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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-12-2013, 21.26.00   #1
0xdeadbeef
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Razionalità e ragione

Che cos'è la "razionalità"? E perchè oggi questo termine viene preferito al più antico "ragione"?
Il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano dà questa definizione di "ragione": "guida autonoma dell'uomo in
tutti i campi nei quali un'indagine o una ricerca è possibile".
Il Dizionario dà anche altre definizioni, ma questa mi sembra quella il cui significato è quello che meglio
rispecchia quanto la filosofia, nella storia, ha inteso con questo termine.
La "ragione" nella storia della filosofia, dice il Dizionario, è la forza che libera dai pregiudizi, dal mito,
dalle opinioni false ma radicate. Essa è, in altri termini, la funzione formatrice e plasmatrice dell'intelletto.
Secondo Cartesio essa è la capacità di ben giudicare, e di distinguere il vero dal falso. Kant ne istituirà
il "tribunale", ma sempre considerandola "unico lume che rischiara il cammino dell'uomo". Jaspers la definirà
come: "la sorgente originaria nella quale vengono alla luce tutte le sorgenti".
Andiamo ora a vedere la definizione di "razionalità": "la razionalità è il modo in cui si commisura l'efficacia
dei mezzi prescelti in vista di un fine".
Salta subito agli occhi, a mio parere, lo stretto nesso che sussiste fra la definizione di "razionalità" che
dà il Dizionario e la definizione di "economia" che diede L.Robbins (e che, secondo me, rimane quella più
congrua): "l'economia è la scelta dei mezzi più efficaci per raggiungere un fine dato".
Ora, posto che con "efficace" si intenda : "ciò che realizza il massimo risultato con il minimo sforzo" (questo
già da G.D'Ockam e dal suo: "pluralitas non est ponenda sine necessitate"), mi domando quando l'economia, ma
ovviamente anche la filosofia, si porrà il problema di quel "fine" che, invece, sembra lasciato in sospeso.
Cioè quando l'economia e la filosofia avranno la compiacenza di chiedersi in cosa consiste quel "massimo
risultato" cui il minimo sforzo dovrebbe condurre.
Non la razionalità, che ne è, diciamo, "costitutivamente incapace", ma la ragione dovrebbe avere, ed ha,
l'obbligo di chiederselo.
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Vecchio 16-12-2013, 19.35.12   #2
sgiombo
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Riferimento: Razionalità e ragione

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Che cos'è la "razionalità"? E perchè oggi questo termine viene preferito al più antico "ragione"?
Il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano dà questa definizione di "ragione": "guida autonoma dell'uomo in
tutti i campi nei quali un'indagine o una ricerca è possibile".
Il Dizionario dà anche altre definizioni, ma questa mi sembra quella il cui significato è quello che meglio
rispecchia quanto la filosofia, nella storia, ha inteso con questo termine.
La "ragione" nella storia della filosofia, dice il Dizionario, è la forza che libera dai pregiudizi, dal mito,
dalle opinioni false ma radicate. Essa è, in altri termini, la funzione formatrice e plasmatrice dell'intelletto.
Secondo Cartesio essa è la capacità di ben giudicare, e di distinguere il vero dal falso. Kant ne istituirà
il "tribunale", ma sempre considerandola "unico lume che rischiara il cammino dell'uomo". Jaspers la definirà
come: "la sorgente originaria nella quale vengono alla luce tutte le sorgenti".
Andiamo ora a vedere la definizione di "razionalità": "la razionalità è il modo in cui si commisura l'efficacia
dei mezzi prescelti in vista di un fine".
Salta subito agli occhi, a mio parere, lo stretto nesso che sussiste fra la definizione di "razionalità" che
dà il Dizionario e la definizione di "economia" che diede L.Robbins (e che, secondo me, rimane quella più
congrua): "l'economia è la scelta dei mezzi più efficaci per raggiungere un fine dato".
Ora, posto che con "efficace" si intenda : "ciò che realizza il massimo risultato con il minimo sforzo" (questo
già da G.D'Ockam e dal suo: "pluralitas non est ponenda sine necessitate"), mi domando quando l'economia, ma
ovviamente anche la filosofia, si porrà il problema di quel "fine" che, invece, sembra lasciato in sospeso.
Cioè quando l'economia e la filosofia avranno la compiacenza di chiedersi in cosa consiste quel "massimo
risultato" cui il minimo sforzo dovrebbe condurre.
Non la razionalità, che ne è, diciamo, "costitutivamente incapace", ma la ragione dovrebbe avere, ed ha,
l'obbligo di chiederselo.

