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24-05-2010, 09.10.34 | #62 | |||
Ospite abituale
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Citazione:
Ecco, se discutiamo sui presupposti già è diverso, già possiamo parlare più proficuamente del metodo scientifico. Un problema centrale, infatti, mi pare che sia: cosa deve fare la scienza, cosa vogliamo attraverso di essa? E' il problema che si poneva Feyerabend, ad esempio, quando diceva che anche procedimenti "extra-metodici" possono contribuire al "progresso" e che è quest'ultimo e non la purezza metodica che deve interessarci. Di qui l'ulteriore domanda: cosa è il progresso? E' il progresso della conoscenza? E cos'è la conoscenza? ...sono arrivato al punto che hai sottolineato. Dunque, credo che siamo d'accordo sul fatto che anche la conoscenza del "fantasioso" (nel senso di cose diverse dal mondo in cui viviamo) è conoscenza. Lo scrivi tu stesso. Ora, per me non esiste un modo "scientifico" per discriminare tra il mondo in cui viviamo e quello in cui non viviamo e anche se esistesse non sarebbe adeguato a descrivere ciò che fanno gli scienziati. Gli storici studiano fatti scomparsi anche da millenni. Gli etnologi studiano culture lontane. Gli astronomi studiano la materia oscura, i buchi neri... I geometri le geometrie non-euclidee... Tutte cose che non appartengono al mondo "in cui viviamo" o che in esso hanno solo pallidi riflessi. Per dirla con Odifreddi, con Bachelard, con du Sautoy e con molti altri amanti delle matematiche, la scienza spesse volte crea i suoi oggetti. E comunque mai li trova, sic et simpliciter, in natura. In questo senso essa è sorprendentemente vicina ai mondi "fantascientifici" di cui sopra. Una frecciata: la scienza, a mio parere, è un insieme di pratiche e teorie volte al miglioramento dell'efficacia delle nostre azioni nel mondo e all'ampliamento non necessariamente cumulativo delle nostre conoscenze speculative. Ma non è l'unico sapere in grado di fare questo né quello in grado di farlo meglio. E' un sapere che ha avuto e ha particolare successo, che solitamente ha certi modi d'indagine e che coglie quella fetta di realtà che può cogliere in base ad essi. Dal tuo scritto ricavo che la scienza è quella galileiana ma può anche non esserlo; che dunque c'è un metodo che la definisce ma può anche non esserci o può non essere centrale per definirla. E, dunque, di che stiamo parlando? Citazione:
Tu..? Citazione:
Certamente occorre molta abilità, come anche occorre molta abilità per far riuscire un gioco d'abilità. Ma sappiamo già che il gioco può riuscire, perché l'abbiamo creato noi affinché potesse riuscire. L'universo non l'abbiamo creato noi, dobbiamo ammettere la possibilità che il "gioco" possa non riuscirci. |
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24-05-2010, 17.35.19 | #63 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Felice di poter parlare riferendoci alle fondamenta Citazione:
Va bene, questa è la domanda che io ho posto alla quale ho già risposto: conoscenza del mondo. Citazione:
A noi non deve interessarci quello che credono gli altri. Tu in cosa credi? Secondo te è il progresso l'obiettivo della scienza? Non è la conoscenza del mondo? Ti rifaccio le domande in quanto solo dopo aver ricevuto la risposta posso passare alla contro risposta. Citazione:
Bhe no, io ho solo detto che la scienza ha l'obiettivo di conoscere il mondo che noi viviamo... anche di quello passato, ma che è comunque appartenuto alla sfera di questo universo, di quello che è successo, di quello che succede e quello che succederà (secondo le previsioni). Non ho affatto detto che la conoscenza deve passare attraverso il progresso. Il fine è la conoscenza, il progresso è un effetto della conoscenza (almeno secondo la mia personale veduta). Citazione:
