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29-03-2013, 05.57.52 | #13 | |||
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Data registrazione: 02-02-2003
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Riferimento: La vittoria dell'effimero.
Citazione:
Non è questione di intellettuali ma di tutta un’impostazione mentale risultato di un conflitto profondo nella mente umana fra il potere di essere e il compromesso di appartenenza. Il discorso è lungo.. In una cultura millenaria fondamentalmente patriarcale lo sviluppo dell’essere (dell’identità) avviene secondo prevalenza di funzione, manca la controparte, la gestazione interiore, essere per essere. Citazione:
Tanto che in un’analisi più particolareggiata al di sotto della maschera che suscita emozione ci si incontra con una realtà ben differente dall’apparenza solidale, spesso quell’enfasi emozionale non è scaturita dalla bravura dei giocatori nel loro gioco al pallone ma da ciò che al di sotto rappresentano in ambito sociale. Rappresentano chi del lavoro ne ha fatto un gioco. O dovrei dire viceversa. Rappresentano il mondo perduto del gioco, il nostro potenziale, il gioco di squadra mirato all’azione collettiva, tangibile, realmente tangibile, non più delegato. Il frutto è lì davanti ai loro occhi che rimbalza a forma di pallone. Cosa attira, realmente..? il gloriarsi di una patria vincente alla quale anch’io appartengo? Di una squadra alla quale poter appartenere? Poter dire io sono perché loro ci sono.. li sto proprio vedendo! Tante sfaccettature apre questo discorso.. Abbiamo bisogno di essere, di essere autenticati, tramite quando occorre.. Abbiamo bisogno di sapere nella pelle in tutti i modi possibili, che siamo. Che siamo vivi, che siamo. Allora apparteniamo, ci identifichiamo, ma bisogna che qualcuno ci seduca mostrando il cuore della sua vita, quello palpitante però. Citazione:
Quel modo di sentirsi assieme, di vincere o perdere assieme, di identificarsi ovvero di ricercare, di necessitare di uno specchio che ci restituisca la nostra immagine o perlomeno parte della nostra immagine estrapolandone il ruolo archetipo e consegnandocelo come senso e conferma di senso della nostra energia più profonda (che emerge sotto forma di emozione) è comunque da un certo punto di vista, condizionato dall’essere convogliato obbligatoriamente attraverso il filtro del tipo di ambiente e di cultura, ovvero sociale, entro il quale si nasce si cresce e si vive. La ricerca di quel benessere interiore, sorta di orgasmo pret a porter e di ricerca di crescita attraverso l’emulazione, seppure simulata (e non mi riferisco solo ai ragazzi ma anche e principalmente agli adulti) è necessità e urgenza di giungere a toccare in noi quella particolare corda capace di farci risuonare il più interamente possibile, entro un senso che sia se non esistenziale perlomeno sociale. Ma il come, la maschera rappresentativa che riveste l’archetipo, risponde ad imperativi storici sociali di una cultura ben definita attraverso la definizione del concetto di funzione. La scelta allora fra le maschere di rappresentazione è fra quelle che, seppure nel profondo rispettano le figure base degli archetipi, la società di turno trova utile secondo ciò che (ahimè, purtroppo.. filosoficamente e culturalmente..) ha assodato socialmente funzionali. La conoscenza scientifica ha la capacità, di fare risuonare in noi quell’infinitezza intangibile eppure sconvolgente, quel senso di vertigine profondo, ugualmente e più della rappresentazione stereotipata della morte, miliardi di volte superiore alla stereotipata passione abbozzata fra amanti sullo schermo, quanto la rappresentazione dionisiaca come funzione sacrale nel teatro greco.. Ma nell’antica grecia la rappresentazione teatrale aveva funzione primaria nel sociale era la realizzazione che univa ogni uomo nel sociale attraverso il sentimento di comunione fortemente estatica col divino che animava e liberava ogni percezione di finitezza nell’uomo rompendo gli argini alla trascendenza. Considerato utile socialmente poiché capace di unire la società attraverso l’esperienza spirituale che maturava negli individui attraverso la moralità la coesione solidale, forza in tempo di pace che di guerra. L’iniziale ispirazione a Dioniso che abbracciava sino agli estremi della profondità dei sentimenti umani e delle urgenze interiori del senso della vita e della morte, delle passioni veniva vissuto come atto creativo e travolgente, mutante e non passivo. Chi assisteva e partecipava entrava mano a mano a sperimentare la creatività e la passione dell’essere. Ora, se il nostro mondo sociale fosse man mano un po’ meno settoriale quella unificazione di ciò che concorre all’emersione nell’uomo della sua interezza potenziale potrebbe risolutamente manifestarsi sino a mutare l’oggetto scienza in soggetto di specchio e scoperta, non poi troppo differentemente dall’arte non solo contemplata ma vissuta attraverso più sensi possibili, non solo la vista; essere, fare