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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 25-08-2007, 15.38.19   #11
emmeci
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Riferimento: La sesta prova dell'esistenza di Dio

Certo, Ozner, mi rendo conto che il mio pezzo sulla “sesta prova” poteva essere interpretato come un inno al signore. Però avevo ricordato che ogni tanto mi visita il demone dell’ironia….Il che significa che, anche accogliendo quella sesta prova, si rimarrebbe sullo stesso piano delle altre cinque, il cui valore dipende dal fatto che intendono dimostrare ciò in cui fin dall’inizio si crede e non si oserebbe mai arrivare a provare il contrario, anche per un filosofo geniale e ferrato quale è Tommaso. La verità – per un religioso – non è quella che si cerca ma quella che egli già conosce perché rivelata, e – oltre tutto – sostenuta dai padri.
Eppure eppure….quella sesta prova mi tenta, anche se vorrei interpretarla non partendo dai due estremi dell’universo cioè l’inizio e la fine che, come dimostrano i testi scientifici, sono fuori dalla portata degli scienziati e della stessa logica umana – ma da ciò che si svolge fra quei due estremi, cioè dalla realtà stessa dell’universo, che mi sembra mettere in evidenza alcuni fatti fisici che possono nel contempo assumere il valore di ideali morali sorretti da un superiore potere: innanzi tutto l’evoluzione stessa dell’universo nel senso di un’espansione che potrebbe essere un’offerta d’amore quasi che questo non potesse avere limiti se non aprendosi all’infinito e a tutte le cose che in esso s’incontrano; quindi l’irreprimibile tenacità della vita – la forza che spinge a riprodursi cercando i mezzi, a volte impensabili per continuare a vivere passando, inoltre, dalla semplicità all’organizzazione vasta e complessa e dalla schiavitù alla libertà e all’intelligenza in una sorta di disegno che c’è e non c’è, svanisce e riemerge e potrebbe essere racchiuso nella frase “divenire ciò che si è”. Naturalmente si potrebbero individuare ragioni assai meno ideali e moralmente accettabili almeno per noi – prima fra tutte lo spettacolo della violenza che sembra animare l’intero universo e identificarsi con le sue leggi; le ingiustizie e i mali che affollano la storia dell’uomo, alla fine lo scandalo della morte che fa pensare a un’orrenda auto-divorazione dell’universo se non della stessa sostanza divina…..Insomma se noi prendiamo a modello ciò che pensiamo dovrebbe essere Dio, ci sono mille ragioni per non vederlo riflesso in questo universo.
Eppure, perché il dubbio rimane? Perché l’uomo non è capace di uscire dal delirium tremens delle religioni e occuparsi solo della propria esistenza? Forse proprio perché non è capace di uscire da sé e cioè di concepire un Dio in linea coi suoi desideri e le sue antipatie, il suo bisogno di paradiso e di inferno…mentre freme in noi l’immagine o l’intuizione che potrebbe esserci qualcosa che sfugge a ogni confronto possibile, un Dio come verità assoluta, ossia come una verità che non possiamo né potremo mai definire e che sfugge a ogni confronto e quindi a ogni invocazione e ogni protesta, a ogni maschera umana o bestiale, ed è equiparabile piuttosto alla tenebra che alla luce, fino a rifiutare il nome di Dio e la sua stessa esistenza…..ed ecco che si riaffaccia lo spirito dell’ironia: ma dunque è un atteggiamento religioso questo ? Non so, ditemelo voi.
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Vecchio 25-08-2007, 16.49.07   #12
ozner
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Certo, Ozner, mi rendo conto che il mio pezzo sulla “sesta prova” poteva essere interpretato come un inno al signore. Però avevo ricordato che ogni tanto mi visita il demone dell’ironia….Il che significa che, anche accogliendo quella sesta prova, si rimarrebbe sullo stesso piano delle altre cinque, il cui valore dipende dal fatto che intendono dimostrare ciò in cui fin dall’inizio si crede e non si oserebbe mai arrivare a provare il contrario, anche per un filosofo geniale e ferrato quale è Tommaso. La verità – per un religioso – non è quella che si cerca ma quella che egli già conosce perché rivelata, e – oltre tutto – sostenuta dai padri.