Si, come anche le conoscenze matematiche ed altri tipi di conoscenza. Ma non tutte queste conoscenze corrispondono a questo mondo, a quello in cui viviamo. Il fine, almeno secondo me, è la conoscenza del mondo in cui viviamo (come ho già scritto prima). Citazione:
Fermiamoci a questa frase. Cosa intendi con "non sarebbe adeguato a descrivere ciò che fanno gli scienziati"? Io critico, ovvero metto in dubbio, anche l'operato dello scienziato. Mi basta poco (anche se qualcosa debbo pur studiarla) per capire se sta operando nel giusto modo. E' il metodo che mi da questa possibilità. Se non ci fosse alcun metodo non potrei distinguere l'operato di uno scienziato da un altro. Di altro genere è la tua frase: "non esiste un modo "scientifico" per discriminare tra il mondo in cui viviamo e quello in cui non viviamo". Qui urge un esempio: Con il mio metodo posso "discriminare" ciò che appartiene a questo mondo da un altro di fantasia. Ammettiamo che ci sia la solita teoria degli asini che volano. Tu dici che questa conoscenza non può essere discriminata. Cioè tu credi che il metodo non potrebbe giudicare se gli asini che volano fanno parte di questo mondo oppure no. Secondo il mio metodo si: Osservo: non ci sono asini che volano Estrapolazione: non esistono asini che volano Controllo: alla prossima osservazione non troverò asini che volano Quindi gli asini che volano non fanno parte di questo mondo. Chiaramente questo non ha valore assoluto, nessuno ci può dire se sono mai esistiti o se mai ce ne saranno in futuro, però ad oggi ho discriminato una conoscenza da un'altra. A scuola quindi non insegnerò che gli asini volano. Secondo il tuo ragionamento (se portato avanti fino in fondo) invece gli asini volano! Oppure c'è qualcosa che mi sono fatto sfuggire? |
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25-05-2010, 11.22.49 | #64 | |
Ospite abituale
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Ho risposto, mi pare anche con una certa chiarezza. Ho scritto: "la scienza, a mio parere, è un insieme di pratiche e teorie volte al miglioramento dell'efficacia delle nostre azioni nel mondo e all'ampliamento non necessariamente cumulativo delle nostre conoscenze speculative". In più ho detto che lo scopo della scienza, secondo me, non è semplicemente la conoscenza del "mondo in cui viviamo" (perché essa non studia esattamente il mondo in cui viviamo, ma crea il mondo, seleziona alcuni aspetti del "reale", astrae, generalizza, formalizza...) ed è volta al miglioramento dell'efficacia delle nostre azioni nel mondo (specialmente la scienza di oggi, in cui fondi, obiettivi e applicazioni pratiche giocano un ruolo importante). La scienza è conoscenza, allora, ma non semplicemente del "mondo in cui viviamo". Il suo oggetto è il "reale", inteso però in senso ampio: e quindi anche ciò che è esistito ma non esiste più, ciò che esiste solo nella nostra mente... Ora, giustamente mi domandi: allora come fai a distinguere la scienza da ciò che non è scienza? La risposta è semplice: non lo faccio. Almeno non come lo fai tu. Ritengo di non avere nessun criterio oggettivo e assoluto per farlo. Riguardo a ciò convieni con me, ma, accontentandoti di un criterio non assoluto, procedi comunque alla demarcazione fra teorie. Dal tuo esempio (degli asini) emerge, mi pare, che il tuo criterio sia un ultima istanza l'empiria, il controllo empirico/sperimentale. Ma già Ayer (Linguaggio, verità e logica) scriveva: "Se desideriamo salvare la legge, ci è lecito di farlo abbandonando una, o più di una, delle altre ipotesi di rilievo. Potremmo dire che le condizioni dell’esperimento compiuto in realtà non erano quelle che sembravano, e costruire una teoria per spiegare come ci accadde di sbagliarci in proposito; oppure potremmo dire che qualche fattore da noi trascurato come irrilevante, in realtà non era irrilevante, e confortare questa prospettiva con ipotesi