Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
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Avevo già preparato l’intervento che precede e quando l’ho riletto mi sono reso conto che qualche pazzo, come me del resto – un saluto Pierpaolo - che legge questi spropositi lo trovi sempre. Non ho avuto nessuna voglia di modificare alcunché, specificamente il passaggio in cui temevo che la lunghezza incentivasse la desistenza; son felice d’essermi sbagliato. Rispettato l’appuntamento con Hiram 777, ho proprio voglia di seguire il ragionamento di Pierpaolo.
Ho gradito molto la metafora del bruco e della farfalla, la conoscevo già, ma mi è piaciuto l’utilizzo che ne hai fatto. T’informo, in ogni caso, io sono un bruco – anche fetido e puzzolente – che mai diventerà farfalla (almeno in questo mondo – poi si vedrà – chi morrà vedrà), non ci tengo ma, soprattutto, non riesco proprio a crederci.
Altra doverosa precisazione: ho la sensazione che il mio sfogo abbia dato l’errata impressione che io sia nel mezzo di una crisi esistenziale… ritengo doveroso precisare che così non è… cerco sempre d’immedesimarmi, di compatire (non soltanto capire, comprendere con l’intelletto, ma piuttosto “patire con” la mia essenza incorporea – per questo che riesco anche ad incaz.zarmi). Una domanda… ti prego… sei così ultraterreno da non aver patito mai? Almeno le giovanili pene d’amore? Dai, sii sincero con te stesso.
Bando alle ciance, ho proprio voglia d’inventarmi una metafora in risposta alla tua… seguimi con pazienza e poi dimmi (l’invito, ovviamente, è per tutti):
Il corpo e l’anima – ovvero il volo dell’aquilone
Un aquilone per poter prendere il volo e librarsi in alto nei cieli, libero, al di sopra dell’umano “sentire”, deve avere un peso giusto, giacché uno eccessivo gl’impedirebbe il volo e lo costringerebbe a terra, mentre uno insufficiente lo esporrebbe ad ogni più piccolo sospiro della natura, impedendogli, di fatto, il volo. Il “peso giusto” è quello rappresentato dai suoi costituenti materiali (legno, carta o altro… come caz.zo si costruisce un aquilone?). Il giusto equilibrio fra materia (costituenti) e spirito (capacità di volare) consente il volo. Entrambi, dunque, in un sinergico connubio concorrono a rendere funzionale la “creazione”. Preciso che il volo è qua inteso esclusivamente nel senso di assolvimento della funzione per cui è costruito… niente di mistico dunque; per gli uomini direi la vita (dopo vedrai).
L’aquilone, si sa, è legato ad un filo, uno spago; dall’altro capo dello spago di solito ci sta un bambino (bello l’acquerello?). Questo vivente (non come lo potresti concepire tu, ma come li può intendere un comune mortale, cioè esseri che respirano, pensano, scopano e cagano) è, sicuramente, costituito da un corpo e, forse (dico anche probabilmente), da un’anima (almeno la sua essenza incorporea non riuscirei neanche io a negarla). Qualcuno c’insegna che l’anima tende a liberarsi verso lidi più elevati fino al ricongiungimento col suo creatore. Alcune scuole di pensiero teorizzano che questa riunione possa avvenire solo dopo un evento “…erroneamente definito morte…”; altri addirittura che si possa prescindere da questo (doloroso lo dico io) passaggio e la riunione avviene già da subito, prima dell’evento ma, comunque, solo dopo “…aver superato la soglia dell’ignoranza…” ed aver acquisito la “consapevolezza” che tutto “…è frutto dell'ignoranza, della mia ignoranza, della tua/mia ignoranza, della vostra/mia ignoranza, della nostra/mia/tua ignoranza... siamo uno, siamo Dio. Prendiamone coscienza e tutta la sofferenza del mondo non servirà più a niente e finirà come dietro a un sipario…”. In entrambi i casi, l’anima/spirito, per conseguire la “ricongiunzione”, deve necessariamente affrancarsi dal peso della materia/corpo. In un caso passando attraverso “l’ineluttabile destino” “erroneamente definito morte”; nell’altro, viceversa, acquisendo la “consapevolezza” che rende meno pesante la materia, fin quasi a renderne evanescente la consistenza (l’insostenibile evaporazione dell’essere), inibendone (non so se il termine sia appropriato) così le capacità di percepire la sofferenza.
