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03-05-2013, 10.37.46 | #32 |
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Sgiombo:
Infatti: il multiverso spiegerebbe (ammesso e non concesso che necessiti di una spiegazione) l’ esistenza di certe leggi naturali e non altre. Bene; e cosa spiega l’ esistenza del multiverso? E cosa spiega ciò che spiegherebbe l’ esistenza del multiverso? …e così via all’ infinito (come volevasi dimostrare). La domanda "Chi ha creato il multi-verso" può essere posta anche ammettendo semplicemente l'Uni-verso: "chi ha creato l'universo?". Percui la quantità di domande irrisolte è minore nella teoria del multiverso; almeno il "perché certe leggi è non altre", lì, ha trovato risposta. sgiombo: Il concetto di "non-senso almeno leggermente/intrinsecamente indirizzato" mi sembra una palese contraddizione, priva di senso (a-ri-scusa per quest’ altro gioco di parole): ce l' ha un senso, per quanto "leggero/intrinseco" oppure non ce l' ha?. Se non ha senso il mio concetto non ha senso neanche la meccanica quantistica poiché a suo dire talune entità si muoverebbe determinatamente con un pizzico di caso, ma nel modo che anche a te pare insensato: Sgiombo=> Concordo che “il meccanismo e il caso devono esser posti insieme nella materia spaziotemporalmente formata e non darsi in modo separato o ‘affiancato’” è una locuzione “ambigua”. Vedi che forse i due concetti, non potendo porsi a quel modo, dovrebbero essere fusi. Il problema è la credenza che delle cose del genere non possano essere la medesima realtà a livelli diversi, io stesso non ci avrei creduto qualche tempo fa, poi mi sono chiesto il perché di questa chiusura e mi sono risposto: "si tratta della gabbia del linguaggio materno". Ricordati dell'astrazione dei concetti rispetto al concreto, io posso chiamare un livellamento di sensazioni "caldo" e "freddo", pur sapendo che potrei dire semplicemente "ho più caldo", "ho meno caldo" (al posto di "ho freddo"). Posso dire che il comportamento di un amico è stato prevedibile, o imprevedibile, ma anche "abbastanza prevedibile". Attento all'olismo, è un approccio potentissimo oggi che viene introdotto in tutti i campi scientifici. sgiombo: Malgrado l' efficacia retorica dello slogan "olistico", secondo logica il tutto è uguale alla somma delle parti (più -ovvero: comprese- le relazioni fra le parti). In realtà esiste una branca della logica (la mereologia) che studia e cerca di defnire le relazioni di parte-tutto; non sembra così semplice. In ogni caso un corpo piazzato in un certo contesto modifica di fatto le interazioni tra i suoi costituenti (rispetto all'immersione in un contesto diverso), percui un gatto, per esempio, non può essere la semplice somma delle sue cellule. Nel caso di concetti come determinismo e caso la storia si fa interessante poiché non si tratterebbe di corpi, ma mere astrazioni mentali, tuttavia sarai daccordo con quanto dicevo, che è strano pensare all'agire separato dei due aspetti. sgiombo: Non comprendo però che significa che “Il taglio del rasoio di Ockam ha una rilevanza seria quando elimina realtà qualitativamente diverse più che quando è applicato per scartare realtà quantitativamente superiori di altre”; esso impone di limitare al minimo indispensabile le asserzioni non dimostrate al fine di spiegare qualcosa di osservato o provato, indipendentemente dalle differenze qualitative o quantitative fra gfli enti e/o eventi ipotizzati. Faccio un esempio dove si ipotizzano due mondi (A, B): A= ci sono due "sostanze", la res cogitans e la res extensa ed esistono 10 corpi; B= esite solo la res cogitans ma 20 corpi. La seconda ipotesi è più elegante della prima perché una differenza di quantità ha meno peso concettuale di una differenza di "sostanza" o "qualità". Forse è anche per questo che per eliminare la realtà del caso (realtà opposta al meccanicismo, una sostanza diversa) fisici del calibro di Hawking sono disposti a ipotizzare infiniti universi, e così si creano pure ambiguità strane del loro parlare di determinismo (forte, debole ecc.). Cioè effettivamente se sono realizzate tutte le possibilità di forma non serve qualcosa come il caso ontologico ad aver stabilito che nel mio mondo le cose sono andate in un certo modo; le cose sono andate così