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Vecchio 28-04-2008, 16.01.05   #31
iulbrinner
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da fealoro
E resta comunque da capire in che modo debba avvenire tale revisione. Vogliamo una legge della par condicio anche sui libri di storia? Per ogni avvenimento storico bisogna ospitare entrambi i punti di vista, indipendentemente dalla bontà dell'analisi storica fatta?
Mi sembra che la tua affermazione contenga un postulato aprioristico; ossia che qualcuno ha già stabilito che la "bontà dell'analisi storica" è quella vigente.
Chi lo ha stabilito?
Sulla base di quali criteri lo ha stabilito?
Perché questi criteri - a differenza di criteri "altri" - dovrebbero possedere una validità universalistica?
La "par condicio" dell'analisi storica è presupposto centrale della dialettica democratica, dal mio punto di vista.
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Vecchio 28-04-2008, 17.38.49   #32
fealoro
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

Citazione:
Mi sembra che la tua affermazione contenga un postulato aprioristico; ossia che qualcuno ha già stabilito che la "bontà dell'analisi storica" è quella vigente.
Chi lo ha stabilito?
Sulla base di quali criteri lo ha stabilito?
Non intendo dire che l'attuale analisi storica sia la migliore o la più giusta, anzi, chiedo le stesse cose che chiedi tu.
Su che criteri possiamo basare il giudizio? in base a metodi storici o a metodi politici? Se sono metodi storici perchè ritieni che non siano applicati tuttora?

Citazione:
La "par condicio" dell'analisi storica è presupposto centrale della dialettica democratica, dal mio punto di vista.
Aver una par condicio significa avere un metodo imparziale per definire quali analisi hanno diritto ad essere insegnate. Ma significherebbe dire che qualunque tesi storica, indipendentemente dalla sua correttezza e importanza, debba venire accettata.
Oppure proponi un metodo diferente?
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Vecchio 28-04-2008, 17.48.07   #33
chlobbygarl
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da fealoro
E resta comunque da capire in che modo debba avvenire tale revisione. Vogliamo una legge della par condicio anche sui libri di storia? Per ogni avvenimento storico bisogna ospitare entrambi i punti di vista, indipendentemente dalla bontà dell'analisi storica fatta?
Io direi semplicemente che bisogna accogliere tutti i punti di vista senza tacciarli preventivamente di 'revisionismo'.Il pluralismo esiste se non scatta un pregiudizio automatico di fronte ad ogni rilettura storica.Appare ovvio (e invece no) che se si dà la l'auspicio delle molteplici letture storiografiche la prima conseguenza verosimile sarà la possibilità che le medesime divergano.Se ad ogni divergere si fa equivalere la inaccettabile revisione ecco che abbiamo sintetizzato il pregiudizio culturale prima del monopolio ad esso consustanziale.La storia la scrivono i vincitori si dice comunemente, è quanto avvenuto anche in Italia.I tempi sono maturi da un pezzo (eufemismo) perchè letture "altre" si affaccino alla ribalta e vengano valutate nel merito e nel metodo.Uno dei problemi della nostra repubblica è la zoppìa: fondata com'è 'solo' sull'antifascismo, ma con un partito comunista di fatto emissario politico del pcus fino alla fine degli anni '70, è rimasta ingessata per 40 anni nel dibattito sociale dall'equivoco letale del socialismo reale democratico, questo sì un ossimoro abnorme.Alcune generazioni di persone hanno votato PCI riferendosi direttamente e per 'deontologia di appartenenza di partito' (indottrinamento becero e conculcato) all'URSS totalitaria, sanguinaria e letalmente antidemocratica: su quali e quante conseguenze sociali e culturali tale aberrante mistificazione abbia determinato nel nostro paese si stanno aprendo gli occhi da circa vent'anni, neanche poco dunque.
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Vecchio 28-04-2008, 19.21.02   #34
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da fealoro
Non intendo dire che l'attuale analisi storica sia la migliore o la più giusta, anzi, chiedo le stesse cose che chiedi tu.
Su che criteri possiamo basare il giudizio? in base a metodi storici o a metodi politici? Se sono metodi storici perchè ritieni che non siano applicati tuttora?
L'analisi storica - non solo a mio avviso ma secondo la stessa scienza storiografica - parte sempre da "presupposti di valore" attraverso i quali si osservano i fatti del passato.
Questo dato è ineliminabile, come lo è interpretare il presente sulla base degli identici presupposti di valore.
Esiste una cultura del tempo che assorbe le convinzioni diffuse traducendole in senso comune - a mio modo di vedere e secondo teorie sociologiche molto precise ed autorevoli - ed esistono controculture che si battono per affermarsi e generare nuovo senso storico.
Nella mia ottica dovrebbero avere cittadinanza tutte quelle culture che, comunque, inducono ad un attento ripensamento di ciò che, troppo spesso, si dà per scontato.
Le vere innovazioni di pensiero hanno seguito sempre questo percorso di condivisione sociale.
Tutto il resto è relativo e non assolutizzabile, pena la caduta verticale nell'ideologia.
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Vecchio 28-04-2008, 20.10.45   #35
vagabondo del dharma
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Io direi semplicemente che bisogna accogliere tutti i punti di vista senza tacciarli preventivamente di 'revisionismo'.Il pluralismo esiste se non scatta un pregiudizio automatico di fronte ad ogni rilettura storica.Appare ovvio (e invece no) che se si dà la l'auspicio delle molteplici letture storiografiche la prima conseguenza verosimile sarà la possibilità che le medesime divergano.Se ad ogni divergere si fa equivalere la inaccettabile revisione ecco che abbiamo sintetizzato il pregiudizio culturale prima del monopolio ad esso consustanziale.La storia la scrivono i vincitori si dice comunemente, è quanto avvenuto anche in Italia.I tempi sono maturi da un pezzo (eufemismo) perchè letture "altre" si affaccino alla ribalta e vengano valutate nel merito e nel metodo.Uno dei problemi della nostra repubblica è la zoppìa: fondata com'è 'solo' sull'antifascismo, ma con un partito comunista di fatto emissario politico del pcus fino alla fine degli anni '70, è rimasta ingessata per 40 anni nel dibattito sociale dall'equivoco letale del socialismo reale democratico, questo sì un ossimoro abnorme.Alcune generazioni di persone hanno votato PCI riferendosi direttamente e per 'deontologia di appartenenza di partito' (indottrinamento becero e conculcato) all'URSS totalitaria, sanguinaria e letalmente antidemocratica: su quali e quante conseguenze sociali e culturali tale aberrante mistificazione abbia determinato nel nostro paese si stanno aprendo gli occhi da circa vent'anni, neanche poco dunque.

