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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 24-01-2008, 23.24.22   #31
iulbrinner
Utente bannato
 
Data registrazione: 25-10-2007
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uomini]

Citazione:
Se mi dispiace per questo Iul? No, non mi dispiace.
(kore)

Infatti anche in questo caso non ti avevo chiesto se ti dispiaceva, bensì se riuscivi, anche in questo caso, a sentirti discriminata ed a fare l'usuale esercizio di vittimismo.
Invece mi confermi, anche in questo caso, che l'odio misandrico ha il sopravvento su qualunque altra tua considerazione.
Ringrazio anche in questo caso te dell'ennesima conferma alle mie ipotesi.
iulbrinner is offline  
Vecchio 25-01-2008, 15.53.20   #32
kore
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uomini]

Innanzitutto Larry Summers si è dimesso, a causa del voto di sfiducia da parte dei membri della facoltà, espresso per due volte in un anno. Voto meramente simbolico, non coercitivo.
Vediamo cosa riporta a proposito un giornale americano, il Boston Globe:

Citazione:
CAMBRIDGE, Mass. --In his five-year tenure at Harvard University, President Lawrence H. Summers frequently found himself in the spotlight because of rifts with faculty at the Ivy League institution.

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Sign up for: Globe Headlines e-mail | Breaking News Alerts Shortly after he took office, a handful of prominent black studies professors, including Cornel West, left the university after a dispute with him. Last year, he was widely criticized for suggesting that innate ability may partly explain why few women reach top science posts.

Tuesday, facing the second no-confidence vote by faculty members in a year, Summers announced he would leave June 30, bringing to a close the briefest tenure of any Harvard president since 1862, when Cornelius Felton died after two years in office.

"I have reluctantly concluded that the rifts between me and segments of the Arts and Sciences faculty make it infeasible for me to advance the agenda of renewal that I see as crucial to Harvard's future," Summers wrote in a letter posted on the school's Web site.

Harvard's arts and sciences faculty was scheduled to take its second no-confidence vote next Tuesday, and there were signs that his support from the school's governing board was wavering. Several newspapers have reported that the board, known as the Corporation, had contacted faculty members to discuss his possible departure.

Last March, the arts and sciences faculty passed a 218-185 no confidence vote in Summers -- the first known instance of such an action in the 370-year history of the university. Faculty votes are symbolic because the seven-member Harvard Corporation has sole authority to fire the university's president.

Judith Ryan, the professor of German and comparative literature who introduced the latest no-confidence resolution, said Summers' resignation was appropriate.

"I'm certainly glad we're not going to have to have that faculty meeting on Feb. 28th, which would have been agonizing for both sides," she said.

The latest vote was called following the resignation of Faculty of Arts and Sciences Dean William Kirby. Some faculty believe he was pushed out by Summers, though Kirby has said the decision was mutual.

Summers also drew criticism for his campaign against grade inflation, his demands to have science better integrated in undergraduate studies and his aggressive efforts to expand the university.

"To make changes you have to make some enemies, but you also have to be careful not too make too many enemies," said Steven Pinker, a psychology professor and Summers supporter. "He made far too many enemies."

Summers has led America's wealthiest university, with an endowment of more than $25 billion, since 2001.

Supporters note that he increased access to a Harvard education with augmented financial aid, boosted science programs and diversified the school's faculty.

"Larry is a friend and I believe in the vision of renewal that he set forth for the university," said David Gergen, a former White House adviser who teaches at Harvard's Kennedy School of Government. "He recognized that it was almost impossible to move things forward."

Derek Bok, Harvard's president from 1971 to 1991, will serve as interim president from July 1 until a new president is found.

Board members said in a letter posted online that the past year has been difficult and "sometimes wrenching," but they look back on Summers' tenure with appreciation.

"Larry Summers has served Harvard with extraordinary vision and vitality," the members said.

Summers, a former Harvard economics professor and U.S. Treasury secretary in the Clinton administration, said he will return to teaching at Harvard after a year sabbatical.

On campus Tuesday, about 80 students gathered outside Summers' office intermittently chanting, "Stay, Summers, Stay" and "Five more years."