Eppure eppure….quella sesta prova mi tenta, anche se vorrei interpretarla non partendo dai due estremi dell’universo cioè l’inizio e la fine che, come dimostrano i testi scientifici, sono fuori dalla portata degli scienziati e della stessa logica umana – ma da ciò che si svolge fra quei due estremi, cioè dalla realtà stessa dell’universo, che mi sembra mettere in evidenza alcuni fatti fisici che possono nel contempo assumere il valore di ideali morali sorretti da un superiore potere: innanzi tutto l’evoluzione stessa dell’universo nel senso di un’espansione che potrebbe essere un’offerta d’amore quasi che questo non potesse avere limiti se non aprendosi all’infinito e a tutte le cose che in esso s’incontrano; quindi l’irreprimibile tenacità della vita – la forza che spinge a riprodursi cercando i mezzi, a volte impensabili per continuare a vivere passando, inoltre, dalla semplicità all’organizzazione vasta e complessa e dalla schiavitù alla libertà e all’intelligenza in una sorta di disegno che c’è e non c’è, svanisce e riemerge e potrebbe essere racchiuso nella frase “divenire ciò che si è”. Naturalmente si potrebbero individuare ragioni assai meno ideali e moralmente accettabili almeno per noi – prima fra tutte lo spettacolo della violenza che sembra animare l’intero universo e identificarsi con le sue leggi; le ingiustizie e i mali che affollano la storia dell’uomo, alla fine lo scandalo della morte che fa pensare a un’orrenda auto-divorazione dell’universo se non della stessa sostanza divina…..Insomma se noi prendiamo a modello ciò che pensiamo dovrebbe essere Dio, ci sono mille ragioni per non vederlo riflesso in questo universo.
Eppure, perché il dubbio rimane? Perché l’uomo non è capace di uscire dal delirium tremens delle religioni e occuparsi solo della propria esistenza? Forse proprio perché non è capace di uscire da sé e cioè di concepire un Dio in linea coi suoi desideri e le sue antipatie, il suo bisogno di paradiso e di inferno…mentre freme in noi l’immagine o l’intuizione che potrebbe esserci qualcosa che sfugge a ogni confronto possibile, un Dio come verità assoluta, ossia come una verità che non possiamo né potremo mai definire e che sfugge a ogni confronto e quindi a ogni invocazione e ogni protesta, a ogni maschera umana o bestiale, ed è equiparabile piuttosto alla tenebra che alla luce, fino a rifiutare il nome di Dio e la sua stessa esistenza…..ed ecco che si riaffaccia lo spirito dell’ironia: ma dunque è un atteggiamento religioso questo ? Non so, ditemelo voi.
Caro emmeci, è molto interessante quello che hai detto ed anche quella specie di ironia che traspare in controluce, che tu chiami spirito e, che secondo me, rappresenta la dualità di un duplice evento che alberga dentro e fuori di noi, carne della Sua carne e spirito del Suo spirito: quella ebrezza di libertà che oltrepassa il se od il nous o l'unico per collocandoci in un alternante e frenetico altalenare di sensazioni e pensieri.
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Vecchio 25-08-2007, 20.03.41   #13
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Certo, Ozner, mi rendo conto che il mio pezzo sulla “sesta prova” poteva essere interpretato come un inno al signore. Però avevo ricordato che ogni tanto mi visita il demone dell’ironia….Il che significa che, anche accogliendo quella sesta prova, si rimarrebbe sullo stesso piano delle altre cinque, il cui valore dipende dal fatto che intendono dimostrare ciò in cui fin dall’inizio si crede e non si oserebbe mai arrivare a provare il contrario, anche per un filosofo geniale e ferrato quale è Tommaso. La verità – per un religioso – non è quella che si cerca ma quella che egli già conosce perché rivelata, e – oltre tutto – sostenuta dai padri.
