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09-02-2009, 20.59.30 | #32 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 13-06-2007
Messaggi: 529
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
E' vero....Volutamente non lo avevo citato.........E' l'unico filosofo che conosca ad aver affrontato in maniera seria il tema della casualità....Ma conosco anche le conseguenze del suo pensiero e non mi piacciono. |
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09-02-2009, 21.14.06 | #33 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-01-2009
Messaggi: 111
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
Quali conseguenze? cosa non ti piace? |
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10-02-2009, 11.51.09 | #35 | |||
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
Messaggi: 1,770
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Riferimento: Riepilogo.
Citazione:
Che differenza c'è tra forma e specificazione dell'ontologia? Sono d'accordo che la scienza non possa influire o meglio determinare con argomenti definitivi la metafisica, ma allora quale spazio per le proposizioni scientifiche all'interno del lavoro del filosofo moderno? Come stimolo, spunto? Certe affermazioni scientifiche su universo, tempo e spazio non sono piuttosto profonde per essere evitate di netto? Sono significative filosofie che le evitano a priori? Alcuni filosofi, osservo, non ne traggono solo spunto, ma basano le loro argomentazioni determinanti proprio su alcuni risultati scientifici; leggevo di Putnam e del suo tentativo di voler risolvere il problema del tempo con la relatività ristretta. La sua tesi afferma in sostanza che il futuro, gli eventi che avvengono nel futuro, sarebbero “reali”. La conclusione di Putnam: “il problema della realtà e della determinatezza degli eventi futuri è ora risolto. Inoltre risolto dalla fisica e non dalla filosofia[...] In effetti, non credo che ci sia più alcun problema filosofico riguardo al Tempo; rimane solo il problema fisico di determinare la geometria fisica esatta del continuo quadrimensionale in cui viviamo.” Mi sembra proprio una chiara confusione di livelli e posso assicurare che questo neopositivismo spinto non sia diffuso nemmeno tra gli scienziati e laddove c'è mi sembra molto più problematico della fede di Putnam nella relatività. Si rischia con questi ragionamenti, che sembra non tengano conto di ciò che le affermazioni scientifiche possono, di acconsentire ad ogni indebito sconfinamento della fisica in ambiti che non può pretendere di circoscrivere; uno fra i classici sconfinamenti è la questione del libero arbitrio ovvero il fatto che il determinismo sottostante le leggi naturali, quelle della fisica o della genetica, sarebbe l'argomento definitivo per affermare che la libertà d'azione umana non esista. Credo che tali argomenti cadano proprio nella confusione di livelli di cui ho parlato. E credo che tale confusione nasca da un confuso modo di considerare la scienza, come unica fonte di conoscenza, anche metafisica. Citazione:
Mi chiedevo solo come quest'ultimo potesse sfruttare, se possibile, le proposizioni scientifiche nel suo lavoro, quando questo non riguarda la scienza. Citazione:
Ciao. |
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10-02-2009, 12.34.54 | #36 |
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
Messaggi: 1,770
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P.s.
Non volesse il Cielo, per Putnam, che la relatività muti ovvero che la rappresentazione scientifica dello spaziotempo venga rivoluzionata o comunque arricchita in modo determinante e peculiare, come forse avverrà quando inizieranno ad accumularsi prove a favore o a sfavore delle varie gravità quantistiche; ed allora... che fine faranno le argomentazioni così definitive e certe del filosofo? Potrebbero diventare come proposizioni filosofiche che basassero le loro giustificazioni definitive e determinati sullo spazio-tempo assoluto di Newton. In questo forum c'è Epicurus che mi ricordo essere un aficionados di Putnam: vorrei sapere che ne pensa a proposito.
