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Vecchio 09-03-2008, 13.18.22   #1
Socrate78
Ospite abituale
 
Data registrazione: 06-05-2007
Messaggi: 107
Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

Spesso mi chiedo quale messaggio l'autore del libro biblico del Genesi voglia darci affermando che il peccato dei nostri progenitori consisterebbe nell'aver mangiato il frutto della "conoscenza del bene e del male".
Normalmente la Chiesa insegna che quello fu un peccato di superbia, di disubbidienza verso Dio:infatti compiendo quel gesto Adamo ed Eva si pongono al di sopra di Dio stesso.
In realtà le cose sono molto più complicate:la conoscenza del bene e del male non è un fatto negativo, ma, al contrario, è la condizione senza la quale l'uomo sarebbe al pari degli animali, in balia degli istinti, senza libero arbitrio (se non conosci, non puoi scegliere ).
Di conseguenza Dio, proibendo di mangiare quel frutto, sembra quasi che abbia progettato un tipo di uomo felice ed immortale, ma privo di consapevolezza etica e ,quindi, assai simile ad un animale.
Ciò che sembra un grave peccato diventerebbe in quest'ottica un progresso pagato a caro prezzo, grazie al quale l'uomo è però diventato un essere dotato di libertà etica. Forse l'autore del Genesi non era consapevole dell'ambiguità del suo racconto e dei possibili risvolti filosofici di questa questione.
Secondo voi, qual'è l'interpretazione migliore di questo racconto? Perchè il Dio del Genesi (se è misericordioso e non geloso ) dovrebbe proibire una conoscenza che fa progredire l'uomo?
Socrate78 is offline  
Vecchio 09-03-2008, 15.12.04   #2
Koli
Moderatore
 
Data registrazione: 17-11-2007
Messaggi: 405
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

La cosa che più mi sorprende della Genesi è l'impostazione storica ( un fatto realmente acaduto), che ne è stato sempre data.
Qalcuno di voi, sa esattamente quale sia la posizione della Chiesa su questo punto, oggi?
Se venisse meno la consapevolezza della veridicità di tale racconto, allora cadrebbe ogni discoro che pretende porre il peccato originale.
Koli is offline  
Vecchio 09-03-2008, 18.18.25   #3
albert
Moderatore
 
Data registrazione: 30-08-2007
Messaggi: 689
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

Citazione:
Originalmente inviato da Socrate78
Dio, proibendo di mangiare quel frutto, sembra quasi che abbia progettato un tipo di uomo felice ed immortale, ma privo di consapevolezza etica e ,quindi, assai simile ad un animale.

In effetti è un punto su cui non avevo mai riflettuto seriamente: sembra quasi che la Chiesa dica che la conoscenza è male ... ma la Chiesa non potrebbe essere così ingenua. C'è qualcosa che non mi torna, spero che qualcuno faccia luce
albert is offline  
Vecchio 09-03-2008, 18.32.00   #4
Noor
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Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

E' chiaro che sia una grande metafora,e che tutto coincide con la nascita della coscienza duale e dell'ego, nell'uomo.
Da ciò il "distacco" da Dio,da quell'Unità primordiale a cui tendiamo ancora..proiettata,
sentita come Peccato (originale).
Ciò lo facciamo coincidere con la conquista della libertà individuale:
ma questo è solo la grande menzogna e illusione creata dall'ego umano.
Noor is offline  
Vecchio 09-03-2008, 20.48.52   #5
Socrate78
Ospite abituale
 
Data registrazione: 06-05-2007
Messaggi: 107
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

E' chiaro che sia una grande metafora,e che tutto coincide con la nascita della coscienza duale e dell'ego, nell'uomo.
Da ciò il "distacco" da Dio,da quell'Unità primordiale a cui tendiamo ancora..proiettata,
sentita come Peccato (originale

Questa mi sembra una delle tante interpretazioni possibili, ma a mio avviso è forzata. Il testo biblico non parla di nascita della coscienza individuale, ma di conoscenza del Bene e del Male, quindi, di nascita della coscienza etica!
Ora, la Chiesa ha sempre affermato che la coscienza etica è ciò che vi è di più importante nell'uomo, ma il libro del Genesi sembrerebbe proporre un tipo di uomo che ignora ciò che è bene e ciò che è sbagliato, quasi un fanciullo innocente proprio perchè non conosce e non ha la responsabilità delle proprie azioni.
Si tratta di un punto su cui si riflette assai poco, ma è ricco di implicazioni;Eugenio Scalfari,nella sua appendice alla Enciclica "Fides et Ratio", afferma che il peccato di Adamo può essere anche visto come progresso, come nascita di un uomo capace di scegliere e, quindi, non più animale ma persona.
Socrate78 is offline  
Vecchio 09-03-2008, 23.46.34   #6
Noor
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Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

