infinito e causa prima
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Il circolo vizioso (che si contrappone al circolo virtuoso) http://it.wikipedia.org/wiki/Circolo_virtuoso_e_circolo_viz ioso non c'entra nulla con il formalismo logico di causa effetto come qui considerato: il circolo vizioso quando accade fenomenologicamente esprime una consequenzialità spiraliforme e quindi non circolare chiusa, ma per cui a ogni ciclo si produce un effetto peggiorativo sul sistema fino al collasso dello stesso e nell'articolo su Wikipedia, in fondo, ne ritrovi alcuni esempi. Citazione:
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08-12-2014, 18.29.32 | #24 | |
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Riferimento: infinito e causa prima
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Ritengo questa idea abbastanza farraginosa. L'esempio che fai poi ne constata la macchinosità. Io ora nel domandarmi come è nato l'universo dovrei ipotizzare che esso sia causato da quel che avverrà alla fine degli eventi (lo scoppio del computer). Dovendo ipotizzare che il ciclo sia sempre lo stesso dovrei ammettere anche che nel prossimo universo ci sarò sempre io nel medesimo momento a domandarmi come è nato l'universo. E così all'infinito. Appunto, all'infinito. Un'idea che accetta l'infinito invece della causa prima. A questo punto non vedo la necessità di introdurre la circolarità (mi sembra un particolare inutile) se poi il risultato è sempre lo stesso. |
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08-12-2014, 19.13.35 | #25 | ||||
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Riferimento: infinito e causa prima
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Esattamente e questa è la teoria dell'eterno ritorno dell'identico di Nietzsche come enunciata in "Così parlò Zarathustra" (che parte dalla considerazione che se l'universo è finito in un tempo infinito non può che ripetersi identico per infinite volte e così la tua vita: https://www.youtube.com/watch?v=12xXdoOSRpE Citazione:
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08-12-2014, 21.24.57 | #26 |
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Riferimento: infinito e causa prima
Sgiombo:
Per non innescare una nuova noiosa, interminabile spirale di repliche e controrepliche improduttive (di verità) non mi soffermo sulla concezione severiniana di circolarità, finitezza e infinito. Sgiombo: Un’ altra, diversa cosa è la circolarità logica di deduzioni (non per niente comunemente denominata “circolo vizioso”): quest’ ultima non è ammessa come corretta (credo nemmeno nella logica fuzzy) in quanto non è corretto dimostrare le premesse deducendole, più o meno indirettamente o mediatamente, dalle loro conseguenze: così non si dimostra alcunché. Maral: No, qui ti sbagli. Nella circolarità a ogni passaggio non si dimostrano mai le premesse dalle cause, ma sempre le cause dalle premesse (esattamente come nell'esempio sopra, o, se preferisci nel cammino su una linea circolare in cui si torna sempre al punto di partenza proseguendo costantemente un passo dopo l'altro nello stesso verso). Il circolo vizioso (che si contrappone al circolo virtuoso)http://it.wikipedia.org/wiki/Circolo..._e_circolo_viz ioso non c'entra nulla con il formalismo logico di causa effetto come qui considerato: il circolo vizioso quando accade fenomenologicamente esprime unaconsequenzialità spiraliforme e quindi non circolare chiusa, ma per cui a ogni ciclo si produce un effetto peggiorativo sul sistema fino al collasso dello stesso e nell'articolo su Wikipedia, in fondo, ne ritrovi alcuni esempi. Sgiombo: Nel circolo vizioso si pretende di dimostrare delle conseguenze deducendole da premesse le quali a loro volta sono dimostrate deducendole (di solito più o meno indirettamente: farlo immediatamente é troppo eclatantemente scorretto perché di solito ci si caschi) dalle conseguenze che dovrebbero dimostrare: per questo i ragionamenti circolari sono detti “viziosi”, perché in realtà non dimostrano nulla. Sto parlando, in questo caso di logica, dunque di inferenze di conseguenze da premesse, e non di fisica, dunque non di conseguenze di effetti da cause; fra i due casi (relazione fisica causa-effetto e relazione logica premessa-conseguenza avevo solamente rilevato un’ interessante -a mio modesto avviso- analogia: entrambe possono in linea di principio svolgersi secondo concatenazioni infinite senza origine, analogamente all’ entità geometrica “retta”, oppure a partire da un inizio, analogamente alla semiretta -ma se si fermano a una fine l’ analogia è con un segmento-, oppure circolarmente). Ma si tratta di due diverse questioni, da non confondere. Sgiombo: Oltre il tutto non c’ è uno spazio e un tempo (in cui quel tutto si colloca e ha inizio e termine): sarebbe contraddittorio affermarlo. Ma ciò non toglie che il tutto possa essere finito; nel qual caso oltre di esso non ci sarebbe alcunché: né tempo né spazio, pieni o vuoti che li si possa considerare. Maral: Se il tutto finisce ci sarà pure qualcos'altro oltre il tutto e l'altro del tutto può solo essere il nulla (niente assoluto), ma se il nulla è niente il niente non c'è? Dunque il tutto per logica non ha limite non avendo nient'altro oltre a sé, pertanto è infinito pur potendo