parte attiva della scoperta, non solo da distanza indagatrice, ma arte, un’arte priva di confini, dove l’individuo è centrale, uno scoprire e scoprirsi che è creazione. L’ispirazione del gioco del bambino consolidato potenziato nel continuo di un sorprendersi che è scoperta e scoprirsi. Scienza come arte del caos e del suo (apparente) opposto. Arte come linguaggio dei sensi e dei sentimenti. Se l’ ”Altro” il mistero sperimentato, esperito, indossava nell’antica grecia la maschera di Dioniso, il linguaggio della sensibilità della scienza è il suo volto futurista. Solo da scardinare limiti imposti e visioni consunte, verso una collaborazione sempre più vicina fra artisti di differenti discipline. E’ d’altronde vero che questa visione delle cose dove l’essere, la creatività, il coinvolgimento attivo sono centrali ha necessità di una maturazione nei tempi.. Non credo possiamo pensare e passare da una base fondamentalmente di alienazione al sociale ed alla vita scissa spesso in anfratti ad una esplosione sensoriale e solidale dell’esperienza sociale e del mondo inteso come scoperta del mondo.. come esperienza mistica.. Un tempo ora lontano per alcuni l’idea di volare era un sogno.. nato come anelito folle divino.. Esistono ricercatori ‘quadrati’, matematici ‘autistici’ ma anche quelli folli.. di cui alcuni molto ragionevoli.. L’idea, le più ambiziose idee, non è spinta dalla funzione utilitaristica che tanto sembra imbevere i richiesti, ordinari, fini “sociali” ma il puro inutile, ciò che erroneamente chiamiamo “inutile”, ciò che spezza i confini dell’anima umana. Bene, quell’inutilità cerchiamo e ci necessita più di ogni altra cosa al mondo.. [essere]. Ma -parafrasando un commento credo di Confucio ad un’immagine dell’i ching- la solidarietà basata sulla comunione di interessi non è e non sarà mai la vera forza solidale poiché destinata a durare sino a quando quegli interessi e quei gusti non cessino; la vera solidarietà come forza invincibile nasce da aspirazioni di mete comuni a tutta l’umanità dove la giustizia, la rettitudine e la costanza sono i reali fondamenti dell’aiuto reciproco, non aspirazioni personalistiche ma quelle fondate sulla luce della ragione dove il bene più alto quello dell’intelligenza profonda ha da essere destato. In tale luce ci si accorge facilmente del perché comunioni proiettate all’esterno ed usate per saggiare un bene di pronto uso non siano in realtà mai in grado di giungere a diventare dei punti di forza di aggregazione né una reale fonte di benessere capace di innalzare l’uomo alla sua interezza più profonda quella, come dicevo prima, capace di spezzare definitivamente i confini dell’anima umana, della solitudine esistenziale. |
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29-03-2013, 11.57.38 | #14 | ||
like nonsoche in rain...
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L'età dell'oro...
"A Beethoven e Sinatra
preferisco l'insalata a Vivaldi l'uva passa che mi dà più caloriiee!" (Bandiera Bianca di un inossidabile Battiato) Penso che la categoria dell'effimero sia davvero tanto relativa ed anche nell'uva passa sia riposto l'intimo segreto dell'uomo. Non credo ci siano emozioni di differente qualità, alcune più superficiali, mentre altre arrivano alla radice dell'essere. Alcune più palpitanti, altre meramente televisive ed effimere. Il bosone ed il pallone. Questa distinzione, secondo me, nasconde (ripeto) almeno tanta violenza quanto quel “disprezzo verso la cultura” di cui parla Arsenio. Sono due facce della stessa medaglia, è un dialogo tra sordi: si risponde al disprezzo verso la cultura con altrettanta alienazione, nonostante sembra sia condita da pensieri molto colti e razionali. Qual è la differenza in fondo? Nessuna, ognuno è seduto sul proprio trespolo senza alcuna volontà di comprendere l'uomo ed il singolo, le proprie piccole o grandi passioni, la propria vita. Anche quella fatta dalle bollette, dall'innamoramento per l'attore di turno e dalla vacanza pagata a fatica. E dalla pay-tv. Senza moralizzare la domenica allo stadio e tutto il resto. Si pontifica da un empireo che davvero, questo sì, sa di morte, poiché l'uomo, quello reale, ne è davvero molto distante. Ma va bene anche questo, se di questo si ha bisogno. Citazione:
Un saluto e buone feste. P.S. Citazione:
Quello di tutti è proprio un breve ed effimero passaggio, nel quale vorremmo lasciare un qualcosa di solido e permanente che sopravviva alle nostre vite. Osserviamo i nostri simili con più compassione, dunque, poiché i loro desideri sono anche i nostri. Ognuno fa il possibile per raggiungerli o almeno per non finire troppo lontano, con i mezzi a propria disposizione e difendendosi come può dai propri fantasmi. Ciao a tutti e buona vita. Ultima modifica di nexus6 : 29-03-2013 alle ore 13.50.47. |
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29-03-2013, 15.16.31 | #15 |
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Re: Riferimento: La vittoria dell'effimero.
