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10-03-2003, 11.26.58 | #25 |
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Mamma mia, come sta diventando complicato!
Ce la farò mai a dire tutto quello che ci sarebbe da dire?
Qui occorre dare una definizione di cos'è l'arte, di cos'è un artista. Ma questa discussione era sulla poesia e la poesia non è l'unica forma d'arte. Non tutte le arti sono uguali. Ciò che si esprime in un romanzo è molto, molto diverso da ciò che si esprime in una poesia. Ciò che si esprime in un quadro è molto molto diverso da ciò che si esprime in una sinfonia. Qui si parlava di poesia e su quella mi soffermerò un momento. Tutto quello che sto per scrivere è la mia opinione personale, senza nessuna pretesa. Si basa sulla mia esperienza di fruitrice d'arte e di ... "artista da quattro soldi". La poesia è una forma d'arte molto particolare, diversa da tutte le altre, che permette di entrare profondamente dentro ad un istante di ... "illuminazione". E' l'unico modo che io conosca per comunicare ciò che si prova in una frazione di secondo in cui si entra un contatto con qualcosa di altrimenti indicibile. La poesia è emozione, a volte, ma non è solo emozione. E' qualcosa di più profondo, di più intimo e di più "sacro" dell'emozione. _________________ L'arte in generale ... esistono moltissime differenti forme d'arte. Moltissime. Ognuna di esse si adatta al modo si sentire o di esprimersi di ciascuno di noi. Forse vi sembrerà assurdo dirlo, ma anche la matematica è una forma d'arte. Lo era certamente prima che la tecnologia celebrasse in divorzio tra scienza e arte. Pensate a Leonardo da Vinci! Io credo che potenzialmente dentro a ciascuno di noi c'è un artista. Proprio dentro a tutti, assolutamente a tutti. Ma, come sempre, non tutto hanno voglia di compiere il percorso che porta ad entrare in contatto con la parte più profonda di sè. E tra questi, c'è che fa della sua creatività un giardino privato e chi non può sopportare l'idea di non esibirla. C'è chi coltiva quel giardino e chi lo lascia seccare. E tra chi lo coltiva c'è chi pota le siepi cercando di dare loro una forma che risponde a canoni estetici ben precisi e chi invece desidera che le piante crescano libere e selvatiche e non da più valore alla rosa che alle ortiche. (Le ortiche hanno un ottimo sapere e una loro bellezza!). _________________ Poi, c'è la parte pubblica dell'arte. C'è il riconoscimento ufficiale. L'articolo di giornale che celebra le grandi capacità del giovane esordiente Tizio e stronca invece Caio. E questa e tutta un'altra storia! E se andiamo a sbirciare dentro all'arte presente sul mercato, troveremo proprio di tutto. Troveremo esibizionismo e meschinità accanto a profondità e intensità. Troveremo chi pubblica a suo nome opere rubate. Troveremo che compie accurate opere commerciali costruendo a tovolino qualcosa che assomigli all'arte. E troveremo veri artisti. Pochi ultimamente. E non perchè ci siano meno artisti al mondo, semplicemente perchè nessuno investe su di loro. Perchè si vende di più l'arte finta, l'arte facile, l'arte che non impegna. L'arte che non scuote. Farsi toccare nel prfondo del cuore e dell'anima non piace mica a tutti! _____________________ Scusate la lunghezza, gli errori e la confusione. Ciao |
10-03-2003, 12.45.38 | #26 |
tra sogno ed estasi...
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Cara Fragola, proverò con parole semplici ad esprimere ciò che penso.
