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22-04-2013, 11.08.50 | #15 |
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Riferimento: Pensieri creazionistici...
sgiombo
I paradossi di Zenone hanno sempre convinto ben pochi assertori del mutamento; e a ragione, in quanto si fondano tutti sullo “spezzettamento” dello spazio in infinite parti e sulla pretesa che occorra un tempo infinito per percorrerli tutti a velocità finita, trascurando il fatto che gli intervalli di spazio ottenuti da queste divisioni infinite sono infinitamente piccoli e che nel prodotto fra il loro numero infinitamente grande e la loro entità infinitamente piccola i due infiniti si elidono reciprocamente, restituendo intervalli di spazio finiti, percorribilissimi in tempi finiti a velocità finita: Sembra che il tuo ragionamento sbrogli il paradosso, ma credo di poter dimostrare che non sia così. Il fatto è che tu hai aggiunto alla "mia" supposizione che lo spazio da percorrere sia infinitamente piccolo e così percorribile in un tempo infinitamente breve. Ma chi ha detto che devo percorrere uno spazio infinitamente piccolo? Io ti dico: percorrimi un mentro infinite volte, e visto che l'universo esiste da infinito tempo, non vedo come tu possa concludere questa corsa all'interno di una simile ontologia. sgiombo: si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un “primo” dal quale contare (che sarebbe come dire che sono infiniti e finiti). Il fatto che tu non possa cercare il primo è normale nella tua ontologia, poiché ce ne sarà sempre uno prima; ma io ti chiedo di prenderne uno che è esistito infiniti Big-Bang prima del nostro, o infiniti anni luce prima, perché almeno questo lo hai ammesso, che c'è sempre stato qualcosa prima di noi. Non c'è bisogno che tu lo trovi per verificare che non arriveresti mai al nostro, credo si tratti di un giudizio sintetico a priori, puoi far finta di averlo trovato ed iniziare a contare un numero che non deve mai finire per arrivare al nostro. La frase "si sono conclusi non avendo una fine" sembra autocontraddittoria.. :( Quando ho parlato di libertà non volevo affatto introdurre questioni di etica; il mio concetto di libertà è semplicemente qualcosa di contrapposto sia al caso che al meccanicismo e posso spiegarti perché. Gli uomini spesso affermano di essere liberi, ma non ammetterebbero questo se fossero una serie di connessioni causali deterministiche, né se fossero una serie di connessioni casuali indeterministiche, né se fossero un intreccio delle due cose, ove le due realtà ontologiche (meccanismo e caso) fossero diverse ma messe insieme all'interno di un corpo. Per farti capire questa ultima situazione non direi di essere libero se fossi una sorta di robot meccanico che a volte però sceglie un azione al posto di un'altra per puro caso. La cosa interessante della fisica moderna e della gran parte del pensiero filosofico occidentale è che questi due concetti di meccanismo e caso sono sempre stati pensati come "opposti", poi la libertà non può essere nessuno dei due e neanche la loro somma normale. Ma noi non abbiamo esperienza di qualcosa che avvenga esattamente in un certo modo previsto, se non dimenticandoci dell'aprossimazione, né del caso ontologico, percui, in realtà, noi abbiamo esperienza delle due cose assieme. Allora ho pensato che forse esiste qualcosa che posso chiamare "libertà", la cui realtà posso descrivere come una somma olistica di meccanicismo e caso. Permettimi di farmi forte del rasoio di Ockam, si tratta di un'unica sostanza che ne sostituisce 2 di cui, in realtà, non sembriamo avere esperienza. Il motivo per cui prendo in considerazione questa realtà è il suo lato indeterministico, poiché a lungo mi sono soffermato sul determinismo ed esso, anche -come ti dicevo- a causa delle cose di cui stiamo discutendo, ha smesso di convincermi. Scusate il dilungamento sul concetto di libertà, ma era per chiarire che non ti vengo a parlare dei fini della natura, di etica ecc., stò considerando l'aspetto della libertà che, se esiste, deve riperquotersi in fisica. sgiombo: Io credo (essendo consapevole