Citazione:
Originalmente inviato da Socrate78
Il testo biblico non parla di nascita della coscienza individuale, ma di conoscenza del Bene e del Male, quindi, di nascita della coscienza etica!
Ora, la Chiesa ha sempre affermato che la coscienza etica è ciò che vi è di più importante nell'uomo, ma il libro del Genesi sembrerebbe proporre un tipo di uomo che ignora ciò che è bene e ciò che è sbagliato, quasi un fanciullo innocente proprio perchè non conosce e non ha la responsabilità delle proprie azioni.
Non mi pare sia impossibile pensare che la coscienza etica s'instauri nell'uomo con la coscienza individuale...
Io rifletterei comunque su ciò che si è perso (innocenza,unità,pienezza) a favore di ciò che si è acquisito (peccato,divisione,lacerazione ..),visto che siamo ancora alla ricerca di quella pienezza primordiale (ogni spiritualità esoterica presume implicitamente a questo Ritorno a Casa).
Noor is offline  
Vecchio 10-03-2008, 10.27.18   #7
sileno
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Data registrazione: 17-07-2007
Messaggi: 128
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

...penso che fondamentale per l'instaurarsi della coscienza individuale sia la coscienza dell'altro da sè...

il mito del peccato originale vuole indicare la perdita della totale dipendenza anche etica dell'uomo da Dio...se l'uomo vuole vivere in pace Dio deve avocare completamente a sè la creazione dei valori etici. Ora se l'uomo è privo di conoscenza e ciònonostante obbedisce a valori questi non possono che essere valori naturali, inscritti nella natura istintuale dell'individuo che vive, per così dire, in uno stato ferino...la conoscenza del bene e del male potrebbe esser in un'ottica embrionale semplicemente la conoscenza di mezzi che facilitano o migliorano la soddisfazione dei bisogni...quindi inizialmente ciò che è bene potrebbe semplicemente essere ciò che arreca vantaggio...in un'ottica più avanzata si potrebbe cominciare a parlare di sublimazione in valori etici...quindi è vero secondo me che il peccato e la cacciata dall'Eden ha dato origine alla civiltà umana e al progresso: in parole povere ha dato origine alla Storia...la vita di adamo ed Eva nell'Eden si configurerebbe non come il principium della storia ma come una condizione meta-storica...la cacciata dall'Eden è invece l'atto di inizio della storia
sileno is offline  
Vecchio 10-03-2008, 22.54.12   #8
sileno
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-07-2007
Messaggi: 128
Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

...non posso tuttavia nascondere che a volte mi è balenata nella mente una
diversa interpretazione del mito del peccato originale...una interpretazione freudiana: cioè la cacciata dall'Eden non si configurerebbe solo come principio filogenetico ma anche e soprattutto come principio ontogenetico, non solo come motore propulsore della civiltà umana dunque, ma soprattutto come origine e insieme massima aspirazione dell'individuo umano singolarmente considerato: se si analizzano i caratteri della vita nel Paradiso Terrestre si vede che lo stato di benessere e di felicità poggia sulla assoluta indipendenza dai bisogni. Lo stimolo che tende alla soddisfazione del bisogno non esiste quando c'è sovrabbondanza dei beni a cui il bisogno tende. E se c'è sovrabbondanza non c'è nemmeno rivalità reciproca ( nell'Eden i lupi e gli agnelli convivono pacificamente )...e l'uomo non ha bisogno di ingegnarsi per procacciarsi il cibo e la donna non partorisce nel dolore perchè non c'è dolore. L'uomo è immerso in uno stato di puro benessere. Ora ( ed ecco che entra in gioco Freud ) questo stato di totale indipendenza dai bisogni, questo nutrirsi continuamente e con facilità, questa sensazione di profondo benessere in cui la fatica non esiste e non si prova dolore alcuno, questo fluttuare nella calda e avvolgente protezione di un guscio, questo Eden è la vita intra-uterina. La cacciata dall'Eden è la nascita. La conoscenza proibita ad Adamo ed Eva sarebbe il mondo esterno, ostile, il mondo dove comincia la lotta per la sopravvivenza, dove i bisogni non saranno continuamente soddisfatti ma si deve lottare per una temporanea e mai completa soddisfazione. Anche il feto è come in un Eden, la sua mente analitica è una tabula rasa. Il feto non sa cos'è il bene e cosa il male: la distinzione del bene e del male viene con la nascita e con la vita extra-uterina, quando si scopre che bene è il possesso del bene a cui tende il bisogno e male è l'impossibilità di soddisfare il bisogno. Il peccato è la nascita...e peccato ha qui il senso più ampio di evento spiacevole, di fine di uno stato di pace e tranquillità e benessere. L'unico modo di riconsegnare alla realtà e alla storia il mito dell'Eden è forse ritenerlo paradigmatico di questa prima tappa fondamentale della vita di ognuno di noi...
sileno is offline  
Vecchio 11-03-2008, 15.03.48   #9
emmeci
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Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