Anche la ri-scrittura della storia è opera dei vincitori. Non ve lo siete mai chiesti?

La storia del partito comunista in Italia è una storia diversa dalla storia del partito comunista russo, per quanto ad esso il pci abbia fatto riferimento per tanti anni. La storia del comunismo in Italia è una storia all'insegna della responsabilità, partendo dalla Resistenza, passando attraverso l'Assemblea Costituente, proseguendo lungo anni di lotta dove il PCI ha rappresentato un punto di riferimento per i lavoratori, l'unico punto di riferimento (o almeno il più autorevole) anche nella lotta alla mafia, soprattutto a livello locale. Il comunismo in Russia e in altre realtà (esperienze da condannare nettamente) non è lo stesso che ha vissuto per tanti anni in Italia, questo partecipe del gioco democratico e attento ai bisogni delle classi più svantaggiate della società italiana. Molteplici difetti, contraddizioni ed errori anche nel PCI, ma sempre nell'alveo dei principi di democrazia e libertà.

Il fascismo è un'esperienza italiana, che ha segnato la nostra storia. La fine della democrazia, il trionfo della violenza, la manipolazione delle masse, il fiancheggiamento del nazismo e delle teorie razziste, la tragedia di una guerra assurda. Fenomeno italiano, con conseguenze tragiche sulla popolazione italiana, per più di 20 anni.