Credo che la ragione se lo chieda, ci induca a cercarlo, ma anche che non possa evitare di giungere alla conclusione che non può trovarlo.

Infatti gli scopi, le aspirazioni, i desideri, almeno quelli autenticamente tali, “fondamentali” o “primari” o propriamente “finalistici” (evito il termine “finali”, che sarebbe più adatto, perché in un’ altra accezione ha quasi il significato contrario di “primari”) si sentono interiormente, ovvero si avvertono immediatamente nella coscienza: si percepisce di di volere “qualcosa” ma non si percepisce una spiegazione, una ragione o una dimostrazione del (dover) desiderare tale “cosa”. A meno che non si tratti di desideri o aspirazioni “secondari” o “strumentali”, cioé di mezzi atti a conseguire, nelle circostanze di fatto date, altri desideri o aspirazioni “fondamentali” o “primari” che ne sono gli scopi.
Ma questi ultimi li si percepisce, li si sente, ovvero li si avverte “dentro di sé”, nella propria coscienza senza poterli dimostrare, senza poter provare che li si debba sentire, che sia giusto, buono, conveniente o necessario sentirli.

Ragione e razionalità ci possono dire come fare qualcosa, non che cosa fare, ci possono dire se certi scopi sono o meno realistici, cioè effettivamente conseguibili partendo dalle condizioni di fatto reali, e -nel caso lo siano- con quali mezzi possono essere ottenuti, non quali scopi proporci.
Ci possono anche aiutare a valutare in qualche modo quali insiemi di scopi siano complessivamente coerenti, cioè conseguibili integralmente in tutti i loro componenti, e quali invece siano complessivamente incoerenti, cosicché pretendere e cercare di fatto di conseguirli nel loro insieme è impossibile e ci porterebbe inevitabilmente a fallimenti, insoddisfazioni, frustrazioni, sofferenze (le proverbiali botte piena e moglie ubriaca).
Fin qui (per valutare gli insiemi di scopi complessivamente coerenti e realistici e individuare i mezzi atti a conseguirli nelle circostanze date) ragione e razionalità possono molto utilmente ed efficacemente avvalersi delle conoscenze scientifiche; le quali, pur essendo limitate, fondate (anche) su presupposti indimostrabili, in linea teorica sempre falsificabili (e pur non essendo ovviamente infallibili; non garantendoci da sempre possibili errori di di valutazione, misurazione e calcolo) possono avvalersi del potentissimo strumento costituito dal calcolo matematico e “a quanto pare funzionano”.