supplementari. Possiamo persino assumere che la nostra osservazione negativa fosse una allucinazione e in realtà l’esperimento non fosse sfavorevole […] Ne risulta che i «fatti dell’esperienza» non possono mai costringerci ad abbandonare l’ipotesi" Popper lo sapeva e scriveva (Logica della scoperta scientifica): "Il meno che si possa sostenere è che questo fatto rende dubbio il valore del criterio di demarcazione che ho proposto. Devo ammettere che questa critica è giusta". Ma, non arrendendosi, continuava: "Ma non per questo è necessario che io ritiri la mia proposta di adottare la falsificabilità come criterio di demarcazione […] Secondo la mia proposta, ciò che caratterizza il metodo empirico è la maniera in cui esso espone alla falsificazione, in ogni modo concepibile, il sistema che si deve controllare. Il suo scopo non è quello di salvare a vita sistemi insostenibili, ma, al contrario, quello di scegliere il sistema che al paragone si rivela più adatto, dopo averli esposti tutti alla più feroce lotta per la sopravvivenza". Da un punto di vista logico l'esperienza non è un criterio sufficiente per discriminare fra teorie scientifiche e non, anche perché pure le teorie che di solito giudichiamo non scientifiche si basano su qualche tipo di esperienza, non sono pure costruzioni mentali. Per Popper, in fondo (e anche per me) il modo migliore per demarcare è verificare quanto una teoria sia disposta a mettersi in gioco, a non ricorrere a troppe spiegazioni ad hoc e simili. Non deve essere regressiva, nel senso di Lakatos. Ciò detto, è tutta questione di misura: non dobbiamo scartare subito una teoria o definirla non scientifica se non appare immediatamente corroborata, se va incontro a qualche insuccesso o se ricorre a qualche aggiustamento ad hoc. "Perché non dobbiamo?", potresti chiedermi. In fondo potremmo dire che ora non è scientifica ma che in futuro potrebbe diventarlo nuovamente. Se me lo domandassi, risponderei che non dobbiamo soprattutto per un fatto "psicologico": negare la scientificità a una teoria o a un'intera disciplina significa negargli potere. Potere nelle università, nelle accademie, nei circoli intellettuali, perfino di fronte al grande pubblico (in televisione quanti prodotti vengono reclamizzati dicendo che sono "scientificamente testati" e simili..?). Significa negargli sovvenzioni, finanziamenti e rispettabilità, dunque ucciderla, eliminarla anzitempo dalla competizione. E questo è antipluralistico, arrogante e, mi pare, non nello "spirito" scientifico. Addirittura farebbe male alla scienza nel suo complesso, perché non permetterebbe alle teorie più vitali di ricordarsi, per confronto, perché sono più vitali. Potrei chiederti perché trovi che ci sia tutto questo bisogno di demarcare tra scienza e non scienza. Sappiamo già che alcune teorie sono più corroborate e progressive di altre, già abbiamo più fiducia in esse. Già crediamo che gli asini non volano. Aggiungere che è scientifico crederlo e non scientifico non crederlo mi sembra superfluo. Mi sembra, appunto, che nasconda la volontà di innalzare alcune conoscenze a scapito di altre. Mi scuso per essermi dilungato. |
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25-05-2010, 17.02.15 | #65 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Quindi se una nostra azione è efficace, questa efficacia deriva dalla scienza? Cosa significa però con “miglioramento dell'efficacia delle nostre azioni”...? Ammettiamo di aver tutti studiato a scuola che gli asini volano. Se per puro caso questa conoscenza (mai passata attraverso il metodo, in quanto per ipotesi lo abbiamo escluso) migliora l'efficacia delle nostre azioni, quella teoria conoscenza è una teoria conoscenza scientifica? Prendiamo un altro esempio. Ammettiamo per ipotesi che credere in Dio o meglio in Gesù e nei dodici comandamenti, migliorino le nostre azioni quotidiane. Quindi I dodici comandamenti, Dio e Gesù rappresentano un'insieme di pratiche e teorie scientifiche perchè di fatto migliorano le nostre azioni? E' vero che esiste un problema di “demarcazione”, ma questa definizione da te data è quanto meno singolare in quanto includerebbe troppe cose e tutte di diverso genere. Di che tipo devono essere queste teorie e queste pratiche? O tutte le teorie e tutte le pratiche vanno bene? Citazione:
Su questo avevo già risposto e ho inteso includere anche lo studio (scientifico) di ciò che è appartenuto al passato ed anche al futuro. Quindi non solo ciò che avviene ora nel presente. Sarebbe infatti un disastro per chi deve compiere un'azione “efficace”, se non può controllare, in qualche modo, il futuro. Il passato ci serve oltre modo come esperienza e come modello per le nostre azioni presenti. Qui però mi consentirai una piccola parentesi: se il futuro da prevedere è troppo lontano la difficoltà di previsione aumenta e non esiste, ad oggi, alcun modello di previsione “affidabile”. La cosa è ugualmente proponibile per il passato. L'affidabilità in questo caso potrebbe essere il centro di discussione sulla demarcazione. Quanto deve essere preciso un modello (una teoria o legge) per essere affidabile? Se la mia azione deve essere perseguita oggi e dovessi essere costretto a utilizzare uno dei modelli di previsione esistenti come faccio a comprendere quale usare? Con quali criteri? Anche la tua onesta volontà di voler intendere la scienza come un'insieme di pratiche e teorie volte all'efficacia delle nostre azione, si deve scontrare, prima o poi, sulla scelta di una di queste pratiche o teorie. Ecco che il concetto di affidabilità (di cui parlavo in precedenza) diventa centrale per riconoscere la giustezza di una teoria da un'altra. Ma se non esistesse un metodo con cui confrontare le teorie come potresti garantirti l'affidabilità della scelta di una tua azione futura? Giusto per non allungare troppo il post, una piccola nota sul tuo riferimento alla “creazione del mondo” (no da parte di Dio ma degli uomini). Anche in quel caso, tutte le possibili creazioni sono legittimate dalla conoscenza del mondo che le contiene. Non esistono, attualmente, creazioni impossibili o peggio miracolose. Un aereo che vola, per esempio, è qualcosa di miracoloso visto da chi non conosce le leggi che permettono quel volo. Le magie o le stregonerie invece, che siano pratiche o teorie, non sono contemplate nel paradigma scientifico... Sul tuo disappunto ultimo (la disapprovazione di una teoria) approvo la tua disamina. Quella problematica è però legata ai finanziamenti. Potrei dirti al contrario che per trent'anni si è seguito una teoria (parliamo di fisica delle particelle) chiamata la teoria delle “stringhe”. Questa teoria non ha portato nulla di nuovo ed ha avuto una marea di finanziamenti. Non solo, come è denunciato da Smolin nel suo libro, ogni studente che voleva fare fisica o abbracciava questa teoria e ci lavorava su, oppure non era neppure preso in considerazione. Si è perseguito quindi una teoria con tutti i migliori cervelli del mondo senza fare alcun passo in avanti nella ricerca. Quindi è ovvio che tutti auspichiamo che la scienza sia più libera possibile, anche dal vil denaro. Perciò il discorso fatto da me all'inizio (che forse non hai letto) ammette, almeno teoricamente, la possibilità a tutti gli uomini di scienza di elaborare le proprie teorie, anche se sembrano assurde, anzi proprio Einstein avrebbe detto (le parole esatte non me le ricordo): se una teoria è assurda ha qualche speranza di essere giusta. Solo che poi qualcuno deve pur essere in grado di comprendere se quella teoria è affidabile; se sta portando frutti o se è troppo lontana dalla realtà (ovvero se sia falsificabile o meno come dice Popper)... E proprio sulla questione della affidabilità possiamo incentrare, se vuoi il nostro esercizio filosofico. |