prima di venire al mondo o reincarnarsi, l'anima di ognuno di noi sceglie un'immagine o disegno che poi vivrà sulla terra, inoltre riceve un compagno che la giudi nel suo percorso, un damon. Tuttavia, venendo al mondo dimentichiamo tutto questo e crediamo che il neonato sia un contenitore vuoto da riempire. Il daimon però, non dimentica, esso ricorda il disegno prescelto o predestinato, la figura che l'anima aveva scelto per se stessa, ed è Egli (concedimi di chiamarlo Egli) il portatore del nostro destino. Secondo Plotino, noi ci siamo scelti un corpo, dei genitori, un luogo ed una situazione di vita adatta alla nostra anima, come dire che la mia futura vita è scelta dall'anima stessa. prendendo spunto da un'affermazione del famosissimo Picasso "Io non mi evolvo. Io sono"...possiamo stabilire che la "nostra persona" non deriva un processo evolutivo, ma è l'immagina che si è creata l'anima ad evolvere. In pratica noi abbiamo una forma di destino scritta nei caratteri genetici, nasciamo con un destino già compiuto ma che ancora non siamo in grado di comprendere e vedere. Bada bene, in questo contesto destino, fato sono sinonimi di vocazione. La famosa teoria della ghianda spiega alla perfezione, infatti afferma che tutti noi veniamo al mondo con un'immagine che ci definisce, l'idividualità risiede in una causa formale, ovvero, ciascuno di noi incarna l'idea di se stesso e questa immagine non tollera divagazioni. Inoltrer, questa teoria afferma che l'immagine ha a cuore il nostro interesse perché ci ha scelti. Alla nascita, come già esposto sopra, noi non abbiamo coscienza di questa immagine... ma essa, lentamente, nel corso degli anni, verrà alla luce... talvolta in modo accidentale e brusco..altre volte dolcemente e lentamente. Spesso e volentieri, questo lo puoi appurare leggendo le biografie di personaggi illustri, questa immagine rimane latente nell'età infantile, anzi, talvolta porta l'individuo ad essere l'esatto opposto di ciò che poi diverrà nell'età adulta. Colui che è predestinato a divenire genio..non sempre manifesta questa attitudine nei primi anni di vita, ma la sua immagine è quella e quella diverrà. Questo è il motivo che mi spinge a sostenere che dentro di noi esiste una vocazione, chi è destinato a divenire medico, chi pittore, chi scultore, chi poeta... chi semplice operaio. Tutti possiamo apprezzare le forme d'arte, ma se non è destino divenire artista, potrrai lottare fin che vuoi, potrai affannarti su testi, corsi, insegnamenti... ma, la tua immagine si rivolterà contro di te finché non comprenderai quale è la tua vocazione. Altra distinzione va fatta tra il genio, l'artista e l'amatore... Io posso essere in grado di scrivere una poesia, ma non essendo quella la mia vocazione, stai certa che per quanto io impari la tecnica..ecc.. non diventerò mai artista, tanto meno genio. La persona fuori dal comune, ciò che definiamo genio, manifesta la sua vocazione nel modo più lampante e forse è questo che lo rende cosi affascinante per il "comune mortale"..un esempio classico è Mozart, precoce, grandioso, unico.... Queste persone vengono definite cosi perchè la loro immagine traspare con immensa chiarezza e fedeltà. Come se queste persone non avessero alternativa, la loro esistenza deve essere quella. Per le altre persone, la ricerca della propria immagine o destino o vocazione, chiamala come preferisci, è più ardua. E' come se fossero meno motivati, più distratti e vagano a tentoni. Tuttavia, a muovere il nostro destino è il medesimo motore universale. Questo non significa che il genio faccia parte di una categoria diversa, semplicemente il funzionamento del suo motore è più trasparente, ma bada bene, prima di azionare questo motore è necessario capire di che marca è, nonché per quale tipo di automobile è destinato. Se monti un motore di una ferrari su di una cinquecento...rischi di cappottare da subito. Tutto questo sproloquio... per dire che abbiamo un destino che è quello, magari non ne siamo consapevoli, ma quello rimane. Perciò..chi è destinato a diventare poetà...diverrà poeta, chi dentista...diverrà dentista..e cosi via..... Spero si capisca il mio pensiero.. buona giornata. |
10-03-2003, 13.11.51 | #27 | |
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Citazione:
Ciao Deirdre: il tuo pensiero si capisce benissimo, anche se io non lo condivido completamente. Non completamente, ma su alcune cose sono pienamente d'accordo. Sono d'accordo sul fatto che abbiamo una vocazione, anche se non sono sicura (non lo escludo ma non ne sono sicura) che sia determinata geneticamente. Sono d'accordo sul fatto che ci sono persone meno motivate a scoprire e realizzare la loro vocazione. Non sono d'accordo sul fatto che la vocazione sia UNA. Che un dentista non possa essere anche poeta e che l'arte debba coincidere con genio. Siamo, io credo, più complessi di così. E la ricerca della nostra natura profonda porta, secondo me, all'arte, intendendo il termine in senso ampio. Se è la nostra natura profonda essere operai e diventiamo tali attraverso un percorso di conoscienza profonda di sè, le lamiere che lavoreremo sprizzeranno "arte" da tutti i pori. Per di più nulla esclude che si possa essere operai e poeti. (o pittori, musicisti, scultori o qualunque altra cosa ti venga in mente) Io credo, comunque, che tutti coloro che cercano la loro vocazione, nel cercarla incoltreranno la necessità di esprimersi in modo creativo. Da questo al riconoscimento sociale dello stato di artista ... beh, secondo me il riconoscimento sociale non c'entra nulla. Tu non hai parlato di riconoscimento sociale, ce lo metto io per evitare confusioni. Ciao |
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10-03-2003, 17.46.32 | #28 |
tra sogno ed estasi...
