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10-02-2009, 22.32.00 | #42 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-01-2009
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Nietzsche dice che Dio è morto, dove Dio è ogni eterno, anche quel passato che sembrerebbe rimanere inafferrabile e irraggiungibile. Ma perchè Dio dovrebbe esser morto agli occhi di Nietzsche secondo te? se la morte di Dio è solo uninterpretazione ai suoi occhi perchè mai dovrebbe ritenere necessario l'eterno ritorno? posto che il circolo si costituisce per quella stessa coerenza della morte di Dio che coinvolge anche il passato.. |
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11-02-2009, 08.02.51 | #43 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Se l'universo è l'unico "eterno", stocasticamente, è destinato a ripetersi, compresa ogni sua manifestazione. Per dirla alla Severino : "tutto è, nulla non è". Penso che Nietsche sia impazzito nel tentativo di spezzare questo circolo vizioso il che, per lo stesso rigore logico che lo contraddistingue, è impossibile, a meno che............ |
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11-02-2009, 14.23.45 | #44 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
La fondazione dell'eterno ritorno è molteplice, le cose si ripetono in quanto non può esserci un inizio assoluto (che negherebbe il divenire rendendo essente il niente) ma nemmeno un infinito passato lineare (o nn si potrebbe arrivare al punto in cui siamo) e dunque necessariamente l'infinito è circolare, ma qsto significa che le configurazioni degli eventi sono necessariamente finite (o un circolo non potrebbe mai concludersi) e finito è lo stesso sostrato universale (se fosse infinito presenterebbe istantaneamente le infinite configurazioni e nessun divenire potrebbe portarne alla luce di nuove). Non capisco il riferimento a Severino, cmq è più probabile che sia impazzito rendendosi conto della contraddittorietà dell'eterno ritorno medesimo. |
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11-02-2009, 20.12.35 | #45 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
Io propendo per la seconda ipotesi.....Tuttavia non riesco a intravedere una "filososofia del caso" che non risulti una semplice presa d'atto degli eventi.......A meno che il caso stesso non venga interpretato come strumento per perseguire un fine. Ciao. |
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11-02-2009, 21.48.50 | #46 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
Perchè una filosofia del caso risulterebbe una presa d'atto degli eventi? |
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12-02-2009, 07.29.27 | #47 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
Perchè, ad esempio, non sarebbe logico attribuire alcun giudizio a un determinato comportamento...Se le leggi di natura fossero tali per caso e noi qui a osservarle per il semplice meccanismo della selezione darwiniana, la società umana avrebbe la stessa dignità esistenziale di una colonia di batteri....E dal punto di vista dell'individuo, limitato nell'arco temporale della sua esistenza, nemmeno l'auspicio della conservazione della specie sarebbe logicamente un fine, perchè l'annichilamento post mortem renderebbe questo scopo del tutto irrilevante ai fini di un'eventuale condivisione di benessere o felività future....Rimarrebbe il puro edonismo di stampo d'annunziano a giustificare, al limite, una vita "gaudente", ma nulla piu'....Le categorie di bene e male sarebbero del tutto inapplicabili se non al contesto della convivenza civile, con lo scopo del mantenimento in essere di una società la cui estinzione, ripeto, sarebbe irrilevante nell'ambito del meccanismo cosmico..... |
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12-02-2009, 15.22.38 | #48 | ||||
Moderatore
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Ho letto il tuo intervento là, ti ringrazio per le questioni che sollevi. Appena riesco, ti risponderò. Citazione:
Se è di questo che principalmente stavi parlando, allora credo che la pensiamo in ugual modo sulla questione principale. Citazione:
Non entro nella questione specifica del tempo, perché non ho le basi adeguate per discuterla a dovere. Per quanto scrivi non posso che ribadire, sinteticamente, quando già detto in precedenza: - solo il fallibilismo può assicurarci un atteggiamento epistemico salutare verso il mondo; - alcuni risultati scientifici possono risultare molto utili per i filosofi (ciò, naturalmente, non esclude che questi ultimi possano usare male tali risultati). Citazione:
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16-02-2009, 13.42.57 | #49 | ||||
like nonsoche in rain...
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Messaggi: 1,770
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
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Ciao. |
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16-06-2012, 14.32.13 | #50 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
E’stato soprattutto Aristotele a cercare di comprendere il Tutto, per poi cominciarlo a distinguerlo e iniziare così a partorire le varie discipline del sapere. E’, per così dire, il padre delle scienze attuali e delle potenti logiche che le costituiscono.