"I don't think it's the worst tragedy to happen to Harvard, but it's a shame," said student Jonathan Blazek, 21. "He's done a lot for this university."
kore is offline  
Vecchio 25-01-2008, 15.57.10   #33
kore
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uomini]

Ecco la traduzione del discorso di Summer:

Citazione:
Tra i due sessi, si riscontra un'innegabile differenza nei valori medi di alcuni fattori come l'abilità matematica. E poi a 25 anni poche ragazze sono disposte a pensare al lavoro 80 ore a settimana
Mi avvio a esaminare un aspetto del problema, o della sfida, che abbiamo preso in considerazione, ossia quanto le donne siano presenti ai vertici delle università e delle istituzioni nei campi della scienza e dell'ingegneria, non perché sia, questo, il problema più importante o più interessante che possiamo affrontare, ma perché è il solo al quale mi sia dedicato in maniera davvero seria.
Esistono tre articolate ipotesi sulle origini delle disparità sostanziali tra uomini e donne. La prima è quella che io definisco l'«ipotesi del lavoro intenso». La seconda riguarda la capacità di dedicarsi totalmente ad alti obiettivi, la terza le diverse risposte alle dinamiche sociali e la discriminazione nell'ambiente di lavoro. Ritengo che le tre ipotesi rispettino l'ordine di importanza che ho appena riportato.
Ci sarà forse di aiuto estendere preliminarmente il problema oltre i confini della scienza e dell' ingegneria. Ho avuto l'opportunità di affrontare la questione con dirigenti di grandi aziende, amministratori di giovani imprese, direttori di ospedali all'avanguardia, capi di società leader in diversi settori, infine con colleghi accademici. In ciascun ambiente professionale, la sostanza dei discorsi è sempre la stessa. Da venti o venticinque anni a questa parte il numero di donne che hanno accesso a un'istruzione di livello superiore è significativamente cresciuto. Le persone che hanno beneficiato di questa tendenza sin dall' inizio hanno oggi un'età compresa tra i quaranta e i cinquant'anni.
Se consideriamo i gruppi dirigenti in ambiente accademico, registriamo un'età media che non si aggira affatto sui cinquanta, ma neanche su quella che ci saremmo aspettati di trovare all' inizio, venti o venticinque anni fa, quando cioè le studentesse della facoltà di Legge costituivano un terzo degli iscritti. Tra le poche donne che occupano posizioni di leadership sono tante le non sposate o senza figli. Quali considerazioni possiamo ricavarne? Mi pare evidente - e, tengo a precisare, parlo su una base meramente descrittiva, non normativa - che le attività e le professioni più prestigiose chiedono, a quanti abbiano intenzione di fare carriera e arrivare ai vertici intorno ai quarant'anni, una quasi totale dedizione al lavoro. Professioni che impongono di trascorrere intere giornate in ufficio, che richiedono flessibilità e capacità di risolvere le emergenze, continuità di prestazioni per l' intera durata del ciclo vitale, che pretendono - tanto più difficile da appurare - che la mente sia sempre concentrata su questioni collegate al lavoro, anche fuori dagli orari lavorativi.
È un fatto che nella nostra società sono sempre stati gli uomini sposati a garantire il livello di impegno qui esemplificato, in misura di gran lunga maggiore rispetto alle donne. Non si tratta di un giudizio su ciò che dovrebbe essere, né su ciò che sarebbe giusto pretendere sul posto di lavoro. Mi pare, tuttavia, estremamente complicato esaminare simili dati senza trarne la conclusione che le aspettative non sono in contraddizione con le scelte individuali, e che contribuiscono a determinare risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Un'altra prospettiva dalla quale esaminare il problema ci porta a indagare quante giovani donne sui venticinque anni decidano di non volere un lavoro che le costringa a non pensare ad altro per ottanta ore la settimana. Pensiamo poi a quanti sono i giovani uomini che prendono la stessa decisione e soffermiamoci sulle differenze.