Ma ragione e razionalità possono e a mio avviso devono anche applicarsi alla valutazione della desiderabilità dei diversi insiemi di scopi ciascuno dei quali intrinsecamente coerente e realistico ma reciprocamente alternativi che possono essere conseguiti (gli uni alternativamente agli altri, nelle circostanze di volta in volta di fatto date, con mezzi adeguati); valutare per esempio se il bilancio (o la “somma algebrica”) fra i sacrifici necessari a conseguire un titolo di studio e le soddisfazioni che se ne possono prevedibilmente ottenere sia o meno preferibile rispetto al bilancio (o ”somma algebrica”) fra le soddisfazioni immediatamente ottenibili dedicandosi subito a un certo lavoro remunerativo e meno duro dello studio necessario a conseguire il titolo di studio e le minori soddisfazioni professionali e personali che ne potrebbero ragionevolmente derivare a più lunga scadenza (oppure se sia preferibile fare sacrifici alimentari per avere maggiore salute e vivere presumibilmente più a lungo o invece godere di più abbondanti e gustose soddisfazioni culinarie a costo di vivere presumibilmente meno a lungo).
E in questo ultimo genere di applicazioni ragione e razionalità non si possono giovare dei potenti ma essi stessi limitati e fallibili mezzi costituiti dalla conoscenza scientifica e dalla misurabilità e calcolabilità matematica: non si possono misurare desideri, aspirazioni, finalità; casomai si può misurare il tempo e lo spazio che ci separano dalla loro realizzazione e l’ energia (fisiologica personale -la fatica che costa- e/o fisica strumentale, per esempio la quantità di carburante che è necessario consumare) per conseguirli.
Per fare un esempio chiarificatore, le distanze da percorrere per raggiungere alternativamente due diverse mete desiderate (entrambe) si possono misurare con precisi rapporti espressi da numeri, la desiderabilità delle mete stesse no (da casa mia devo percorrere esattamente 85 Km per raggiungere Milano e vedere il duomo, ed esattamente 200 per arrivare a Firenze e vedere Santa Maria del Fiore; ma l’ intensità del desiderio di vedere i due monumenti la posso solo vagamente e metaforicamente “ponderare” -e non letteralmente “pesare”!-. Preferisco certamente Santa Maria del Fiore con lo splendido campanile di Giotto e l’ impareggiabile cupola del Brunelleschi; ma di quanto? La distanza che mi è necessario percorrere è tre volte maggiore di quella per vedere il duomo di Milano, ma non posso affatto dire di quanto il desiderio di vedere l’ uno sia maggiore di quello di vedere l’ altro monumento).

Ultima modifica di sgiombo : 17-12-2013 alle ore 12.26.12.
sgiombo is offline  
Vecchio 17-12-2013, 15.06.32   #3
Soren
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Riferimento: Razionalità e ragione

Per come la vedo io:

La ragione è la facoltà di intendere ( e quindi una capacità )

La razionalità è un modo d'uso della ragione, volto all'utile o al meglio che dir si voglia ( cioè già volto al fare ).

Ovviamente sono definizioni soggettive, ma mi pare che razionalità non implichi solo una comprensione ma anche una reazione appropriata ( e dunque implica obiettivi )

Però è vero che come tante parole di gergo o origine "filosofica" le due presentano diverse aree in comune, almeno nel linguaggio non specialistico, probabilmente perché parlando nel quotidiano in modo sempre rivolto a comprendere un'azione nel suo rapporto col fine ( che è sottoscritto nell'azione umana ), se questo non viene rintracciato, allora la nostra ragione non riesce ad intendere il gesto
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Vecchio 17-12-2013, 23.02.11   #4
maral
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Riferimento: Razionalità e ragione

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Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Ora, posto che con "efficace" si intenda : "ciò che realizza il massimo risultato con il minimo sforzo" (questo già da G.D'Ockam e dal suo: "pluralitas non est ponenda sine necessitate"), mi domando quando l'economia, ma ovviamente anche la filosofia, si porrà il problema di quel "fine" che, invece, sembra lasciato in sospeso.
Cioè quando l'economia e la filosofia avranno la compiacenza di chiedersi in cosa consiste quel "massimo risultato" cui il minimo sforzo dovrebbe condurre.
Non la razionalità, che ne è, diciamo, "costitutivamente incapace", ma la ragione dovrebbe avere, ed ha, l'obbligo di chiederselo.
A dire la verità a me pare che il fine economico razionale sia già ben definito, esso è appunto "raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo". Giustamente tu chiedi "ma quale risultato?" e il pensiero razionale risponde qualsiasi risultato. "Quale risultato?" è infatti una domanda ragionevole che pone il problema del discernimento tra le cose che si perseguono secondo ampiezza di vedute, "Qualsiasi risultato, purché produca il massimo con lo sforzo minimo" è invece una risposta razionale precisa in quanto economica, ossia preoccupata dei soli rapporti quantitativi astratti che intercorrono tra fini e mezzi presi come tutto. Si è passati dalla ragione alla razionalità perché questa ultima garantiva illusioni estremamente semplificanti e quindi di massima potenza, perché tutto si potesse ridurre a questione tecnica: cosa funziona e cosa no prescindendo totalmente dal problema del per cosa o al massimo scaricandolo su altri (gente che ha tempo da perdere a ragionare anziché limitarsi a calcolare) e così pure tanti filosofi per far finta di non avere nemmeno loro tempo da perdere a ragionare si sono miserevolmente adeguati.
maral is offline  
Vecchio 18-12-2013, 01.17.06   #5
paul11
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Riferimento: Razionalità e ragione