perché deve esistere un universo con questa forma e non perché ha scelto il caso quale forma far sussistere. Il discorso diventa strano, perché si possono muovere certamente altre cosiderazioni contro una simile pretesa di spiegazione; probabilmente non è vero che l'intervento del cieco caso è stato così escluso, ma è così che si prova ad escludere questa sostanza diversa, non importa che si rifilino infiniti mondi. Non so fino a che punto il concetto di "eleganza di una teoria" possa essere spiegato, tuttavia con il commento all'utilizzo del rasoio di Ockam (che è un punto chiave per stabilire l'eleganza di una teroia) mi sono rifatto alle parole di Achille C. Varzi, e l'ho fatto perché intuitivamente mi trovo in accordo con lui. Saluti |
03-05-2013, 21.07.51 | #33 |
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Infatti: il multiverso spiegerebbe (ammesso e non concesso che necessiti di una spiegazione) l’ esistenza di certe leggi naturali e non altre. Bene; e cosa spiega l’ esistenza del multiverso? E cosa spiega ciò che spiegherebbe l’ esistenza del multiverso? …e così via all’ infinito (come volevasi dimostrare). Aggressor: La domanda "Chi ha creato il multi-verso" può essere posta anche ammettendo semplicemente l'Uni-verso: "chi ha creato l'universo?". Percui la quantità di domande irrisolte è minore nella teoria del multiverso; almeno il "perché certe leggi è non altre", lì, ha trovato risposta. Sgiombo: No, non ha trovato risposta ma ha solo spostato un po’ più in là la domanda (malposta). sgiombo: Il concetto di "non-senso almeno leggermente/intrinsecamente indirizzato" mi sembra una palese contraddizione, priva di senso (a-ri-scusa per quest’ altro gioco di parole): ce l' ha un senso, per quanto "leggero/intrinseco" oppure non ce l' ha?. Aggressor: Se non ha senso il mio concetto non ha senso neanche la meccanica quantistica poiché a suo dire talune entità si muoverebbe determinatamente con un pizzico di caso, ma nel modo che anche a te pare insensato: Sgiombo=> Concordo che “il meccanismo e il caso devono esser posti insieme nella materia spaziotemporalmente formata e non darsi in modo separato o ‘affiancato’” è una locuzione “ambigua”. Vedi che forse i due concetti, non potendo porsi a quel modo, dovrebbero essere fusi. Il problema è la credenza che delle cose del genere non possano essere la medesima realtà a livelli diversi, io stesso non ci avrei creduto qualche tempo fa, poi mi sono chiesto il perché di questa chiusura e mi sono risposto: "si tratta della gabbia del linguaggio materno". Ricordati dell'astrazione dei concetti rispetto al concreto, io posso chiamare un livellamento di sensazioni "caldo" e "freddo", pur sapendo che potrei dire semplicemente "ho più caldo", "ho meno caldo" (al posto di "ho freddo"). Posso dire che il comportamento di un amico è stato prevedibile, o imprevedibile, ma anche "abbastanza prevedibile". Attento all'olismo, è un approccio potentissimo oggi che viene introdotto in tutti i campi scientifici. Sgiombo: L’ interpretazione conformistica dominante (ma non unica, non indiscussa; oggi, non solo ai tempi di Einstein) della meccanica quantistica ammette a livello ontologico il caso per quanto riguarda i fatti singoli (non le proporzioni fra le loro varianti alternative in casi sufficientemente numerosi); se è questo che intendi dire sono d’ accordo (comunque lasciami dire che il modo in cui l’ avevi affermato era decisamente ambiguo, lasciava intendere la possibilità che -a qualsiasi livello: statistico-probabilistico o di singolo evento- parte del divenire naturale fosse ordinato, parte casuale). sgiombo: Malgrado l' efficacia retorica dello slogan "olistico", secondo logica il tutto è uguale alla somma delle parti (più -ovvero: comprese- le relazioni fra le parti). Aggressor: In realtà esiste una branca della logica (la mereologia) che studia e cerca di defnire le relazioni di parte-tutto; non sembra così semplice. In ogni caso un corpo piazzato in un certo contesto modifica di fatto le interazioni tra i suoi costituenti (rispetto all'immersione in un contesto diverso), percui un gatto, per esempio, non può essere la semplice somma delle sue cellule. Nel caso di concetti come determinismo e caso la storia si fa interessante poiché non si tratterebbe