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26-05-2010, 13.05.21 | #66 | ||||
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Efficacia vuol dire che riusciamo a raggiungere l'obbiettivo posto. Le teorie scientifiche non sono le uniche efficaci, ma mirano all'aumento dell'efficacia delle nostre azioni nel mondo. La tecnologia, infatti, cioè l'applicazione della ricerca scientifica, è parte integrante della scienza e anzi direi che è sempre stata fra gli scopi primari della scienza e di chi la pratica. Ti ricordo, comunque, che non ho caratterizzato la scienza soltanto tramite la sua efficacia, ma anche tramite l'aumento di conoscenza speculativa. Quindi a proposito dell'esempio degli asini e di Gesù e i comandamenti, la scientificità di queste idee dipende non soltanto dalla loro efficacia (efficacia di quali azioni? Questo va chiarito) ma anche da quanto e come esse aumentano la nostra conoscenza. E quanto e come aumentano la nostra conoscenza va studiato in relazione a come quelle teorie interagiscono con il resto delle nostre conoscenze e delle teorie che consideriamo scientifiche. Es: diverse teorie mi dicono che con la gravità terrestre i corpi pesanti non possono alzarsi in volo (se non spinti in aria da motori, reattori, ali...)? Allora l'idea che gli asini volano non aumenta aproblematicamente la nostra conoscenza, ma anzi si pone in contrasto con parti di essa. Ciò non vuol dire che sia falsa o non scientifica: come detto, dobbiamo concedere tempo ad ogni teoria, si potrebbe arrivare a qualche conferma. Una sola, nuova, potrebbe essere giusta, e molte vecchie sbagliate. Non escludo, poi, il valore dell'esperimento, cioè credo che sia importante avere esperienze regolate (in questo caso sul volo degli asini ). Nonostante che i fatti dell'esperienza non provino logicamente le teorie, per convenzione associamo alla scienza un certo grado di empiria: lo scienziato deve aver fatto qualche esperienza/esperimento, deve avere avuto a che fare con i "fatti". Ma quali sono i fatti interessanti? Non è semplice dirlo. Ad esempio, che non abbiamo mai osservato gli asini volare è un fatto interessante, pertinente alla prova della teoria sul volo degli asini? Intuitivamente sì, ma qualcuno potrebbe presentarci una teoria più complessa, del tipo: gli asini volano, ma non li vediamo perché si vergognano di farlo davanti a noi. Ridi pure Ma si tratta solo di una -fantasiosa, ma legittima- complicazione. Quale evidenze positive ci sarebbero, invece, per il volo degli asini? Be', ad esempio testimonianze -come quelle che accetta lo storico orale- o, tipo Lockness, reperti fotografici. Tutto dipende da cosa siamo disposti ad accettare come prova. Ma quello che uno è disposto ad accettare, un altro può non essere disposto a farlo. E' una questione di convenzioni. Citazione:
Mi rendo conto del problema. La mia idea è, però, di lasciarlo aperto. Di non negarlo né volerlo risolvere a tavolino. Credo che valga la pena di avere qualche criterio (li ho proposti anche io: efficacia, esperimento, aumento di conoscenza in un contesto olistico e ho parlato di convenzioni) e non ho negato la bontà dei vostri elenchi (se non proposti per essere seguiti pedissequamente), ma irrigidirsi in un metodo rischia di mortificare la vitalità del pensiero e del progresso. Per quanto mi riguarda, non ho bisogno di garantirmi già da ora l'efficacia di un'azione futura. In realtà nemmeno la nostra scienza attuale garantisce alcunché, è probabilistica, approssimativa, falsificabile. E' una scommessa, anche se una scommessa che riteniamo ragionevole fare. I problemi di domani, propongo, affrontiamoli domani. I problemi di oggi, oggi. Se oggi devo scegliere fra teorie diverse, lo faccio prima di tutto in base allo scopo che mi pongo. Poi in base all'efficacia, al rapporto di quelle teorie con le mie precedenti acquisizioni teoriche e così via. Vorrei far presente che nemmeno gli scienziati possiedono una chiave per decidere in ogni occasione. Nella scienza passata e in quella attuale ci sono state e ci sono teorie in contrapposizione, o almeno non integrate in un'unica "visione del mondo". Citazione:
E forse non sono contemplate a torto. In ambito scientifico, molti pregiudizi sulla medicina tradizionale cinese, ad esempio, stanno cadendo. A volte qualcosa non è contemplato nel paradigma scientifico soltanto perché gli scienziati non lo conoscono abbastanza. Di "miracoloso" esiste molto, soltanto che non viene nemmeno riconosciuto come esistente. E non è detto che la creazione debba riferirsi al nostro mondo. Prendi "flatlandia"... Citazione:
D'altronde il copernicanesimo ci ha messo molto più di trent'anni per superare i gravi problemi da cui era afflitto al tempo di Copernico. Intendiamoci, gli eccessi esistono: del resto ho accennato ai programmi progressivi e regressivi. Non sempre è facile capire quando è il momento di concentrarsi su un programma piuttosto che un altro. Anche qui, io lascerei la scelta ai singoli. Lo Stato non dovrebbe indirizzare troppo la ricerca. Purtroppo lo fa, perché della scienza, come dicevo, interessano soprattutto i risvolti pratici. |
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27-05-2010, 18.55.35 | #67 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Onestamente io credo che non ci sia alcuna decisione che può essere presa non pensando al futuro. Potremmo al massimo tentare di “stimare” quanto lontano debba essere quel futuro, per non pensarci. Oggi uno studente universitario fa un esame in previsione della sua laurea, oppure di una sua eventuale professione, oppure per la gloria. Prepararsi ad un esame significa prendere un libro e incominciare a leggere in previsione della comprensione del testo, in previsione del superamento dell'esame, in previsione di un alto voto, in previsione di una maggiore professionalità. Insomma oggi io affronto innumerevoli questioni che riguardano il futuro e ciò che faccio oggi ha una sua importanza sul come si svolgerà quel futuro. Citazione:
La questione è abbastanza semplice. La scienza non deve obbligarci a fare scelte non libere. Se vogliamo fare una gita fuori porta con tutta la famiglia, consultiamo le previsioni meteo, se queste prevedono pioggia possiamo anche fregarcene e fare ugualmente la nostra tanto desiderata gita. Possiamo ritenere che le previsioni siano sbagliate oppure che ci sia un margine di errore e su quello scommettiamo sulla buona riuscita della nostra gita. Qualche volta seguo le la formula 1. Questi sono professionisti e basano il tipo di pneumatici da usare sulle previsioni meteo. La precisione di una previsione meteo non è “assoluta” (sempre che non arrivi un grosso anticiclone), soprattutto se il tempo previsto è di variabilità, ovvero se la pioggia può abbattersi su alcune zone invece che di altre. A quel punto la decisione di utilizzare dei pneumatici invece di altri può essere l'arma vincente o perdente. Alcune volte quindi la scienza ci da una mano a scegliere, poi nei casi in cui il margine di errore è troppo grande ci si può fidare oppure no. Tu ti fidi a farti una gita fuori porta (magari in campagna con i bimbi piccoli) se è prevista pioggia? Se la gita può essere rimandata, correre il rischio di rimanere impantanato nel fango, potrebbe non essere la giusta decisione. Quelli della formula 1 invece la gara la devono fare per forza. Quindi devono decidere a seconda della migliore previsione, poiché da essa dipende la vittoria. Io però non ho sentito mai un pazzo che avrebbe usato pneumatici da bagnato se le previsioni erano per tutti: tanto sole. Quindi non è che le previsioni meteo siano inutili... benché la precisione sulle