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15-12-2013, 16.04.24 | #14 |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-12-2012
Messaggi: 381
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
@ Maral
Certo, la "cosa" e il nome (non che le è proprio, trovo, ma che le viene attribuito) trovano senso compiuto solo nella sintesi di nominato e nominante. Tuttavia, credo, questa separazione è possibile (è possibile problematicamente, solo considerando la cosa come "assenza"). Whitehead diceva (il documento di cui ti dicevo - http://riviste.unimi.it/index.php/no...view/1908/2161 - da cui poi dovrai scaricare il pdf): "sono veri questi tavoli e queste sedie oppure queste danze di elettroni?". Ovvero, dice Eco: "io incontro qualcosa da interpretare secondo certi livelli di pertinenza e di interesse, ma questo qualcosa deve essere dato alla nostra interpretazione come un "primum": ciò da cui non si può non partire né prescindere". Ora ti chiedo: questo "primum" di cui parla Eco è solo inconoscibile (e qui concordo) o è anche "inesistente"? Ovvero, rifancendomi a quanto si chiede Whitehead, sono "inesistenti" gli oggetti che a noi appaiono come tavoli e sedie mentre al microscopio appaiono come insiemi di elettroni? E che significa "esistere"? Eco, riferendosi a Wittgenstein (cose che troverai nel documento), arriva ad ipotizzare che i tavoli e le sedie e gli insiemi di elettroni siano cose diverse. Ma lo siano, appunto, dal punto di vista "gnoseologico", cioè del soggetto agente "in atto", e non da quello "cosmologico, cioè dell'infinito potenziale. Il problema dunque, per come io lo vedo, è lo stabilire se l'oggetto cosmologico "c'è", ove questo "c'è" è da me inteso alla maniera cui Levinas intende "l'essente senza essenti", cioè l'elemento che c'era prima della comparsa del primo interpretante, e che ci sarà anche dopo la scomparsa dell'ultimo di essi (ciò che, tempo addietro, definivo "infinito freddo ed inconsolatorio"). ciao |
15-12-2013, 19.18.00 | #16 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
Citazione:
Nonostante tutte le teorie di linguisti e filosofi, per l'accoppiamento o attribuzione di nomi (parole) ad oggetti e concetti, opterei per un inizio casuale, un prova e riprova, (magari onomatopeico quando possibile). Poi tutto si è evoluto con composizioni, (vedi lingua tedesca), collegamenti, estensioni e diramazioni nelle varie lingue a seconda delle esigenze. Magari anche concentrazioni: un esempio eclatante è l'espressione "big-bang" nota in tutte le lingue...anch'essa, tuttavia, nata (creata) casualmente. |
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15-12-2013, 19.53.29 | #17 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
Citazione:
Non credo (non è dimostrato) esista una corrispondenza biunivoca fra un ipotetico vero nome e oggetto designato. Ripeterei che il "vero nome" non esiste"! Nessun oggetto o concetto ha in sé un proprio vero nome! Le diverse lingue derivate dai più diversi ceppi, ove le stesse cose sono denominate in modi diversissimi, ne sono una dimostrazione. |
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15-12-2013, 22.01.09 | #18 | |
Moderatore
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
Citazione:
Trovo che la capacità di astrazione di un linguaggio sia un bene nel senso da te indicato, ossia nella capacità connotativa o intensionale di indicare con un solo senso una molteplicità di significati al fine di poterli più efficacemente controllare e usare. La trovo invece negativa per quanto riguarda la pregnanza descrittiva di ciò che si viene dicendo, ossia la possibilità di rappresentare la reale concretezza valoriale degli oggetti nominandoli. In senso tecnico scientifico un linguaggio astraente è certo privilegiato (l'importanza della matematica che è linguaggio astraente al massimo grado lo dimostra), in senso valoriale e quindi narrativo e poetico un linguaggio che rispetta la specifica concretezza delle cose è decisamente meglio. Penso anche che privilegiare un modo di nominare (e dunque di pensare) a scapito dell'altro non sia un progresso, al massimo uno spostamento a favore di una parte che viene a scapito dell'intero che ogni cosa è. |
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16-12-2013, 12.26.58 | #19 | |
Moderatore
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
Citazione:
Possiamo anche dire che la sedia su cui mi siedo e la sedia danza di elettroni sono oggetti diversi alla luce di gnoseologie diverse e che sono lo stesso oggetto cosmologico che ammette gnoseologie diverse, ma a mio avviso solo ammettendo che i piani gnoseologici che consentono rispettivamente il sedersi o comprendere la struttura atomica sono inscindibili dal piano cosmologico potenziale dell'oggetto stesso e viceversa e quindi che nell'oggetto reale che nomino come sedia vi è sia l'unico infinito del suo essere che il finito del suo infinitamente molteplice apparire finito, perché costantemente essi si richiamano vicendevolmente. Il nome "sedia" sarà quindi il vero nome dell'oggetto solo se indicherà l'unità propria cosmologica di una specifica molteplicità di atti a essa inerenti, sia le specifiche molteplicità che via via vengono a mostrarsi nei momenti cognitivi che proprio a quell'unità si riferiscono e ne trattano mostrandola l'ontologia. Per questo non sento come accettabile l'idea di Levinas (che però devo ancora leggere) di un essente senza essenti, di un uno cosmologico precedente la molteplicità gnoseologica in cui si manifesta, un puro in sé originario senza nulla a significarlo per sé. L'orizzonte degli essenti deve già essere incluso nell'essente completo, se esso è completo. E se non è completo è mancante e parte di qualcosa che lo include (e lo contraddice completandolo), dunque non può essere l'Uno (né il Dio o l'Essere) che dice di essere. |
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16-12-2013, 13.24.05 | #20 | |
Moderatore
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Riferimento: Qual è il senso del vero nome delle cose
Citazione:
Certamente i nomi sono diversi a seconda delle lingue, ma perché la realtà di ciò che nominano non può escludere chi nomina e non trovo vi sia nessuna ragione a priori per escludere che siano i nomi a cercare soggetti nominanti e oggetti nominati per unirli in modo appropriato. Può essere interessante e divertente ricordare a tal proposito la storia che si racconta stia sotto al nome canguro del canguro. Come è noto si racconta che canguro sarebbe stata la risposta "non capisco" degli indigeni australiani a cui i colonizzatori chiedevano "Come si chiama questo strano animale?". In effetti, dinnanzi a quell'animale colonizzatori e indigeni proprio non capivano: i primi di che animale si trattasse (e, nota, per questo volevano conoscerne il nome effettivo, non un nome qualsiasi), i secondi, non capendone la lingua, cosa quei colonizzatori volessero sapere di quel canguro che in quanto tale faceva apparire inequivocabilmente il diverso senso di un comune non capire. Tutto sommato credo che nessun altro nome fosse più appropriato per quell'animale e l'apparente casualità mostra una profonda soggiacente necessità proprio riferita a quel nome. Forse comunque hai ragione a dire che il nome vero non esiste, ma non nel senso che non sia, quanto nel senso che non può apparirci, dovrebbe infatti comprendere tutti gli infiniti aspetti di un essente ed è davvero faccenda assai complicata. |
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