Il secondo elemento che ritengo occorra considerare, è la combinazione degli obiettivi peculiari di scienza e ingegneria e dei motivi per i quali la rappresentanza femminile nei suddetti campi è assai limitata e contrastata se paragonata ad altri settori. Ci aiuterà qui un semplice ragionamento. Rispetto a numerosi fattori che non sono determinati culturalmente - altezza, peso, propensione al crimine, quoziente intellettivo totale, capacità matematiche e abilità scientifiche - si riscontra una innegabile differenza nei valori medi che individuano le popolazioni maschile e femminile. Prendiamo il caso di fisici ai vertici di un istituto universitario di ricerca: mi pare ragionevole figurarsi persone che non superino soltanto di due o tre volte i valori medi. Parliamo di persone che sono tre volte e mezzo, quattro volte al di sopra della media: persone di questo tipo sono in una scala di uno su cinquemila, uno su diecimila.
Ho fatto un calcolo elementare. Ho scorso il testo di Yu Xie e Kimberlee Shauman (autori del libro «Donne nella scienza: Carriera e Risultati», Harvard University Press, ndr) ed esaminato i valori ricavati dall'analisi delle differenze di genere, raggruppati in tabelle. In base alle stime fornite dai due studiosi, il 50% delle donne, una donna ogni due uomini, rispetta il profilo del lavoratore che si prefigge alti obiettivi. È in seguito emerso che i test utilizzati nel libro non costituiscono criteri valutativi altamente affidabili. Non credo, tuttavia, che la questione possa essere del tutto liquidata. Perché, se la mia interpretazione del lavoro è corretta, possiamo concluderne che, indipendentemente dai fattori presi in considerazione, restano inconfutabili differenze di genere, rispetto ai valori medi. La mia impressione è quindi che combinando l'«ipotesi del lavoro intenso» e le differenze valoriali di genere, sia possibile chiarire numerosi aspetti del problema.
Restano ancora due fattori da prendere in considerazione. Il primo: la risposta alle dinamiche sociali. In certo modo le bambine socializzano facilmente attraverso attività che richiamano il compito di prendersi cura di un altro essere, mentre i bambini sono attratti, ad esempio, dalle costruzioni. Questi sono fatti indiscutibili. Esito tuttavia ad assegnare grande valore a questo tipo di ragionamento. Per due ragioni. In primo luogo, la psicologia empirica ci ha insegnato negli ultimi quindici anni che si tende a interpretare i processi di socializzazione in maniera erronea e fuorviante. Siamo rimasti sbalorditi di fronte ai risultati degli studi su gemelli separati alla nascita. La certezza che l'autismo fosse un riflesso di caratteristiche proprie dei genitori, sostenuta senza esitazione alcuna e rafforzata da riscontri basati sull'osservazione diretta, si è rivelata infondata.
Il secondo dato empirico è che le ragazze sono tenaci e ostinate. Quando non c'erano ancora laureate in chimica, né in biologia, era facile incolpare i condizionamenti familiari. Oggi è sempre più evidente che il vero nodo sta nei comportamenti delle ragazze di venti o venticinque anni, rispetto agli obiettivi che non prendono in considerazione.
Ben più controverso appare infine il ruolo della discriminazione. Fino a che punto è possibile parlare di aperta discriminazione? È innegabile che forme di discriminazione esistano. Ritengo, però, che il fenomeno più significativo sotto questo aspetto sia il verificarsi di un vero e proprio scontro tra quelli che sono i legittimi desideri dei membri di una famiglia e l'aspirazione individuale a ricoprire posizioni di rilievo. Nel caso specifico della scienza e dell' ingegneria, esistono motivazioni intrinseche delle differenze tra i generi, e questi fattori non fanno che essere rafforzati da fattori di minore rilevanza, come le dinamiche sociali e la persistente discriminazione. Sarei felice se mi si dimostrasse che sono in errore.
Permettetemi di concludere precisando che le considerazioni qui riportate si avvalgono di una vasta attività di consultazione della letteratura scientifica e di osservazioni sul campo. Sarò soddisfatto del lavoro compiuto, se riuscirò a stimolare una riflessione sull'argomento trattato e a provocare il desiderio di approfondire una ricerca che si proponga di contraddire le mie conclusioni. Siamo di fronte a una materia che richiede un'accurata riflessione: abbiamo esaminato nodi troppo importanti per appiattire l'analisi su posizioni sterilmente sentimentali. Occorre un esame rigoroso.
(Traduzione Maria Serena Natale)
Lawrence Summers
rettore di Harvard
09 marzo 2005
kore is offline  
Vecchio 25-01-2008, 16.36.52   #34
kore
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uomini]