Anche la storia è una rappresentazione della realtà "mediata" dal punto di vista degli storici e dai loro orientamenti politici e ideologici, più o meno dichiarati, più o meno consapevoli. Come mai il revisionismo è tutto da una parte? Non vi solletica il dubbio che sia anch'esso un riscrivere la storia da parte dei vincitori e, soprattutto in Italia, da parte di una cultura di centrodestra, con derive addirittura neo-fasciste, ormai predominante in Italia da circa 15 anni? Una cultura che vuole rifarsi una verginità ora che ha il controllo sulla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione italiani.

Se il TG1 il 25 aprile apre con la prima pagina sulla fame del mondo e su un annegato a Bracciano riducendo tutta la giornata della Liberazione ad una serie di polemiche Veltroni-Berlusconi, un motivo ci sarà. Il revisionismo ha già ampiamente dato i suoi frutti, quelli che nascono dai semi gettati nelle menti di cittadini che in minima parte hanno la voglia, la passione e la possibilità per andarsi a leggere i libri di storia. Succubi della televisione ricevono il nuovo verbo e lo fanno proprio. Il revisionismo è ancora una volta operazione mediatica: è quello che conta e viene invece fatto passare per operazione oggettiva e responsabile volta ad accertare come sono andate le cose. Ancora una volta il revisionismo è una clava da calare sulla testa del nemico politico demolendolo alle fondamenta, nelle sue radici identitarie.

Io sono andato ad ascoltarmi i partigiani che parlavano in Piazza Duomo a Milano, recriminando perchè sullo stesso palco non veniva dato diritto di replica, contravvenendo ai più elementari principi sulla par condicio, a generali fascisti e nazisti che subirono le angherie dei partigiani in quei convulsi giorni di guerra, oppure a qualche repubblichino di Salò animato anche lui da ideali rispettabili. Poi mi sono detto: "aspetta ancora qualche anno e vedrai che la verità sarà ristabilita, sul palco troveremo chi ha tutto il diritto di esserci e giustizia sarà fatta".
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Vecchio 28-04-2008, 20.51.15   #36
VanLag
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da iulbrinner
Mi sembra che la tua affermazione contenga un postulato aprioristico; ossia che qualcuno ha già stabilito che la "bontà dell'analisi storica" è quella vigente.
Chi lo ha stabilito?
Sulla base di quali criteri lo ha stabilito?
Perché questi criteri - a differenza di criteri "altri" - dovrebbero possedere una validità universalistica?
La "par condicio" dell'analisi storica è presupposto centrale della dialettica democratica, dal mio punto di vista.
La storia non è assoluta, non è una scienza esatta, è soggetta all’interpretazione di chi la racconta, ma questo vale per la storia moderna come per quella antica. Per questo motivo, a raccontare la storia c’era e c’è una figura particolare che è quella dello storiografo che brilla, quanto meno, per la sua oggettività. Basti pensare ai tempi antichi a figure come Erodoto, Tucidide, Tacito, etc… o Manetone che raccontò la storia delle dinastie egizie, o Sima Chian, il primo storiografo cinese che narrò, fra le altre cose, di un esercito di terracotta fatto da 8000 soldati a misura umana. Questo episodio lo squalificò un po’ presso le generazioni successive perché nessuno aveva mai visto quell’esercito. Bene, quell’esercito, fatto da ottomila figure in terra cotta a dimensione umana, compresi cavalli e carri da guerra, è stato scoperto nel 1975 da dei contadini cinesi che scavavano un pozzo vicino alla città di Xian.

La storia, dicevamo, è sempre stata scritta da storici accreditati, da persone cioè di provata oggettività, che verificano le fonti delle notizie, ne citano la provenienza in maniera che tutti possono controllare; se non passa attraverso quelle mani non è storia. Ora non si capisce perché “l’analisi storica vigente” avrebbe dovuto sortire un effetto diverso ed invece di essere stata scritta dagli storici seri, sarebbe stata scritta da giornalisti di bassa lega o cronisti poco seri e prezzolati tali da minarne l’attendibilità.

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Vecchio 28-04-2008, 20.56.33   #37
fealoro
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Nella mia ottica dovrebbero avere cittadinanza tutte quelle culture che, comunque, inducono ad un attento ripensamento di ciò che, troppo spesso, si dà per scontato.
Le vere innovazioni di pensiero hanno seguito sempre questo percorso di condivisione sociale.
Tutto il resto è relativo e non assolutizzabile, pena la caduta verticale nell'ideologia.