Eppure eppure….quella sesta prova mi tenta, anche se vorrei interpretarla non partendo dai due estremi dell’universo cioè l’inizio e la fine che, come dimostrano i testi scientifici, sono fuori dalla portata degli scienziati e della stessa logica umana – ma da ciò che si svolge fra quei due estremi, cioè dalla realtà stessa dell’universo, che mi sembra mettere in evidenza alcuni fatti fisici che possono nel contempo assumere il valore di ideali morali sorretti da un superiore potere: innanzi tutto l’evoluzione stessa dell’universo nel senso di un’espansione che potrebbe essere un’offerta d’amore quasi che questo non potesse avere limiti se non aprendosi all’infinito e a tutte le cose che in esso s’incontrano; quindi l’irreprimibile tenacità della vita – la forza che spinge a riprodursi cercando i mezzi, a volte impensabili per continuare a vivere passando, inoltre, dalla semplicità all’organizzazione vasta e complessa e dalla schiavitù alla libertà e all’intelligenza in una sorta di disegno che c’è e non c’è, svanisce e riemerge e potrebbe essere racchiuso nella frase “divenire ciò che si è”. Naturalmente si potrebbero individuare ragioni assai meno ideali e moralmente accettabili almeno per noi – prima fra tutte lo spettacolo della violenza che sembra animare l’intero universo e identificarsi con le sue leggi; le ingiustizie e i mali che affollano la storia dell’uomo, alla fine lo scandalo della morte che fa pensare a un’orrenda auto-divorazione dell’universo se non della stessa sostanza divina…..Insomma se noi prendiamo a modello ciò che pensiamo dovrebbe essere Dio, ci sono mille ragioni per non vederlo riflesso in questo universo.
Eppure, perché il dubbio rimane? Perché l’uomo non è capace di uscire dal delirium tremens delle religioni e occuparsi solo della propria esistenza? Forse proprio perché non è capace di uscire da sé e cioè di concepire un Dio in linea coi suoi desideri e le sue antipatie, il suo bisogno di paradiso e di inferno…mentre freme in noi l’immagine o l’intuizione che potrebbe esserci qualcosa che sfugge a ogni confronto possibile, un Dio come verità assoluta, ossia come una verità che non possiamo né potremo mai definire e che sfugge a ogni confronto e quindi a ogni invocazione e ogni protesta, a ogni maschera umana o bestiale, ed è equiparabile piuttosto alla tenebra che alla luce, fino a rifiutare il nome di Dio e la sua stessa esistenza…..ed ecco che si riaffaccia lo spirito dell’ironia: ma dunque è un atteggiamento religioso questo ? Non so, ditemelo voi.


Già S.Anselmo (non) de-finiva Dio non solo come "ciò di cui non si può pensare nulla di più grande" ma altresì come "ciò che è maggiore di tutto quanto si possa pensare". Un bel colpo ad ogni metafisica o teologia che vive di analogia. Ma anche la teologia apofatica è ancora presa del gioco e nel giogo della de-finizione. Anche l'abisso dell'Uno neoplatonico è sospetto. Se l'Uno corrisponde alla risoluzione in Uno appunto di ogni contraddizione (e cioè al comprenderle tutte, consumandole) allora esso dovrà comprendere anche ciò che contraddice la risoluzione in Uno di ogni contraddizione. E cioè la possibilità della propria stessa impossibilità. Ecco perchè Dio non è In-finito, non questo il suo nome (innominabile) ma semmai è Possibile, oltre ogni certezza catafatica o apofatica
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Vecchio 26-08-2007, 09.30.44   #14
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Riferimento: La sesta prova dell'esistenza di Dio

No - spirito!Libero - non sono neotomista perché sono in cerca della verità e non so – non saprò mai – se ne ho qualche traccia, mentre un filosofo religioso l’ha già da sempre con sé. Pazienza, Ozner: certo mi rendo conto che il mio pezzo sulla “sesta prova” poteva essere interpretato come un inno al signore. Però avevo ammesso - e Z4nz4rO lo ricorda - che ogni tanto mi visita il demone dell’ironia….Il che significa che, anche accogliendo quella sesta prova, si rimarrebbe sullo stesso piano delle altre cinque, il cui valore dipende dal fatto che intendono dimostrare ciò in cui fin dall’inizio si crede e non si oserebbe mai provare il contrario, neanche da parte di un pensatore geniale e maestro dei contradditori quale è Tommaso. La verità – per un religioso – non è quella che si cerca ma quella che già si conosce perché rivelata e – oltre tutto – protetta da una grande istituzione come la Chiesa.