di corpi, ma mere astrazioni mentali, tuttavia sarai daccordo con quanto dicevo, che è strano pensare all'agire separato dei due aspetti. Sgiombo: Scusa ma o non ho capito, o con quest’ ultima frase ricadi nell’ ambiguo (anzi nell’ assurdo): ha senso pensare a caso e determinismo in quanto rigorosamente separati (per esempio il caso negli eventi singoli, il determinismo nelle loro proporzioni secondo l’ interpretazione corrente della meccanica quantistica); non a un “mescolarsi” o ”alternarsi” disordinato di caso e ordine (sarebbe -unicamente, solamente, integralmente- semplicemente disordine, caso; come per esempio se lanciando una moneta non truccata si verificasse otto o dieci volte l’ esito “testa”: non sarebbe una fase si ordine meccanicistico alternata ad altre fasi casualistiche, ma solo una particolare, se vogliamo "strana", circostanza nell' integrale casualismo del divenire). sgiombo: Non comprendo però che significa che “Il taglio del rasoio di Ockam ha una rilevanza seria quando elimina realtà qualitativamente diverse più che quando è applicato per scartare realtà quantitativamente superiori di altre”; esso impone di limitare al minimo indispensabile le asserzioni non dimostrate al fine di spiegare qualcosa di osservato o provato, indipendentemente dalle differenze qualitative o quantitative fra gfli enti e/o eventi ipotizzati. Aggressor: Faccio un esempio dove si ipotizzano due mondi (A, B): A= ci sono due "sostanze", la res cogitans e la res extensa ed esistono 10 corpi; B= esite solo la res cogitans ma 20 corpi. La seconda ipotesi è più elegante della prima perché una differenza di quantità ha meno peso concettuale di una differenza di "sostanza" o "qualità". Forse è anche per questo che per eliminare la realtà del caso (realtà opposta al meccanicismo, una sostanza diversa) fisici del calibro di Hawking sono disposti a ipotizzare infiniti universi, e così si creano pure ambiguità strane del loro parlare di determinismo (forte, debole ecc.). Cioè effettivamente se sono realizzate tutte le possibilità di forma non serve qualcosa come il caso ontologico ad aver stabilito che nel mio mondo le cose sono andate in un certo modo; le cose sono andate così perché deve esistere un universo con questa forma e non perché ha scelto il caso quale forma far sussistere. Il discorso diventa strano, perché si possono muovere certamente altre cosiderazioni contro una simile pretesa di spiegazione; probabilmente non è vero che l'intervento del cieco caso è stato così escluso, ma è così che si prova ad escludere questa sostanza diversa, non importa che si rifilino infiniti mondi. Sgiombo: Dunque Hawking per (pretendere di) spiegare una cosa sola (il caso; ma in realtà l’ esistenza dell’ universo, la quale non necessita di spiegazioni, né può averne: regresso all’ infinito) postulerebbe l’ esistenza -non verificabile- di infiniti (!) universi: un modo davvero singolare di applicare il rasoio di Ockam… E comunque, anche a voler considerare tutti gli infiniti universi "elegantemente" come un unico tipo di "cose" (in un numero infinito di esemplari), si tratterebbe pur sempre di una "cosa" ipotizzata (il multiverso senza caso) contro una "cosa" (l' universo -questo quii, verificabile- col caso: anche qualitativamente non si ridurrebbero le "cose" postulate -una in entrambi i casi- peraltro nel secondo moltiplicandole quantitativamente all' infiito (!). Non ripeto ulteriormente le argomentazioni sull’ insensatezza della ricerca di un senso (o di una ragione) per dati di fatto che non sono prodotti di scelte intenzionali. E’ evidente che non mi è possibile convincertene; pazienza, come si suol dire, me ne sono fatto una ragione (spero non ti sfugga il gioco di parole). Ciao! |
04-05-2013, 15.45.38 | #34 |