La ragione ha la qualità dell'intelligere e lo esegue con più strumenti (nno solo deduttivi).ha capacità di relazionare esperienze, conoscenze e avendo anche l'intuizione può, a seconda degli autori-pensatori, esercitare un ruolo etico, se si ritiene che vi sia oltre a una conoscenza una coscienza o comunque una psiche.

La razionalità,soprattutto nella contemporaneità, si muove su campi logico deduttivi quasi esclusivamente, dove si qualifica e si quantifica con metodi, sistemi, il passaggio da una fase di input ad una di output, una trasformazione, un desiderio, uno scopo. E' la misura ,nei desideri, di una oggettivazione della soggettività.
La sua regola interna è una ottimizzazione delle energie, che sia un algoritmo, che sia un processo di sistemi produttivi, che sia un sistema umano, una qualità viene quindi quantificata nelle sue fasi per determinarne il grado di efficienza ed efficacia.

Diciamo che un sistema è razionale se risponde appunto a requisiti quindi quantificabili nelle sue fasi da un inizio fino ad una fine e lo è tanto più spendiamo poca energia per ottenerne il massimo risultato.

Una mia impressione è che la razionalità ha ormai invaso tute le discipline scientifiche ed è una fonte primaria del cosiddetto progresso scientifico, e non solo.

Il problema sta nei principi validificatori e giustificativi della razionalità da una parte e della ragione dall'altra se a quest'ultima viene attribuita anche una coscienza etica con giudizi di valore quindi qualitativi diversi dalla razionalità.

In fondo un piano delittuoso può essere altamente razionale, ma sfuggire ad una etica.

Per concluder brevemente, mi pare che la contemporaneità sia talmente intrisa in una struttura razionale costruita e costituita nelle sua fondamenta da metodiche ,procedure talmente ottimizzate, come condizione in sè, da esserne ormai anima incontrastata, il suo scopo è ottimizzare se stessa per essere proficua e proliferare con successo.

Dall'altra la ragione ne soffre evidentemente come coscienza, come presa d'atto che la persona è compromessa fra struttura e pensiero, cioè fra una sintassi che si ottimizza e una semantica che non trova parole per definire se stesso come individuo dentro la struttura.

Quindi se da una parte la razionalità è fautrice e creatrice di "comodità" sociali, di sviluppi scientifici, dall'altra l'individuo sa di nno poter avere risposte esistenziali dalla sola razionalità. E vive nel compromesso...
paul11 is offline  
Vecchio 18-12-2013, 03.58.19   #6
Mymind
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Riferimento: Razionalità e ragione