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cara fragola, perdonami, ma nel mio scritto ho specificato le differenze tra genio, artista ed amatore... la vocazione è una sola e porta a divenire ciò che il destino ha determinato per noi, poi può esserci la passione per un dato tipo d'arte..e allora è possibile essere amatori e cercar di riprodurre ciò che altri hanno originato... ma non credo affatto che il poeta, lo scrittore, lo scultore, il pittore..definito genio... sia in grado di fare anche il dentista poichè il suo destino lo assorbe completamente ed a lui non resta altro che seguire il fato.
Fossimo cosi come tu dici..allora tutti saremmo artisti... ma saprai meglio di me che questo termine, spesso, viene usato a sproposito ed attribuito a persone che dell'artista hanno ben poco... ti basta andare al cinema per verificare... tutti gli attori sono artisti, ma pochi possono dire di esserlo davvero.... Chiunque sia in grado di scrivere un libro allora è un artista? Allora potremmo mettere sul medesimo piano Dante ed i vari autori della collana harmony?????? per carità..sono libri che vendono diverse copie..ma il contenuto..se mi permetti...forse è un po' diverso..... |
10-03-2003, 18.09.41 | #29 |
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???
una domanda mi sorge spontanea
Quando un'artista può definirsi tale? e... dell'arte che non da pane che ne pensate? penso che chi possiede una vena artistica (o per nascita o per destino, nn entro nel merito non me ne intendo) la debba coltivare e per coltivarla debba necessariamente lavorare, lavorare e lavorare. Il riconoscimento arriverà solo se lo pseudoartista ci crede in prima persona e fa della sua vocazione la sua ragione di vita, vive per la sua arte e si ciba della sua arte. In genere lascia agli altri il discorso marketing (non ce lo vedo proprio un artista occuparsi di contabilità). La sua vita sarà tutta una ricerca tesa al migliorarsi sempre ed è per questo che penso, inoltre, che siano persone veramente speciali attente a tutto ciò che, nel mondo intero, accade intorno a loro. La poesia e tutte le espressioni d'arte hanno sempre subito "l'andar del tempo", (cambiamenti storici e politici, scoperte scentifiche) e il cambiamento, l'evolversi anche dell'arte, è dovuta alla sensibilità, all'intelligenza, alla ricerca continua di nuova materia, di questo magnifico filtro, tra noi e la comune realtà quotidiana, che è l'artista e/o genio. Per me non c'è differenza tra genio e artista, chi si afferma in un'arte ha già di per sè qualcosa di geniale. Più o meno tutti abbiamo scritto frasi immortalando un nostro stato emotivo su un foglio, io lo faccio ancora e lo trovo terapeutico, mi piace la pittura, ma nn ditemi di tenere una matita in mano (ops...forse era meglio "pennello") Bha, io mi sono capita, se qualcosa nn và fatemelo sapere. |
10-03-2003, 18.16.26 | #30 |
Ospite
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La poesia dell'arte e l'arte della poesia
Ciao a tutti.