dell’ indimostrabilità di questa tesi: Hume!) che l’ universo naturale-materiale (che non ritengo esaurisca tutto il reale poiché non credo che il pensiero sia riducibile alla materia, che ne emerga o vi sopravvenga, qualsiasi cosa si intenda con questi oscuri concetti), divenga in modo relativo o parziale, ovvero ordinato, ovvero secondo modalità o leggi universali e costanti (rendendo possibile la conoscenza scientifica e la valutabilità etica delle azioni umane). Il concetto di “leggi del divenire mutanti” mi pare palesemente autocontraddittorio, insensato, a meno che non mutino secondo “metaleggi”; le quali sarebbero in realtà le autentiche leggi immutabili del divenire ordinato (ma al prezzo di violare la regola razionalistica del rasoio di Ockam e di fatto, per come stanno le cose nell’ osservazione empirica della realtà naturale materiale, anche la falsificabilità scientifica). Se la tua visione è del tutto deterministica devi in effetti ammettere che se qualcosa si sviluppa in un certo modo ci sarà un motivo definito, ciò che chiami "metalegge", a gestirne il mutamento. La mia supposizione è, invece, che il determinismo non sia sufficiente a garantire una buona ontologia (e la scienza sarebbe daccordo con me, soprattutto la fisica delle particelle elementari -meccanica quantistica-), perciò il mutare di quelle leggi potrebbe essere il frutto del lato indeterministico del cosmo più che l'effetto di una causa determinata che si sommi alle altre cause. Ma anche prendendo il tuo ragionamento per buono rimane la stessa falla a mio avviso; tu dici: "per non cadere in un regresso infinito di metaleggi dobbiamo supporre che ne esistano alcune e basta", così ancora devo chiederti: e perché proprio queste e non altre? Forse la risposta potrebbe essere che solo queste garantiscono una esistenza non paradossale, eppure, stando agli addetti ai lavori (i fisici contemporanei), le cose non stanno così. Loro dicono che alcune costanti sono del tutto contingenti e che anche la forma del nostro universo è contingente: perché il nostro universo si è trovanto con questa forma e non con un'altra possibile? Anche ammettendo che le regole di base siano sempre quelle, che le costanti non possano avere che quei valori trovati, perché l'assetto spazio-temporale è questo e non un'altro? è stato il caso a decidere? Ma questo concetto non è forse tanto oscuro come quello di libertà? Entrambi ci parlano di una causa indeterminata. Almeno il mio concetto di libertà include in sé anche quello di una causa "sensata" non del tutto imprevista/imprevedibile/oltre-natura. sgiombo: Ma d’ altra parte queste considerazioni (sul regresso all’ infinito) circa l’ ipotetico creatore valgono pari pari circa gli ipotetici (e a mio avviso ancor più irrazionalistici e molto meno interessanti rispetto all’ ipotesi “creazionistica”), “molti -o infiniti- universi” di tanti scienziati di vaglia: essi spiegherebbero il fatto che “questo” universo” diviene secondo le sue leggi naturali; bene. E il fatto dell’ esistenza di tutti questi universi (cioè di quello che in realtà è l’ autentico “universo”) che spiegazione ha? Come se lo spiegano Hawking e C.? Non se lo spiegano perché non vogliono regredire all’ infinito. L'esistenza di tutti questi universi, come dici tu, potrebbe essere semplicemente una falsa domanda, qualcosa che non dovremmo chiederci perché ciò che è è e basta (e tutti insieme gli universi formerebbero il solo, vero, universo). Ma circa la forma di ciò che è, almeno, dovremmo interrogarci, e la teoria del multiverso non sembra poi così spregevole visto che riesce a dimesticarsi tra la contingenza dell'assetto del mondo (nonostante io non la trovi soddisfacente). |
22-04-2013, 17.57.45 | #16 |
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Riferimento: Pensieri creazionistici...
[Ho provato a mandare questo intervento ma non ho letto la solita dicitura di quando effettivamente viene spedito; mi scuso con i moderatori se é già in via di pubblicazione (sono un imbranato telematico) e chiedo loro in questo caso di ignorare questo presente invio. Grazie].