Eppure eppure….quella sesta prova mi tenta, anche se vorrei interpretarla non partendo dai due estremi dell’universo cioè l’inizio e la fine che, come dimostrano i testi scientifici, sono fuori dalla portata degli scienziati e della stessa logica umana – ma da ciò che si svolge fra quei due estremi, cioè dalla realtà stessa dell’universo, che mi sembra mettere in evidenza fatti fisici che possono nel contempo assumere il valore di fatti morali sorretti da un superiore potere. Innanzi tutto l’evoluzione stessa dell’universo nel senso di un’espansione che potrebbe essere intesa come un’offerta d’amore, quasi che non potesse avere limiti se non aprendosi a tutte le cose che nell’infinito si incontrano; quindi l’irreprimibile tenacità della vita – la forza che la spinge a riprodursi cercando i mezzi, a volte impensabili, per continuare ad esistere passando, inoltre, dalla semplicità all’organizzazione vasta e complessa e dalla schiavitù alla libertà in una sorta di disegno che c’è e non c’è, svanisce e riemerge e potrebbe essere racchiuso nelle parole “divenire ciò che si è”…..Naturalmente si potrebbe denunciare una realtà assai meno ideale e per noi accettabile – prima fra tutte lo spettacolo della violenza che sembra animare l’intero universo e identificarsi con le sue leggi; quindi le ingiustizie e i mali che affollano la storia dell’uomo; alla fine lo scandalo della morte che fa pensare a un’orrenda auto-divorazione dell’universo se non della stessa sostanza divina…..Insomma, se noi prendiamo a modello ciò che pensiamo dovrebbe essere Dio, ci sono mille ragioni per non vederlo riflesso in questo universo.
Eppure, perché il dubbio rimane? Perché l’uomo non è capace di uscire dal delirium tremens delle religioni e occuparsi solo di migliorare la propria esistenza? Forse proprio perché non è capace di uscire da sé e si intesta a volere un Dio in linea coi suoi desideri e le sue antipatie, impegnato nel gioco di cavare il bene dal male, quindi un Dio fatto a sua immagine e somiglianza - mentre freme in noi il sospetto che potrebbe essere qualcosa di semplice come la verità assoluta, che non possiamo negare ci sia anche se non arriviamo a conoscerla e definirla perché sfugge ad ogni confronto, a ogni invocazione e ogni protesta, ogni maschera umana o bestiale, ed è quindi equiparabile piuttosto alla tenebra che alla luce, fino a rifiutare il nome di Dio e la sua stessa esistenza….. ma che forse non è nient'altro che la realtà di questo universo. (Ed ecco che si riaffaccia lo spirito dell’ironia: ma dunque è un atteggiamento religioso questo ? Non so, ditemelo voi).
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Vecchio 27-08-2007, 19.02.49   #15
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Riferimento: La sesta prova dell'esistenza di Dio

Si, penso proprio di si, senza ironia, questa volta mia, perchè, caro emmeci,la tua è la "bella ricerca", l'effetto di quel tuo desiderio, nato dal primo atomo del big bang venuto alla luce, tuo progenitore materiale, recante in se il tuo spirito primordiale che lo ha riconosciuto poi, ora, come figlio fisico o della tua fisicità.
Il tuo è un sano desiderio di espansione, come si espande come il tuo universo, che si immerge allargandosi nelle profondità del cosmo come si immerge restringendosi nel fascino misterioso dell'infinitamente piccolo, alla ricerca del santo gral: la vita dove vita non sembra.