Concordo sostanzialmente con Fragola, e faccio qualche precisazione. 1) Arte e poesia E' vero, l'argomento del forum è stringente, ma la nozione di arte e quella di poesia non possono essere ristrette in maniera troppo categorica. Esiste, ad esempio, una poesia dell'arte (così come c'è una poesia della vita, una poesia della tecnica, una tecnica della poesia, una poesia della poesia...), e un'arte della poesia (quella sì, al limite non è da tutti). La poesia è una dimensione fluttuante e amplissima: abbraccia il nostro essere uomini, il senso "panico" del creato, l'effervescenza dei segni naturali e persino l'espressività ordinaria del linguaggio. Tutto può essere poesia, anche la matematica, anche l'orrido che sputacchiamo ai margini delle nostre opzioni per il buon gusto: basta porre una finalità strumentale, e il discorso si snoda facilmente. Se la poesia deve provocare - ha scritto qualcuno - oppure semplicemente evocare o invocare, ha già un suo statuto d'arte. Ma non avrà mai, lo credo fermamente, un suo campo univoco d'azione, perché è cittadina apolide delle infinite distese dell'essere. Poesia non è solo lo scrivere in versi, è il nostro modo stesso di darci l'un l'altro, dicendoci oltre noi stessi. 2) Arte: produzione e fruizione Se ci aspettiamo che l'arte/poesia sia comunicazione binaria (e biunivoca) di dati, informazioni, emozioni e valori, potremmo restare delusi. L'osservazione di Deirdre è esatta: non può esserci comunicazione della "sorgente" dell'esperienza estetica, ma - eventualmente, aggiungo io - solo dei materiali che l'hanno canalizzata (il contesto di collimazione, tutto ciò che può fare "ambiente" attorno all'opera d'arte e favorire un'interazione proficua con essa). Ma scartata la possibilità di una trasmissione fedele source-target, che resta di comunicativo alla poesia ? Molto, molto ancora. Resta il non-detto, lo spazio di libertà che rende davvero "viva" l'opera d'arte. Non è un caso che, nell'Infinito di Leopardi, ciò che è strumento e occasione dell'estasi è una siepe: è veramente importante ciò che possiamo "capire" di un testo, magari sulla base delle categorie che un grecismo filosofico ad oltranza ci ha imposto ? Non è forse un ingenuo naturalismo che ci ha imposto di vivisezionare una tela, una statua, una sinfonia per "capirle" veramente ? George Steiner ha scritto che l'intento primigenio dell'arte è sempre quello di imitare l'atto demiurgico di un dio creatore. Creare e interpretare riproducono un po' la morbosità del bambino a cui piace smontare il giocattolo per capire come funziona. Col rischio che poi non funzioni più. La semiotica ci ha insegnato (cf Eco, Greimas e l'ermeneutica di Gadamer) che non è realmente importante il senso che nell'arte viene impresso dall'autore empirico di un'opera. Certo, esso può essere più o meno chiaramente approcciabile, ha ovviamente un suo valore proprio, ma l'ultima sponda della fruizione è quella decisiva per la vita del prodotto artistico. E' la sponda dell'interpretazione, che può liberamente snodarsi per i percorsi imprevedibili e magmatici della soggettività. La poesia è viva se è MIA poesia, se è poesia nelle mie mani. Rimbaud è morto, ma le sue parole hanno vita autonoma, affidate alla custodia del circuito infinito della semiosi e incastonate in centinaia e centinaia di esistenze che le hanno recepite, assorbite, metabolizzate. Almeno in QUESTO senso, se non vogliamo ammettere altro, siamo tutti poeti. Tutti, infatti, consci o no, volenti o nolenti, diventiamo interpreti e co-autori - secondo sentieri che ci raggiungono anche nella più ottusa insensibilità - del messaggio dei secoli che l'immenso ipercorpo della tradizione delle idee ci trasmette, un granello per volta, inesorabilmente. Un salutone a tutti Ultima modifica di Gwydjon : 10-03-2003 alle ore 18.19.29. |