E’ straordinario come l’insieme di fatti e leggende che i redattori biblici hanno raccolto nell’intento di testimoniare la verità, sia destinato a creare ancora tanti problemi mentali e morali all’uomo, dopo un secolo di illuminismo e un secondo secolo di rivoluzioni decise a cancellare il passato e dare inizio a una nuova storia….e siamo qui a chiederci che significato può avere un episodio della Genesi che spinge a credere in un Dio che preferisce l’obbedienza alla conoscenza (e, starei per dire, che spinge l’uomo a ribattere la colpa su altri anziché su di sé), un Dio, alla fine, che non rappresenta giustizia visto che condanna negli antenati le generazioni future e salverà alla fine solo coloro che avranno la ventura di nascere in quel brandello di terra e di conoscere, prima di morire, il vangelo…Ma noi potremmo andare avanti a discutere e lambiccarci il cervello per trovare la logica di tali racconti e non ci rendiamo conto del semplice fatto che siamo noi i responsabili cioè siamo noi che ci siamo fabbricati un Dio così fatto, che è – alla fine - soltanto un idolo, un vitello d’oro, una maschera umana, che talvolta, come capita a noi, può diventare quella di un mostro, pronto a ordinare ad Abramo di uccidere il figlio e a coprire Giobbe di piaghe a scopo dimostrativo, nonché a stritolare, come magari auspicano i fedelissimi, con un nuovo diluvio ciò che faticosamente gli uomini fanno per rimediare ai loro misfatti e introdurre un po' di giustizia nelle nazioni…
Ma perché lamentarci se ce lo siamo creato noi questo Dio e per di più gli abbiamo fatto scrivere (carta canta!) dei libri intangibili, dogmi e decaloghi che non devono essere neppure capiti ma sottoscritti? E abbiamo creduto in una o due chiese che si sono assunta l’eredità di questa parola di Dio e vorrebbero nel loro intimo che tutti gli uomini – per amore o per forza - lo riconoscessero?
Dunque ben venga l’eresia, l’incredulità, l’ateismo – potreste pensare. O è piuttosto la mente umana che ha preso una strada sbagliata quando, nel momento che le è balenato per la prima volta il pensiero dell’assoluto, forse per non poterne sopportare la luce, gli ha attribuito una figura, ossia la nostra figura, e l’ha chiamato Dio fra urla selvagge e con l’applauso degli sciamani? Un Dio che è solo un monarca, un uomo più potente e quindi potenzialmente cattivo. Così è in quel punto che fu stravolta la fede dell’uomo e l’ansia della verità divenne la presunzione di averla trovata, per quel tempo e per tutti i tempi. E allora che valgono - Socrate 78, Sileno, Noor - questi generosi tentativi di giustificare in qualche modo la logica – addirittura la moralità – di tali racconti? Certo ci sarà chi riterrà che proprio perché misteriosa quella parola è parola vera - e perché allora continuare a cercare?
(Guardate che questa non è una censura rivolta agli adepti di una religione ma a tutte le religioni, e non una censura rivolta a Dio, ma al fantasma a cui l’abbiamo ridotto e al catechismo che abbiamo saputo estrarre da quei testi sacri, i quali forse, lasciati senza aureola e senza imprimatur, avrebbero potuto essere considerati, come quelli di tutte le religioni, se non verità, simboli di verità).
emmeci is offline  
Vecchio 11-03-2008, 15.43.41   #10
sileno
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Riferimento: Racconto di Adamo ed Eva: quale interpretazione possibile?