Gli antichi dicevano. come sotto così sopra, come in terra così in cielo, o viceversa se recitiamo il Padre nostro; quello che succede nel mondo ( fisico)sembra collegato a quello che succede nel cielo, nel regno di Dio ( metafisico).
Dio ha creato l'uomo poco meno degli angeli eppure ha dimostrato di amarlo enormemente, perchè dalla schiavitù delle cose ( leggi fisiche) si è elevato, per sua volontà, all'assoluta libertà di amare il suo creatore con spirito di meraviglia e riconoscenza o di odiarlo e rinnegarlo.
E lo ha dimostrato ancor di più quando ha mandato nella debolezza della carne una parte di Se, il suo unico Figlio, a dimostrarci che nel mistero del mondo, apparentemente insignificante, si cela quel disegno che ha condotto il menzoniero antropomorfismo religioso dell'uomo vecchio a diventare sublime spirito di verità dell'uomo nuovo.
Quindi, come tu ben dici, quel mondo che una volta era celato ora si sta svelando e più si svela e più l'uomo sale lungo il crinale della conoscenza, finchè, tolto l'ultimo velo, la morte, dall'alto della cima guarderà meravigliato e felice, ciò che è stato prima e ciò che sarà per sempre.
Si, caro emmeci, penso che sei proprio sulla buona strada.
Con affetto ozner
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Vecchio 27-08-2007, 19.50.42   #16
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Riferimento: La sesta prova dell'esistenza di Dio

Bello. Ma attenzione a non trasformare il disegno salvifico in commedia con un esito già da sempre destinato. Il Padre manda il Figlio ed il Figlio torna al Padre nella ricchezza dello Spirito e nell'unità riconciliata di tutte le lacerazioni che costituiscono il "mondo". Dimenticando la prima lacerazione, quella tra Dio e Dio, tra Padre e Figlio nello spazio dello Spirito/Libertà. Una libertà mai garantita e sempre appesa all'impossibile possibilità dell'implosione di ogni risposta filiale. "Quando il Figlio dell'Uomo tornerà troverà ancora la fede sulla terra?". Questa è la domanda, tragica, che la fede, mai certa ma sempre "indaganda" non può cessare di porsi pena il vedersi vanificare in quanto fede, affidamento non garantito ad una solo "possibile" redenzione
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Vecchio 28-08-2007, 15.12.07   #17
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E’ un pio desiderio quello che tu mi riservi, Ozner: ciò che mi tiene lontano da una fede come la tua è proprio la fede nella filosofia nel senso di libera ricerca, senza fini né presupposti, o con l’unico presupposto che essa tenti di avvicinarsi a ciò che chiamiamo “la verità”. Dunque anch’io ho una fede ed è questo che in fondo unisce le due posizioni – la mia e la tua: ma allora perché e come scegliere fra di esse? E’ un discorso che ho già svolto sotto il tema “Credi o no?” del presente Forum e che potrebbe essere riassunto così: il punto d’origine della religione e della ragione è lo stesso (la fede), anche se fra di esse si manifesta subito dopo un distacco, anzi una lacerazione e perfino una conflittuale distanza – quindi un modo diverso di concepire la propria esistenza e di andare incontro al proprio destino.
Lasciamo stare le diversità appariscenti del modo di comportarsi (da una parte i sacramenti, il segno della croce e la serenità con un pizzico d’alterigia di chi è sicuro di essere in possesso del vero - dall’altra la saggezza un po’ snob del sapiente, incline a formarsi una comunità di discepoli pronti ad accogliere le sue parole e ornarsene come distintivo d’élite): c’è qualcosa di ben più essenziale che li distingue, in quanto la fede religiosa non ammette dubbi (se non nel momento che un diavoletto ti passasse vicino) mentre la ragione lavora e cresce col dubbio: ma è qui, d’altra parte, che germoglia la speranza di un ricongiungimento: perché solo spingendo il dubbio all’estremo la ragione può scoprire che cosa da esso si salva, cioè che cosa non può negare neppure il razionalista più astuto e più raffinato: quella parola “assoluto” che contrassegna sia la verità del filosofo sia quella del religioso. Eppure, quale distanza! Perché il religioso fascia il suo Dio di attributi ai quali non sa rinunciare, cioè si fa un Dio a sua immagine e somiglianza, e il filosofo (chiamiamolo ancora così) non sa e forse non saprà mai che cosa è l’assoluto, eppure lo cerca (anche se poi lui stesso può arrendersi a un falso Dio)….. Attenzione, dunque, a considerarmi come un confratello, amici cristiani o taoisti; il mio Dio è sì l’assoluta verità, però io non so come sia – se sia fisica o metafisica, se sia equiparabile all’essere o al nulla, se sia fatta di atomi o spirito……e forse, proprio perché può essere qualunque cosa, e non so neppure se esiste o sia un fantasma della mia mente, essa è “la verità”. E, in fondo, c’è molta distanza fra me e un mistico di questa o di un’altra fede? (Anche se i mistici sono stati sempre guardati con sospetto dalle istituzioni ecclesiastiche, se non addirittura condannati al rogo).