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No, non ha trovato risposta ma ha solo spostato un po’ più in là la domanda (malposta). Se ti va potresti specificare il motivo per cui le due domande ti paiono la stessa, cioè perché il chiedersi <<perchè queste leggi e non altre?>> sarebbe lo stesso di <<perchè esiste l'universo?>> in una forma malposta. sgiombo: comunque lasciami dire che il modo in cui l’ avevi affermato era decisamente ambiguo, lasciava intendere la possibilità che -a qualsiasi livello: statistico-probabilistico o di singolo evento- parte del divenire naturale fosse ordinato, parte casuale Ma lo spostamento delle particelle sub-atomiche non è forse in parte ordinato e in parte causale? C'è la funzione d'onda tramite cui si delimita la posizione possibile di una particella e la probabilità (molto più alta in alcuni punti) che essa si trovi o meno in una data posizione. Questi picchi di probabilità non sono forse un indirizzo, una "forzatura" del percorso possibile? Scusa ma o non ho capito, o con quest’ ultima frase ricadi nell’ ambiguo (anzi nell’ assurdo): ha senso pensare a caso e determinismo in quanto rigorosamente separati (per esempio il caso negli eventi singoli, il determinismo nelle loro proporzioni secondo l’ interpretazione corrente della meccanica quantistica) Quale sarebbe il legame tra il mondo ordinato e quello casuale se quello casuale fosse del tutto indeterminato? Come farebbe ad emergere il "determinismo newtoniano" dal puro inditerminato caos delle particelle elementari? |
05-05-2013, 16.26.45 | #35 |
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Aggressor:
Se ti va potresti specificare il motivo per cui le due domande ti paiono la stessa, cioè perché il chiedersi <<perchè queste leggi e non altre?>> sarebbe lo stesso di <<perchè esiste l'universo?>> in una forma malposta. Sgiombo: La domanda mal posta (se ho ben capito chi la propone, ovviamente) in generale è: perché esiste proprio “questo universo qui” e non “qualcos’ altro”? Questo “qualcos’ altro” potrebbe essere il nulla oppure un diverso universo; il quale potrebbe magari essere fisso, immobile “parmenideo”, oppure mutare integralmente, assolutamente, senza che nulla di costante si possa astrarre nel suo divenire (e in questo caso non sarebbe possibile la conoscenza scientifica, né secondo me avrebbe senso qualsiasi considerazione etica); oppure ancora quest’ altro universo alternativo a “questo qui” di fatto reale potrebbe divenire ordinatamente, ovvero mutare parzialmente, relativamente -id est: essere fisso, immutabile parzialmente, relativamente- (una sorta di sintesi fra mutamento caotico integrale assoluto -tesi- e fissità assoluta integrale “parmenidea” -antitesi-), e allora il suo divenire ordinato seguirebbe leggi universali e costanti, che potrebbero essere di tipo probabilistico statistico oppure meccanicistico deterministico (consentendo comunque la conoscenza scientifica -due diversi tipi di conoscenza scientifica- e la valutabilità etica delle azioni intenzionali e assunte senza costrizioni estrinseche); e queste leggi del divenire universale potrebbero essere le più disparate, differenti in particolare da quelle proprie di “questo universo qui” di fatto reale. Dunque “perché queste leggi e non altre” mi sembra un caso particolare del più generale “perché esiste l’ universo” (“questo qui” diveniente secondo “queste” leggi). Aggressor: Ma lo spostamento delle particelle sub-atomiche non è forse in parte ordinato e in parte causale? C'è la funzione d'onda tramite cui si delimita la posizione possibile di una particella e la probabilità (molto più alta in alcuni punti) che essa si trovi o meno in una data posizione. Questi picchi di probabilità non sono forse un indirizzo, una "forzatura" del percorso possibile? Quale sarebbe il legame tra il mondo ordinato e quello casuale se quello casuale fosse del tutto indeterminato? Come farebbe ad emergere il "determinismo newtoniano" dal puro inditerminato caos delle particelle elementari? Sgiombo: Infatti il divenire meccanicistico del mondo “macroscopico” si può conciliare con il divenire probabilistico statistico del “mondo quantistico” (tale anche ontologicamente secondo la concezione conformistica) per il fatto che macroscopicamente non ha effetti rilevanti il caso inerente i singoli eventi quantistici. Per esempio ha conseguenze “macroscopiche” o macroscopicamente rilevabili il fatto che il tempo di dimezzamento di un certo isotopo radioattivo sia di una certa entità (lo si può misurare con strumenti macroscopici e si può anche praticamente utilizzare, per esempio a scopo diagnostico nella medicina nucleare), mentre non ne ha il fatto che un certo singolo atomo in un insieme numerosi di atomi dello stesso elemento radioattivo in un certo instante