Io sono d'accordo con quello che dici, proprio perchè le innovazioni di pensiero non vengono mai calate dall'alto, ma emergono da sè.
Quindi o viene fatta un'accusa circostanziata per cui si ritiene che vi sia una vera lobby che fa pressione su università, case editrici e giornali per impedire che passino certi studi, oppure si ammette che finora le visioni differenti non erano ancora pronte ad essere accettate, sia perchè non socialmente accettabili sia perchè non sufficientemente accurate. Del resto le stesse analisi 'di sinistra' non furono accettate subito, ma dovettero lottare per poter essere accetate come valide.
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Vecchio 28-04-2008, 21.51.55   #38
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

Carissimi,Julbrinner.Chlobbiga rl,Fealoro e Van Lang,vi stò seguendo dall'inizio di quasto 3d. ed ho notato,che tutti vi esprimete con ragionevolezza e competenza,ma in conclusione, uno ribatte le esternazioni dell'altro con argomenti anche persuasivi e ben ragionati,ma l'altro continua sempre imperterrito a pensare secondo il proprio credo e la propria ideologia,senza raggiungere un benchè minimo convincimento costruttivo.Non notate anche voi ciò che noto anch'io?
A mio avviso, se non ci si prefigge una meta comune da raggiungere,sempre osservando l'argomento in questione,si continuerà a parlare,ma sarà sempre come parlare al vento,senza concludere nulla.Questo vale per qualsiasi argomento,sia di politica,di sociologia,spiritualità ecc.ecc.. La meta comune non è difficile da stabilire essendo relativa sempre al senso della nostra vita,e per raggiungerla,ogni nostro ragionamento si deve attenere a quell'etica che ci ha trasmesso la tradizione,essendo questa per ora,l'unica pietra di paragone superpartes, al di sopra di ogni verità individuale perchè comune a tutto il genere umano.Secondo mè questo è il mezzo per poter trasmettere le proprie idee,e farle accettare quando sono le più vicine a detta pietra di paragone da tutti condivisa. Altrimenti,essendo privi di una meta comune che fà da legante,ognuno continuerà a cercare di imporre le idee legate alla propria verità,al proprio credo,sminuendo o rinnegando quelle altrui.

Scusatemi se mi sono intromesso nel vostro colloquio,ma vi sono stato spinto notando che tutti vi esprimete bene,con argomenti giusti,ma ognuno rimane sempre della propria idea ,

Un amichevole saluto espert37
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Vecchio 29-04-2008, 11.02.06   #39
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da vagabondo del dharma
La storia del partito comunista in Italia è una storia diversa dalla storia del partito comunista russo, per quanto ad esso il pci abbia fatto riferimento per tanti anni. La storia del comunismo in Italia è una storia all'insegna della responsabilità, partendo dalla Resistenza, passando attraverso l'Assemblea Costituente, proseguendo lungo anni di lotta dove il PCI ha rappresentato un punto di riferimento per i lavoratori, l'unico punto di riferimento (o almeno il più autorevole) anche nella lotta alla mafia, soprattutto a livello locale.
La storia del PCI è anche una lunga catena di omissioni, mistificazioni o accettazioni volontarie di fatti criminosi ad opera di Stalin e progenie: Napolitano era un giovane dirigente quando nel '56 si schierò con fervore dalla parte dei carrarmati russi che invadevano l'Ungheria e reprimevano nel sangue la sollevazione popolare.
Questo il suo discorso di allora:


"Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? È assurdo oggi continuare a negare che all'interno del partito ungherese - in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese - non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. È assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.
Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l'obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l'intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere - e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato, che l'intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell'Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d'Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all'Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss ma a salvare la pace nel mondo."



Oggi il signore è presidente della nostra repubblica e nessuno fa una piega.
Ha trovato pure il modo di scusarsi più volte in questi anni, con Giolitti, l'unico dissidente interno al PCI di allora, contro il quale sostenne le tesi di Togliatti, poi con Nenni, altro dissidente interno alla sinistra all'epoca dei fatti.Una sorta di auto-cassazione di una colpa ormai prescritta non certo dalla storia, ma, indebitamente, dal consenso che il PCI continuò ad ottenere nel paese malgrado quelle posizioni filo-totalitarie, o a partire dalle medesime.