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
E’ straordinario come l’insieme di fatti e leggende che i redattori biblici hanno raccolto nell’intento di testimoniare la verità, sia destinato a creare ancora tanti problemi mentali e morali all’uomo, dopo un secolo di illuminismo e un secondo secolo di rivoluzioni decise a cancellare il passato e dare inizio a una nuova storia….e siamo qui a chiederci che significato può avere un episodio della Genesi che spinge a credere in un Dio che preferisce l’obbedienza alla conoscenza (e, starei per dire, che spinge l’uomo a ribattere la colpa su altri anziché su di sé), un Dio, alla fine, che non rappresenta giustizia visto che condanna negli antenati le generazioni future e salverà alla fine solo coloro che avranno la ventura di nascere in quel brandello di terra e di conoscere, prima di morire, il vangelo…Ma noi potremmo andare avanti a discutere e lambiccarci il cervello per trovare la logica di tali racconti e non ci rendiamo conto del semplice fatto che siamo noi i responsabili cioè siamo noi che ci siamo fabbricati un Dio così fatto, che è – alla fine - soltanto un idolo, un vitello d’oro, una maschera umana, che talvolta, come capita a noi, può diventare quella di un mostro, pronto a ordinare ad Abramo di uccidere il figlio e a coprire Giobbe di piaghe a scopo dimostrativo, nonché a stritolare, come magari auspicano i fedelissimi, con un nuovo diluvio ciò che faticosamente gli uomini fanno per rimediare ai loro misfatti e introdurre un po' di giustizia nelle nazioni…
Ma perché lamentarci se ce lo siamo creato noi questo Dio e per di più gli abbiamo fatto scrivere (carta canta!) dei libri intangibili, dogmi e decaloghi che non devono essere neppure capiti ma sottoscritti? E abbiamo creduto in una o due chiese che si sono assunta l’eredità di questa parola di Dio e vorrebbero nel loro intimo che tutti gli uomini – per amore o per forza - lo riconoscessero?
Dunque ben venga l’eresia, l’incredulità, l’ateismo – potreste pensare. O è piuttosto la mente umana che ha preso una strada sbagliata quando, nel momento che le è balenato per la prima volta il pensiero dell’assoluto, forse per non poterne sopportare la luce, gli ha attribuito una figura, ossia la nostra figura, e l’ha chiamato Dio fra urla selvagge e con l’applauso degli sciamani? Un Dio che è solo un monarca, un uomo più potente e quindi potenzialmente cattivo. Così è in quel punto che fu stravolta la fede dell’uomo e l’ansia della verità divenne la presunzione di averla trovata, per quel tempo e per tutti i tempi. E allora che valgono - Socrate 78, Sileno, Noor - questi generosi tentativi di giustificare in qualche modo la logica – addirittura la moralità – di tali racconti? Certo ci sarà chi riterrà che proprio perché misteriosa quella parola è parola vera - e perché allora continuare a cercare?
(Guardate che questa non è una censura rivolta agli adepti di una religione ma a tutte le religioni, e non una censura rivolta a Dio, ma al fantasma a cui l’abbiamo ridotto e al catechismo che abbiamo saputo estrarre da quei testi sacri, i quali forse, lasciati senza aureola e senza imprimatur, avrebbero potuto essere considerati, come quelli di tutte le religioni, se non verità, simboli di verità).

ciao emmeci, non sono adepto di nessuna religione: semplicemente ritengo quei passi della genesi una creazione artistica di genere favolistico-allegorico degna di attenzione...come degna di attenzione è ogni creazione artistica: dalla favoletta di Esopo all'epigramma di Marziale...credo che ogni opera d'arte abbia racchiuso un significato indicativo di una interpretazione del mondo, mai banale, da parte dell'autore...non ritengo mai privo di dignità il voler scandagliare il probabile senso di ciò che ci viene comunicato...nonostante ciò so mantenere le dovute distanze: non credo nel Dio della genesi, non credo che la genesi l'abbia scritta un invasato da Dio...credo tuttavia che chi ci abbia lasciato quello scritto ci abbia voluto comunicare, direttamente o indirettamente, qualcosa...io sto solo cercando di farmi una idea su cosa sia quel qualcosa...
sileno is offline  

 



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