In realtà nessuno, al giorno d’oggi, può affermare scientificamente che le differenze cerebrali, anatomiche o funzionali, siano responsabili di una qualche incapacità femminile nel raggiungimento di riconoscimenti accademici in matematica, piuttosto che in fisica o in ingegneria.

Sul piano della ricerca la distinzione dei generi comporta conseguenze che hanno a che fare con delle variabili predeterminate, piuttosto che con delle variabili sperimentali, DA SOTTOPORRE CIOE' A CONTROLLO.
Ma c'è di più, in sede di pubblicazione la valutazione delle ricerche sulle differenze di genere è sottoposta a pregiudizi. E' più facile pubblicare un articolo di ricerca oggi sulla differenza di genere, e che l'articolo venga ristampato divenendo parte della letteratura scientifica. Una caratteristica messa in luce una volta, diventa così una caratteristica generale.
Al contrario, la pubblicazione di un articolo in cui si riscontrino differenze irrilevanti tra maschi e femmine ha meno probabilità di venire accettato (come messo in luce da Jaklin, 1981).
Altri autori hanno lamentato l'assenza di letteratura sulle somiglianze di genere (Grady, 1981), e l'esagerata valorizzazione di qualche differenza di genere che rimane segnalata nella letteratura anche quando è impossibile replicare quel tipo di risultato (Caplan, 1985).
Bisognerebbe anche considerare i presupposti teorici che ispirano le ricerche sulle differenze di genere relative alle abilità cognitive e all'apprendimento e la strumentazione euristica su cui si fondano.
Infine, quando si considerano le caratteristiche tipiche di maschi e femmine riguardo a certe abilità cognitive, si fa riferimento sempre a CASI ECCEZIONALI, e non al livello medio delle prestazioni.
Se si considera, infatti, la curva normale delle prestazioni cognitive per ogni abilità specifica, risulterà evidente che maschi e femmine raggiungono il livello medio di abilità, SENZA DISTINZIONI.
E ciò dovrebbe essere sufficiente a bandire ogni presupposto di capacità o incapacità di entrambi i sessi rispetto a particolari abilità. L'unica cosa che evidenzia una ricerca del genere è la maggiore frequenza nel raggiungere i livelli eccezionali da parte di soggetti maschili o femminili.
Per questo si dovrebbe usare una certa cautela nell'attribuzione di specifiche disposizioni positive o negative all'uno o all'altro genere e soprattutto nella generalizzazione di tali tendenze.

E' difficile mettersi a discutere di argomenti così specialistici sulla base di qualche articolo di giornale manipolato ad hoc, bisognerebbe invece fare riferimento alla letteratura scientifica applicando, come sempre, il metodo critico.
Per cui
Citazione:
dire che una donna non ha qualità intellettive analoghe a quelle maschili in determinate materie, ma possiede qualità di altro tipo
è un'affermazione che non trova il suo fondamento in solide verità scientifiche, in attesa delle quali non rimane che esercitare, filosoficamente, la sospensione del giudizio.
kore is offline  
Vecchio 25-01-2008, 17.46.23   #35
misterxy
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uo

Le capacità intellettive che le persone sviluppano durante la vita dipendono indubbiamente da molteplici fattori. Ma è indiscutibile che, oltre che dall'ambiente, l'intelligenza dipenda anche dal patrimonio ereditario.
Si conoscono diversi geni indispensabili per un normale sviluppo intellettivo. Se questi geni vengono danneggiati nell'ovulo fecondato, si corre il pericolo che il bambino, crescendo, soffra di ritardi mentali o che abbia un'intelligenza limitata.

All'Università di Ulm hanno analizzato dati genetici provenienti dallo Human Genome Project, confermando precedenti supposizioni: geni di questo tipo sembrano localizzati preferibilmente nel cromosoma X, quello del sesso femminile. Se si fa un confronto con gli altri cromosomi, si scopre che su quello X ricorrono con una frequenza quattro volte superiore. E di essi la femmina ne possiede di norma due esemplari; il maschio uno.

Da oltre cent'anni si osserva che le malattie mentali colpiscono più facilmente i maschi: dato che le femmine hanno un cromosoma X in più, compensano i difetti genetici dell'uno con la parte intatta dell'altro.
Si possono considerare questi geni del cromosoma X come "geni dell'intelligenza" che rendono la mente più ricettiva?

Un favorevole collocamento di questi geni sull'unico cromosoma X dell'uomo dovrebbe avere come conseguenza un'intelligenza particolarmente brillante; per ottenere lo stesso risultato una donna invece dovrebbe avere una supercombinazione su entrambi i cromosomi X, cosa più difficile.
Inoltre ci dovrebbero essere non solo più maschi malati di mente ma anche più con intelligenza superiore alla media.