di tempo sia già decaduto oppure no (le diagnosi, per restare nell’ esempio, si fanno per l’ effetto rilevabile macroscopicamente del tempo di dimezzamento, cioè in conseguenza delle medie statistiche dei tempi di decadimento di tantissimi singoli atomi, risultando inapprezzabile a tale livello “macroscopico” -che perciò funziona meccanicisticamente- quelli di ciascuno di essi). Fin qui mi pare che siamo d’ accordo. Ma allora da una parte abbiamo il “mondo macroscopico” che diviene ordinatamente in modo deterministico e dall’ altra il “mondo quantistico” che secondo l’ interpretazione conformistica (ammesso e non concesso da parte mia) diviene ordinatamente in modo probabilistico statistico (implicante il caso): le due cose sono ben distinte e ben comprensibili. Incomprensibile, senza senso sarebbe se tratti caotici del mutamento (naturale) “coesistessero” o si alternassero nel tempo e/o nello spazio per così dire “allo stesso livello”, senza una distinzione rigorosa e determinata, chiara e netta dei rispettivi ambiti di validità; o meglio, come credo di avere efficacemente mostrato con l’ esempio della possibile sequenza di dieci risultati consecutivi uguali nel lancio di una moneta non truccata, si tratterebbe in realtà integralmente e completamente di mutamento caotico, disordinato, casuale con “mendaci apparenze” di “tratti ordinati”. |
06-05-2013, 07.47.44 | #36 | |||||
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Il punto è che chiamiamo “materia” ciò che è ben altro dall’essere cosa inerte e finita.. Sarebbe anche solo sufficiente riflettere sul fatto che sotto il termine “materia” includiamo ogni scibile.. Le cose forse stanno proprio così, ciò che intendiamo come vuoto non è che potere allo stato “puro” -o per farla meglio digerire l’affermazione- allo stato di potere. Siamo talmente impregnati dai primari sensi da aver scordato che persino la nostra vista non è che illusione e tramite.. e ciò che chiamiamo “materia” non è che il risultato di una distinzione che sottende a questi medesimi sensi.. La mente senso diretto alla decodifica degli impulsi in simboli, sede della magia del mutamento ci avverte ad ogni istante di quanto il suo gioco di ombre sia perenne in atto.. La scienza fornisce nuovi impulsi da decodificare in senso.. il condizionamento di uno scibile oggettivo sta crollando sotto i colpi di macete dell’indagine scientifica e un nuovo slancio è verso la comprensione disposta a sacrificare le ipotesi più comode in vista di un possibile orizzonte maggiormente autentico.. La mente ha sete di segreti, tesa ad una possibile contemplazione che le doni ancora quell’antico sapore del conoscere per conoscere.. e il reale non tradirà le spettative.. Come potrebbe se siamo la medesima realtà? Così il misticismo non si chiamerà più misticismo seppure l’esperienza di mistero e di scoperta sarà la medesima.. In barba al fatto che l’immaginazione (la visione) e la realtà siano distinte e differenti.. E forse una sorta di panteismo potrà sostituirsi a fedi lontane dal percorso esperienziale che la contemplazione diretta dona.. Citazione:
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Per noi speculari non significa medesimi.. Eppure ci riferiamo ad un sopra ed un sotto, direzioni che in realtà sembrerebbero non esistere affatto se non in un gioco di percezioni.. Ancora più difficile l’idea di una non dimensione che risalta spaziale (senza ulteriori intromissioni esterne). Ma ancor peggio scordiamo l’indagine al concetto cristallizzato di trascendente ed immanente strettamente immagini di categorie mentali mai dimostrate, se non penosamente rintracciabili come vocaboli ad illustrare qualcosa, un sentore al quale vorremmo dare dimora.. Citazione:
Ultima modifica di gyta : 06-05-2013 alle ore 12.30.37. Motivo: sost. di a in |
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06-05-2013, 10.23.49 | #37 |
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sgiombo