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Che cos'è la "razionalità"? E perchè oggi questo termine viene preferito al più antico "ragione"?
Il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano dà questa definizione di "ragione": "guida autonoma dell'uomo in
tutti i campi nei quali un'indagine o una ricerca è possibile".
Il Dizionario dà anche altre definizioni, ma questa mi sembra quella il cui significato è quello che meglio
rispecchia quanto la filosofia, nella storia, ha inteso con questo termine.
La "ragione" nella storia della filosofia, dice il Dizionario, è la forza che libera dai pregiudizi, dal mito,
dalle opinioni false ma radicate. Essa è, in altri termini, la funzione formatrice e plasmatrice dell'intelletto.
Secondo Cartesio essa è la capacità di ben giudicare, e di distinguere il vero dal falso. Kant ne istituirà
il "tribunale", ma sempre considerandola "unico lume che rischiara il cammino dell'uomo". Jaspers la definirà
come: "la sorgente originaria nella quale vengono alla luce tutte le sorgenti".
Andiamo ora a vedere la definizione di "razionalità": "la razionalità è il modo in cui si commisura l'efficacia
dei mezzi prescelti in vista di un fine".
Salta subito agli occhi, a mio parere, lo stretto nesso che sussiste fra la definizione di "razionalità" che
dà il Dizionario e la definizione di "economia" che diede L.Robbins (e che, secondo me, rimane quella più
congrua): "l'economia è la scelta dei mezzi più efficaci per raggiungere un fine dato".
Ora, posto che con "efficace" si intenda : "ciò che realizza il massimo risultato con il minimo sforzo" (questo
già da G.D'Ockam e dal suo: "pluralitas non est ponenda sine necessitate"), mi domando quando l'economia, ma
ovviamente anche la filosofia, si porrà il problema di quel "fine" che, invece, sembra lasciato in sospeso.
Cioè quando l'economia e la filosofia avranno la compiacenza di chiedersi in cosa consiste quel "massimo
risultato" cui il minimo sforzo dovrebbe condurre.
Non la razionalità, che ne è, diciamo, "costitutivamente incapace", ma la ragione dovrebbe avere, ed ha,
l'obbligo di chiederselo.

Dal punto di vista umano credo che ciò che è razionale non è emozionale e perciò irrazionale, a questo punto ciò che manca alla razionalità può essere l'empatia o il danneggiamento altrui a seconda del contesto, perchè per perseguire il suo fine momentaneo con il massimo rendimento possibile non guarderà in faccia a quali siano i mezzi per attuarlo purchè siano efficenti. La razionalità è amorale, è asessuata.
Il suo fine è un susseguirsi di più fini provvisori, allo stesso modo di una visione pragmatica dello scopo della vita dove lo scopo è avere più scopi che si succedono. A questo punto si può vedere la razionalità non come un qualcosa a sè stante, ma più come una protesi inanimata che viene utilizzata dall'essere pensante. Stessa cosa l'economia.
Son d'accordo che sia la ragione, "coscienza e consapevolezza", a far buon utilizzo della razionalità senza perdere la propria natura a favore della protesi, perdendo la propria identità. Ed una protesi depensante non potrà avere un fine se non quello dato dell'avarizia, dalla sete di potere o da un ideale marcio privi di un fine definito, ma che si sussegue in cerchio.
Purtroppo sempre più spesso chi con la propria protesi è nella posizione di utilizzarla efficacemente verso un fine nobile, preferisce perdere la propria identità di essere umano nella protesi perseguendo il fine per cui è efficace dimenticando il fine che l'ha portato a utilizzare la protesi.

Tutt'altra storia con la filosofia che non ha un fine specifico e delineato, ma è molto generico, individualistico e contestualmente relativo. Allo stesso modo della letteratura che può raggiungere il suo fine più volte. La stessa parola fine è relativa a qualcosa, di per sè non significa nulla, e se la fine è ciò che ha valore di massima efficacia in un mezzo, essendo mezzo, potrà raggiungere la sua fine più volte e continuare a perseguirla.
Un saluto
Mymind is offline  
Vecchio 18-12-2013, 11.22.11   #7
maral
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Riferimento: Razionalità e ragione