apparire solo come finito, come ogni ente, te e me compresi. Per cui è vero che come dici "la natura fisica materiale direttamente esperita [fenomenologica] è sempre e comunque finita" e l'infinito logico del tutto non può mai direttamente apparire pur essendo logicamente incontrovertibile. Sgiombo: No, se il tutto esistente finisce non ci sarà alcunché d’ altro oltre il tutto, ovvero nulla (che infatti non è un’ entità, bensì l’ assenza di alcuna entità). Dunque é altrettanto logicamente corretto (non contraddittorio) ipotizzare il tutto esistente come finito e come infinito: in entrambi i casi oltre di esso (non, come alquanto illogicamente consente di dire la lingua italiana) esiste nulla (intendendosi comunque che non esiste alcunché, per dirlo in maniera più logicamente rigorosa). Sgiombo: Dunque nell' ipotesi di un universo spazialmente finito si può anche considerare qualcosa di diverso da uno spazio vuoto fra le particelle, di estensione spaziale limitata, oltre il quale non si prolungherebbe nulla di reale, oltre il quale non ci sarebbe alcunché (e non l' estensione all' infinito dello spazio vuoto esistente anche fra le particelle): in questo caso infinito sarebbe da considerarsi solo lo spazio geometrico, cioé un concetto astratto e non la realtà fisica, in maniera del tutto logicamente coerente e non contraddittoria. Maral: Ma ripeto, se non c'è alcunché allora c'è niente, e come fa il niente a esserci fisicamente? Il niente è negazione assoluta, astrazione del pensiero per poter concepire il tutto come assoluta affermazione e può esserci solo in un senso negativo del tutto astratto che rende a sua volta il tutto finito come una pura e assoluta astrazione concettuale da presentare all'intelletto. Sgiombo: Sia il tutto che il nulla, sia il finito che l' infinito sono concetti che possono applicarsi alla realtà, e in particolare alla realtà fisica. E in quest' ultimo caso é logicamente del tutto corretto, esattamente allo stesso modo, ipotizzare il tutto (fisicamente) reale (la realtà fisica in toto) come finito oppure come infinito: in entrambi i casi oltre di esso c’ è nulla (di fisico), che non è un entità (fisica o di qualsiasi altra natura), bensì l’ assenza di entità (fisiche nella fattispecie); id est: non c’ è alcunché (di fisico). (Altro discorso é quello della verità della predicazione di tali concetti della realtà fisica, predicazione che é vera solo dell' uno oppure dell' altro, essendo entrambi comunque altrettanto logicamente corretti). ...Ma temo di avere mio malgrado sconfinato ampiamente nella (critica della) metafisica severiniana; nel qual caso, in ottemperanza del proposito esposto all' inizio di questo intervento, (a meno che tu non produca argomentazioni realmente nuove) per parte mia la discussione finisce qui. Stammi bene! |
09-12-2014, 12.18.04 | #27 | |
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Riferimento: infinito e causa prima
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Sarà forse uno specifico concetto di infinito, ma a parer mio sempre di infinito si tratta. Poi dici che l'esempio era fantascientifico e su questo sono d'accordo, ma se prendo per buona l'idea che la causa e l'effetto coincidano non mi troverei nemmeno piu difronte ad una circolarità di punti (nell'esempio che avevo fatto erano le biglie, per meglio visualizzare l'idea) ma solo ad un punto. Quindi non vedo nemmeno la necessità di aggiungere che esso sia circolare. Un punto è un punto...mentre il cerchio è formato da una infinità di punti, o comunque (anche se fossero punti finiti) maggiore di un punto. Poi secondo me introducendo un tempo circolare (dobbiamo introdurlo) l'idea forse rimane in piedi solo pensando che il tempo non scorra ma che ogni punto sia eterno (quindi infinito). Cioè (prendendo per buono l'esempio degli universi circolari) che ogni universo sia eterno. Il fatto che io scriva ora è dovuto ad un me medesimo che nell'altro universo causa il mio scrivere ora. Così in infiniti universi c'è sempre un me che scrive ora. |
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09-12-2014, 20.23.25 | #28 | ||||
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Sgiombo, esistono in logica e in matematica relazioni circolari vere (in cui le premesse determinano conseguenze che sono a loro volta premesse da cui consegue logicamente quanto si era premesso), sono espresse dal connettivo logico del doppio condizionale : se e solo se. Ad esempio possiamo prendere il teorema di Pitagora per il quale se e solo se un triangolo ha un angolo di 90° il quadrato costruito sul lato ipotenusa (opposto all'angolo retto) è pari alla somma dei quadrati costruiti sui cateti che implica che se abbiamo un triangolo in cui il quadrato costruito su uno dei suoi lati è pari alla somma dei quadrati costruiti sugli altri 2 quel triangolo ha un angolo di 90° opposto a questo lato. La condizione espressa dal doppio condizionale è necessaria e sufficiente. Quello che chiami ragionamento logico vizioso è invece nel caso in cui la relazione tra le premesse e le conseguenze siano espresse dal condizionale semplice "se", ad esempio se Giorgio è un italiano allora Giorgio è un europeo, mentre non è logicamente vero il contrario poiché la condizione è in questo caso solo sufficiente.