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Vecchio 28-08-2007, 20.03.36   #18
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E’ un pio desiderio quello che tu mi riservi, Ozner: ciò che mi tiene lontano da una fede come la tua è proprio la fede nella filosofia nel senso di libera ricerca, senza fini né presupposti, o con l’unico presupposto che essa tenti di avvicinarsi a ciò che chiamiamo “la verità”. Dunque anch’io ho una fede ed è questo che in fondo unisce le due posizioni – la mia e la tua: ma allora perché e come scegliere fra di esse? E’ un discorso che ho già svolto sotto il tema “Credi o no?” del presente Forum e che potrebbe essere riassunto così: il punto d’origine della religione e della ragione è lo stesso (la fede), anche se fra di esse si manifesta subito dopo un distacco, anzi una lacerazione e perfino una conflittuale distanza – quindi un modo diverso di concepire la propria esistenza e di andare incontro al proprio destino.
Lasciamo stare le diversità appariscenti del modo di comportarsi (da una parte i sacramenti, il segno della croce e la serenità con un pizzico d’alterigia di chi è sicuro di essere in possesso del vero - dall’altra la saggezza un po’ snob del sapiente, incline a formarsi una comunità di discepoli pronti ad accogliere le sue parole e ornarsene come distintivo d’élite): c’è qualcosa di ben più essenziale che li distingue, in quanto la fede religiosa non ammette dubbi (se non nel momento che un diavoletto ti passasse vicino) mentre la ragione lavora e cresce col dubbio: ma è qui, d’altra parte, che germoglia la speranza di un ricongiungimento: perché solo spingendo il dubbio all’estremo la ragione può scoprire che cosa da esso si salva, cioè che cosa non può negare neppure il razionalista più astuto e più raffinato: quella parola “assoluto” che contrassegna sia la verità del filosofo sia quella del religioso. Eppure, quale distanza! Perché il religioso fascia il suo Dio di attributi ai quali non sa rinunciare, cioè si fa un Dio a sua immagine e somiglianza, e il filosofo (chiamiamolo ancora così) non sa e forse non saprà mai che cosa è l’assoluto, eppure lo cerca (anche se poi lui stesso può arrendersi a un falso Dio)….. Attenzione, dunque, a considerarmi come un confratello, amici cristiani o taoisti; il mio Dio è sì l’assoluta verità, però io non so come sia – se sia fisica o metafisica, se sia equiparabile all’essere o al nulla, se sia fatta di atomi o spirito……e forse, proprio perché può essere qualunque cosa, e non so neppure se esiste o sia un fantasma della mia mente, essa è “la verità”. E, in fondo, c’è molta distanza fra me e un mistico di questa o di un’altra fede? (Anche se i mistici sono stati sempre guardati con sospetto dalle istituzioni ecclesiastiche, se non addirittura condannati al rogo).


Il mistico ha molta meno fede di te, tranquillo, sei ancora lontano dal rogo, per quanto possa essere gratificante pensare almeno di meritarlo per la scandalosità delle proprie tesi o visioni....