Ma è possibile avere coscienza del Tutto, tagliandolo a pezzetti come un puzzle in tante discipline del sapere sempre più distinte e specialistiche con gerghi e linguaggi differenziati e poter poi pensare che questa conoscenza esperita con i tempo ci renda più coscienti della verità, se c’è, che consiste nel Tutto? Oppure pensare che la verità sia nella particolarità di una tessera del puzzle? Doveva e deve necessariamente passare per questa strada la conoscenza per renderci migliori? La verità, se esiste, è ancora lì nascosta e quindi la tradizione ha fallito. Ha vinto il linguaggio della logica che ha permesso all’uomo di avere sempre meno timore della natura e ingaggiando un eterno duello con essa, perché ciò che le scienze cercano è in realtà il dominio sulla natura che ci uccide, e allora allunghiamo la vita con la medicina, viaggiamo in aereo con la fisica e così via. Ma l’essere , l’essere umano intendo, è cambiato? E’ maturato, possiamo dire che sia cresciuto, più evoluto? Abbiamo superato la sapienza antica , dai Veda alla Bibbia?Oppure la nostra natura umana è la stessa di allora, con le stesse contraddizioni, ma più potenti esteriormente sui fenomeni della natura? Siamo davvero almeno più felici? La presunzione di ogni scienza nasce dal suo agente motore: l’uomo. La differenziazione delle scienze nella storia ha reso più forti le scienze più utili all’organizzazione sociale ed economica perché portano ricadute tecnologiche sul dominio della natura e dell’uomo sull’uomo. Una scoperta scientifica può far cambiare la metafisica o l’ontologia moderna? Se la biochimica e la neuroscienza soprattutto, non spiegano la coscienza già questo è un fatto. Il non sapersi spiegare quello che già c’è e che sentiamo, il nostro porci domande. Ma se la meccanica quantistica e la relatività einsteniana possono avere a che fare con una neo-metafisica ( se mai esista ancora) siamo ancora distanti quanto la meccanica classica sta a quella quantistica , quanto lo scetticismo realista sta alla metafisica Uno scienziato è normale, essendo un essere umano, uscire dal suo specialismo e porsi domande dal suo balcone particolare di prospettiva del mondo e ricollegarlo al Tutto: tutti i grandi scienziati lo hanno pensato. Non può tenere un concetto metafisico che non poggi le basi su fondamenta fisiche: parlerebbe del sesso degli angeli e diventa solipsismo. Deve necessariamente anche l’ontologia tentare di spiegare i mondo, dare un senso alla vita, attraverso l’essere.Il filosofo va anche lui dal panettiere o nel supermercato quando smette i panni de l”pensatore nella torre d’avorio”. La filosofia diventa forza quando ritorna a relazionare e congiungere le diverse discipline scientifiche che aveva partorito agli albori . Lo specialismo non può avere idea del Tutto, questo è il compito della filosofia costruire una teoria che colleghi i piani interdisciplinari che parta dal “panettiere” e arrivi a Dio e poi a ridiscendere. Se si parla solo del panettiere o solo di Dio non serve a nessuno la filosofia, deve avere una coerenza interna la sua teoria per essere credibile. Sì, dico credibile, perché se non è verità deve almeno suscitare le coscienze, deve passare per una condivisione. Quindi deve avere una sua orizzontalità interdisciplinare e una sua verticalità nel ricomporre i puzzle e darne un senso nel Tutto.Le vie di mezzo sono solo caotiche perché parlano di mezze verità. Forse non esiste una verità, ma il tentativo rimarrà sempre, è nella natura umana porsi delle domande che nascono dal suo Essere: sono ineludibili significherebbe mortificarne l’essenza. Continuerà il linguaggio potente della logica a cementare e costruire come si pensa le realtà? Io penso che non basti da sola, molto ha fatto e farà, ma manca proprio il linguaggio che unisce il panettiere e Dio. Con un solo linguaggio che nasce dalla meccanica classica non posso spiegare la quantistica e rivelarne totalmente le qualità , perché gli strumenti che misurano l’una non funzionano sull’altra. E sono stati proprio gli strumenti fisici che misurano a permettere di vedere “la nuova fisica”: questa è una forza intrinseca della materialità fisica, la tecno-logia. Ma noi viviamo il tempo della transizione. La vita reale di oggi è ancora basata sulla cultura della tradizione, ma con il nichilismo di più di un secolo fa e la costruzione delle ideologie nate dal pensiero hegeliano. Tramontate le ideologie rimane la materialità della tecnica contro il dogmatismo secolarizzato delle chiese. I linguaggi dell’analitica , che sono interessantissimi, mancano di potenza , cercano di spiegare ma non costruiscono . Qual è il linguaggio di Dio, qual è il linguaggio dell’atomo, qual è il linguaggio dell’ Essere che sta nell’uomo? Chi troverà o saprà unire i linguaggi dispersi dalla Torre di Babele, forse costruirà una nuova filosofia, una nuova visione del Tutto che non può più prescindere dall’unità dei singoli puzzle: dagli occhi, dal microscopio, dal telescopio. |