Di fatto i valori di QI nella popolazione femminile si trovano vicini al valor medio nella gaussiana, mentre nei maschi si notano più ampie oscillazioni dei valori di QI.
La presenza di una funzione cerebrale estremamente marcata è caratteristica della specie umana.
Dall'accumulo di "geni intelligenti" nel cromosoma X, un genetista evolutivo giunge facilmente alla conclusione che essi devono aver avuto un ruolo particolare nell'evoluzione della specie.

Le caratteristiche tipiche di una specie si sviluppano in un tempo relativamente breve.
Nei pesci ciò può avvenire in poche generazioni.
Negli esseri umani si contano sette milioni di anni dalla separazione della linea degli scimpanzé.
Le caratteristiche delle specie devono essere selezionate velocemente e questo è possibile tramite i geni che vengono fissati sul cromosoma X.

Il cambiamento di questi geni nell'individuo maschile può essere visibile e dunque selezionabile, già nella successiva generazione.
Le ricerche sui processi di selezione che portano allo sviluppo della specie si sono molto intensificate dai tempi di Charles Darwin.
Per lo sviluppo di una nuova specie, oltre a molti altri fattori, è di particolare importanza la selezione sessuale.

Le scelte femminili dominano il mondo animale, per semplici motivi: nella riproduzione la femmina investe di più. Paragonando l'elevatissimo numero di spermatozoi del maschio, la femmina produce relativamente poche e preziose cellule uovo.
Per questa ragione la femmina tende ad accoppiarsi più raramente del maschio, ed è più selettiva.
Darwin spiegò la presenza di caratteristiche appariscenti - come la coda del pavone o il canto dell'usignolo - proprio con la selezione sessuale.

A fianco della selezione sessuale c'è la selezione naturale, dove a spuntarla non sono i più belli, ma i più robusti. E queste forme di selezione possono agire, da un certo punto in poi, in direzioni contrastanti.
Un esempio: la femmina del pavone sceglie tra i pretendenti quello con la coda più imponente; nel corso dell'evoluzione questa coda sarebbe potuta diventare talmente lunga e vistosa da ostacolare la fuga del pavone maschio dai predatori, ma la selezione naturale frena e limita lo sviluppo di queste caratteristiche sessuali.

Se questa moderazione non ha successo, la specie si estingue.
Lo sviluppo dell'intelligenza nell'Uomo è qualcosa di molto diverso: in questo caso entrambe le forme di selezione (naturale e sessuale) si rinforzano a vicenda.
Un uomo con capacità eccellenti non soltanto sarà attraente per molte donne e dunque in grado di concepire più discendenti, ma quegli stessi geni gli forniranno un vantaggio anche nella lotta per la sopravvivenza.
misterxy is offline  
Vecchio 25-01-2008, 19.51.45   #36
kore
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uomini]

Secondo la psicologia evoluzionista le caratteristiche degli uomini e delle donne attuali sarebbero frutto della selezione naturale, iniziata nella preistoria, in seguito alla ripartizione dei compiti fondamentali come la caccia e l'allevamento della prole; i ruoli particolari di ciascun sesso avrebbero quindi forgiato le strutture cerebrali differenti che abbiamo ereditato dai nostri antenati.
Ti rispondo con le parole del biologo François Jacob: "Come ogni altro organismo vivente, l'uomo è programmato geneticamente, ma è programmato per apprendere". L'apprendimento, anche per quanto riguarda l'identità di genere, è reso possibile dalla plasticità cerebrale: le esperienze, molto diverse, a cui uomini e donne sono sottoposti nel loro contesto sociale e culturale, si inscrivono nella neuroanatomia dando origine a cervelli, e a individui, differenti.
kore is offline  
Vecchio 25-01-2008, 21.24.20   #37
misterxy
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uo

Domanda n. 1: la natura può esistere senza la cultura?
Risposta: sì.

Domanda n. 2: la cultura può esistere senza la natura?
Risposta: no.