Se nessuno riesce a risalire infinitamente lontano nel tempo passato, allora la tua obiezione all' infinità dell' universo (gli infiniti moti che accaduti fra il presente e un moto qualsiasi accaduto infinito tempo fa) cade da sé. E perché mai dovrebbe cadere da sé? Il fatto che nessuno possa, al di fuori della propria immaginazione, arrivare ad un tempo infinitamente lontano nel passato o nel futuro potrebbe solo essere un motivo in più per credere (in mancanza di prove empiriche a favore della tesi contraria) che l'universo non esiste da sempre e che non esisterà per sempre. sgiombo Dunque Hawking per (pretendere di) spiegare una cosa sola (il caso; ma in realtà l’ esistenza dell’ universo, la quale non necessita di spiegazioni, né può averne: regresso all’ infinito) postulerebbe l’ esistenza -non verificabile- di infiniti (!) universi: un modo davvero singolare di applicare il rasoio di Ockam… E comunque, anche a voler considerare tutti gli infiniti universi "elegantemente" come un unico tipo di "cose" (in un numero infinito di esemplari), si tratterebbe pur sempre di una "cosa" ipotizzata (il multiverso senza caso) contro una "cosa" (l' universo -questo quii, verificabile- col caso: anche qualitativamente non si ridurrebbero le "cose" postulate -una in entrambi i casi- peraltro nel secondo moltiplicandole quantitativamente all' infiito (!). Non ripeto ulteriormente le argomentazioni sull’ insensatezza della ricerca di un senso (o di una ragione) per dati di fatto che non sono prodotti di scelte intenzionali. E’ evidente che non mi è possibile convincertene; pazienza, come si suol dire, me ne sono fatto una ragione (spero non ti sfugga il gioco di parole). In realtà secondo il principio di falsificazione per affermare la validità di una teoria deve essere possibile attuare un esperimento che dimostri come erronea la tesi opposta. Nel caso della meccanica quantistica esiste l'interpretazione di Feynman che permette di inquadrare il senso della traiettoria delle particelle elementari come una "somma sulle storie". Posturale il multiverso non porta, dunque, a nessuna contraddizione sul piano empirico e tra l'altro studiare quelle entità microscopiche tenendo in mente l'interpretazione di Feynman permette una certa chiarezza concettuale nell'approccio pratico al tema (formule matematiche ecc.). Per quanto riguarda il senso io posso pure ammettere di stare parlando semplicemente di cause; quale causa ha prodotto queste leggi invece che altre? Il caso ontologico o altro? O dovevano per forza essere queste? sgiombo: La domanda mal posta (se ho ben capito chi la propone, ovviamente) in generale è: perché esiste proprio “questo universo qui” e non “qualcos’ altro”? Questo “qualcos’ altro” potrebbe essere il nulla oppure un diverso universo. Il discorso che hai fatto, di cui ho riportato solo la parte iniziale, è in realtà interessante e sottile. Tuttavia devo farti notare che affermando la possibilità dell'esistenza di qualcos'altro non è detto che si parli anche della possibile esistenza del nulla; semplicemente perché il nulla non è qualcosa. Una volta stabilito che "qualcosa" deve esistere, si inizia certo a ragionare sulle modalità del suo esistere. Potrei allora, forse, affermare che domandarsi <<perché qualcosa esiste?>> non è lo stesso di chiedersi "perché qualcosa esiste in un certo modo e non in un'altro". Detto questo mi rendo conto che dovremmo discutere su un simile punto, che la questione non è certo così chiara. Posso però difendere la tesi di Hawking in questo modo: poiché il tuo universo è già pensato come una infinità di eventi (tra passato e futuro) il taglio ontologico rispetto all'universo dalle infinite storie di Feynman potrebbe apparire, in questo senso, una illusione (in ogni caso abbiamo una quantità senza limiti di fatti). Mentre se questa ipotesi riesce a escludere almeno quella cosa che è il caso ontologico, come dicevo, dobbiamo ammettere che essa si presenta più elegantemente delle altre. sgiombo: Infatti il divenire meccanicistico del mondo “macroscopico” si può conciliare con il divenire probabilistico statistico del “mondo quantistico” (tale anche ontologicamente secondo la concezione conformistica) per il fatto che macroscopicamente non ha effetti rilevanti il caso inerente i singoli eventi quantistici. Per esempio ha conseguenze “macroscopiche” o macroscopicamente rilevabili il fatto che il tempo di dimezzamento di un certo isotopo radioattivo sia di una certa entità (lo si può misurare con strumenti macroscopici e si può anche praticamente utilizzare, per esempio a scopo diagnostico nella