@ Soren Non vedo che cosa ci sia di contraddittorio nel considerare una durata infinita dell' universo in divenire (della materia -massa e/o energia- in continua trasformazione), e dunque del tempo. "Il tempo si negherebbe da sé" solo se si negasse il mutamento; e non invece considerando quest' ultimo (e dunque il tempo stesso) reale da sempre e per sempre (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma da un tempo infinito nel passato a un tempo infinito nel futuro). Che significa che "l' inifinito non può avere un suo riferimento reale"? Che non si può misurare? Questo mi sembra ovvio, per definizione; ma ciò non significa che sia un concetto autocontraddittorio, né che non sia pensabile della realtà materiale o di suoi aspetti (come il tempo) in modo logicamente coerente e sensato. L' errore nei paradossi di Zenone non sta nell' includere il concetto di infinito (che non é contraddittorio), bensì nel suddividere all' infinito un' estensione spaziale finita dimenticando che così facendo si ottengono estensioni spaziali infinitamente piccole (e non finite!), che moltiplicate per il loro numero infinito (infinitamente grande) ci ridanno l' estensione spaziale finita (l' infinita grandezza del loro numero e l' infinita piccolezza della lunghezza di ciascuno di essi si elidono reciprocamente o compensano). "Se un giorno si potesse dimostrare che l' energia può in realtà entrare come le pare" nell' ambito dell' universo naturale materiale (cioé crearsi; o in negativo distruggersi, anziché trasformarsi secondo determinate proporzioni universali e costanti in altre forme di energia e/o in massa), allora significherebbe che il mutare dell' universo stesso é integrale, assoluto, privo di alcunché di costante, caotico, e dunque che la conoscenza scientifica non é possibile. Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente: a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito). b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti). c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam. A presto! |
23-04-2013, 11.33.36 | #17 |
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sgiombo:
L' errore nei paradossi di Zenone non sta nell' includere il concetto di infinito (che non é contraddittorio), bensì nel suddividere all' infinito un' estensione spaziale finita dimenticando che così facendo si ottengono estensioni spaziali infinitamente piccole (e non finite!), che moltiplicate per il loro numero infinito (infinitamente grande) ci ridanno l' estensione spaziale finita (l' infinita grandezza del loro numero e l' infinita piccolezza della lunghezza di ciascuno di essi si elidono reciprocamente o compensano). Ti invito a leggere il mio post precedente, che è comparso solo oggi e non hai potuto guardare. sgiombo: Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente: a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito). b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti). c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam. Nel punto A tu rilevi l'unitilità di quell'ipotesi per spiegare l'esistenza dell'universo, non il modo d'essere dell'universo (multiverso). Ed hai anche ammesso, forse a ragione, che è inutile chiedersi perché l'universo esiste. B ci può stare, C non vale se una teoria concorrente spiega più cose. |
23-04-2013, 11.40.52 | #18 |
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Aggiungo, inoltre questo: se ipotizzi che le leggi del cosmo sono sempre state le stesse, allora la velocità della luce è stata sempre il limite di una velocità possibile; se l'universo è sempre esistito, saranno state percorse infinite volte distanze pari, come scrivevo, ad un anno luce (senza che entriamo nel merito di teorie come quella del Big-Crunch). Come può essersi conclusa questa serie infinita di spostamenti prima del nostro avvento? Ripeto che il parlare di spostamenti infinitamenti piccoli può risolvere la questione, ma alla nostra ipotesi non serve questo, basta che ci sia uno spostamento, anche se la natura dello spazio-tempo fosse quantizzata (come alcune teorie fisiche suppongono, e, secondo la mia propensione, giustamente).
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23-04-2013, 20.06.11 | #19 |
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Aggressor:
Sembra che il tuo ragionamento sbrogli il paradosso, ma credo di poter dimostrare che non sia così. Il fatto è che tu hai aggiunto alla "mia" supposizione che lo spazio da percorrere sia infinitamente piccolo e così percorribile in un tempo infinitamente breve. Ma chi ha detto che devo percorrere uno spazio infinitamente piccolo? Sgiombo: L’ ha detto Zenone di Elea (che tu citi a sostegno delle tue tesi): dividendo infinite volte una distanza infinita non fa che ottenere infiniti tratti infinitamente piccoli, la cui somma è uguale alla distanza finita di partenza. Aggressor: Io ti dico: percorrimi un metro infinite volte, e visto che l'universo esiste da infinito tempo, non vedo come tu possa concludere questa corsa all'interno di una simile ontologia. Il fatto che tu non possa cercare il primo è normale nella tua ontologia, poiché ce ne sarà sempre uno prima; ma io ti chiedo di prenderne uno che è esistito infiniti Big-Bang prima del nostro, o infiniti anni luce prima, perché almeno questo lo hai ammesso, che c'è sempre stato qualcosa prima di noi. Non c'è bisogno che tu lo trovi per verificare che non arriveresti mai al nostro, credo si tratti di un giudizio sintetico a priori, puoi far finta di averlo trovato ed iniziare a contare un numero che non deve mai finire per arrivare al nostro. Sgiombo: Se l’ universo esiste da infinito tempo, allora esso, e dunque il tempo trascorso al passato, non hanno inizio. Ergo è assurdo pretendere che dal suo inizio (che è inesistente) si possa non arrivare ad ora (o anche arrivare a qualsiasi altro istante di tempo). Più in generale i concetti di “infinito nel passato” e di “ istante iniziale” sono reciprocamente contraddittori e dunque il tuo ragionamento assurdo. Ed é semplicemente ovvio (ma non pertinente!) che con una numerazione finita non si possa raggiungere un numero infinito. Aggressor: La frase "si sono conclusi non avendo una fine" sembra autocontraddittoria.. : Sgiombo: Infatti io ho scritto: "si sono conclusi essendo infiniti ma non avendo un inizio, non esistendone un 'primo' dal quale contare (che sarebbe come dire che sono infiniti e finiti)". Aggressor; Quando ho parlato di libertà non volevo affatto introdurre questioni di etica; il mio concetto di libertà è semplicemente qualcosa di contrapposto sia al caso che al meccanicismo e posso spiegarti perché. Gli uomini spesso affermano di essere liberi, ma non ammetterebbero questo se fossero una serie di connessioni causali deterministiche, né se fossero una serie di connessioni casuali indeterministiche, né se fossero un intreccio delle due cose, ove le due realtà ontologiche (meccanismo e caso) fossero diverse ma messe insieme all'interno di un corpo. Per farti capire questa ultima situazione non direi di essere libero se fossi una sorta di robot meccanico che a volte però sceglie un azione al posto di un'altra per puro caso. La cosa interessante della fisica moderna e della gran parte del pensiero filosofico occidentale è che questi due concetti di meccanismo e caso sono sempre stati pensati come "opposti", poi la libertà non può essere nessuno dei due e neanche la loro somma normale. Ma noi non abbiamo esperienza di qualcosa che avvenga esattamente in un certo modo previsto, se non dimenticandoci dell'aprossimazione, né del caso ontologico, percui, in realtà, noi abbiamo esperienza delle due cose assieme. Allora ho pensato che forse esiste qualcosa che posso chiamare "libertà", la cui realtà posso descrivere come una somma olistica di meccanicismo e caso. Permettimi di farmi forte del rasoio di Ockam, si tratta di un'unica sostanza che ne sostituisce 2 di cui, in realtà, non sembriamo avere esperienza. Il motivo per cui prendo in considerazione questa realtà è il suo lato indeterministico, poiché a lungo mi sono soffermato sul determinismo ed esso, anche -come ti dicevo- a causa delle cose di cui stiamo discutendo, ha smesso di convincermi. Sgiombo: Determinismo = successione di eventi necessitata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei. Indeterminismo = successione di fatti non determinata dagli eventi antecedenti e/o contemporanei. Ergo: Aut determinismo, aut indeterminismo: tertium non datur. Poi ovviamente si possono fare le elucubrazioni più assurde e autocontraddittorie (la storia della scienza, non meno che quella della filosofia, ne è piena!). Nel tuo caso specifico l’ assurdità dipende dalla confusione fra imprevedibilità ontologica (di principio) e imprevedibilità gnoseologica o epistemologica (di fatto). Pretendere di applicare il rasoio di Ockam facendo un’ assurda associazione di concetti (non entità reali, fra l’ altro, casomai aspetti, caratteristiche del divenire reale) reciprocamente contraddittori mi sembra un mero gioco di parole, un sofisma. Comunque non pretendo certo di essere il "guardiano del Rasoio di Ockam" cui chieder il permesso per usarlo (o pretendere erroneamente di farlo). Aggressor: Se la tua visione è del tutto deterministica devi in effetti ammettere che se qualcosa si sviluppa in un certo modo ci sarà un motivo definito, ciò che chiami "metalegge", a gestirne il mutamento. La mia supposizione è, invece, che il determinismo non sia sufficiente a garantire una buona ontologia (e la scienza sarebbe daccordo con me, soprattutto la fisica delle particelle elementari -meccanica quantistica-), perciò il mutare di quelle leggi potrebbe essere il frutto del lato indeterministico del cosmo più che l'effetto di una causa determinata che