Niente male come arzigogolo. Si provino, i LUCENTI, a conseguire ciò con lo stomaco che brontola, altro che leggerezza dell’essere.
Per la prima ipotesi non ci rimane che aspettare… prima o poi dovremo pur sapere se ci hanno raccontato coglio.nate. Per la seconda, credo valga la pena focalizzare l’attenzione sul bambino che stringe nelle proprie mani lo spago dell’aquilone. Abbiamo davanti ai nostri occhi quanto, presumibilmente, di più innocente sia umanamente rintracciabile… un bimbo… niente è più vicino a Dio dell’innocenza di un bambino (non ci credi? Chiedilo a Gesù – faccio sempre meno sforzi a crederci – l’ho già detto, sono proledipendente). Tanta innocenza rende leggera la materia/corpo e maggiormente espansa l’anima/spirito. Dovremo desumere da ciò che, “autonomamente” e “naturalmente”, il bambino sia prossimo a conseguire la “consapevolezza”?
Mutuando la metafora dell’aquilone, mi chiedo quale sia il fine per cui il bambino è stato “creato”? Sarà stato EMANATO dall’Unicità solo perché si ricongiunga, “sì repentinamente”, ad ESSA? Oppure la funzione ed il fine della sua “creazione” è la vita, l’esistenza, la migliore possibile, la più proba e illuminata, ma sempre esistenza, quella che comprende anche l’atto di cagare ed il puzzare; per poi, una volta concluso il proprio ciclo (anche mistico, d’ILLUMINAZIONE), riprendere la via dell’eternità ricongiungendosi al proprio Creatore? Nel primo caso non avvertiresti, seppur vagamente, l’assurdità della condizione umana? Come, tutti eguali, emanazione diretta o mediata del Creatore, tutti subito naturalmente “vocati” e prossimi alla “consapevolezza” che, qualora raggiunta, auspicabilmente il più prontamente possibile, ci ricondurrebbe al punto di partenza? Per far cosa e per quale motivo ci siamo “Emanati”?
Non è più plausibile che la funzione per cui l’uomo è “costruito” (i termini “costruito” e “creato” non sono usati a caso) sia quella di vivere l’esistenza, nel modo migliore possibile, cercando di rendersi partecipe di un tutto materiale (almeno per il tempo in cui la nostra materia/corpo occuperà uno spazio mondano – poi si vedrà) e coltivando, perché no, la propria sfera incorporea (non è possibile negarne l’esistenza – l’ho sempre detto) nel modo che più gli è congeniale, individualmente e/o collettivamente e, così facendo, interagire coi propri simili per comunicare sensazioni, emozioni, dolori e patimenti e condividerne gli effetti con empatia e compassione (patire con) e cercare di dipanare la matassa delle mille e più incomprensibili esistenze attraverso la produzione di sublimi (innegabili) manufatti della propria mente e/o spiritualità così eccitata, per edificare, quindi, un mastodontico corpus mistico/spirituale/letterario/musicale/figurativo/morale/etico… in cui “pascersi” (bastasse questo) e riavvicinarsi (almeno con l’immaginazione) all'ENTITA’ CREATIVA - o solo prepararsi al mistico incontro? Dimmi, non sarebbe meno assurdo tutto questo rispetto all'emanazione ed al suo repentino, naturale, ricongiungimento di cui vagheggiavo prima? E qualora, anche solo uno dei nostri tre lettori dovesse convenire con quanto da me appena asserito, per far tutto ciò non sarebbe necessario il corpo/materia in perfetta efficienza? L’uomo, per spiccare il volo (stavolta quello mistico/spirituale), per compiere efficacemente la missione assegnatagli, non avrebbe l’urgente necessità di conseguire il massimo equilibrio fra i propri costituenti – CORPO/MATERIA e ANIMA/SPIRITO? E in tal caso, non sarebbe del tutto fuori luogo affermare che il fuoco brucia tanto la materia/corpo (la scorza) che l’anima/spirito (la paura di bruciarsi)… non sarebbe dunque fuori luogo teorizzare che la sofferenza sia fortemente percepita dalla materia/corpo ma anche, forse in maniera più attenuata ma più durevole, dall’anima/spirito?
"…desideravo la tranquillità, desideravo rimaner solo nel sottosuolo. "LA VITA VIVENTE", per la mancanza di abitudine, mi aveva schiacciato al punto che provavo difficoltà perfino a respirare..." (Dostoevskij – Memorie dal sottosuolo)
Caz.zo mi sono stancato…
Ciao
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