previsioni non è mai assoluta, soprattutto se le previsioni sono di “variabilità”. Conoscere in anticipo dove pioverà, in quale zona precisa fa parte di quella soglia di incertezza che dobbiamo alla impossibilità di conoscere esattamente le condizioni iniziali. Se oltrepassiamo quella soglia ( da verificare caso per caso) le stime diventano sempre più vicine alla certezza. Facciamo un altro banale esempio. Ammettiamo che un uomo debba uscire di casa ogni mattina per recarsi al lavoro, che dista, in linea d'area, 10 km. Ammettendo che esca con l'automobile, che sia prudente, che non superi mai i limiti di velocità imposti e che percorra sempre lo stesso tragitto, potremmo prevedere il tempo che gli ci vorrà per recarsi al lavoro. Questo però, noi sappiamo, non basta. Ci sono altre variabili che incorrono: il traffico, il semaforo, l'incidente, i lavori in corso ecc. Se io potessi aggiungere tutte queste variabili nel mio calcolo potrei prevedere quanto, di volta in volta, il nostro lavoratore, ci metterà per giungere a destinazione. Appunto: di volta in volta!!! Posso dire a cuor leggero che un lavoratore, che dista 10 km dal suo posto di lavoro, giungerà a destinazione sempre allo stesso orario? No! La stima iniziale è fatto solo su variabili conosciute in anticipo, ovvero distanza, non superamento dei limiti di velocità, solito tragitto. In realtà il lavoratore ogni mattina subirà un cambiamento delle condizioni iniziali Quindi se la tua domanda fosse: la scienza può prevedere quanto tempo perderà il lavoratore a giungere a destinazione? Si, se le condizioni iniziali sono note. Quante più variabili si introduco tanto più lontana sarà l'efficacia della previsione Qualsiasi tipo di domanda, quindi, che possiamo porre alla scienza l'efficacia della risposta è data dalle conoscenze delle condizioni iniziali. Teoricamente però, si possono studiare a tavolino le condizioni iniziali e dare delle risposte sempre teoriche. Quindi se teoricamente il nostro lavoratore userà la sua auto, si limiterà alla velocità imposta e percorrerà il solito tragitto, la risposta, anche se solo teorica, è “certa”, sempre che... le velocità imposte non siano troppe vicine alla velocità della luce, allora le cose cambierebbero un pochino p.s. mi sembri più dubbioso di me , il che ti rende, almeno al mio sguardo, altamente simpatico |
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29-05-2010, 13.25.35 | #68 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Citazione:
Mai fatta una cosa irresponsabile? In linea di massima, comunque, hai ragione. Grosso modo, però (è questo quello che presupponevo) siamo in grado di dire se un problema appartiene ad oggi o domani. Un esempio di cosa intendo per problema di oggi, per capirci: le conseguenze dell'inquinamento atmosferico per me sono un problema odierno. Come vivremo su Alpha Centauri, se ci vivremo, è un problema di domani. Citazione:
A mio parere uno degli elementi di maggior "scientificità" della fisica è la stima degli errori. Un margine di errore c'è sempre, anche per velocità inferiori a quelle della luce. Il mondo della scienza è, per alcuni aspetti, assolutamente inesatto (3,14........) e riconoscere il carattere approssimativo della conoscenza è un bel passo in direzione della criticità, denominatore comune di scienza, filosofia e volendo di tutti gli altri saperi che si cimentino nella critica stessa. Ciò detto, condivido che in generale le previsioni "scientifiche" siano attendibili. Però qui si pone il problema della probabilità, che come sai può anche essere intesa come probabilità soggettiva, cioè soltanto come grado di fiducia che siamo disposti a concedere. A mio parere la scienza non ha mai superato del tutto l'obiezione humeana circa il rapporto di causa/effetto come frutto intellettuale della nostra abitudine. E' probabile che domani il sole sorga? Ne siamo proprio sicuri..? Citazione:
Questa osservazione mi ha fatto molto piacere. Ultimamente mi trovo coinvolto, per ragioni di studio, in un ruolo che non sento mio. Cioè quello di difensore dell'appiattimento epistemologico della scienza sulla religione e sulla metafisica. Invece quello che vorrei dire, e che ho detto anche qui, nonché l'opinione che vorrei testare e che sto testando, discutendone, anche qui, è "semplicemente" che cosa sia la scienza è problematico stabilirlo e che ci sono sorprendenti aspetti comuni fra sapere "scientifico" e "non". L'unica cosa in cui credo abbastanza fermamente, in tutto ciò, è che alla base del concetto stesso di scienza e del comportamento dell'oggetto concreto di questo concetto vi sia una buona dose di convenzioni. Mi sento vicino a Poincaré. Ricambio la simpatia! |
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30-05-2010, 00.26.16 | #69 | |||
Lance Kilkenny
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
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Dopodichè, il problema di quando si parla di cosa sia scienza è che ci dimentichiamo che la domanda presuppone teorie, vale a dire che la scienza sia un modo di cercare verità parziali dimostrando teorie, ma anche che innnazitutto essa stessa non possa prescindere dall'essere una teoria di sè stessa.La scienza è una teoria di sè stessa - e più in generale della conoscenza - che dobbiamo poter discutere! faccio una domanda....secondo voi quale anelito spinge l'uomo di scienza a cercare verifiche sperimentali inequivocabili se non quello profondamente 'religioso' di chi patisce la sofferenza intellettuale del sentirsi un nulla incausato e vuole disperatamente aggrapparsi a qualcosa di "certo"? Come si può negare che la paura del nulla cosmico sia la stessa che spinge fino al bivio dell'ateismo/fideismo e che la medesima non possa poi che portare a risultati opposti ma ugualmente impotenti rispetto alla tensione esistenziale dell'uomo? |
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20-09-2011, 20.20.54 | #70 |
fuori dal branco è bello
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Riferimento: La scienza è solo un sapere ipotetico
Prima di chiedermi se la conoscenza è del tutto un sapere ipotetico, mi chiederei se la conoscenza può derivare esclusivamente per via empirica. Chi mi assicura che i sensi e l'esperienza sono indiscutibilmente strumenti di rilievo assoluto ? Un'albero manca di sensi, ignora questa nostra realtà e se stesso, un cane ignora il concetto di "tempo", speranza. Perchè noi non dovremmo ignorare altro ? Ricorrendo ad un esempio, la forza gravitazionale è dovuta dall'effetto della curvatura del tessuto spaziotemporale, ma esigendo spiegazioni ulteriori (il perchè del perchè del perchè del....), la scienza si arresta, possiamo arrivare alla natura ultima delle cose oppure non è possibile ? Auguste Comte, padre del positivismo, sosteneva che l'uomo può descrivere un fenomeno ma non potrà mai definire la causa ultima. Max Planck in una sua citazione asseriva che non siamo autorizzati a supporre che esistano leggi fisiche, che siano esistite o che continueranno ad esistere in forma analoga nel futuro. Ciò comporterebbe la conclusione, che esse non esistano effettivamente e che la materia muta continuamente e inesorabilmente senza una meta.
Perchè anche qual'ora giunti ad un modello matematico che unifica le 4 forze presenti in natura, tale coerenza analitica e non una delle infinite coerenze ? Hawking in uno dei suoi libri disse a proposito, la scienza non può rispondere alla domanda del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Possiamo teorizzare e smentire successivamente, proprio perchè la teoria per quanto sia provata sperimentalmente, per sua stessa definizione, non ci permette di assumere che conosciamo tutto ciò che c'è da conoscere. |