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04-01-2005, 16.01.13 | #21 |
Ospite abituale
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L'idea centrale è...
Ritorno alla mia proposta di un paio d'interventi fa: forse sarebbe il caso di dichiarare ideali e scopi del nostro discorso politico. Lanciata la pietra, non nascondo la mano e mi dichiaro per primo.
Solo, una premessa. Avrei voluto avere più tempo per rendere sistematica la mia dichiarazione, non essendo vicina la possibilità di farlo, ho deciso di lanciare questa provocazione sotto gli auspici del nuovo anno, accettando il rischio di dare sulle prime un'impressione di incompletezza teorica che, seppure inelegante, mi auguro faccia almeno ben pensare sull'onestà delle mie intenzioni. Nel crearmi un mio ideale politico ho tenuto conto di una serie di letture che non è il caso di citare qui, ma a cui rimando i curiosi (vedi: http://politicattiva.altervista.org/07.html ). Come tutte le formazioni e le opinioni che ne derivano, anche la mia è parziale, anche se spero venga giudicata una parzialità perdonabile, se non condivisibile. E andiamo al dunque. L'idea centrale è questa: votare contro i politici che ci hanno deluso, non per i politici (o la parte politica) cui si sente di appartenere. L'ispirazione viene dal principio del falsificazionismo, introdotto da Popper nella filosofia della scienza come criterio per scartare le teorie che non si conformano all'esperienza. Votare contro non significa solo votare per uno schieramento diverso da quello scelto in precedenza, ma può funzionare anche votando all'interno dello stesso schieramento altre persone che ancora non ci hanno deluso. Il principio è utilizzabile anche all'interno della cornice politico-istituzionale attuale e potenzialmente in grado di produrre effetti in qualsiasi sistema elettorale. Il fatto che si reputino tutti i politici corrotti è indifferente, poiché si attinge al concetto di pressione selettiva della biologia evoluzionistica, ed all'idea che in un contesto di scarsità di risorse (poltrone in questo caso) gli individui saranno costretti a lottare tra di loro anche all'interno dello stesso schieramento per non perdere le risorse precedentemente acquistate. In pratica, semplificando, ecco cosa succederebbe: votando contro chi mi ha deluso (o fregato) dò due lezioni: a chi contribuisco a spodestare faccio capire che il suo precedente comportamento non è stato gradito, a chi contribuisco ad eleggere faccio capire che può fare la stessa fine del predecessore se ne adotta gli stessi comportamenti. Sempre in pratica, si tratta di andare a votare con mentalità apartitica, ma pragmatica. Dopotutto il primo stimolo che hanno i ristoratori per mantenere in vita le loro attività è il non spiacere clienti che, delusi, sceglierebbero altrimenti, e si basa su universali meccanismi psicologici, dunque è suscettibile di funzionare in ogni contesto (basti pensare al successo del controllo di qualità, nonostante i costi immediati che impone alle imprese). Prima di seguitare con l'esposizione delle mie idee, onde evitare un sovraccarico del singolo post, mi fermo per darvi il tempo di digerire quanto sopra. L'amaro, se è il caso, lo fornisce il sistema politico attuale. Ciao, Giovanni |
06-01-2005, 10.01.20 | #25 |
Ospite abituale
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minoranze
Dice bene Tornelius, internet dischiude un modo di possibilità che non solo erano precluse a Don Chisciotte (che tra l'altro, però, tendeva ad operare strettamente in solitaria), ma che avrebbero sicuramente cambiato anche il risultato di imprese più recenti (su questa retorica gioca proprio l'ultimo spot della Telecom).
Il fatto che qui so azzardino mire politiche, lo ripeto, è giusto prenderlo solo come una provocazione, secondo il detto che se vuoi la luna devi mirare alle stelle, e che ha riscontro anche in più prosaici campi della vita quotidiana. In parte, motivazioni all'inizio di questa discussione vengono anche dalla scoperta degli studi fatti da Moscovici, uno psicologo sociale di origine slava (non ricordo bene se ungherese o rumeno), sulle dinamiche che possono portare una minoranza a modificare le opinioni della maggioranza. Infatti, l'euristica dell'uomo comune vuole la maggioranza come forza quasi irresistibile, cui non resta che conformarsi, come indicatore dei gusti e delle opinioni più giuste, o comunque come entità cui appartengono tutti gli altri e nei confronti della quale noi siamo solo piccoli individui incapaci di contrastarne l'inerte movimento, cui resta solo la possibilità di godere di una ristretta bolla di libertà personale (per Tornelius, questo potrebbe adattarsi anche alla parallela discussione sulla cultura). Moscovici ed altri si sono chiesti: se questo è il modo di funzionamento della società, come è possibile che piccoli gruppi, a volte risibili per proporzioni, possano conseguire tale successo da trasformare le proprie inizialmente minoritarie in posizioni condivise dalla maggioranza? Fatto salvo che comunque, di solito, l'euristica ha ragione, troppi esempi si sono presentati che l'hanno falsificata, non ultimo il caso italiano della Lega Nord. La spiegazione? Per Moscovici la minoranza può influenzare la maggioranza se: - vìola le norme stabilite producendo dubbi e incertezza nella mente della maggioranza; - si rende visibile focalizzando su di sé l'attenzione; - propone l'esistenza di un punto di vista alternativo e coerente; - riguardo a detto nuovo punto di vista dimostra certezza, confidenza ed impegno; - segnala indisponibilità a recedere o a giungere a compromessi; - propone come sola soluzione alla maggioranza per recuperare stabilità sociale e coerenza cognitiva lo spostarsi sulle opinioni della minoranza; (link al testo originale di questa elencazione: http://www.cultsock.ndirect.co.uk/MU.../minority.html ) Detto questo ho già detto troppo, e cedo la tastiera. Giovanni |
06-01-2005, 15.28.46 | #27 |
Ospite abituale
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Approcci
Io penso che ogni cosa può essere trattata in molteplici modi differenti, ognuno in grado di dare un certo risultato, ma nessuno singolarmente capace di definire completamente la questione.