[quote=gyta]Non è questione di intellettuali ma di tutta un’impostazione mentale
risultato di un conflitto profondo nella mente umana fra il potere di essere e il compromesso di appartenenza. Il discorso è lungo.. In una cultura millenaria fondamentalmente patriarcale lo sviluppo dell’essere (dell’identità) avviene secondo prevalenza di funzione, manca la controparte, la gestazione interiore, essere per essere. Una cultura patriarcale maschile si fonda perlopiù sull'appartenenza gregaria, sulle funzioni del “fare”, dell'avere, apparire, competere soprattutto, anche per quanto riguarda la conoscenza. Si contrappone a quella dell'”essere”, di genere femminile, la cui identità si sostiene piuttosto sulla relazione, introspezione, mondo del sentimento e delle emozioni, dell'intuizione, di una maggior sensibilità ricettiva verso l'ambiente umano. Informazione, erudizione maschile, ecc. certo potrebbero acquistare maggior spessore arricchendosi del “femminile”. E' un tema collaterale a quello qui presentato, che non mi lascia indifferente. arsenio |
29-03-2013, 21.43.39 | #16 | ||
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Riferimento: La vittoria dell'effimero.
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Ultima modifica di Tempo2011 : 30-03-2013 alle ore 11.15.14. |
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29-03-2013, 21.59.52 | #17 | |
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Riferimento: La vittoria dell'effimero.
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29-03-2013, 22.35.55 | #18 | |||
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Riferimento: La vittoria dell'effimero.
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29-03-2013, 23.10.54 | #19 | ||
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Riferimento: La vittoria dell'effimero.
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Prima di terminare definitivamente questo effimero passaggio, almeno dammi la possibilità di risponderti. Allora, per prima cosa sono contento che tu sia riapparso in questo forum per rispondere a un mio thread e che, a quanto sembra, da un certo periodo in qua sia diventato piatto e non ti stimola più. In effetti, anch'io, avendolo seguito da uditore per molto tempo, ho notato il cambiamento; però non ho compreso quali siano stati i motivi. In ogni modo, ti voglio precisare che ho postato questo tema, solo perché mi incuriosiva sotto un profilo della comprensione umana, giacché il sottoscritto è un amante dell'effimero, anche se non alzo negli altari nessuno...nemmeno Totti. Mentre lo farei volentieri con la bella Illary. Ha ha ha ha. Specificato ciò, ho trovato quest'ultimo tuo intervento poco produttivo per la comprensione del problema sollevato. Di fatto, affermare che ognuno fa quel che gli pare è lapalissiano e, quindi, super scontato. Hai fatto terminare il tuo intervento a vino e tarallucci. Mentre, se ti fermassi ancora un po', sia te che io potremmo cambiare parere o condividerne qualche altro differente, dal nostro. |
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29-03-2013, 23.33.24 | #20 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Re: La vittoria dell'effimero.
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In ogni modo, da quello che ho letto, secondo te il problema è solo e soltanto culturale, e su questo potrei essere d'accordo; però io non lo circoscriverei solo all'Italia, perché, a quanto sembra, l’effimero primeggia, in tutto il mondo. Allora possiamo affermare che, con l'apertura di tutte le frontiere, abbiamo scoperto che l'effimero globalizzato è esistito da sempre, perché è l'ignoranza di massa che è esistita da sempre? Nella pratica, chi possiede la cultura sono sempre quei quattro gatti che fanno il bello e il cattivo tempo... anche nell'effimero? Ultima modifica di Tempo2011 : 30-03-2013 alle ore 11.20.33. |
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