medicina nucleare), mentre non ne ha il fatto che un certo singolo atomo in un insieme numerosi di atomi dello stesso elemento radioattivo in un certo instante di tempo sia già decaduto oppure no (le diagnosi, per restare nell’ esempio, si fanno per l’ effetto rilevabile macroscopicamente del tempo di dimezzamento, cioè in conseguenza delle medie statistiche dei tempi di decadimento di tantissimi singoli atomi, risultando inapprezzabile a tale livello “macroscopico” -che perciò funziona meccanicisticamente- quelli di ciascuno di essi). Fin qui mi pare che siamo d’ accordo. Ma allora da una parte abbiamo il “mondo macroscopico” che diviene ordinatamente in modo deterministico e dall’ altra il “mondo quantistico” che secondo l’ interpretazione conformistica (ammesso e non concesso da parte mia) diviene ordinatamente in modo probabilistico statistico (implicante il caso): le due cose sono ben distinte e ben comprensibili. Incomprensibile, senza senso sarebbe se tratti caotici del mutamento (naturale) “coesistessero” o si alternassero nel tempo e/o nello spazio per così dire “allo stesso livello”, senza una distinzione rigorosa e determinata, chiara e netta dei rispettivi ambiti di validità; o meglio, come credo di avere efficacemente mostrato con l’ esempio della possibile sequenza di dieci risultati consecutivi uguali nel lancio di una moneta non truccata, si tratterebbe in realtà integralmente e completamente di mutamento caotico, disordinato, casuale con “mendaci apparenze” di “tratti ordinati”. Sono contento che tu abbia voluto proseguire su questo argomento perché probabilmente ora potrò chiarirti definitivamente le mie perplessità in proposito. Affermi giustamentente che il mondo sub-atomico è gestito da leggi probabilistiche che potrebbero implicare l'esistenza del caso ontologico. I due concetti sono infatti distinti: una cosa è il caso, un'altra è il probabilismo. Il solo concetto di caso non porta con sé l'esistenza di picchi di probabilità nell'accadere degli eventi, percui il modo sub-atomico non può essere gestito solo dal puro caso (che è il concetto opposto a quello di meccanismo assolutamente determinato) ma deve essere anche indirizzato. Allora dovrai avallare l'esistenza ontologica non del caso, ma del probabilismo, che altro non è se non una mediazione tra quei concetti opposti; oppure, se credi che il probabilismo derivi dal caso, dovrai spegare come questo si intrecci col meccanicismo portando i picchi di probabilità. Sauti! Ultima modifica di Aggressor : 07-05-2013 alle ore 09.37.51. |
06-05-2013, 10.48.45 | #38 |
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gyta:
Non dimentichiamo che diamo per scontato che gli opposti siano tali e non semplicemente visioni identiche seppure apparentemente speculari. Per noi speculari non significa medesimi.. Eppure ci riferiamo ad un sopra ed un sotto, direzioni che in realtà sembrerebbero non esistere affatto se non in un gioco di percezioni.. Ancora più difficile l’idea in una non dimensione che risalta spaziale (senza ulteriori intromissioni esterne). Ma ancor peggio scordiamo l’indagine al concetto cristallizzato di trascendente ed immanente strettamente immagini di categorie mentali mai dimostrate, se non penosamente rintracciabili come vocaboli ad illustrare qualcosa, un sentore al quale vorremmo dare dimora.. Questo discorso mi piace, lo condivido, per quanto non possa mettere mano sul fuoco anche sulla credenza che tutto sia scala di una medesima realtà, (d'altro canto il sopra e il sotto sono cose di cui abbiamo esperienza e così forse sono oggetti che si prestano ad essere individuati come una medesima realtà separata solo dalle parole, ma l'Uno di plotino non è alcunché di pensabile o percepibile, si può solo capire che l'universo ne ha bisogno). Come col determinismo e il caso, io stò cercando di far vedere che potrebbe invece esistere qualcosa che non è nessuno dei due concetti, ma un ché di ambiguo e di inerente alla medesima realtà. |
07-05-2013, 06.20.19 | #39 | |||
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La mia riflessione non credo proprio servirà a dare una direzione di ipotesi scientifica ovvero dimostrabile alla questione, ma visto che siamo anche nell’ambito delle ipotesi e delle riflessioni aggiungo la mia..