Perciò, pur interagendo fra di loro - natura e cultura, ovvio - chi è più
importante, anzi fondamentale, tra le due? (...)
misterxy is offline  
Vecchio 26-01-2008, 02.29.43   #38
AntOne
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Riferimento: Lo Dice Il Rettore Di Harvard... [donne biologicamente inferiori agli uo

La cultura si forma dalla natura che non nego essere in parte differente, nella parte istintuale tra U e D ma quante volte la cultura ha cambiato in tanti aspetti il modo di porsi dei vari uomini e donne verso la natura. Un tempo l'incesto era naturale. Lo sarebbe ancora in teoria ma ormai lo percepiamo come contronatura, poichè in questo caso ipotizzerei che la cultura l'abbia scartato in quanto poco conveniente alla selezione naturale. Io qui sono d'accordo con te, Kore che la varietà dei comportamenti umani è enorme (chissà forse un giorno imparerò a tessere il filo che le mie conterranee mi faranno un baffo così a sfregio..) tutto il resto è un attentato alla biodiversità che questo sistema globalizzante e metropolitano sta già tentando di fare di suo, mettiamoci anche noi. La frequenza maggiore o minore di uomini o donne in certi ambienti è in continua variazione. Le neuroscienze non devono servire a costruire altri pregiudizi ma a puro scopo sperimentale, mi rattrista che. Ho molta comprensione ed empatia per le donne nella scienza, non solo ancora una minoranza, ma per questo devono pure sentirsi dubitare della loro capacità. Non so quanto accanirsi ancora sulla faccenda delle differenze sia costruttivo. Voglio un mondo variegato non ruoli predefiniti. voglio vedere donne e uomini nelle situazioni più disparate e non perderò tempo a contarli.
P.S, marcoriccardi sosteneva che nei paesi scandinavi le donne approcciano anche loro.
Qui meno ma a sentirne alcune qualcosa si sta muovendo anche in questo senso. Per il resto ben vengano le differenze ma che non ci tappino gli occhi, poi, abbiamo il cervello usiamolo per sfidare i ruoli e giochiamoci su.
AntOne is offline  
Vecchio 26-01-2008, 12.22.11   #39
misterxy
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Citazione:
Originalmente inviato da AntOne
La cultura si forma dalla natura che non nego essere in parte differente, nella parte istintuale tra U e D ma quante volte la cultura ha cambiato in tanti aspetti il modo di porsi dei vari uomini e donne verso la natura. Un tempo l'incesto era naturale. Lo sarebbe ancora in teoria ma ormai lo percepiamo come contronatura, poichè in questo caso ipotizzerei che la cultura l'abbia scartato in quanto poco conveniente alla selezione naturale. Io qui sono d'accordo con te, Kore che la varietà dei comportamenti umani è enorme (chissà forse un giorno imparerò a tessere il filo che le mie conterranee mi faranno un baffo così a sfregio..) tutto il resto è un attentato alla biodiversità che questo sistema globalizzante e metropolitano sta già tentando di fare di suo, mettiamoci anche noi. La frequenza maggiore o minore di uomini o donne in certi ambienti è in continua variazione. Le neuroscienze non devono servire a costruire altri pregiudizi ma a puro scopo sperimentale, mi rattrista che.
Per saperne di più:

WILSON EDWARD O., Sociobiologia. La nuova sintesi, Zanichelli, Bologna, 1979.
WOLF ARTHUR P., Sexual Attraction and Childhood Association: A Chinese Brief for Edward Westermarck, Stanford University Press, 1995.
GOULD STEPHEN JAY, The Mismeasure of Man, W. W. Norton, 1996.
LUIGI LUCA CAVALLI SFORZA, L'evoluzione della cultura, Codice edizioni, Torino, 2004.
FRANS B. M. de WAAL, LE SCIENZE dossier, n. 7, primavera 2001 (pag. 80-85).
misterxy is offline  
Vecchio 26-01-2008, 12.34.32   #40
misterxy
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Citazione:
Originalmente inviato da AntOne
P.S, marcoriccardi sosteneva che nei paesi scandinavi le donne approcciano anche loro.
Qui meno ma a sentirne alcune qualcosa si sta muovendo anche in questo senso.
Ascolta, io di donne che affermano di "abbordare" gli uomini ne ascolto da oltre 25 anni, cioè da quando ero un adolescente.
Nella realtà, però, questo non avviene quasi mai; a meno che non sei un calciatore, un asso della Formula 1 o del motociclismo, un attore famoso, un "figlio di papà" col portafoglio gonfio, etc.
In merito, ti posso dire che se il sottoscritto, al pari di tantissimi altri coetanei (sono del '65), avesse dovuto aspettare l'iniziativa femminile, sarebbe ancor oggi vergine...

E, comunque vada, non sarà certamente un "problema" che riguarderà gli uomini comuni della mia generazione (o giù di lì).
Questo è più che sicuro.
misterxy is offline  

 



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