Sarebbe come se oggi Veltroni si mettesse a costruire consenso attorno al governo cinese che ammazza i tibetani, o come se d'Alema e Occhetto avessero mostrato viva comprensione per la repressione cinese all'epoca di tien an men:quanti in quel caso sarebbero stati in grado di sostenere il carattere democratico del PDS?Quanti lo avrebbero votato ancora?

In Italia è accaduto esattamente questo: a fronte dell'asservimento ideologico più totale e incondizionato del PCI verso l'URSS ed il PCUS, e quindi dopo l'adesione piena dei vertici di botteghe oscure verso le repressioni di Poznam e di Budapest del '56, di Praga del '68, e fino alla repressione di "Solidarnosc" dell'81, gli italiani il PCI lo hanno sempre votato sentendosi assolutamente democratici.Come è stato possibile?, se non dietro ad un grottesco obnubilarsi di massa, un mix tra ignoranza dei fatti, incultura politica, malafede e semplice faziosità?Non voglio pensare ovviamente alla diversità genetica che a parti inverse verrebbe certo agitata.

la questione democraticità all'interno del PCI- quanta, quale, quando, dove, perchè- dovrebbe interessare molto chi vota oggi a sinistra.Ci sono documenti ormai da più di dieci anni che fanno propendere verso la tesi per cui la volontà e la prospettiva di Togliatti fosse quella di preparare il terreno, previo libere elezioni e anche no, all'instaurazione in Italia di un sistema socialista sovietico, nè più nè meno.

Togliatti, chiamato a Mosca alla bisogna, partecipò direttamente in loco e decise per l'epurazione fisica dei dissidenti staliniani.Agli atti le sue minacce di ritorsione contro il filosofo Lukacs, colpevole a suo dire dei sollevamenti a Budapest: "...lo rimanderemo in austria a filosofeggiare...".

Questa è la democrazia perseguita sulla pelle dei dissidenti da parte di Togliatti.Si può essere sinceramente e credibilmente democratici (nel proprio paese) e al tempo stesso rendersi protagonisti di atti come quelli sopracitati?Si può pensare di aver aderito per 40 anni ad un partito democratico se il suo leader indiscusso era, almeno anche, quello definito dai documenti oggi disponibili oltre che dalle decisioni pubblicamente antidemocratiche di allora?Mistero.

Mi domando veramente se qualcuno di quelli che scrive qui di comunismo sappia di cosa sta parlando

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Il comunismo in Russia e in altre realtà (esperienze da condannare nettamente) non è lo stesso che ha vissuto per tanti anni in Italia, questo partecipe del gioco democratico e attento ai bisogni delle classi più svantaggiate della società italiana. Molteplici difetti, contraddizioni ed errori anche nel PCI, ma sempre nell'alveo dei principi di democrazia e libertà.
affermazioni di tale semplicismo e candore mi fanno pensare davvero di no.
Citazione:
Il fascismo è un'esperienza italiana, che ha segnato la nostra storia. La fine della democrazia, il trionfo della violenza, la manipolazione delle masse, il fiancheggiamento del nazismo e delle teorie razziste, la tragedia di una guerra assurda. Fenomeno italiano, con conseguenze tragiche sulla popolazione italiana, per più di 20 anni.
Chi può e vuole negarlo in questo contesto dialogico?Certo non io!Ma le analisi vanno compiute per intero, soprattutto dopo tanti, troppi, anni.
Citazione:
Anche la storia è una rappresentazione della realtà "mediata" dal punto di vista degli storici e dai loro orientamenti politici e ideologici, più o meno dichiarati, più o meno consapevoli. Come mai il revisionismo è tutto da una parte? Non vi solletica il dubbio che sia anch'esso un riscrivere la storia da parte dei vincitori e, soprattutto in Italia, da parte di una cultura di centrodestra, con derive addirittura neo-fasciste, ormai predominante in Italia da circa 15 anni? Una cultura che vuole rifarsi una verginità ora che ha il controllo sulla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione italiani.
tombola!ecco la puntuale lettura dell'italia in deriva neofascista.
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Se il TG1 il 25 aprile apre con la prima pagina sulla fame del mondo e su un annegato a Bracciano riducendo tutta la giornata della Liberazione ad una serie di polemiche Veltroni-Berlusconi, un motivo ci sarà. Il revisionismo ha già ampiamente dato i suoi frutti, quelli che nascono dai semi gettati nelle menti di cittadini che in minima parte hanno la voglia, la passione e la possibilità per andarsi a leggere i libri di storia.
Mi domando però quali potrebbero leggere per uscire da questa bolla orwelliana che tu dipingi.Forse qualche testo in inglese.
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Succubi della televisione ricevono il nuovo verbo e lo fanno proprio. Il revisionismo è ancora una volta operazione mediatica: è quello che conta e viene invece fatto passare per operazione oggettiva e responsabile volta ad accertare come sono andate le cose. Ancora una volta il revisionismo è una clava da calare sulla testa del nemico politico demolendolo alle fondamenta, nelle sue radici identitarie.
Insomma il revisionismo storico parte da berlusconi e dalle sue televisioni, è lui il nuovo neofascista, reazionario.Sottopongo intanto alla tua riflessione le cose che dici.