Ma al di là di questo, come abbiamo visto la circolarità fenomenologicamente esiste (esiste pure nel modo di funzionare di un campanello, di un termostato, di una macchina a vapore e via dicendo. oltre che nei cicli chimici e biochimici, ossia ovunque si produca un effetto che ha una retroaazione di tipo meccanico, elettrico o chimico immediato o mediato sulla causa che lo ha determinato). Per quanto riguarda il discorso sul tutto, un tutto finito è contraddizione in quanto il nulla che viene a limitarlo non è, dunque non è il limite (in nessun senso il niente può essere, proprio in quanto non è per definizione), Detto questo si può però osservare che in qualche modo il niente è, visto che lo nominiamo. Cos'è allora che denominiamo come niente che non è? Si può dire che niente significa l'assoluta antinomia logica (come osserva Severino che lo definisce come un significante che significa nulla dunque si contraddice), oppure si può dire, come dici tu, che il niente è solo un niente fisico che si contrappone a un tutto solo fisico, è quindi qualcos'altro da ciò che la fisica può vedere e descrivere. Ma in tal caso ovviamente non è niente in senso assoluto, ma qualcos'altro. Citazione:
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Certo, ma come ti ho detto è pure un'ipotesi cosmologica fisica Citazione:
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10-12-2014, 10.03.09 | #29 | |
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Stai cercando di collegare la circolarità con la filosofia dialettica di Severino. Il problema sta nella sua controfattualità. Le ciclicità per gli antichi è sempre all'interno di una linearità temporale in cui ogni ciclo ha un nome e proprietà , come il nome degli dei e le loro caratteristiche. Ogni ciclo inizia e finisce per riaprirsi e finire in in altro ciclo. Il cerchio non è infinito, è il movimento all'interno del cerchio che può essere infinito , ma come allo stesso modo agisce un pendolo con una biglia alla fine di esso che si muove ipoteticamente senza attriti. Forse, e ribadisco il forse, la circolarità potrebbe avere un significato nella logica severiniana se la consideri un' antinomia, un paradosso logico, quindi una negatività in disaccordo con il principio di non contraddizione , in quanto non riesce a determinare nella proposizione il valore di vero o falso, per cui si crea un loop infinito, fin tanto che non riesce a trovare quell'originarietà semantica determinata dal principio di identità che personalmente interpreto come la causa prima nella logica severiniana. |
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10-12-2014, 12.07.03 | #30 | |
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Riferimento: infinito e causa prima
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Mi auguro che non sia così...soprattutto per i miliardi di uomini che sono stati molto sfortunati nella loro vita, doverla anche rifarla infinite volte sarebbe il massimo della sfortuna. Poi non credo che finito un universo (anche ammetendo vero il Big Crunch) esso sia ripetuto uguale ed identico nel successivo. Ci sarebbero da dire diverse cose. Prima di tutto la biglia, del mio generico esempio, diventa l'universo. A questo punto non è necessario supporre alcun movimento nel tempo della biglia/universo in senso circolare (o lineare che si voglia) visto che esso (con la tua idea) rimane sempre uguale a se stesso. Comunque saremmo difronte ad un infinito, cioè l'infinito numero di volte che l'universo si è resettato. Probabile che lo stesso universo (ammettendo che non sia sempre uguale) compaia piu volte uguale (ad esempio uguale a questo universo) durante i vari tentativi di reset. Essendo però il numero di universi compiuti infinito, anche gli insiemi all'interno di questo numero infinito (cioè il numero di universi uguale al nostro, dove cioè compaio io a scrivere in questo momento) sarebbe infinito (come pare dicano i matematici). Non vedo come questo tipo di infinito sia diverso... Forse è anche un pochino più complesso o al limite tanto semplice da essere equiparabile ad un punto (universo che resetta esattamente allo stesso modo) più che ad una forma circolare. |
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