Alla luce anche dell'intervento di paul11 penso si possa asserire che la razionalità è un aspetto astratto della ragione, ossia è quell'aspetto che vede le relazioni tra gli enti nella loro astrattezza misurabile, dunque le calcola e ne esprime il risultato quantitativo valutato dal suo specifico significare. La razionalità è matematica che diventa economia formale quando assume la necessità di massimizzazione del risultato numerico (ossia quando reintroduce la qualità che aveva tolto per effettuare i calcoli asserendo che c'è un risultato migliore ed esso è quello ottenuto con i minori mezzi, è cioè il risultato economico).
Per contro la ragione viene intesa in genere come principio guida che media tra le varie istanze dell'esserci, ossia le comprende nella loro esigenza mostrandole nella giusta reciproca relazione, la ragione è dunque giudizio necessariamente mai definitivo perché considera tutti i termini e comprende come suoi momenti sia l'esigenza razionale ed economica, sia quella emotiva, sia quella morale nel loro specifico reciproco differenziarsi e contraddirsi.
A questo punto credo sia importante sottolineare che se il razionale viene preso come un in sé, ossia nel suo definito isolarsi dalla ragione per evitare i momenti contraddittori che pure esistono (altrimenti non vi sarebbe nemmeno l'esigenza di negarli), esso deve ricondurre in sé per annullarli ognuno di questi momenti, dunque l'emozione, la morale, l'esistenza stessa, qualsiasi forma di conoscenza e di convivenza saranno identificati a mezzo di soli rapporti quantitativi da ottimizzare, saranno cioè spiegati e rappresentati solo economicamente. Per questo dico che il razionale non manca del fine, perché il fine ce l'ha ben preciso e chiaro ed è ricondurre alla concezione astratta del suo astratto ogni modalità dell'esserci, quindi annullarla spiegandola nei suoi termini per poter dire quel tutto che mi contraddice in realtà mi appartiene, la dimostrazione è data dal fatto che lo spiego nei miei termini. Ha talmente chiaro il proprio fine che non concepisce nessuna alternativa a questo fine, non vi sono dubbi.
E' quindi di nuovo la parte che, sentendo di non essere tutto ma volendo esserlo vuole proclamarsi tale e il suo percorso non può che essere che quello della volontà di potenza, del voler dire il falso del vero e il vero del falso, dunque del nichilismo, perché solo il nichilismo può renderlo fino in fondo possibile.
maral is offline  
Vecchio 18-12-2013, 13.24.44   #8
0xdeadbeef
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Riferimento: Razionalità e ragione

@ Sgiombo
Mi chiedo: ma è davvero necessario pensare allo scopo come ad un qualcosa di, come dire, "metafisico"?
Apprezzo la tua distinzione fra scopi "primari" e scopi "secondari". In effetti, io quando penso ad uno scopo
lo penso, ad esempio, come il dover andare a Milano. Siccome ci devo andare (per un'altro scopo, in relazione
al quale l'andare a Milano diventerà mezzo), sceglierò il mezzo più adeguato "per me". Questo mezzo sarà
l'aereo se, per ipotesi, io avessi poco tempo. Sarà invece l'autostop se io avessi molto tempo e pochi soldi.
Tuttavia, il problema che intendevo sollevare con questo post non riguarda, specificamente, lo scopo, il mezzo
e il rapporto che fra di essi intercorre. L'"oggetto" del mio post intendeva porre in risalto la definizione
di "razionalità", e la molto, diciamo, "lasca parentela" di questa con quella dell'antica "ragione".
In parole povere: ciò che intendevo mettere in risalto è un concetto "ristretto" di razionalità (in quanto
nella razionalità lo scopo è dato, e il mezzo è da scegliersi in relazione ad esso e al soggetto che quello
scopo si pone), che invece oggi viene fatto passare come coincidente con gli "ampi orizzonti" dell'antica
ragione. Questo tentativo di far coincidere razionalità e ragione ha un fondamento ideologico (che è quello
che cercherò di dimostrare se questo post suscitasse l'interesse di qualcuno).
Faccio un esempio. La razionalità, stando alla definizione che ne dà il Dizionario, mi dice che per me (che
ho molto tempo e pochi soldi) il modo più efficace di andare a Milano è in autostop. Naturalmente la stessa
cosa non potrà dirla a chi ha poco tempo e molti soldi, ma non potrà dirla nemmeno a me se il mio scopo non
fosse di andare a Milano ma di andare a New York.
Fino a questo punto razionalità e ragione coincidono. Ma la razionalità si ferma qui. Essa è "costitutivamente"
incapace di andare oltre questo mero calcolo di mezzi. Può forse, la razionalità, giudicare del giusto e
dell'ingiusto (come d'altronde se sia meglio "per te" mangiare di più o di meno, o vedere il duomo di Milano
piuttosto che quello di Firenze)? Non lo potrebbe, appunto perchè la razionalità ha bisogno di un fine che
gli sia "dato".
Quello che mi chiedo è in sostanza questo: a chi giova questa "ristrettezza" di ragionamento che la razionalità
implica? Chi è che "dà" il fine (un fine, ripeto, non da intendersi metafisicamente; ma anzi in maniera
rigorosamente "fisica") al cui raggiungimento la razionalità commisura l'efficacia dei mezzi prescelti?
Non mi sembrerebbero, queste, domande troppo astratte (pur se il mio ragionamento -me ne accorgo adesso- non
è un modello di chiarezza).
Un salutone Giulio.
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Vecchio 19-12-2013, 11.56.09   #9
sgiombo
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Riferimento: Razionalità e ragione