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Io sono andato ad ascoltarmi i partigiani che parlavano in Piazza Duomo a Milano, recriminando perchè sullo stesso palco non veniva dato diritto di replica, contravvenendo ai più elementari principi sulla par condicio, a generali fascisti e nazisti che subirono le angherie dei partigiani in quei convulsi giorni di guerra, oppure a qualche repubblichino di Salò animato anche lui da ideali rispettabili. Poi mi sono detto: "aspetta ancora qualche anno e vedrai che la verità sarà ristabilita, sul palco troveremo chi ha tutto il diritto di esserci e giustizia sarà fatta"
leggiti i libri del reazionario Pansa, al di là del metodo sul quale possiamo discutere, o proprio per il medesimo, lui fa nomi e cognomi di persone italiane ammazzate dai partigiani dopo la fine della guerra, sono davvero tante e pochissime quelle riconducibili alla repubblica di salò.
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Vecchio 29-04-2008, 11.48.33   #40
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Riferimento: L'Italia comunista? E quando mai!

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Originalmente inviato da chlobbygarl
La storia del PCI è anche una lunga catena di omissioni, mistificazioni o accettazioni volontarie di fatti criminosi ad opera di Stalin e progenie: Napolitano era un giovane dirigente quando nel '56 si schierò con fervore dalla parte dei carrarmati russi che invadevano l'Ungheria e reprimevano nel sangue la sollevazione popolare.
Questo il suo discorso di allora:


"Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? È assurdo oggi continuare a negare che all'interno del partito ungherese - in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese - non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. È assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.
Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l'obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l'intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere - e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato, che l'intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell'Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d'Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all'Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss ma a salvare la pace nel mondo."



Oggi il signore è presidente della nostra repubblica e nessuno fa una piega.
Ha trovato pure il modo di scusarsi più volte in questi anni, con Giolitti, l'unico dissidente interno al PCI di allora, contro il quale sostenne le tesi di Togliatti, poi con Nenni, altro dissidente interno alla sinistra all'epoca dei fatti.Una sorta di auto-cassazione di una colpa ormai prescritta non certo dalla storia, ma, indebitamente, dal consenso che il PCI continuò ad ottenere nel paese malgrado quelle posizioni filo-totalitarie, o a partire dalle medesime.

Sarebbe come se oggi Veltroni si mettesse a costruire consenso attorno al governo cinese che ammazza i tibetani, o come se d'Alema e Occhetto avessero mostrato viva comprensione per la repressione cinese all'epoca di tien an men:quanti in quel caso sarebbero stati in grado di sostenere il carattere democratico del PDS?Quanti lo avrebbero votato ancora?