Non credo al caso penso semplicemente che ogni realtà abbia le sue cause ma non sempre queste cause sono di ordine (di concezione) temporale.. Certo in questi termini la mia riflessione non apporta granché.. Citazione:
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07-05-2013, 16.16.45 | #40 |
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Riferimento: Pensieri creazionistici...
Anche a me non piace il concetto di caso, gyta, considerando soprattutto il motivo da te addotto; tuttavia stento a credere che sia il puro meccanicismo a farla da padrone.
gyta E’ ben possibile che ciò che manca a fornire un quadro completo del come degli eventi renda conto a leggi ben differenti da quelle legate al temporale (e spaziale) attraverso cui solitamente ragioniamo nella comprensione degli accadimenti Ammettendo come possibile questa soluzione si potrebbe rimanere nell'ambito di un determinismo forte, mentre la mia curiosità riguarda proprio il problema della meccanicità priva di alternative nell'accadere. Per essere più esplicito, giacché sei dentro il dialogo, ti chiederei volentieri cosa pensi di questo: l'evolversi delle cose è frutto di un determinismo forte o c'è spazio per qualcos'altro? gyta: Beh, noi percepiamo lo spazio solo in virtù degli oggetti senza i quali il concetto non avrebbe significato.. in questo caso lo spazio non è dunque pensabile né percepibile in sé.. Questo dovrebbe farci riflettere quando intendiamo un qualcosa come non sperimentabile poiché in realtà è frutto di categoria mentale, utile ad un certo livello e non evidentemente ad una maggiore analisi Questa è anche la mia posizione in merito alla questione, anche più generale, delle denotazioni. Cioè alla questione del riferimento delle parole: quando mi riferisco all spazio per sé, in realtà, poiché tutto ciò che ha un contenuto reale nella mia mente è ciò di cui ho cognizione diretta o per descrizione, finirò per pensare ad un oggetto spazialmente esteso più che allo spazio (è di oggetti estesi che ho esperienza diretta o per descrizione). Detto questo, per quanto riguarda Plotino e l'Uno, poiché non ne abbiamo alcuna cognizione, non possiamo riferirci davvero ad esso tramite un contenuto. Di qui devo ribadire di aver portato questi esempi solo per dimostrare la difficoltà che si può riscontrare nel voler inibire certe posizioni (anche riguardanti un principio trascendente ecc), poiché anche la nostra posizione, gyta, non è forse così autoevidente. In ogni caso ho pensato anche questo, che l'Uno, lo spazio-tempo, l'esistenza, tutti gli oggetti pensati per se stessi in generale e quelli di cui si afferma l'inafferabilità, potrebbero anche avere un contenuto negativo. Cioè potrei dire che l'Uno non-è ciò che posso immaginare, e compredere che qualcosa del genere deve essere alla base di ciò di cui ho invece cognizione, ne deve essere la causa efficente (in realtà stò facendo semplicemente della teologia negativa). La stessa cosa potrei dire degli altri concetti oscuri, di tutto ciò che è noumenico. Cioè posso anche non distinguerli tra loro ed ammettere che per me sono lo stesso, cioè che sono alcunché da ciò che esperisco in generale, ma che è possibile per me pensali almeno in questo modo. |