@ Oxdeadbeef

Caro Mauro, mi scuso per essere andato fuori tema non avendo colto la distinzione che poni fra ragione come facoltà e come atteggiamento critico da una parte e dall' altra parte razionalità come impiego strumentale del ragionamento inferenziale (solitamente quantitativo) e del calcolo matematico genericamente inteso e (non a caso) non definito nei suoi contenuti e applicazioni.
Credo anch' io che il diffuso smarrimento della distinzone fra razionalità e ragione (cosi intese) e tra mera efficacia indiscriminata (e in realtà relativa a scopi non esplicitati perché considerati e suggeriti essere quasi ovvi e non criticabili) sia eminentemente ideologica e legata a quella che personalmente mi piace chiamare l' odierna fase di "avanzata putrfazione" del vigente ordinamento sociale capitalistico.
E i contenuti ed applicazioni della razionalità strumentale, sottintesi per l' appunto ideologicamente onde suggerirne la pretesa ovvietà lapalissiana non passibile di critica razionale (ma solo "razionalitaria", per intenderci) sono ovviamente quelli intrinseci a questa organizzazione sociale, cioé in sostanzala la crescita continua, tendenzialmente illimitata di produzioni e consumi di merci purchessia (unicamente in quanto portatrici di valore di scambio e del tutto inidipendentemente dall' eventuale rispondenza a più o meno profondi, sostanziali, financo reali bisogni umani), e dunque l' accumulazione capitalistica a breve termine cronologico e a qualunque costo sociale, in termini di salute fisica individuale e collettiva, culturale, ambientale.

Colgo l' occasione per farti i migliori auguri per le feste imminenti (anche se magari ci scriveremo ancora), che estendo anche agli altri partecipanti al forum.

Ultima modifica di sgiombo : 19-12-2013 alle ore 16.34.27.
sgiombo is offline  
Vecchio 26-12-2013, 12.52.04   #10
0xdeadbeef
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Riferimento: Razionalità e ragione

@ Soren
Sì, sono sostanzialmente d'accordo. Trovo però significativo che, oggi, i termini "ragione" e "razionalità"
si equivalgano; ma si equivalgono proprio perchè la contemporaneità vede l'emergere prepotente del concetto
di "utile"; un utile che ha finito con l'obliare concetti come quello di "giusto", di "buono", o anche di "bello".
Concordo, naturalmente, anche sul tuo definire la razionalità come quel qualcosa che implica una azione.
Ho un solo appunto da fare alla tua risposta. Il termine "razionalità" non ha una origine filosofica, ma è
stato introdotto in ambiti quali l'economia o la sociologia (e questo la dice lunga...).
un saluto e un augurio di buone feste
(mi scuso del ritardo di questa risposta, ma ultimamente non ho tantissimo tempo libero)
0xdeadbeef is offline  

 



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