si sommi alle altre cause. Ma anche prendendo il tuo ragionamento per buono rimane la stessa falla a mio avviso; tu dici: "per non cadere in un regresso infinito di metaleggi dobbiamo supporre che ne esistano alcune e basta", così ancora devo chiederti: e perché proprio queste e non altre? Forse la risposta potrebbe essere che solo queste garantiscono una esistenza non paradossale, eppure, stando agli addetti ai lavori (i fisici contemporanei), le cose non stanno così. Loro dicono che alcune costanti sono del tutto contingenti e che anche la forma del nostro universo è contingente: perché il nostro universo si è trovanto con questa forma e non con un'altra possibile? Anche ammettendo che le regole di base siano sempre quelle, che le costanti non possano avere che quei valori trovati, perché l'assetto spazio-temporale è questo e non un'altro? è stato il caso a decidere? Ma questo concetto non è forse tanto oscuro come quello di libertà? Entrambi ci parlano di una causa indeterminata. Almeno il mio concetto di libertà include in sé anche quello di una causa "sensata" non del tutto imprevista/imprevedibile/oltre-natura. Sgiombo: Non hai notato il fatto che parlo di determinismo “per lo meno in senso debole” (cioè probabilistico statistico), in quanto anche questo è un divenire relativo, parziale, ordinato secondo leggi universali e costanti, per quanto probabilistiche. Dunque tutte le mie considerazioni valgono perfettamente anche in accordo con l’ interpretazione conformistica della meccanica quantistica. Evitare di moltiplicare metaleggi su metaleggi è necessario se si vuole fare scienza e non metafisica in quanto verificabili/falsificabili sono solo le “prime” leggi costatabili direttamente e non le successive metaleggi semplicemente immaginabili (le quali fra l’ altro non servono a spiegare alcunché); e se si vuole essere razionalisti per il rasoio di Ockam. Non ha senso chiedersi “perché il nostro universo si è trovato con questa forma e non con un'altra possibile?” perché: non è il mezzo scelto da un soggetto intenzionale per conseguire un fine in un contesto dato (deterministico per lo meno in senso debole), che sarebbe la risposta alla domanda; né è un evento o una serie di eventi parziale nell’ ambito di un tutto (per definizione l’ universo è il tutto!) che potrebbe essere inquadrato in una successione/contesto deterministico oppure casualistico. Aggressor: L'esistenza di tutti questi universi, come dici tu, potrebbe essere semplicemente una falsa domanda, qualcosa che non dovremmo chiederci perché ciò che è è e basta (e tutti insieme gli universi formerebbero il solo, vero, universo). Ma circa la forma di ciò che è, almeno, dovremmo interrogarci, e la teoria del multiverso non sembra poi così spregevole visto che riesce a dimesticarsi tra la contingenza dell'assetto del mondo (nonostante io non la trovi soddisfacente) Sgiombo: Parole che trovo assolutamente incomprensibili: se è una falsa domanda (pseudoproblema) come può una pseudorisposta dimesticarsi fra la contingenza? Fra la contingenza e cosa? Fra è una preposizione che indica un rapporto spaziale, eventualmente anche in senso metaforico, fra due opposti o complementari, comunque correlati. (MI scuso per l' odiosa faccina io volevo mettere un punto interrogativo fra parentesi). |
23-04-2013, 20.08.55 | #20 | |
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sgiombo:
Non nego la possibilità della verità degli "universi" infiniti (purché assolutamente incomunicanrti, irrelati, "reciprocamente trascendenti", pena la caduta in contraddizione); ne rilevo semplicemente: a) L' inutilità come (pseudo-)soluzione dello (pseudo-)problema della spiegazione, del senso, del "perché" l' universo "nostro", "questo qui", sia così com' é e non diversamente (resterebbe da spiegare l' esistenza degli infiniti "universi", in una regressione all' infinito). b) La non scientificità di questa tesi perché non falsificabile empiricamente (casomai é filosofia, metafisica nel senso deteriore in cui la intendono scientisti e positivisti). c) L' irrazionalità per il rasoio di Ockam. Aggressor: Nel punto A tu rilevi l'unitilità di quell'ipotesi per spiegare l'esistenza dell'universo, non il modo d'essere dell'universo (multiverso). Ed hai anche ammesso, forse a ragione, che è inutile chiedersi perché l'universo esiste. Sgiombo: Appunto! Dunque è inutile (fra l’ altro!) la concezione del “modo di essere dell’ universo “multi verso”! Ma non l’ ho ammesso, l’ ho affermato contro i sostenitori dell’ irrazionale e antiscientifica concezione del multiverso! Aggressor: B ci può stare, C non vale se una teoria concorrente spiega più cose. Sgiombo: A si? E quale sarebbe? Ciao ciao. Citazione:
Questa é l' ennesima la proposta dei paradossi di Zenone. Ti invito a rileggerti quanto vi ho ripetutamente risposto. Ciao. |
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