In Italia è accaduto esattamente questo: a fronte dell'asservimento ideologico più totale e incondizionato del PCI verso l'URSS ed il PCUS, e quindi dopo l'adesione piena dei vertici di botteghe oscure verso le repressioni di Poznam e di Budapest del '56, di Praga del '68, e fino alla repressione di "Solidarnosc" dell'81, gli italiani il PCI lo hanno sempre votato sentendosi assolutamente democratici.Come è stato possibile?, se non dietro ad un grottesco obnubilarsi di massa, un mix tra ignoranza dei fatti, incultura politica, malafede e semplice faziosità?Non voglio pensare ovviamente alla diversità genetica che a parti inverse verrebbe certo agitata.

la questione democraticità all'interno del PCI- quanta, quale, quando, dove, perchè- dovrebbe interessare molto chi vota oggi a sinistra.Ci sono documenti ormai da più di dieci anni che fanno propendere verso la tesi per cui la volontà e la prospettiva di Togliatti fosse quella di preparare il terreno, previo libere elezioni e anche no, all'instaurazione in Italia di un sistema socialista sovietico, nè più nè meno.

Togliatti, chiamato a Mosca alla bisogna, partecipò direttamente in loco e decise per l'epurazione fisica dei dissidenti staliniani.Agli atti le sue minacce di ritorsione contro il filosofo Lukacs, colpevole a suo dire dei sollevamenti a Budapest: "...lo rimanderemo in austria a filosofeggiare...".

Questa è la democrazia perseguita sulla pelle dei dissidenti da parte di Togliatti.Si può essere sinceramente e credibilmente democratici (nel proprio paese) e al tempo stesso rendersi protagonisti di atti come quelli sopracitati?Si può pensare di aver aderito per 40 anni ad un partito democratico se il suo leader indiscusso era, almeno anche, quello definito dai documenti oggi disponibili oltre che dalle decisioni pubblicamente antidemocratiche di allora?Mistero.

Mi domando veramente se qualcuno di quelli che scrive qui di comunismo sappia di cosa sta parlando


affermazioni di tale semplicismo e candore mi fanno pensare davvero di no.

Chi può e vuole negarlo in questo contesto dialogico?Certo non io!Ma le analisi vanno compiute per intero, soprattutto dopo tanti, troppi, anni.

tombola!ecco la puntuale lettura dell'italia in deriva neofascista.

Mi domando però quali potrebbero leggere per uscire da questa bolla orwelliana che tu dipingi.Forse qualche testo in inglese.

Insomma il revisionismo storico parte da berlusconi e dalle sue televisioni, è lui il nuovo neofascista, reazionario.Sottopongo intanto alla tua riflessione le cose che dici.


leggiti i libri del reazionario Pansa, al di là del metodo sul quale possiamo discutere, o proprio per il medesimo, lui fa nomi e cognomi di persone italiane ammazzate dai partigiani dopo la fine della guerra, sono davvero tante e pochissime quelle riconducibili alla repubblica di salò.

Errori, come già detto, ne hanno fatti tanti il PCI e i suoi esponenti, ma per svelarne episodi apertamente antidemocratici bisogna sempre rimandare a loro posizioni in politica estera, condannabili sicuramente ma non tali da compromettere in qualche modo il libero dispiegarsi della democrazia in Italia.

Quello che volevo mettere in evidenza è il fatto che quando si parla di comunismo in Italia non si può parlare di comunismo inteso come regime dove è stato applicato il socialismo reale con tutte le nefandezze ad esso collegate. In Italia è un'altra storia e, pur nell'ambito di una dichiarata ortodossia rispetto al comunismo russo, nei fatti il PCI non si è mai reso protagonista di atti antidemocratici.

Se poi andiamo ad analizzare le intenzioni di Togliatti, mi sembra che le condizioni in Italia per arrivare a una soluzione sovietica si fossero presentate più volte, soprattutto nel dopoguerra, ma il partito comunista, nei fatti, non le abbia mai prese in considerazione orientandosi a lasciare il confronto politico nell'ambito del processo democratico. Questo quello che è accaduto, poi le intenzioni, i se e i ma, sono un'altra cosa.

Il revisionismo non parte da Berlusconi e dalle sue televisioni, la storia è materia per persone colte e appassionate come te (un complimento sincero), ma l'utilizzo dell'ottica revisionista a scopi politici credo sia sotto gli occhi di tutti.
vagabondo del dharma is offline  

 



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