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Vecchio 29-08-2007, 13.23.58   #19
emmeci
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Hai ragione, renzananda, sono di moda ormai solo i roghi appiccati da piromani, e non da fedeli devoti alla madre chiesa – e poi io ho sempre l’attenuante o il ripiego dell’ironia….Comunque, grazie per il tuo confortante intervento: ti prenoto come avvocato quando ne avessi bisogno. Ma dimmi, il tuo pseudonimo richiama qualcosa come un vento dell’est….ti ossessiona una baiadera? lo yoga? il fantasma di Gandhi?
Mi piace che tu abbia definito Dio come il possibile, piuttosto che come ciò che ha in sé la prova inconfutabile della propria esistenza, come era per il venerando Anselmo: forse è proprio questa “possibilità” che lo rende impossibile da cancellare….Anch’io, dopo aver passato i miei anni di noviziato in Grecia convinto che la sua gloria stesse nel fatto d’aver rinunciato alla religione - cioè a una cosa propria dei barbari - e averla sostituita con un’eroica umanissima mitologia per affidarsi alla fine alla ragione e alla storia, mi ritrovo a credere nell’assoluto, anche se non lo interpreto come Dio ma come “la verità” – quella che continuamente ci sfugge e che pure non può essere raschiata via dalla mente….proprio come il tuo possibile Dio e come la passione filosofica di coloro che partecipano a questo Forum: così che, anche se la fede in Dio, come ipotizzi, non durerà fino all’apocalisse, questa fede rimarrà inconcussa, fino a spingerci a chiedere, in quel momento supremo, non la salvezza ma una scintilla di verità.
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Vecchio 29-08-2007, 13.41.58   #20
renzananda
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Hai ragione, renzananda, sono di moda ormai solo i roghi appiccati da piromani, e non da fedeli devoti alla madre chiesa – e poi io ho sempre l’attenuante o il ripiego dell’ironia….Comunque, grazie per il tuo confortante intervento: ti prenoto come avvocato quando ne avessi bisogno. Ma dimmi, il tuo pseudonimo richiama qualcosa come un vento dell’est….ti ossessiona una baiadera? lo yoga? il fantasma di Gandhi?
Mi piace che tu abbia definito Dio come il possibile, piuttosto che come ciò che ha in sé la prova inconfutabile della propria esistenza, come era per il venerando Anselmo: forse è proprio questa “possibilità” che lo rende impossibile da cancellare….Anch’io, dopo aver passato i miei anni di noviziato in Grecia convinto che la sua gloria stesse nel fatto d’aver rinunciato alla religione - cioè a una cosa propria dei barbari - e averla sostituita con un’eroica umanissima mitologia per affidarsi alla fine alla ragione e alla storia, mi ritrovo a credere nell’assoluto, anche se non lo interpreto come Dio ma come “la verità” – quella che continuamente ci sfugge e che pure non può essere raschiata via dalla mente….proprio come il tuo possibile Dio e come la passione filosofica di coloro che partecipano a questo Forum: così che, anche se la fede in Dio, come ipotizzi, non durerà fino all’apocalisse, questa fede rimarrà inconcussa, fino a spingerci a chiedere, in quel momento supremo, non la salvezza ma una scintilla di verità.


Ok emmeci, per la parcella ci accordiamo, ma ripeto, non credo ne avrai bisogno, l'ironia ti salva anche se sempre arrischiata al passaggio dall'ironico all'irenico, sarebbe un guaio. Il (mio) pseudonimo "ti" richiama un vento dell'est, ma basta il vento, (non) siamo che flatus vocis, soffio di vento o soffio divento, linguaggio che non dice nulla o dice il nulla di ogni dire. Il buon Anselmo perviene in realtà allo stupore della ragione, spinta al suo estremo limite/limine all'impossibilità del risalire oltre il "come" del suo argomentare, sino all'inarretrabile "che", di cui non dispone se non in affidamento. Fede e ragione sempre indaganda, Veritas sempre indaganda che non chiede difesa apologetica, fondazione ma ineludibile "fatica del concetto" intorno alla domanda posta dalla Verità: Chi credete che io sia?
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