Porre delle scelte nella maniera di cui sopra mi ricorda la fallacia logica detta "falso dilemma" (vedi: http://www.linux.it/~della/fallacies/falso-dilemma.html ), comunque pretendere di limitare gli approcci ad un problema complesso, in generale, non è una buona idea. Io per primo, sono grato a chi, come Antonio, mi costringe a ripensare i miei ragionamenti. Di fatto Antonio solleva un problema di metodo che a me ne fa venire in mente un altro: per quanto continuare a proporre nuove importanti opinioni sia indispensabile alla formazione di una collettiva conoscenza e sviluppo del tema di cui parliamo, il farlo senza aver prima provato a chiudere le questioni in precedenza sul tappeto ci pone davanti al rischio di perdere il filo, di continuare a cambiare il fuoco dell'attenzione senza dirigerci veramente da nessuna parte, in pratica di comportarci come banderuole che si orientano lì dove più forte soffia il vento, ma fisse sempre nella stessa posizione. Dunque sul tappeto sono già state gettate diverse proposte, in ossequio al titolo che ho voluto dare aprendo questa discussione, proporrei di limitarci per ora a quelle direttamente riguardanti la possibilità di farci partito/movimento, nel senso ampio specificato in precedenza (nuovi accenni sono comunque graditi, ma accodati in ordine di presentazione, a meno che i partecipanti tutti non convengano altrimenti). Essendo poi io parte in causa, indirettamente, del problema di metodo sollevato da Antonio, preferirei che fossero altri a decidere da dove ricominciare, e proporrei di prendere per buona la prima traccia proposta in assoluto, così da evitare altre discussioni circolari. Per inciso, che pensate di questo tipo di composizione delle discussioni? Giovanni |
06-01-2005, 18.59.06 | #30 |
L' Emigrato
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RISPONDO A YGRAMUL
Grazie del tuo intervento, che dice cose molto vere. Smentisco pero' di ritenere che solo gli emigrati....... NOn lo penso. Penso invece che, senza l' aiuto di emigrati nei Paesi avanzati della U.E. (quelli che sanno gestirsi avendo una cultura e dei comportamenti che lo permettono), gli Italiani non si renderebbero conto dei fatti seguenti (lista non esaustiva):
- mentre in Italia sono rari o inesistenti i settori in cui tutti rispettano le regole, in detti Paesi la regola seguita é di seguire le regole, sempre. Le eccezioni sono tanto poche che non si vedono quasi. Inoltre chi non le segue viene bandito o punito.... - le regole scritte "all' italiana" possono essere seguite difficilmente. Përché le regole funzionino, ci vogliono almeno due condizioni: a) siano scritte come in Francia, Germania, U.K., Finlandia, Begio, etc... b) siano gestite non da funzionari pubblici italiani ma da funzionari europei.... A tal proposito potreste leggere "Italia Desnuda" , " Regole e confusione" sui siti che vi indico: http://angrema.blogspot.com www.accademiaonline.net (le lettere dei mesi precedenti sono nell’archivio del sito, argomento “società”). - le efficienze italiane non credo possano essere di norma , o forse rarissimamente lo sono, dell' ordine di grandezza delle effficienze comuni nella gran parte della U.E. - gli Italiani di inizio secolo accettano facilmente in molti settori: inefficienze, perdite di tempo, irresponsabilità , omertà, mancanza di gestioni serie, incoerenze, spergiuri continui, mancanza di serietà e quindi di qualità, etc.; demagogia, il parlare di un VIP in pubblico senza conoscre l' argomento porta alle conclusioni sbagliate, etc. In U.E. é tutta un' altra storia, c' é la serietà come regola. Sommario: in generale in U.E. dei 15 (ex U.E.), almeno a Nord delle Alpî, il livello dei comportamenti accettabili é al livello della fronte. In Italia lo stesso é praticamente sceso al livello delle fogne. La mia valutazione dei motivi (che ho studiato a fondo): soprattutto per incapacità della cultura italiana attuale, come essa é divenuta.... Dova sia arrivata (e dove arriverà) la competitività italiana, si puo' immagginare... Da notare che queste semplici valutazioni, si vedevano anche quattro anni fa, ma erano meno chiare e forti. Immagginate che io, nel '90, allarmai Romiti, per certe cose strane che vedevo nella società italiana. Conservo la sua risposta: era parzialmente d' accordo con me.. Antonio Greco |