Una cosa, credo, sia non prescindere totalmente dalle affermazioni scientifiche, altra è utilizzarle come argomentazioni certe arrivando ad affermare cose che le teorie stesse non possono dire... ... ma forse il compito del filosofo è proprio questo; d'altronde da qualche parte pur deve pescare le sue basi di ragionamento: lo può fare dalla sua esperienza, dai pensieri degli altri filosofi, dalla storia e dalla cultura... e della cultura fa sicuramente parte anche la scienza. Il punto è che si dovrebbe ben capire quale sia il carattere delle ipotesi scientifiche, anche solo osservando la storia della scienza, prima di considerarle le uniche giustificazioni definitive di una propria filosofia. Poiché mi pare sicuramente errato affermare tout court che la fisica abbia risolto il problema del Tempo, poiché dipende quale teoria passata, presente (o futura) si prenda in considerazione; anche Newton fino all'ottocento pareva aver "risolto" il problema del tempo! Sarebbe più semplice e vicino alla realtà pensare che la fisica non risolva proprio nulla ovvero non costruisca proposizioni su come sia fatto in sé il mondo, ma lo descriva semplicemente entro i suoi errori sperimentali ed è sempre immersa in una certa epoca storica. Considerare le varie scienze in modo a-storico e non immerse nella vita umana è visto ormai, da tante parti (sia filosofiche che scientifiche), non essere più adatto a rappresentarle. |
10-02-2009, 14.56.32 | #37 | ||||
Moderatore
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Sì, Hilary Putnam è, assieme a Wittgenstein, il filosofo dal quale credo di aver imparato di più. [Piccola precisazione: mi trovo più in sintonia con il Putnam più recente, rispetto al "primo" Putnam: il primo è quello del riduzionismo funzionale della mente, il secondo è quello del pluralismo concettuale, per intenderci a grandi linee.] Detto questo, qui di seguito cercherò di esporre il mio pensiero a riguardo, non quello di Putnam. Citazione:
Citazione:
Prima di tutto, però, premettiamo il fallibilismo, cioè ogni nostra credenza può essere sbagliata. Naturalmente ciò è diverso dal dire che tutte le nostre credenze possono essere sbagliate. (Tra l'altro so che Putnam, almeno quello più recente, sostiene saldamente il fallibilismo ispirandosi a Peirce e Dewey.) Per far capire bene cosa penso io del fallibilismo, non vedo un modo migliore che illustrare il mio "corerentismo realista": coerentismo realista. Qui spiego anche gli "indubitabili" di Pierce, in riferimento alla teoria da me proposta, e il concetto di credenza "più o meno centrale" e "più o meno periferica". Detto questo, è ovvio che le scoperte scientifiche non sono definitive e assolutamente certe, sicuramente esenti da revisioni future. Ma ciò succede per ogni nostra credenza, sia essa scientifica o proveniente da altri fonti. Questo non toglie che abbiamo gradi di "indubitabilità" e di "centralità", come abbiamo credenze più razionali e plausibili di altre. Detto questo, allora ha secondo me senso dire che le scienze risolvono alcuni problemi, anche se non dobbiamo cadere nella trappola filosofica di pretendere "soluzioni definitive". Quindi per ora una aspetto del problema del tempo può anche esser stato risolto dalle scienze, nel senso che quello che ci viene detto è per ora la spiegazione più ragionevole e plausibile, e che, addirittura, non ci sono tesi concorrenti interessanti. Citazione:
Io non reputo che la scienza sia l'unica fonte di giustificazioni, per lo più definitive, e forse neppure Putnam indeva questo (a meno che non fosse il Putnam dei primissimi tempi). Ma, detto questo, posso comunque affermare che la scienza abbia risolto un (aspetto di un) determinato problema che entrava nel dominio della filosofia. Mi pare, però, che quanto dico siano delle banalità. Un tempo alcuni filosofi potevano anche fantasticare sulla volta celesti, ma ora sappiamo un bel po' di più sull'argomento, e mi sembrerebbe ozioso dire che quella di adesso è solo una teoria e che ne sappiamo quanto loro. |
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10-02-2009, 16.05.22 | #38 | |||||
Ospite abituale
Data registrazione: 06-01-2009
Messaggi: 111
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Citazione:
Ma tu sai perchè Nietzsche introduce il tema dell'eterno ritorno? sai cos'è l'eterno ritorno? Citazione:
Un pò come chiedere: chi lo dice che un gatto è se stesso? la sensatezza della domanda non differisce, è la stessa: il pensiero greco indica con il termine ens, ente, il qualcosa, una determinazione positivamente significante: per quanto microscopicamente la scienza possa analizzare la natura, ogni pur minima particelle è qualcosa che è, e cioè appunto e per definizione è, è essente, è se stessa, altrimenti la scienza non potrebbe per definizione interrogarsi su qualcosa di cui si predica l'inesistenza e non perderebbe tempo a ricercare o direbbe di nn aver trovato niente da analizzare semplicemente. Citazione:
La fisica e la metafisica sono forme dell'ontologia nella misura in cui si rifanno all'ente in quanto diveniente e all'ente in quanto immutabile. Una specificazione dell'ontologia è una considerazione dell'ente in quanto appartenente a un certo insieme significante: per esempio un protone è una particella ed è un ente in quanto è, cioè è se stesso, dunque un'identità-opposizione al proprio altro da sè. I numeri della matematica sono a sua volta enti: di tutti si predica l'esistenza (cioè l'opporsi al nulla) e in qnto tali sono appunto essenti. Citazione:
Hai mai letto qualcosa di Severino? giusto per darti un'idea del modo in cui l'intero discorso scientifico possa essere licquidato per un "semplice" analisi ontologica. Citazione:
Tu parli che non ci sian più problemi filosofici circa il tempo, ritenendo che sia competenza della fisica occuparsene, ma se dicevamo prima circa l'ipoteticità del sapere scientifico che ne è di quanto dici ora? Nn è che abbia gran simpatia per gran parte dei filosofi di questo tempo, alla maggior parte il significato della filosofia è praticamente sconosciuto e personalità come Bontadini, meno appariscenti a livello cultural-mediatico, eran sicuramente più preparate circa i campi di competenza di filosofia e scienza, un'incompetenza questa che spinge la maggior parte dei contemporanei a fare un'apologia della scienza del tutto fuori luogo. |
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10-02-2009, 20.14.09 | #39 | ||
like nonsoche in rain...
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Io principalmente della trappola di cadere in “soluzioni definitive” stavo parlando. Personalmente percepisco molta “problematicità” nell'affermare che aspetti della questione del tempo siano stati risolti (dalla fisica in questo caso); dubbi, insomma, spinti dal sano timore di ricadere, soprattutto in questi anni di cambiamento, negli errori dei fisici di fine ottocento che percepivano ormai molte conoscenze della fisica come “indubitabili” e “centrali”, dogmi quasi; conoscenze che di lì a pochi anni sarebbero entrate in crisi. La Relatività ha formalizzato e stravolto il concetto di tempo (fisico), l'ha riempito di significati nuovi ed inaspettati rispetto a quello classico e quotidiano. In questo senso Einstein ha creato un concetto che prima non c'era, dunque più che risolvere, dalla mia prospettiva, ha aperto problemi e questioni ancora più profonde. Se prima il tempo era un qualcosa di quasi raggiungibile, poiché tutto sommato quotidiano, ora è un qualcosa di tremendamente complesso e sfuggente. Alcune teorie non ancora corroborate dagli esperimenti, ad esempio, “risolvono” la questione del tempo in tutt'altro modo ovvero lo dissolvono completamente a livello microscopico. Credo che il grado di prossimità con certi argomenti sia proporzionale alla coscienza dei problemi implicati. Ecco che i filosofi, a volte, rischiano di riporre nelle scienze molta più fede di quanto gli scienziati stessi possano avere nei confronti della materia in cui lavorano. Questo per rispondere anche a Gaffiere. Se chiedi a qualche fisico nucleare cosa sia un elettrone potrai anche ricevere di tutta risposta un genuino (poiché di "pancia"): “non lo so”. I filosofi, invece, hanno sempre le idee molto più precise e chiare sulla realtà o non realtà degli enti teorici. Una di queste mi pare, se ho capito bene, la esprima Gaffiere: sorvolando un mare di problemi, sembra affermare che eventualmente pure entità corroborate poco o per nulla dagli esperimenti, ma comunque formalizzate in modelli e teorie siano enti in quanto identità in opposizione ad altro da sé. Questa definizione è molto delicata e problematica, pensando almeno al problema della misura e alla realtà non-locale che sembra scaturire da certi esperimenti quantistici. Citazione:
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10-02-2009, 22.03.08 | #40 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una domanda filosofica ai filosofi: come filosoficamente utilizzate la scienza?
Citazione:
Ti posso dare la mia interpretazione. In un universo stocastico, infinito ed eterno cio' che è stato sarà e cio' che sara' è gia' stato.....L'unica maniera per spezzare questa catena ciclica è quella di esercitare la propria volonta' e agire......Non importa come poichè non ha senso definire un'etica o una morale in un mondo senza senso....Solo l'azione, drammaticamente, consente all'uomo di esercitare il proprio (illusorio dico io) libero arbitrio..... |
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